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PTSD NELLE POPOLAZIONI ESPOSTE AL TERREMOTO Un’ampia ricerca è stata condotta sui disturbi mentali che s

manifestano a seguito di disastri naturali come i terremoti, poiché negli ultimi decenni sembra esser divenuta una delle più grandi sfide dei ricercatori quella di inquadrare e meglio affrontare il disagio mentale associato a queste esperienze (Armenian et. al., 2000 and 2002; Goenjian et al., 2005; Kun et al., 2009; Hussain et al., 2010).

Molti studi hanno dimostrato che il PTSD ed i sintomi post- traumatici da stress risultano essere le più frequenti reazioni psicopatologiche a seguito di eventi catastrofici come risulta essere un terremoto (McMIllen et al., 2000). Una prevalenza di PTSD variabile tra 10,3% e 49,6% (Armenian et al., 2000; Bödvarsdottir et al., 2004; Kun et al., 2009; Wang et al., 2009; Cairo et al., 2010) è stata riscontrata tra i sopravvissuti ai terremoti con valori più elevati tra gli adolescenti e i giovani adulti (Pynoos et al., 1998; Lai et al. 2004; Bal e Jensen, 2007; Goenjian et al., 2009; Dell’Osso et al., 2011).

Uno sforzo sempre maggiore è stato compiuto per studiare il ruolo del genere e dell’età nello sviluppo dei sintomi di PTSD che seguono l’esposizione ad un terremoto, ma i risultati non sono ancora certi. La maggior parte dei risultati degli studi

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condotti sul ruolo del genere nello sviluppo dei sintomi di PTSD che seguono i terremoti nelle popolazioni adulte sembra mostrare una più elevata vulnerabilità nelle donne (Lazaratou et al., 2008; Priebe et al., 2009; Wang et al., 2009 and 2010), così come nei bambini e negli adolescenti (Bal and Jensen, 2007; Goenjian et al., 2009; Dell’Osso et al., 2011). Tuttavia altri studi non hanno trovato differenze di genere (Nolen- Hoeksema and Morrow, 1991; Goenjan et al., 1994).

I terremoti costituiscono una delle più grandi catastrofi naturali dell'era contemporanea. Insorgono perlopiù inaspettatamente, arrecando danni irreparabili all’ambiente ed alle persone. (Bödvarsdottir et al., 2004; Lai et al., 2004; Bland et al., 2005; Chang et al., 2005; Önder et al., 2006; Priebe et al., 2010; Su et al., 2010).

L'Italia è uno dei paesi sismicamente più attivi in Europa, è infatti pervasa da scosse sismiche prevalentemente di lieve entità ed è raramente colpita da episodi violenti e mortali, cosi com’è avvenuto invece il 6 aprile 2009 nella città de L’Aquila. Alle ore 3:32 del 6 aprile 2009 infatti un terremoto di Magnitudo Richter 6.3 ha colpito L'Aquila, una città con una popolazione complessiva di 105000 abitanti e 72000 residenti. Molti edifici ed ampie parti della città, soprattutto nel centro storico, sono crollati. Il terremoto dell’Aprile 2009 ha provocato

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la morte di 309 persone, con più di 1600 feriti dei quali 200 gravemente feriti e ricoverati in strutture sanitarie e 66000 sfollati. La terra ha continuato a tremare anche nei giorni successivi al 6 Aprile; si sono registrate fino a 150 scosse in un solo giorno. Il piano di emergenza nelle ore immediatamente successive all’accaduto ha riguardato l’estrazione di numerose persone ancora vive dalle macerie nelle zone più compromesse e l’evacuazione dell’intera popolazione. Il piano di aiuti della Protezione Civile ha portato all’allestimento di strutture di emergenza (tendopoli) in cui accogliere le persone rimaste senza tetto ed in molti casi senza persone care. Il senso di precarietà e l’incertezza su se e quando ci sarebbe stata la possibilità di rientrare nelle proprie case ha generato in moltissime persone sconforto, tristezza ma allo tempo rabbia e forte senso di impotenza.

In un precedente studio (Dell’Osso et al., 2011a) condotto dai ricercatori della Clinica Psichiatrica di Pisa (Prof. Dell’Osso) e de L’Aquila (Prof. Rossi) è stato riportato per la prima volta la presenza di PTSD in una popolazione di adolescenti sopravvissuti al terremoto de l’Aquila del 2009. Tutti i soggetti sono stati reclutati tra studenti frequentanti l’ultimo anno della scuola superiore a L'Aquila 10 mesi e 21 mesi dopo il terremoto. In accordo con la precedente letteratura (Laj et al.

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2004; Bal e Jensen, 2007; Goenjian et al., 2009), i nostri risultati hanno mostrato un punteggio di PTSD di 37.5% dopo 10 mesi (Dell’Osso et al., 2011a), e di 30.7% dopo 21 (Dell’Osso et al., 2011b),e di PTSD parziale in un ulteriore 29,9% del campione.

Uno sforzo sempre maggiore è stato rivolto a studiare il ruolo dei fattori di rischio come ad esempio il genere, l'età ed il grado di esposizione nello sviluppo di sintomi di PTSD a seguito di terremoti.

Ci sono dati che confermano come le donne presentino livelli di sintomi di PTSD significativamente maggiori rispetto agli uomini a seguito di un evento traumatico ed in particolar modo dopo un terremoto.(Pynoos et al., 1993; Najarian et al., 2001; Green, 2003; Lai et al., 2004; Foa et al., 2006; Bal e Jensen., 2007; Cohen, 2008; Goenjian et al., 2009; Cohen and Scheeringa, 2009; McFarlane et al., 2009; Dell’Osso et al., 2010; Pratchett et al., 2010; Dell’Osso et al., 2011).

Oltre al genere sono stati riscontrati altri fattori di rischio per lo sviluppo di PTSD a seguito di terremoto come bassi livelli di scolarità, morte di un familiare o la perdita di amici (Dell’Osso et al., 2011b; Ahmad et al., 2010; Basoglu et al., 2004), ma un'attenzione particolare è stata rivolta al grado di esposizione

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al terremoto, ovvero alla distanza dall'epicentro (Armenian et al., 2000; Cao et al., 2003; Ahmad et al., 2010 Chan et al., 2011). Recentemente Chan et al. (2011) hanno reclutato un campione di sopravvissuti a un terremoto da due zone a diversa distanza dall'epicentro ed hanno riscontrato sintomi significativamente più alti di PTSD (55.6% versus 26.4%) nella popolazione più vicina all'epicentro. In accordo con ciò, Ahmad et al (2010) ha riscontrato che più alti livelli di sintomi post- traumatici erano presenti in donne con un basso livello di educazione ed abitanti in prossimità dell'epicentro del terremoto del Pakistan del 2005. Questi dati sembrano confermare una relazione tra la vicinanza all'epicentro di un terremoto e gli aumentati livelli di PTSD o di sintomi post- traumatici da stress nella popolazione. Al contrario risultati contrastanti sono stati trovati per quanto riguarda il ruolo dell’età nello sviluppo dei sintomi da stress post-traumatico a seguito di terremoti. Nonostante molti studi abbiano riportato più alti livelli di sintomi di PTSD dopo un terremoto in soggetti di mezz’età ed anziani rispetto a soggetti più giovani (Carr et al., 1997; Lewin et al., 1998 Tojabe et al., 2006), altri studiosi (Kato et al., 1996), hanno trovato una diminuzione importante di sintomi in soggetti più vecchi di 60 anni.

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in un campione di 2148 soggetti esposti ad un terremoto di una regione rurale dell’Italia nel 2002, il genere femminile, un livello di educazione scolastica minore ed un’età maggiore di 55 anni correla con più elevato riscontro di PTSD.

Più recentemente Xu et al. (2011) hanno osservato che il supporto psicologico dei sopravvissuti al terremoto che è avvenuto in Sichuan debba essere rivolto alle donne e alle persone più anziane che sono le due categorie più colpite dal disastro.

Sono stati condotti studi incrociati con strumenti di valutazione diversi per misurare i sintomi di PTSD ad intervalli di tempo diversi tra la valutazione ed il momento del terremoto (Bland et al., 2005; Bödvarsdottir et al., 2004).

Così, rimane poco chiaro fino a che punto l’incongruenza dei risultati ottenuti dagli studi sia dovuta a differenze effettivamente esistenti tra i campioni valutati o a i diversi approcci metodologici utilizzati. In ogni caso, dati più accurati sono necessari per capire il ruolo dell’età e del genere nello sviluppo dei sintomi di PTSD a seguito di terremoti.

Questi dati risultano essere in accordo con i precedenti risultati ottenuti in popolazioni di adolescenti e giovani adulti (Laj et al. 2004; Bal e Jensen, 2007; Goenjian et al, 2009) nei quali è

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stato riportato che la psicopatologia a seguito di calamità naturali, come terremoti, è in prevalenza rappresentata da disordine da stress post-traumatico.

I risultati di studi condotti sull’età come potenziale fattore di rischio per lo sviluppo del PTSD sono complessi: sembra che i bambini in età scolare siano più vulnerabili, rispetto a quelli più piccoli (Green et al., 1991). In particolare, il comportamento dei genitori, il loro livello di sofferenza e l’atmosfera familiare sembrano influenzare le reazioni post-traumatiche dei bambini (Vila et al., 2001).

Breslau et al. (1999) ha rilevato che l’aver vissuto esperienze traumatiche precedenti costituisce un fattore di rischio per l’insorgenza del PTSD; in particolare i soggetti che hanno subito violenze nell’infanzia sono maggiormente a rischio di sviluppare un PTSD in seguito ad un trauma vissuto in età adulta.

Secondo alcuni autori (Thompson et al., 1993) gli anziani presentano una minore vulnerabilità rispetto ai giovani adulti ed agli adulti. I dati nella letteratura sono tuttora contraddittori, infatti Norris et al. (2002) in uno studio comparativo culturale, ha evidenziato che tra i messicani erano maggiormente vulnerabili i giovani adulti, tra gli americani gli

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adulti e tra i polacchi gli anziani. Questo studio ha evidenziato come caratteristiche sociali, economiche e culturali interagiscano con l’età nel costituire un potenziale fattore di rischio per l’insorgenza di sintomi post-traumatici.

Indipendentemente dall’età, sembra comunque ormai dimostrato che una storia precedente di disturbi psichici rappresenti un fattore predittivo per l’insorgenza del PTSD (Phifer, 1990).

Numerose ricerche sono state condotte su popolazioni di giovani sopravvissuti a terremoti gravi e sono emerse percentuali di PTSD importanti tra i sopravvissuti ; inoltre sono stati individuati numerosi fattori di rischio per l’insorgenza del disturbo .

A tal proposito analizzando una popolazione di giovani studenti sopravvissuti ad un devastante terremoto che si è verificato il 12 maggio 2008 in Sichuan (Cina) è stata dimostrata una diagnosi di disturbo da stress post-traumatico nel 22,3% mentre il 22,6% sono stati casi di probabile depressione, il 10,6% soggetti hanno riportato ideazione suicidaria; è risultato inoltre molto importante per questi giovani, al fine dal preservarli dall’insorgenza del disturbo post-traumatico, il supporto sociale ed emotivo offerto da insegnanti di scuola e

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l’ottimismo manifestato dagli stessi, dai mass media e dai genitori. Uno studio condotto su un campione di 1958 giovani frequentanti la scuola media esposti ad un terribile terremoto in Wenchuan (Cina) nel 2008 ha dimostrato una percentuale di PTSD elevata (78.29%) con tassi decisamente maggiori nelle femmine(82.30%) piuttosto che nei maschi (73.92%) e livelli di PTSD maggiori nei giovani abitanti delle zone rurali (83.52%) rispetto agli abitanti della città (72.43%); ciò dimostra che la vicinanza all’epicentro del terremoto, in tal caso il centro cittadino, correla con la maggior gravità del disturbo. Inoltre è stata dimostrata un’alta percentuale di alterazioni del ciclo mestruale in ragazze sopravvissute al terremoto in Wenchuan e che presentavano diagnosi di PTSD a seguito dell’evento.

Nel valutare le conseguenze psicologiche di eventi traumatici è inoltre importante considerare il tipo, la gravità e la durata del trauma: alcuni tipi di esperienze sono più traumatiche di altre e possono indurre livelli diversi di PTSD (Yehuda et al., 1995); inoltre molti studi hanno documentato una relazione tra gravità del trauma e sviluppo di un PTSD cronico (Favaro et al., 1999). Le caratteristiche dell’evento traumatico sono strettamente correlate allo sviluppo di reazioni post-traumatiche: in particolare sembra esserci una “risposta dose-dipendente”,

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ovvero all’aumentare della gravità dell’esposizione al trauma, aumenta la probabilità di sviluppare sintomi post-traumatici (Galea et al., 2002). Dalle ricerche è emerso che alcuni eventi concomitanti o successivi al trauma possono influire sulla reazione post-traumatica dei soggetti.

In particolare l’attenzione si è focalizzata su esperienze quali: lutti, perdita dei propri beni e situazioni pericolose per la vita del soggetto (Gleser et al., 1981; Green et al., 1985; Murphy et al., 1986), rilevando come la morte di una persona amata costituisca un elemento di vulnerabilità maggiore rispetto alla perdita dei propri beni. Secondo Norris (2002) è difficile poter trarre delle conclusioni sul ruolo di tali fattori nella patogenesi di reazioni post traumatiche; infatti alcuni fattori sono strettamente correlati tra loro, non tutti i fattori considerati sono sempre presenti nelle varie tipologie di disastro ed infine non vi è ancora chiarezza in letteratura su quali siano i fattori più patogeni. Sembra comunque che i fattori più frequentemente associati ad una maggior gravità e durata delle conseguenze sulla salute mentale dei sopravvissuti siano il danno fisico subito e la minaccia alla loro vita.

Le caratteristiche del trauma non sono tuttavia una determinante sufficiente per sviluppare il PTSD( Yehuda, 1995; Zohar et al., 1998); infatti sono stati individuati alcuni fattori di

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rischio che potrebbero aumentare la vulnerabilità del soggetto nello sviluppo di tale disturbo ed influenzarne il decorso (Breslau, 2001). Numerosi studi hanno valutato l’influenza di diversi fattori di rischio, quali esperienze traumatiche precedenti, caratteristiche demografiche, storia personale, personalità, determinanti biologiche, familiarità, fattori genetici e risorse intra ed extra-personali (Halligan et al., 2000).

Caratteristiche personali, quali sesso ed età, possono costituire dei fattori di vulnerabilità. Molti studi suggeriscono che le donne presentano un maggior rischio di sviluppare il PTSD od altri disturbi, in seguito all’esposizione ad eventi traumatici (Steinglass et al., 1990; Breslau et al., 1997). Norris et al. (2002) hanno esaminato 49 articoli che riportano nelle conseguenze di eventi traumatici una differenza di genere statisticamente significativa: in 46 di questi articoli viene confermato un maggior rischio per il sesso femminile.

Queste differenze sono state riscontrate tra bambini ed adolescenti così come tra adulti. Nella popolazione adulta queste differenze di genere sono presenti sia in paesi industrializzati che in via di sviluppo; Norris et al. (2001) ha rilevato una diversa influenza del genere a seconda della cultura di appartenenza: la cultura messicana amplifica le differenze di genere nei sintomi postraumatici delle vittime di

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disastri, mentre la cultura afro-americana e anglo-americana le attenuano. Anche la durata del PTSD sembra essere diversa nei due sessi: Breslau (1998) riporta una durata media del PTSD quattro volte maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

I risultati degli studi sull’età come potenziale fattore di rischio sono complessi: sembra che i bambini in età scolare siano più vulnerabili, rispetto a quelli più piccoli (Green et al., 1991). In particolare, il comportamento dei genitori, il loro livello di sofferenza e l’atmosfera familiare influenzano le reazioni post- traumatiche dei bambini (Vila et al., 2001).

Gli anziani presentano una minore vulnerabilità rispetto ai giovani adulti ed agli adulti (Thompson et al., 1993). Norris et al. (2002) in uno studio cross culturale ha evidenziato che tra i messicani erano maggiormente vulnerabili i giovani adulti, tra gli americani gli adulti e tra i polacchi gli anziani. Questo studio evidenzia come caratteristiche sociali, economiche e culturali interagiscano con l’età nel costituire un potenziale fattore di rischio per l’insorgenza di sintomi post-traumatici.

Una storia precedente di disturbi psichici e comportamentali rappresenta un fattore predittivo per l’insorgenza del PTSD (Phifer, 1990).

Molti studi hanno individuato una relazione tra nevroticismo e la morbilità psicologica; in particolare il nevroticismo è un

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importante fattore predittivo delle esperienze post-traumatiche (Breslau, 1998).

Lo stile di coping costituisce un ulteriore elemento predittivo: alcuni studi su esperienze post-traumatiche in reduci di guerra e sopravvissuti a disastri hanno rilevato che l’uso dell’evitamento come modalità di coping predice l’insorgenza di conseguenze negative (Asarnow et al., 1999), così come l’attribuzione di colpa (La Greca et al., 1996). Alcuni studi hanno valutato anche il modo in cui il credere o meno nelle proprie capacità di coping può influire sulle reazioni post traumatiche. Il percepirsi in grado di far fronte alle conseguenze di un trauma costituisce un fattore protettivo per il soggetto (Benight et al., 1999); una maggiore autoefficacia, autostima, ottimismo e un orientamento al futuro sono tutti fattori associati ad un minore distress in seguito ad un evento traumatico (Norris et al., 2002).

Diversi studi hanno rilevato che il sostegno sociale ricevuto può moderare gli effetti di un evento traumatico (Dalgleish et al., 1996; Udwin et al., 2000). Secondo Norris e Kaniasty (1996) gli effetti del supporto ricevuto potrebbero essere mediati dal supporto percepito, ovvero dal senso di appartenenza e dal credere nella disponibilità di un eventuale aiuto, più che dall’effettivo supporto ricevuto.

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Molti studi sono stati condotti sul ruolo che svolge la perdita di una persona cara durante il trauma e le ricerche hanno dimostrato che, sebbene si tratti di un evento estremamente grave e stressante, viene comunque affrontato e superato dalla maggior parte degli individui (Bonanno et al., 2005). Sebbene molti soggetti sperimentano pensieri e immagini intrusive ed emozioni disforiche, questi sintomi rappresentano una reazione acuta iniziale che tende a placarsi nell’arco di settimane o mesi dal lutto; dopo questo periodo i sentimenti dolorosi diminuiscono, il legame col defunto diminuisce di intensità, l’interesse e l’impegno nelle attività quotidiane sono rinnovati e la perdita è integrata nella vita di queste persone (Bonanno et al, 2005).

Per una minoranza di persone , al contrario, stimata essere attualmente intorno al 10-20%, tale integrazione non avviene e si assiste ad una difficoltà a superare la fase acuta del lutto portando al manifestarsi del quadro patologico detto “Lutto complicato” o “Lutto traumatico” (TG, “Traumatic Grief”) (Horowitz et al., 1997; Priegerson et al. 1995a, 1999a).

Vari studi hanno messo in evidenza come l’essere testimoni della morte di una persona amata sia predittore dello sviluppo di PTSD (Gleser et al., 1978; Green et al., 1990; Zisook et al., 1998).

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A tal proposito Green e collaboratori hanno dimostrato (2000) la possibilità di considerare il TG come facente parte del PTSD confrontando 32 studentesse che avevano subito la perdita di un amico o parente, 34 studentesse che avevano subito un assalto e 58 che non riportavano nessun trauma; hanno osservato che sia il gruppo della perdita che quello del trauma avevano più sintomi di PTSD e deterioramento rispetto ai soggetti di controllo e che il gruppo della perdita presentava sintomi di riesperienza, assenteismo nella frequenza scolastica e sintomi di stress più frequentemente rispetto al gruppo del trauma.

Proprio per avvalorare l’ipotesi del TG come fattore predisponente allo sviluppo del PTSD una vasta ricerca è stata condotta sui fattori che influenzano l'insorgenza di sintomi di PTSD dopo l’esposizione a terremoti; da questa risulta che il TG sia uno dei più rilevanti fattori di rischio sia negli adolescenti che negli adulti (Hsu et al., 2002; Kiliç e Ulusoy, 2003; Johannesson KB et al., 2009;. Kristensen et al., 2009;. Kun et al., 2009a;. Wang et al., 2009a, 2009b;. Parvaresh e Bahramnezhad, 2009; Kun et al., 2010;. Su et al., 2010;. Liu et al., 2011).

Armeno et al. (2000) hanno segnalato la perdita come un elemento determinante di PTSD in un campione di popolazione

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di soggetti esposti al terremoto del 1988 nella parte settentrionale della Repubblica Armena.

Ancora in un campione di 323 studenti di scuola media, vittime del terremoto del 1999 a Taiwan, Hsu et al. (2002) ha rilevato che essere fisicamente danneggiato e sperimentare la morte di un membro della famiglia sono stati i due principali fattori di rischio per il PTSD sei settimane dopo il terremoto. Parvaresh e Bahramnezhad (2009) hanno rilevato l'insorgenza di PTSD nel 36,3% dei 433 studenti sopravvissuti al terremoto del 2003 in Bam (Iran) ed hanno segnalato la perdita di familiari come una dei fattori più importanti per lo sviluppo della psicopatologia post-disastro.

Tuttavia, risultati contrastanti sono stati riportati da Goenijian et al. (2009) in uno studio su 48 adolescenti in lutto per la morte dei genitori sei anni e mezzo dopo il terremoto in Spitak. Infatti gli autori hanno dimostrato che la perdita di entrambi i genitori e, in misura minore, la perdita del padre può essere un fattore di rischio significativo per il manifestarsi della depressione, ma non per il PTSD.

Un legame tre TG e PTSD è stato messo in evidenza in studi descrittivi in cui Parkers (1993) e Rynearson (1984) hanno dimostrato la comparsa di sintomi tipici di PTSD quali pensieri

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intrusivi, evitamento e iperarousal in soggetti che avevano subito l’omicidio di una persona cara.

Zisook e collaboratori (1998) hanno esaminato per due anni un campione costituito da 350 vedovi e vedove in seguito ad un evento suicidario o ad un incidente in cui era rimasto coinvolto il partner ed hanno osservato che i soggetti presentavano un’alta probabilità di soddisfare i criteri diagnostici per PTSD in confronto a quelli che avevano sperimentato una morte improvvisa ed inaspettata dovuta ad altre cause naturali.

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4. PTSD PARZIALE O SOTTOSOGLIA E LO SPETTRO POST-

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