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Per le PuBBliche ammiNisTraZioNi

sTeFaNo TaNda, maria marTa TauriNo

1. Struttura e contenuto. – 2. Novità in materia di silenzio assenso. – 3. Novità in materia di autotutela. – 4. Sentenza 251/2016. – 5. Segue: Effetti della sentenza 251/2016 sulle socie-tà partecipate.

1. sTruTTura e coNTeNuTo

La Legge n. 124 del 13 agosto 2015, “Deleghe al Governo in materia di riorganiz-zazione delle amministrazioni pubbliche”, altresì conosciuta come “legge Madia di riforma della pubblica amministrazione” reca 23 articoli suddivisi secondo il seguente schema: semplificazioni amministrative (artt. 1-7); organizzazione (artt. 8-10); per-sonale (artt. 11-15); deleghe per la semplificazione normativa (artt. 16-23).

Il testo in questione prevede numerose deleghe legislative al Governo, di seguito, a nostro parere, le più rilevanti.

L’articolo 1 affida l’incarico di modificare e integrare il Codice dell’amministra-zione digitale1, con lo scopo di garantire a cittadini e imprese un più facile accesso a servizi, dati e documenti di loro interesse, senza la necessità di recarsi fisicamen-te presso un ufficio pubblico.

Il riordino della disciplina della Conferenza di Servizi è prescritto dall’art. 2 del decreto in oggetto, che impone il rispetto dei criteri dettati dal medesimo articolo. Il perseguimento degli obiettivi di semplificazione e accelerazione dei procedi-menti amministrativi è dettato dagli articoli 42e 53, in cui si prescrivono criteri ge-nerali al fine di raggiungere gli obiettivi in oggetto, nonché la precisa individuazio-ne dei procedimenti oggetto di segnalazioindividuazio-ne certificata di inizio attività o silenzio assenso4, in aggiunta a quelli per cui è necessaria un’autorizzazione espressa o i pro-cedimenti per cui è sufficiente una mera comunicazione preventiva.

In materia di anticorruzione, pubblicità e trasparenza5, si impone una revisio-ne e semplificaziorevisio-ne delle disposizioni al firevisio-ne di precisare l’ambito applicativo de-gli obblighi di trasparenza nonché la previsione di nuove misure organizzative e pre-cisazione degli obblighi di pubblicazione.

L’articolo 8, presente nel Capo II del presente decreto, invita a una riorganizza-zione dell’amministrariorganizza-zione centrale e periferica dello Stato, modificando la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative

nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali; criteri guida riferiti al-l’amministrazione centrale e periferica sono la riduzione di uffici e personale per-seguiti mediante accorpamento o soppressione di uffici e organismi costituenti mere duplicazioni o sovrapposizioni strutturali o funzionali.

Il Capo III si apre con l’articolo 11, rubricato “Dirigenza pubblica”, che prescri-ve al Goprescri-verno di legiferare in merito alla sfera dirigenziale e alla valutazione dei ren-dimenti pubblici, nel rispetto di principi e criteri stabiliti dall’articolo stesso.

Infine, l’articolo 18 dispone il riordino delle partecipazioni societarie delle am-ministrazioni pubbliche ai fini della chiarezza, della semplificazione normativa e del-la tutedel-la deldel-la concorrenza.

In “contrasto” con le norme contenenti dettami rivolti al Governo, si riscontra-no anche articoli di immediata attuazione della Riforma: l’articolo 36prevede l’in-serimento all’interno della legge 7 agosto 1990 n. 241 dell’art. 17bis, vale a dire la nuova disciplina del silenzio assenso tra le varie amministrazioni; l’articolo 6 pre-scrive una serie di modifiche da apportare alla Legge sul procedimento amministrativo7

concernenti l’istituto dell’autotutela amministrativa; in materia di natura e durata degli incarichi direttivi dell’Avvocatura dello Stato, l’articolo 12 della L. 124/2005 impone introduzione dell’articolo 16bis nel corpo della legge 3 aprile 1979, n. 103; direttamente precettivi anche gli articoli 14 e 15 in merito, rispettivamente, alla vio-lenza di genere e al personale delle forze armate.

Il 20 gennaio 2016, in virtù delle deleghe prescritte dalla L. 124/2015, il Con-siglio dei ministri ha presentato i primi 11 Decreti attuativi, a cui hanno fatto seguito, nel giugno dello stesso anno, i due disegni riguardanti la seconda fase della segna-lazione certificata di inizio attività e il Codice di giustizia contabile. Nei due mesi a seguire sono stati illustrati quattro ulteriori schemi relativi all’attuazione dell’arti-colo 11 del decreto in oggetto, alla riforma del Comitato paralimpico e degli Enti di ricerca, nonché al nuovo assetto delle Camere di Commercio.

2. NoViTà iN maTeria di sileNZio asseNso

La legge 7 agosto 1990, n. 241 (legge sul procedimento amministrativo) affronta per la prima volta ed in maniera organica il tema della semplificazione dell’azione am-ministrativa.

Nel Capo IV infatti trovano spazio la disciplina generale della conferenza di ser-vizi, degli accordi fra pubbliche amministrazioni, dell’acquisizione di pareri e va-lutazioni tecniche, dell’autocertificazione, della denuncia di inizio attività e del si-lenzio assenso. Quest’ultimo istituto, che costituirà oggetto della presente trattazione, ha il fine precipuo di assicurare la c.d. «semplificazione di garanzia» tentando cioè di abbattere i «compliance cost che gravano sul privato». I compliance cost sono quin-di i costi che i privati debbono sopportare per conformarsi ad uno scenario norma-tivo eccessivamente complesso.8

La disciplina del silenzio assenso cerca nello specifico di evitare che dall’inerzia della P.A. derivino conseguenze negative per i privati. Alla stasi amministrativa

vie-ne quindi attribuito un effetto di carattere provvedimentale equiparando l’ivie-nerzia stes-sa ad un provvedimento favorevole nei confronti del privato.

Questo istituto ha finora vissuto due momenti principali. Il primo, dalla intro-duzione della legge 241/1990 fino sua modifica avvenuta con la legge 80/2005, ha visto il silenzio assenso limitato ai soli casi in cui una norma (anche di fonte secon-daria) avesse indicato espressamente le ipotesi in cui tale istituto potesse ritenersi operativo. Infatti recitava così l’art. 20 della legge 241/1990:

1. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere delle competenti Commissioni par-lamentari, sono determinati i casi in cui la domanda di rilascio di una autoriz-zazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso od altro atto di consenso co-munque denominato, cui sia subordinato lo svolgimento di un’attività privata, si considera accolta qualora non venga comunicato all’interessato il provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti, in relazione alla complessità del rispettivo procedimento, dal medesimo predetto regolamento. In tali casi, sus-sistendone le ragioni di pubblico interesse, l’amministrazione competente può annullare l’atto di assenso illegittimamente formato, salvo che, ove ciò sia pos-sibile, l’interessato provveda a sanare i vizi entro il termine prefissatogli dal-l’amministrazione stessa.

2. Ai fini dell’adozione del regolamento di cui al comma 1, il parere delle Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato deve essere reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Governo procede comunque all’adozione dell’atto. 3. Restano ferme le disposizioni attualmente vigenti che stabiliscono regole ana-loghe o equipollenti a quelle previste dal presente articolo.

Il secondo momento, successivo alle modifiche apportate dalla legge 80/2005, ha visto una generalizzazione dell’istituto i cui effetti (esito favorevole del procedimento) sono stati estesi a tutte le istanze di parte. Il novellato art. 20 dispone infatti che:

Fatta salva l’applicazione dell’articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza ne-cessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dal-la data di ricevimento deldal-la domanda del privato.

L’amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, an-che tenendo conto delle situazioni giuridian-che soggettive dei controinteressati. Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della do-manda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di au-totutela, ai sensi degli articoli 21quinquies 21nonies.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti ri-guardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asi-lo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normati-va comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto del-l’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

Si applicano gli articoli 2, comma 7, e 10-bis.

La volontà del legislatore di rendere tale meccanismo generale è reso evidente an-che dalla puntuale elencazione, al comma 4, dei casi in cui il silenzio assenso non può trovare applicazione. In ogni caso, nonostante la differenza sostanziale ri-scontrabile nelle due diverse fasi di sviluppo del silenzio assenso, entrambe le fat-tispecie fanno riferimento al rapporto tra P.A. e soggetti privati. Il silenzio assenso è stato quindi sempre ed esclusivamente inteso come uno strumento di semplifica-zione di questo particolare tipo di rapporto.

La legge 7 agosto 2015, n. 124 (c.d. legge Madia) recante “Deleghe al Governo

in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche”9rappresenta, in ma-teria di silenzio, un elemento di assoluta novità. La legge 124/2015 infatti, oltre alle deleghe al Governo, contiene alcune norme immediatamente efficaci e, tra le più ri-levanti, merita una menzione proprio la modifica della legge 7 agosto 1990, n. 241 che va a disciplinare l’istituto del silenzio nei rapporti tra amministrazioni. Questa disposizione, contenuta nell’articolo 3 della legge, introduce nella 241/1990 l'arti-colo 17bis recante “Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra

amministra-zioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”. L’articolo dispone che gli “atti di assenso, concerto o nulla osta comunque denominati” devono intendersi implicitamente

acquisiti qualora siano decorsi trenta giorni dal ricevimento, da parte dell’Ammini-strazione procedente, dello schema del procedimento, corredato della relativa do-cumentazione, “senza che sia comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta” della Am-ministrazione codecidente.

Questo nuovo tipo di silenzio assenso si differenzia quindi da quello dell’art. 20 in quanto configurabile come silenzio endoprocedimentale. Non è quindi finalizzato a concludere un procedimento ma è un momento di quest’ultimo. Un’altra differenza sostanziale risiede nel fatto che il comma 3 dell’art. 17bis prevede che le disposizioni dei commi 1 e 2 si applichino anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assen-si, concerti o nulla osta comunque denominati di “amministrazioni preposte alla

tu-tela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadi-ni”, casi esclusi espressamente dal comma 4 dell’art. 20 della legge 241/1990.

La logica sottesa a tale disposizione è stata quella di valorizzare fortemente il fat-tore tempo da una parte e stigmatizzare l’inerzia amministrativa dall'altra. Il vincolo temporale viene infatti esteso anche nei rapporti tra amministrazioni imponendo al-l’amministrazione codecidente un termine perentorio di trenta giorni per rendere

il proprio assenso. Il maggior tempo (90 giorni) concesso alle amministrazioni pre-poste alla tutela degli interessi c.d. sensibili (elencati, come visto sopra, al comma 3 del nuovo articolo) rappresenta l’unica deroga a tale regola.

L’inerzia amministrativa è infine contrastata attraverso l’equiparazione del silenzio all’assenso esplicito. L’Amministrazione procedente è quindi autorizzata ad adotta-re il provvedimento finale evitando quindi che il mancato rilascio di un paadotta-readotta-re pos-sa generare ritardi o l'interruzione del procedimento stesso. È importante in questo momento evidenziare la differenza sostanziale tra la fase istruttoria e la fase deci-soria del procedimento. È nella prima delle due fasi che viene garantita la tutela di tutti gli interessi sensibili. I pareri e le valutazioni tecniche (attraverso i quali ven-gono acquisiti tali interessi) sono, in questo momento, obbligatori e la decisione fi-nale non può essere assunta senza di essi. L'istituto del silenzio assenso interviene quindi solamente nella seconda fase del procedimento, quella conclusiva.10

È lo stesso Consiglio di Stato a specificare che, al contrario degli artt. 16 e 17, l’art. 17bis riguarda esclusivamente la fase decisoria. Di conseguenza, lo schema di semplificazione introdotto dalla legge Madia è applicabile “solo ai procedimenti

ca-ratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l’atto da ac-quisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria”11. Sarebbe stato impen-sabile, infatti, escludere l’obbligatorietà di pareri e valutazioni tecniche in materie così delicate. Pertanto l’art. 17bis è applicabile solamente agli atti di “assenso,

con-certo o nulla osta” diversi dai pareri non vincolanti (cui si applica l’articolo 16) e

dal-le valutazioni tecniche (cui si applica l’articolo 17). In tal senso si è espressa anche la Corte UE che ha ritenuto incompatibile l'istituto del silenzio assenso con il dirit-to comunitario nel caso di procedimenti complessi nei quali, proprio al fine di ga-rantire gli interessi tutelati è necessaria una valutazione amministrativa di tipo spe-cialistico ed un provvedimento espresso12. Ammettere il silenzio legittimerebbe le amministrazioni a non svolgere una istruttoria puntuale e tale da non consentire una reale ponderazione degli interessi coinvolti.

Per concludere, il silenzio assenso tra amministrazioni è certamente un elemento che snellisce e sveltisce l’azione amministrativa. Allo stesso tempo però l’art. 17bis sottolinea in maniera implicita l’importanza del rispetto delle fasi del procedimen-to e richiama quindi le Amministrazioni ad una forte responsabilità. L’istrutprocedimen-toria, in particolare, resta quel momento fondamentale ed imprescindibile che garantisce la definizione e la tutela degli interessi pubblici e privati.

3. NoViTà iN maTeria di auToTuTela

Fra le principali modifiche apportate dalla legge 124 del 2015 (c.d. legge Madia) alla legge 241 del 1990 vi è la ridefinizione dell’istituto dell’autotutela amministrativa, con specifico riferimento al potere di annullamento.

Tale istituto si caratterizza per la dialettica che intercorre tra il principio del-l’inesauribilità del potere amministrativo e il principio del giudicato sostanziale ov-vero il vincolo dell'autorità al mantenimento del provvedimento13. Da un lato

quin-di il potere in capo all’amministrazione quin-di rivedere le proprie decisioni in virtù del-le mutate condizioni e al fine di perseguire l’interesse pubblico; dall’altro il del- legitti-mo affidamento formatosi in capo al privato destinatario del provvedimento14. Tale conflitto di interessi è comune a tutti gli ordinamenti e spesso è stato affrontato ap-plicando alle amministrazioni particolari vincoli procedurali, come l’individuazio-ne di vincoli temporali per l’esercizio del potere di autotutela o la subordinaziol’individuazio-ne del ritiro degli atti all'effettiva sussistenza dell'interesse pubblico.15

Anche nel nostro ordinamento quindi, sulla scia delle esperienze comunitarie, si è provveduto a disciplinare in maniera più puntuale tale rapporto ancorandolo al-tresì al dettato dell’art. 118, comma 4 della Costituzione laddove si impone alla pub-blica amministrazione di favorire l’iniziativa del privato.

La legge 15 del 2005 in particolare, intervenendo a modificare la legge sul pro-cedimento, conferma, agli artt. 21quinquies e 21nonies, in capo alle amministrazioni la possibilità di revocare o annullare un provvedimento purché si tenga conto del-le posizioni dei privati eventualmente pregiudicate da tali atti.

L’annullamento inoltre, ai sensi dell’art. 21nonies, sarebbe potuto intervenire en-tro un termine ragionevole il cui apprezzamento era rimesso all’amministrazione stes-sa.

L’indennizzo economico16, al quale le amministrazioni erano obbligate in caso di pregiudizio delle posizioni consolidatesi in capo ai privati, avrebbe dovuto con-siderare il trascorrere del tempo. È questo elemento infatti che concorre in manie-ra principale a determinare il consolidarsi delle sopmanie-ramenzionate posizioni. Secondo rilevante dottrina infatti “l’affidamento del privato in ordine alla stabilità dell'atto, è nella maggior parte dei casi, confortato dal tempo che passa” e sarebbe quindi op-portuno, “nell’ambito di una norma che fissa i criteri di quantificazione dell'inden-nizzo, specificare che la misura di esso dipende anche dal tempo trascorso dal-l'emanazione del provvedimento”17. Tale fattore non fu, ai tempi dell’introduzione della legge 15 del 2005, ritenuto idoneo a precludere l’esercizio del potere di auto-tutela ma, come detto, solo ad imporre la ponderazione degli interessi coinvolti.18

La riforma della legge sul procedimento operata dalla legge 124 del 2015 mo-difica sostanzialmente tale impostazione e la conforma al modello europeo delineato dalla Corte di Giustizia. Quest'ultima, valorizzando fortemente il fattore tempo, con-sidera precluso il potere di ritiro laddove sia decorso un rilevante lasso temporale dall’adozione del provvedimento.

Il novellato articolo 21nonies, introdotto dall’art. 6 della legge Madia, impone infatti un vincolo temporale di diciotto mesi oltre il quale non è più consentito l’eser-cizio del potere di annullamento degli atti autorizzativi o attributivi di vantaggi eco-nomici19. L’inversione di tendenza rispetto all'assetto preesistente pare del tutto evi-dente. L’amministrazione che ravveda la necessità di rimuovere l’atto amministra-tivo produtamministra-tivo di vantaggi economici dovrà, così come accadeva finora, continua-re a fornicontinua-re adeguate motivazioni circa l’annullamento e il bilanciamento di intecontinua-ressi effettuato ma solamente entro il termine di diciotto mesi, superati i quali l’assetto di interessi formatosi non potrà essere intaccato dalla valutazione amministrativa. Decorso il termine dei diciotto mesi viene quindi meno ogni potere valutativo in capo

all’amministrazione con riguardo alla eventuale prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo su quello privato alla conservazione del proprio vantaggio. L’interesse del privato, rafforzato dal fattore tempo, prevale quindi, in ogni caso, sul potere di riedizione dell’amministrazione.

L’interpretazione definitiva di tale norma arriva dal Consiglio di Stato con il pa-rere 839/2016 secondo il quale “il legislatore del 2015 ha fissato termini decaden-ziali di valenza nuova, non più volti a determinare l’inoppugnabilità degli atti nel-l’interesse dell’amministrazione, ma a stabilire limiti al potere pubblico nelnel-l’interesse dei cittadini, al fine di consolidare le situazioni soggettive dei privati. In altri termini, ad avviso della Commissione speciale, è possibile affermare che la legge n. 124, con la novella all’art. 21-nonies della legge n. 241, abbia introdotto una nuova ‘regola generale’ che sottende al rapporto tra il potere pubblico e i privati: una regola di cer-tezza dei rapporti, che rende immodificabile l’assetto (provvedimentale-documen-tale-fattuale) che si è consolidato nel tempo, che fa prevalere l’affidamento”.

L'assetto definito dall’art. 21nonies non trova applicazione laddove i vantaggi ac-quisiti dai privati siano stati conseguiti per effetto di una condotta di reato, accer-tata con sentenza passata in giudicato, in virtù del disposto del nuovo comma 2bis dell’art. 21nonies, il quale recita testualmente: “I provvedimenti amministrativi con-seguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dal-l’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al com-ma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445”.

Solamente in questi casi il legislatore non attribuisce rilievo prioritario alla cer-tezza dei rapporti economici e considera meritevole di maggior tutela la necessità di ristabilire l’ordine giuridico violato per il tramite della condotta illecita.

Il potere di autotutela è comunque in via definitiva notevolmente ridimensionato. Non solo perché i tempi della giustizia risultano tanto lunghi da poter inficiare nel concreto tale ultima disposizione ma anche in quanto l’art. 21nonies conferma la re-sponsabilità in capo all’amministrazione per l’adozione e la mancata rimozione del-l’atto illegittimo.

L’amministrazione quindi, in presenza di un atto illegittimo, ha a disposizione un tempo limitato di diciotto mesi per attivarsi. Decorso tale vincolo temporale sarà responsabile della propria inerzia. Anche in questo caso, come per l'istituto del si-lenzio assenso, il legislatore sembra voler richiamare l'amministrazione ad un sen-so di responsabilità ponendo il vincolo temporale e le eventuali sanzioni come di-sincentivi contro l’inerzia.

4. seNTeNZa 251/2016

La Corte costituzionale, con sentenza n. 251/2016, ha rilevato l’illegittimità costi-tuzionale di alcuni articoli della cosiddetta “Riforma Madia”.

In merito agli effetti di tale decisione, si evidenzia che, come sancito dal punto nove della sentenza in oggetto, le disposizioni sanzionate di illegittimità sono

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