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Nella receNTe NormaTiVa

La sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcuni articoli perché ritenuti incidenti su materie di competenza regionale, con la necessità di assicura-re il rispetto del pieno coordinamento istituzionale. Nel giudizio si afferma che deve essere assicurato, nell’ambito del procedimento legislativo, il ricorso al sistema del-la Conferenze e dell’intesa con le autonomie regionali. Le modifiche apportate al D.lgs. n. 175 del 2016 mirano proprio al maggiore coinvolgimento delle regioni nella ri-forma delle società partecipate, al fine di rendere il testo più coerente con le esigenze della di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

Le maggiori criticità che il testo correttivo prova a superare sono legate al rischio di mancato conseguimento degli obiettivi del D.Lgs. 175/2016. Tale rischio viene valicato con una serie di misure correttive:

Nella receNTe NormaTiVa

- è il Presidente della Regione, con proprio decreto, a determinare se ricorrano i presupposti per procedere allo scioglimento di società a partecipazione pubbli-ca;

- la ristrettezza delle scadenze attuative previste, tali da pregiudicare l’impianto della riforma, viene superata con la proroga dei relativi termini;

- la previsione di sistemi di governance collegiale per l’amministrazione e il con-trollo, alternativi all’amministratore unico, viene demandata al libero giudizio della singola società, evitando che tale scelta avvenga esternamente a quanto de-liberato in sede assembleare.

Il provvedimento correttivo, tuttavia, conferma gli obiettivi del decreto, mirando a valorizzare le esigenze di semplificazione e di razionalizzazione delle regole vigenti in materia, attraverso la creazione di una disciplina organica sul tema delle società partecipate. Resta chiaro l’obiettivo finale del migliore utilizzo delle risorse pubbliche, tagliando le fonti di spreco. Il testo di rettifica, in aggiunta al testo unico di riferi-mento, sembra essere in linea con i principi comunitari posti a tutela della concor-renza e della traspaconcor-renza.

Il riordino delle partecipate pubbliche2in società di capitali non era difatti più rinviabile, considerando il contemporaneo riassetto anche degli obblighi contabili in capo all’amministrazione centrale e territoriale3e l’intento di tenere sotto controllo la spesa pubblica con bilanci uniformi ed omogenei nella forma e nel contenuto.

Non ultimo l’obbligo di redigere un bilancio consolidato ha rappresentato un ul-teriore tassello orientato alla piena e completa informazione verso gli stakeholeders e al rispetto dei parametri di contenimento della spesa pubblica, specie se ripetu-tamente chiamati a ripianare perdite generate da gestioni poco accorte e dere-sponsabilizzanti.

La previsione all’interno del decreto di misure stringenti impatta severamente sulle scelte e sull’autonomia degli amministratori pubblici, limitando il loro raggio di azione e la discrezionalità con la quale in passato venivano istituite società rite-nute funzionali al loro operato e di loro stretta competenza.

Difatti, per la prima volta, sono indicate delle forti prescrizioni che pongono una serie di vincoli particolarmente rigorosi. Il contenuto dei 28 articoli che compongono il decreto mirano a fornire indicazioni e a realizzare nuovi orientamenti sulla defi-nizione di ciò che è consentito e ciò che non lo è più.

Dall’entrata in vigore del 23 settembre 2016, salvo quanto previsto dall’art. 264, non sono consentite le società prive di dipendenti o quelle che hanno un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori, quelle che nella media dell’ulti-mo triennio hanno registrato un fatturato sotto il milione di euro, quelle inattive che non hanno emesso fatture nell’ultimo anno, quelle che svolgono all’interno dello stes-so comune o area vasta duplicati di attività, quelle che negli ultimi cinque anni han-no fatto registrare quattro esercizi in perdita e quelle che svolgohan-no attività han-non stret-tamente necessarie ai bisogni della collettività.

Saranno consentite solo le partecipate pubbliche che svolgono le seguenti atti-vità: servizi pubblici, opere pubbliche sulla base di un accordo di programma,

ser-vizi pubblici o opere pubbliche in partenariato pubblico/privato, serser-vizi strumen-tali, servizi di committenza, valorizzazione del patrimonio immobiliare dell’ammi-nistrazione.

In caso di crisi aziendali si applicano le regole e i princìpi privatistici, mentre gli amministratori risponderanno al giudice civile e alla Corte dei conti per danno era-riale.

È da sottolineare come la Corte costituzionale, con sentenza n. 144/20016, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 611 e 612, della l. n. 190/2014, affermando che l’obiettivo perseguito dai richiamati commi va ricondotto a finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa at-traverso modalità e assetti di coordinamento della finanza pubblica.

La Corte dei conti nella sua ultima relazione al Parlamento sugli “organismi par-tecipati dagli Enti territoriali” afferma che: “I singoli criteri elencati dalla norma

rap-presentano, a giudizio della Corte, parametri che si innestano in ambiti di competen-za esclusiva dello Stato (quali la tutela della concorrencompeten-za e il risparmio di spesa attra-verso anche la riduzione dei costi di funzionamento degli organi sociali e delle remu-nerazioni dei componenti) e che impongono, di conseguenza, un rapporto di stretta col-laborazione con le Regioni alle quali residuano ampi margini di manovra, adeguamento e opzioni al fine di conseguire una significativa riduzione del fenomeno delle società par-tecipate. Il carattere dettagliato e puntuale delle disposizioni non confligge, dunque, con il principio del coordinamento della finanza pubblica né lede l’ambito delle competen-ze residuali delle Regioni in quanto non limita le facoltà di scelta e organizzazione spet-tanti a quest’ultime, secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica deli-neati dall’art. 117, terzo comma, Cost.”

2. sPeNdiNg reView e il coNTrollo delle ParTeciPaTe

Sull’onda delle azioni di governo volte al contenimento della spesa pubblica, del-l’abbandono della cosiddetta stagione dei tagli lineari e, più in generale, ai proces-si di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, proces-si è ritenuto non più rinviabile rivedere l’assetto e la gestione delle partecipazioni societarie detenute dagli enti pub-blici.

Infatti, nel quadro delle numerose norme di rango nazionale, ma anche regio-nale e locale, uno degli ambiti che da subito i policy maker hanno individuato come aggredibile è stato proprio quello relativo alla detenzione di partecipazioni pubbli-che per il perseguimento di finalità istituzionali.

La materia è stata spesso oggetto di aspre critiche da parte dell’opinione pubblica e dell’associazione degli industriali, specie in tempi dove le risorse economiche sono esigue e contemporaneamente gli impegni assunti in ambito UE ancor più pressan-ti.

L’unica alternativa all’incremento delle imposte è difatti rappresentata dal con-tenimento della spesa pubblica e l’azione volta alla razionalizzazione di strutture ri-tenute non più strumentali alle attività istituzionali un necessario passaggio

obbli-gato e non più rinviabile, oltre che capace di innescare meccanismi virtuosi di ge-stione della cosa pubblica, efficienti ed efficaci, tale da ridurre gli sprechi, scorag-giare azioni di concorrenza sleale, mitigare il rischio corruzione e di nomine e as-sunzioni clientelari.

Caratteristica principale di queste società è l’essere interamente partecipate da enti pubblici, la qual cosa consente loro di essere affidatarie dirette delle commes-se, col vincolo di poter svolgere l’attività solo per conto dell’ente proprietario.

In pratica, e secondo gli orientamenti interpretativi prevalenti, esse costituiscono un vero e proprio prolungamento della pubblica amministrazione, anche se le for-me societarie prevalentefor-mente adottate (S.p.A; S.r.l.; società consortili, cooperati-ve, ecc.) sono quelle tipiche del diritto privato.

È da sottolineare come l’universo mondo delle società partecipate dagli enti pub-blici rappresenta una importante modalità attraverso la quale la pubblica ammini-strazione eroga e gestisce una parte significativa dei suoi servizi.

Per dare un ordine di grandezza parziale del valore della produzione riferito agli organismi partecipati osservati (pari a 4.217 con dati di bilancio relativi all’eserci-zio 2014 – banca dati SIQUEL) basti pensare che, secondo il Rapporto della Corte dei conti del 20165– sezioni riunite in sede di controllo, equivale a circa 55 miliar-di miliar-di euro, così come altrettanto rilevanti sono anche i livelli occupazionali da esse garantiti pari a oltre 237.000 addetti, senza considerare il contesto complessivo del-l’indotto delle aziende fornitrici correlato.

Il Rapporto Cottarelli6già nel 2014 aveva evidenziato come la proliferazione del-le società partecipate pubbliche, anche dette “fabbriche di debiti”, fosse un vero e proprio coacervo di interessi, spesso molto più personali che istituzionali, tali da ge-nerare ingiustificate rendite di posizione e strutturali inefficienze, senza che il so-cio pubblico fosse capace, nella gran parte dei casi, di intervenire in modo risoluto per la difesa dell’interesse pubblico.

Il Commissario alla spending review aveva evidenziato come sarebbe stato au-spicabile intervenire prontamente sulla materia per irrigidire gli spazi di discrezio-nalità e di deresponsabilizzazione, oltre che porre un argine all’elusione dei vinco-li di finanza pubbvinco-lica.

Quella che aveva definito “la giungla delle partecipate fuori controllo” avrebbe difatti potuto generare risparmi stimati per oltre 2-3 miliardi di euro l’anno, portandone il numero dalle oltre 8.0007attuali (576 società fanno capo allo Stato, 5.258 a Re-gioni, Province e Comuni, più 2.214 “organismi di varia natura” come consorzi, enti, agenzie) a 1.000, a regime, in un arco temporale di medio periodo (4-5 anni). Par-ticolarmente rilevante e da riportare sotto controllo era stato definito anche il co-siddetto fenomeno delle “scatole cinesi”, ossia società che esistono, fatturano e spen-dono soldi ma che non si riesce a far risalire a un ente pubblico, grazie a una serie di partecipazioni di livelli successivi.

Già prima del d.lgs. n. 175/2016, il Governo era intervenuto per regolamenta-re la materia delle partecipate con l’intento di invertiregolamenta-re la tendenza assistenziale e di copertura sistematica delle perdite realizzate, imponendo l’obbligo agli enti pro-prietari delle aziende di privatizzarle o scioglierle8.

Sempre con riferimento alle medesime società, anche la successiva stesura del-l’art. 3 d.l. n. 101 del 31 agosto 2013 aveva perseguito il fine di far emergere situa-zioni di inefficienza, mirando a far dichiarare ad ogni singola partecipata eventua-li esuberi di personale e definendo un complesso meccanismo di mobieventua-lità9che ne in-centivasse la razionalizzazione. Tali misure erano del resto accompagnate dall’ap-plicazione di sanzioni, con responsabilità personali per gli amministratori dell’en-te controllandell’en-te e di quelli della pardell’en-tecipata, in caso di inadempienza rispetto agli ob-blighi fissati dalla normativa.

3. il sisTema dei coNTrolli e la crediBiliTà delle aZioNi

Per incentivare l’adozione di comportamenti virtuosi da parte degli enti locali è in-dispensabile porre in essere un sistema di controlli e sanzioni da applicare nei casi di inadempienza delle norme sulle partecipate.

La presenza di meccanismi credibili di controllo, in particolare da parte della Cor-te dei conti, sono una condizione necessaria per garantire l’efficacia dei principi e delle regole richiamate dal d.lgs. n. 175/2016 nel suo enunciato.

Ovviamente anche i controlli hanno un loro costo e, per evitare procedure ec-cessivamente lunghe che ne ridurrebbero l’efficacia, sarebbe opportuno operare se-condo un modello snello di verifiche a campione mirate. I controlli si dovrebbero con-centrare su alcune delle fasi che si ritengono più cruciali per il percorso di efficien-tamento delle partecipate rappresentando un adeguato incentivo a evitare com-portamenti inappropriati.

Le diverse forme di controllo rappresentano gli strumenti attraverso cui rende-re prende-ressante l’azione di verifica dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi pro-grammati dagli amministratori pubblici, nonché assicurare l’accountability della

go-vernance aziendale, in primis del futuro amministratore unico10quale figura di ri-ferimento centrale nella conduzione dell’amministrazione aziendale.

In particolare le società partecipate sono soggette al controllo di vari soggetti, interni ed esterni al perimetro aziendale, con l’intento di impedire sprechi di risor-se, gestioni poco oculate e condotte illecite.

Già prima del d.lgs. n. 175/2016, la normativa previgente11prevedeva che le so-cietà partecipate fossero soggette al cosiddetto “controllo analogo” da parte dell’ente pubblico a cui appartengono.

Nello specifico, attraverso lo statuto, esso consiste nel controllo esercitato dal-l’ente locale analogo a quello eseguito sui propri servizi attraverso la sua azione di indirizzo, di coordinamento e supervisione dell’attività sociale. Di fatto la società non possiede alcuna autonomia decisionale in relazione agli atti di gestione e sono for-temente regolamentate le possibilità di cedere quote a soci privati, la nomina e la re-voca degli amministratori, l’acquisto e l’alienazione di unità immobiliari, gli acqui-sti superiori a determinati tetti di spesa, il controllo sulla qualità dei servizi erogati.

Altra tipologia di controllo è quello interno che nelle aziende maggiormente strut-turate è articolato in un vero e proprio ufficio di audit, con l’obiettivo di verificare

il raggiungimento delle performance programmate e l’ottimizzazione, efficiente ed efficace, dei processi lavorativi, oltre che fornire un valido supporto agli altri orga-ni ammiorga-nistrativi e di controllo esterno.

In particolare, ogni società è dotata anche di un valido presidio di controllo con-tabile rappresentato dal collegio sindacale, come prescritto dal Codice civile12, allo scopo di riscontrare e certificare l’attendibilità e la veridicità di quanto sintetizzato nei documenti di bilancio.

Come già detto, tra i controlli a cui sono soggette le società partecipate, non va tralasciato il ruolo esercitato dalla Corte dei conti, con il primario compito di veri-ficare e acclarare eventuali responsabilità e danni a discapito dell’Erario.

La visione unitaria della finanza pubblica è alla base dell’articolato sistema di con-trolli sugli enti territoriali, che vede al centro le Sezioni regionali di controllo.

Le sue finalità si riepilogano nell’esigenza di garantire il rispetto degli equilibri di bilancio, in relazione al Patto di stabilità interno e ai vincoli derivanti dall’ap-partenenza dell’Italia all’Unione europea.

Di particolare rilievo sono anche i compiti attribuiti alla Corte in ordine alle di-sposizioni della legge di stabilità 2014, volte a una maggiore responsabilizzazione degli enti nella gestione delle esternalizzazioni, istituendo un rapporto diretto tra risultati degli organismi ed obblighi di accantonamento nei bilanci degli enti, sino alla prevista dismissione delle quote di partecipazione, così come le norme sul bi-lancio consolidato introdotte dal d.lgs. 10 agosto 2014, n. 126, integrativo del d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e sulla c.d. circolarizzazione dei debiti e dei crediti tra enti e organismi, nonché le disposizioni sull’unificazione delle banche dati degli organismi partecipati (art. 17, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), nell’ottica del miglioramento della conoscenza del fenomeno e dell’indivi-duazione di strategie intese al contenimento dei costi.

Alla Corte è affidato anche il compito di ricevere i piani di razionalizzazione pre-disposti dagli enti proprietari prepre-disposti per evidenziare le seguenti situazioni:

a) partecipazioni societarie che non rientrino tra quelle “indispensabili” ai fini del perseguimento delle finalità istituzionali;

b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svol-te da altre società parsvol-tecipasvol-te o da enti pubblici strumentali;

d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fat-turato medio non superiore a un milione di euro;

e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servi-zio d'interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

f) partecipazioni in società aventi necessità di contenimento dei costi di funzio-namento;

g) partecipazioni in società che necessitano di essere aggregate aventi ad oggetto le attività consentite ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 175/2016.

Il d.lgs. n. 175/2016 introduce anche un ruolo di supervisore al Ministero del-l’economia e delle finanze nell’ambito del monitoraggio, indirizzo e coordinamen-to delle partecipate, nell’ambicoordinamen-to del coordinamencoordinamen-to della finanza pubblica, attraverso l’analisi degli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati, per individuare le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari ri-levanti per il bilancio dell’ente.

L’art. 15 assegna, infatti, al MEF la struttura competente a monitorare l’attua-zione del decreto, a promuovere le migliori pratiche e la trasparenza, fornire orien-tamenti e indicazioni. Di particolare rilievo sono anche i poteri ispettivi assegnati af-finché vengano verificati le segnalazioni periodiche fornite, nonché ogni altro dato o documento contabile.

Tutte le attività di controllo elencate si traducono, al termine del loro iter, in se-gnalazioni, provvedimenti amministrativi e in eventuali sanzioni. In particolare le sanzioni comminate dovrebbero gravare anche sull’ente partecipante oltre che su-gli amministratori delle partecipate.

Tale specifica si rende opportuna tenuto conto che l’art. 21 del decreto legisla-tivo appena approvato cita espressamente la sola revoca degli amministratori, per giusta causa, qualora sia stato conseguito un risultato negativo per due esercizi suc-cessivi. Nulla viene detto in merito al mancato rispetto della normativa con riferi-mento agli enti partecipanti che potrebbero essere sanzionati13con riduzioni dei tra-sferimenti dello Stato all’amministrazione locale e con responsabilità personali.

NoTe

1. Sentenza nel giudizio di legittimità costi-tuzionale dell’art. 1, comma 1, lettere b), c) e g), e comma 2, dell’art. 11, comma 1, lettere a), b), numero 2), c), numeri 1) e 2), e), f), g), h), i), l), m), n), o), p) e q), e com-ma 2, dell’art. 16, commi 1 e 4, dell’art. 17, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), l), m), o), q), r), s) e t), dell’art. 18, lettere a), b), c), e), i), l) e m), numeri da 1) a 7), dell’art. 19, lettere b), c), d), g), h), l), m), n), o), p), s), t) e u), e dell’art. 23, comma 1, del-la legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), pro-mosso dalla Regione Veneto con ricorso no-tificato il 12 ottobre 2015, depositato in cancelleria il 19 ottobre 2015 ed iscritto al n. 94 del registro ricorsi 2015.

2. Le società partecipate si definiscono come società di diritto privato di cui il capitale so-ciale è di proprietà di un ente pubblico lo-cale. È una società legata a doppio filo al-l’ente locale: a livello economico-finanzia-rio e a livello di produzione. Gli enti loca-li, secondo la legislazione vigente, non possono costituire “società aventi ad

ogget-to la produzione di beni e servizi non stret-tamente necessarie al perseguimento delle pro-prie finalità istituzionali, ovvero di assume-re o manteneassume-re – diassume-rettamente –partecipa-zioni, anche di minoranza, in tali società”.

Le società partecipate dallo Stato sono “società di capitali delle quali lo Stato

detie-ne, per il tramite del Ministero dell’economia e finanze – Dipartimento del tesoro, una quo-ta del capiquo-tale sociale. Tale partecipazione può essere di maggioranza o di minoranza a se-conda che superi o meno il 50%, e diretta od indiretta a seconda che il capitale sociale sia posseduto dallo Stato direttamente o attra-verso una società partecipata”.

A norma dell’art. 2359 c.c., sono parteci-pazioni di controllo quelle nelle quali l’en-te parl’en-tecipanl’en-te esercita un’influenza do-minante sulla società posseduta, median-te maggioranza dei voti in assemblea ovvero mediante particolari vincoli contrattuali. 3. Legge 31 dicembre 2009, n. 196 in materia di “Legge di contabilità e finanza pubblica”, decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bi-lancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi”, decreto legislativo 31 mag-gio 2011, n. 91 “Disposizioni recanti at-tuazione dell’articolo 2 della legge 31 di-cembre 2009, n. 196” e decreto del Presi-dente della Repubblica 4 ottobre 2013, n. 132 “Regolamento concernente le modali-tà di adozione del piano dei conti integra-to delle amministrazioni pubbliche, ai sen-si dell’articolo 4, comma 3, lettera a), del de-creto legislativo 31 maggio 2011, n. 91”. 4. L’articolo 26, come modificato dal testo cor-rettivo prescrive che le Società a controllo pubblico già costituite, adeguino i propri statuti alle disposizioni della nuova nor-mativa entro il 31 luglio 2017.

5. Relazione 2016 al Parlamento della Corte dei conti “Gli organismi partecipati dagli Enti territoriali” – Osservatorio sugli or-ganismi partecipati/controllati dai Comu-ni, Province e Regioni e relative analisi. 6. Carlo Cottarelli, economista del Fondo

Monetario Internazionale, nominato dal go-verno Letta Commissario straordinario alla spending review. Il rapporto del Com-missario straordinario, pubblicato in data 7 agosto 2014, recava un articolato pro-gramma, contenente diversi suggerimenti distinti in misure:

par-tecipate (tra cui la limitazione degli affi-damenti in house, il divieto di partecipazioni minimali e/o la chiusura degli organismi di dimensioni ridotte in termini di fatturato e/o di dipendenti);

- di efficientamento (riduzione dei costi

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