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Si è giunti adesso alla trattazione della pubblicità pro- fessionale.

La pubblicità dei servizi professionali dovrebbe permettere di ridurre il divario informativo tra i professionisti e il fruitori della prestazione e che grava su quest'ultimi e dovrebbe incentivare la concorrenza, rendendo più facile l'ingresso per nuovi professionisti.57

Invece, allo stato dei fatti l'articolo 3 comma quinto lettera g) della legge n. 148 del 2011, meglio nota come

56 Corte di Giustizia, 8 dicembre 2016, Cause riunite C-532/15 C- 538/15.Nel primo caso il cancelliere della Corte provinciale di Saragozza viene adito in ambito alla verifica delle spese di lite che sono state imposte ad una società soccombente, nei confronti di altre società. La società soccombente ha la convinzione che i compensi degli avvocati di controparte siano eccessivi, e quindi non dovuti. Il cancelliere riduce le spese alla società ricorrente. A seguito di tale riduzione sono le società vittoriose nel giudizio che fanno ricorso alla Corte Provinciale territoriale. L'altro caso verte su una lite tra un procuratore legale ed un'impresa cliente che rifiuta il pagamento della parcella perché la considera eccessiva rispetto al lavoro di assistenza legale svolto. La Corte dichiara che L’articolo 101 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere inter- pretato nel senso che non si oppone ad una legge nazionale che assoggetta i compensi dei procuratori legali a una tariffa che può essere aumentata o diminuita solamente del 12%, e della quale i giudici nazionali devono solo controllare che essa venga applicata, senza poter derogare ai limiti fissati da tale tariffa.

57 N. Rangone, Riforma delle professioni intellettuali: contenuti, limiti e

“Decreto sviluppo”, riafferma le previsioni della “legge Bersani”, senza superarne i limiti. Infatti stabilisce che è liberà la sola pubblicità informativa e gli Ordini professionali mantengono un potere di verifica sulla trasparenza e veridicità58.

Prendiamo ad esempio un caso specifico, che rileva l'importanza di alcune delle suddette limitazioni alla pub- blicità professionale. In esso un gruppo di professionisti forensi aveva lanciato una nuova idea imprenditoriale per l'offerta di servizi legali, sotto la denominazione “as- sistenza legale per tutti”.

Secondo il Consiglio Nazionale Forense e la Cassazione, per aver usato il termine “ALT”, il quale ha una totale assenza di contenuto informativo, ma va invece a far leva sulla capacità emozionale va censurata la proposta di tali avvocati59.

58 L'articolo 3 comma 5 lettera g) prevede nello specifico che:<< La

pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la strut- tura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equi- voche, ingannevoli o denigratorie>>.

59 N. Rangone, Riforma delle professioni intellettuali: contenuti, limiti e

La Corte di cassazione afferma che “Non è illegit-

timo per l'organo professionale procedente individuare una forma di illecito disciplinare nelle modalità e nel contenuto della pubblicità stessa, in quanto lesivi del decoro e della dignità della professione, e non nell'attività di acquisizione di clientela in se, ma negli strumenti usati, allorché essi siano non conformi alla concorrenza e al decoro professionale60”.

Con tale sentenza della Cassazione viene affermato un forte potere di controllo degli Ordini professionali, in ambito pubblicitario, sui professionisti inscritti all'albo e che va a reprimere l'indipendenza di quest'ultimi.

Il D.P.R. n. 137 del 2012 è volto a dare attuazione ai principi dettati nell'articolo 3, comma quinto61, del decreto

legge n. 138 del 2011.

60 Cass. civ., sez. un., 18 novembre 2010, n. 23287, in Giust. Civ., 2011, 1, I, p. 62.

61 L'articolo prevede nello specifico che:<< Fermo restando l'esame di

stato di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate secondo i principi della riduzione e dell'ac- corpamento, su base volontaria, fra professioni che svolgono attività simi- lari, gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'at- tività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla pre- senza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differen- ziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativa ai servizi offerti[...]>>.

L'articolo 4 del suddetto D.P.R. stabilisce che è ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività delle professioni regolamentate, i titoli posseduti che attengono alla professione, le specializzazioni,i compensi richiesti per le prestazioni e la struttura dello studio professionale62.

Legittimando la pubblicità con ogni mezzo viene superata la tipizzazione dei veicoli pubblicitari leciti.

La tematica della pubblicità professionale è da legarsi senza dubbio al diritto europeo, il quale da un lato rappresenta una spinta verso la liberalizzazione del settore pubblicitario professionale; ma dall'altro rico- nosce, tuttavia, la necessità di regolare specificamente la pubblicità professionale e la sua differenza nei confronti della pubblicità commerciale63.

62 L'articolo prevede nello specifico che:<< La pubblicità informativa deve

essere funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l'obbligo del segreto professionale e non deve essere equivoca, ingannevole e deni- gratoria>>.

63 M. Chiarelli, Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, in amministrazione in cammino, 2017, p. 1.

È la direttiva 2006/123, meglio nota come “Direttiva Servizi”, ad occuparsi della pubblicità delle professioni intellettuali.

La direttiva si applica a tutti i tipi di servizio prestato a titolo oneroso, tranne a quelli esclusi dall'articolo 2 della stessa direttiva64.

La normativa comunitaria non è contraria all'esisten- za di limiti intrinseci all'utilizzo della pubblicità nelle professioni intellettuali. “La Direttiva Servizi”, infatti, affrontando il tema ammette che possano esservi divieti parziali alla pubblicità e che essi vengano giustificati da motivi di interesse generale e proporzionati allo scopo perseguito65. “Proprio, quindi, la normativa contenente la

disciplina generale sulla liberalizzazione dei servizi, volta in quanto tale alla promozione della concorrenza, con riferimento alle professioni intellettuali, non utilizza

64 L'articolo prevede nello specifico che:<< la presente direttiva non si

applica ad alcune attività, tra le quali i servizi non economici d’interesse generale, i servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicura- zione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel setto- re degli investimenti[...]>>

65 M. Chiarelli, Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, cit., p. 1.

neppure il termine pubblicità, facendo invece riferimento a comunicazioni commerciali emanati dalle professioni regolamentate66”. L'articolo 24 della Direttiva Servizi, al

suo primo comma prevede la soppressione dei divieti totali nel caso di comunicazioni commerciali per le professioni ordinistiche. Tuttavia, lo stesso articolo al comma secondo, prevede che gli Stati membri prov- vedono in maniera tale che le comunicazioni commerciali che emanano dalle professioni ordinistiche si adeguino alle regole professionali, nel rispetto del diritto comu- nitario, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione regolamentata67. Le regole professionali in

materia di comunicazioni commerciali sono non discrimi- natorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate. La normativa comunitaria rispetta le tradizioni dei Paesi che adottano il modello

66 Così, M. Chiarelli, Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, cit., p. 2.

67 M. Chiarelli, Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, ivi, p. 2.

ordinistico di trattamento delle professioni regolamen- tate68.

Essa mostra di non avere l'intenzione di modificare le regole di autogoverno degli Ordini professionali, poiché richiama i valori dell'integrità della professione, dell'indi- pendenza, della dignità e del segreto professionale. Ciò è dimostrato anche dal fatto che la Direttiva si riferisca alle regole professionali e alla specificità di ciascuna profes- sione, da cui si ricava che il diritto comunitario tende per il principio di autoregolazione della stessa categoria69. Il

principio è confermato dal considerando n. 100, che sancisce che per quanto riguarda le modalità e il contenuto delle comunicazioni commerciali, bisogna attuare un incoraggiamento verso gli operatori del settore a sviluppare , in conformità del diritto comunitario, codici di condotta a livello comunitario70.

68 M. Chiarelli, Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, cit., p. 2.

69 M. Chiarelli, Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, ivi, p. 2.

70 M. Chiarelli,Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, ivi, p. 2.

La direttiva 2006/123 tende dunque verso un modello più vicino alla pubblicità informativa. Ciò si ricava anche dal considerando n. 96. In esso, infatti, si afferma che le informazioni che il professionista ha l'obbligo di rendere disponibili nella documentazione con cui espone detta- gliatamente i suoi servizi non dovrebbero essere comuni- cazioni commerciali generali come la pubblicità, ma, invece , una descrizione scrupolosamente dettagliata dei servizi che il professionista propone ai potenziali clienti71.

3.1. Pubblicità e professione forense.

Dall'esame in combinato disposto degli articoli 17 e 35 del codice deontologico forense vediamo che conte- nuto e forma dell'informazione pubblicitaria devono essere coerenti con la finalità della tutela dell'affidamento della collettività, avendo ad oggetto l'informazione sulla propria attività professionale, sulle eventuali specializ- zazioni e titoli scientifici posseduti; che l'informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto

71 M. Chiarelli,Nota a T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 11/11/2016, n. 11169, cit., 2017, p. 2.

professionale, ne equivoche, ingannevoli denigratorie o suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l'attività professionale72.

Continuando la lettura in combinato disposto dei due articoli si nota che è vietato rilevare al pubblico il nome dei propri clienti ancorché questi vi consentano. Inoltre, non è consentita l'indicazione di nominativi di profes- sionisti o di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell'avvocato73. Inoltre, va

assicurato il rispetto della dignità e del decoro della professione ed è vietata la pubblicità ingannevole, denigratoria, suggestiva e comparativa.

il Consiglio Nazionale Forense vieta la possibilità di far conoscere il proprio studio professionale con volantini

72 L'articolo 17 prevede nello specifico che:<< [...]In ogni caso le

informazioni offerte devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell'obbligazione professionale.>>

73 L'articolo 35 prevede che:<<L’avvocato può utilizzare il titolo accade-

mico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegna- mento. L’iscritto nel registro dei praticanti può usare esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione. L’avvo- cato non può utilizzare nell’informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi[...]>>.

lasciati sul parabrezza delle auto in sosta74. Infatti, come

si è visto prima , analizzando gli articoli 17 e 35 del codice deontologico forense, la pubblicità informativa de- ve essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro propri di ogni pubblica manifesta- zione dell'avvocato. E nel caso dei volantini posti sul parabrezza di un'autovettura la pubblicità informativa ve- rebbe svolta con una modalità lesiva della dignità e del decoro della libera professione.

Nel 2015 il Consiglio Nazionale Forense si è pronun- ciato sancendo che la pubblicità con la quale il profes- sionista offra prestazioni professionali con il solo scopo di influenzare la scelta dei potenziali clienti e senza consoni requisiti informati, viola le prescrizioni normative, se il messaggio è compilato con modalità volte ad attrarre la clientela , operate con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità e il decoro della professione, come l'uso della parola gratuito75.

74 Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 207 del 2014. 75 Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 118 del 2015.

Una questione interessante riguardo alla pubblicità forense, è da ricercare in una richiesta formulata in passato al Consiglio Nazionale Forense.

La formulazione della richiesta aveva per argomento la liceità della possibilità per l'avvocato di fornire informazioni sulla propria attività professionale attra- verso la cartellonistica all'interno di un campo da calcio e all'interno dello spazio pubblicitario del tabellone, dove vengono realizzate le interviste da parte dei mass-media.

Il Consiglio Nazionale Forense si è pronunciato in maniera positiva sul punto, dato che né la riforma dell'ordinamento forense, né il codice deontologico esclu- dono tale forma di pubblicità informativa76.

La pubblicità nella professione forense non può essere comparativa. Non potrebbe essere altrimenti, poi- ché in nessun modo si sarebbe potuta ideare una lecita pubblicità comparativa tra due professionisti forensi.

Infatti, non vi sono caratteristiche oggettivamente verificabili per indurre il cliente ad una determinata scelta

a favore di un avvocato o dell'altro, poiché non si potrebbero confrontare due professionisti forensi sul fatto di una percentuale di cause vinte o di cause perse, dato che le cause non sono tutte uguali e hanno difficoltà differenti; o ancora sull'uso del linguaggio, poiché in un certo contesto potrebbe essere più incisivo un linguaggio erudito, mentre in un altro un linguaggio più semplice77.

Con l'esame appena svolto della tematica della pubblicità forense, abbiamo chiuso la trattazione degli effetti giuridici che scaturiscono dall'iscrizione ad un albo professionale.

77 D. Cerri, La deontologia forense in Italia, 2010, su www.accademia.edu, p. 29.

Capitolo III

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