Gli effetti che si ottengono dalla costituzione di un patrimonio separato e destinato sono, come più volte evidenziato nel corso della trattazione, particolarmente stringenti. La separazione delle massa patrimoniale porta con sè anche una separazione dei creditori sociali e quindi della garanzia patrimoniale. Tali effetti perchè si producano hanno bisogno di una procedimentalizzazione scandita e chiara e nessun mezzo, nel nostro
ordinamento, diverso dalla pubblicità può sortire questo risultato.
Senza indugiare troppo sulla differenza che intercorre tra i vari tipi di pubblicità che il nostro ordinamento conosce: notizia, dichiarativa e costitutiva, possiamo affermare che la disciplina sulla quale si è formata la normativa in esame è sicuramente quella societaria e nella specie delle società di capitali. Non stupisce quindi che l’affare è trattato come una nuova intrapresa se non fosse per alcuni rilievi che di seguito analizzeremo. Infatti vi è subito da notare la similitudine che ha l’iscrizione della delibera costitutiva dello specifico affare nel Registro delle Imprese con la iscrizione dello statuto e dell’atto costitutivo della società gemmante nello stesso registro.
Come per la società, si potrebbe facilmente dire che non sia nata fino a quando non vengano depositati statuto ed atto costitutivo, così, per l’affare in oggetto, senza l’iscrizione non si ha la specializzazione della garanzia e non si attua la divisione in classi dei creditori.
Sappiamo, infatti, che, per il vincolo di destinazione impresso, alcuni e determinati beni, chiaramente per beni in senso giuridico si intende tutto ciò che può formare oggetto di diritti come debiti e crediti, contratti sia con fornitori sia con lavoratori, facenti capo alla società, vengono tenuti distinti da altri rapporti che la stessa società ha in essere e gli stessi beni tenuti distinti assumono una funzione di garanzia per il singolo affare.
Gli interessi sottesi all’affare come all'attività di impresa della società gemmante sono tanti e tali da richiedere un formalismo abbastanza spinto per rendere il vincolo di destinazione opponibile erga omnes. Sono almeno tre le condizioni che vanno soddisfatte per giungere a tale risultato:
1. che l’atto costitutivo dell’affare possegga i requisiti minimi per poter essere ritenuto valido e segua lo schema procedimentale designato dal legislatore;
2. che si ottemperi all’onere pubblicitario;
3. che sia mancante l'opposizione dei creditori sociali al progetto di costituzione o che la stessa opposizione sia stata respinta dal tribunale.
d’amministrazione, va depositata nel registro delle imprese; il perchè è più difficile da stabilirlo.
È vero che i patrimoni destinati non danno adito a vicende di circolazione della proprietà né della ricchezza in senso lato ed è anche vero che non essendo una modifica statutaria non ha bisogno di particolari formalismi come l’assemblea straordinaria dei soci e la verbalizzazione del notaio; ma è allo stesso tempo vero che la segregazione patrimoniale sottrae ai creditori la possibilità di rivalersi su una quota parte del patrimonio, la stessa quota che verrà destinata all’affare e la cosa potrebbe pregiudicare ancor di più la loro posizione creditoria se la società gemmante desse vita, contemporaneamente, a più affari specifici.
È proprio questo il momento di emersione della pubblicità cui sono sottoposti tali vincoli di destinazione; con il deposito, infatti, si attua una presunzione di conoscenza da parte dei creditori i quali sanno che potranno sempre controllare il Registro delle Imprese quando, effettivamente, volessero avere contezza del fatto che una società abbia o meno costituito patrimoni separati e destinati.
Per attuare tale vincolo e far si che l’onere pubblicitario venga ottemperato è necessaria la collaborazione di un pubblico ufficiale, che in questo caso è il notaio, e del tribunale.
La figura del notaio, con tutto il suo portato di mitologie e suggestioni, ha creato non pochi dubbi interpretativi. Il richiamo fatto dall’art. 2447 quater c.c. all’art. 2436 c.c., mancante del riferimento alla verbalizzazione, ha si messo in evidenza il compito a questi ascritto ma ha lasciato incertezze sulla forma che tale atto deve avere.
A tutta prima, non incidendo la delibera sull’oggetto sociale della società e non essendo l’assemblea l’organo deputato ad assumerla, bensì il consiglio di amministrazione, e non essendo questa una vicenda circolatoria, non si vede il motivo per cui sia necessario l’atto pubblico e la verbalizzazione del pubblico ufficiale.
C’è chi, in dottrina, ha sostenuto che la funzione del notaio spiega la sua forza a posteriori, in un ambito che ha il sapore dell’omologa. È come un controllo, ex post, di legalità sia in senso formale che sostanziale che non ha potuto eseguire a causa della sua assenza al momento della formazione della
delibera costitutiva.
Il panorama, a questo punto, ha contorni sempre più chiari. Il notaio che non dovesse ritenere rispettate le fasi di formazione della delibera o che dovesse ritenere il patrimonio segregato non sufficiente a raggiungere lo scopo perseguito, può rifiutarsi di iscrivere la stessa nel Registro delle Imprese, dandone semplicemente comunicazione agli amministratori.
Questo rifiuto è il presupposto indeffettibile per far si che la società, in persona dei propri amministratori, possa rivolgersi al Tribunale per ottenere l’omologazione entro trenta giorni dal rifiuto del pubblico ufficiale. L’organo giurisdizionale ha due possibilità: accogliere la richiesta, dopo aver controllato che vi siano tutti i requisiti di legge e di congruità del patrimonio, ordinando quindi al notaio, con decreto, di iscrivere la delibera; oppure, nel caso riscontri profili di invalidità, sempre con decreto, reclamabile innanzi alla corte d’appello entro trenta giorni, nega l’iscrizione. Al contrario, se il controllo del notaio dovesse avere esito positivo, nel senso che nulla osta ad una regolare iscrizione, questi ha tempo trenta giorni dalla delibera per inviare il tutto al Registro delle Imprese.
L’unica cosa da rilevare, nel silenzio della legge, è che per i beni immobili e i mobili registrati che sono iscritti in pubblici registri vi è necessità di una annotazione a margine per rendere edotti i terzi del vincolo di destinazione su di essi impresso.