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Punti di forza e di debolezza del non profit

Grafico 1.4 – Organizzazioni di volontariato per classi di volontari.

4.4. Punti di forza e di debolezza del non profit

Il volontariato è un fenomeno organizzativo pienamente maturo, che ha conseguito risultati significativi, che è parte integrante del tessuto connettivo del Paese e che garantisce elementi essenziali della vita democratica. Gli stessi problemi che esso oggi sperimenta sono quelli di un soggetto sviluppato e vitale.

La tabella di seguito (Tabella 1.2) mostra alcuni dei punti di forza e di debolezza delle organizzazioni non profit e quindi anche delle organizzazioni di volontariato.

Questa situazione è stata di recente messa in rilievo dai risultati del Civit Society Index, la ricerca sulle società civili nel mondo promossa da Civicus e realizzata in Italia da Fondaca in collaborazione con Cittadinanzattiva. Dalla ricerca è emerso come da una parte le organizzazioni civiche hanno una straordinaria capacità di rispondere operativamente alle esigenze di tutela dei diritti, cura dei beni comuni, empowerment dei cittadini e godono del più alto livello di fiducia pubblica (più di dieci volte superiore a quello dei partiti, che sono invece all’ultimo posto); dall’altra parte, però, esse non riescono né a incidere in modo sistematico e permanente sulla vita pubblica (cioè a concorrere a definire i frame, l’agenda e le strategie per fronteggiare problemi pubblici), né a influenzare il processo politico (per esempio la Legge finanziaria)(186).

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B. POLLINI, op. cit. p. 5-6

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Tabella 1.2 – Fattori caratteristici di un’organizzazione non profit.

Fonte: MESSINA ALESSANDRO, Denaro senza lucro - Manuale di gestione finanziaria per il terzo settore, Carrocci, 2003.

Partendo dai punti di forza, nel XII Rapporto “Gli italiani e lo Stato”, redatto dalla società di ricerca Demos, si rileva che il 33,6% degli italiani hanno svolto, nel 2009, attività nelle associazioni di volontariato (+5,9% rispetto al 2008), mentre è in continuo aumento il grado di sfiducia verso le istituzioni democratiche. Infatti, se nel 2009 solo il 18,3% degli italiani dichiarava di avere fiducia nel parlamento (-2,7% rispetto al 2008) e solo l’8,6% nei partiti (-1,2% rispetto al 2008).

Questo progressivo accreditamento dimostra come le potenzialità per lo sviluppo delle organizzazioni di volontariato siano enormi e come spesso siano legate al radicamento di queste sul territorio. Ovvero non nascono in un vuoto sociale, ma si sviluppano nell’ambito di contesti specifici e di reti di relazioni capaci di generare orientamenti pro-sociali e rapporti di fiducia.

Radicamento e capitale sociale sono i concetti che esprimono il legame tra le iniziative del Terzo settore e i contesti ambientali, le reti di relazioni, le matrici culturali da cui scaturiscono, e che in vario modo sostengono e accompagnano lo sviluppo delle organizzazioni. Le forme di radicamento che possono caratterizzare un’esperienza di

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volontariato organizzato sono diverse, ad esempio si può parlare di radicamento situazionale, relazionale e culturale, organizzativo(187).

Offerta di lavoro volontario, donazioni, sostegno logistico e organizzativo, divulgazione delle iniziative e delle necessità, rendono concreti questi rapporti di vicinanza e collegamento.

Soffermiamo ora l’attenzione su un aspetto del radicamento relazionale fulcro dell’attività di volontariato, quello che coincide con il radicamento sociale sul territorio. Esso consiste nell’ascoltare, nella disponibilità a dare e a ricevere accoglienza, nel prendere coscienza dei problemi, nella tessitura quotidiana di legami e presuppone la volontà di stare e mettere radici in un particolare ambiente. Inoltre la provenienza dei partecipanti da contesti almeno relativamente omogenei, la condivisione di valori e punti di vista, il consolidamento di rapporti di mutua conoscenza e fiducia, contribuiscono a facilitare la convergenza verso finalità comuni e la capacità di lavorare insieme.

A monte di un’esperienza di radicamento sociale nel territorio ci sono anche motivazioni personali e collettive che spingono una persona o un gruppo ad essere parte di quel contesto anziché di un altro. Ad esempio il bisogno di entrare in relazione con ambienti, gruppi e persone che sono colpite dalla povertà, dalla disuguaglianza, dall’esclusione sociale o che più in generale sono in momenti di difficoltà.

Ragionando poi sugli esiti di un’esperienza di radicamento sociale, si nota come nella maggior parte dei casi l’individuazione e la presa di coscienza di un bisogno sociale e l’intervento su di esso, svelano l’esigenza di dare sempre maggiore organizzazione e stabilità al servizio prestato. Nella misura in cui il servizio alla persona si struttura, aumentano i bisogni dell’organizzazione e delle persone che in essa sono impegnate. Può anche accadere che il rapporto che si instaura diventi sempre più forte sfociando in amicizia e le persone coinvolte non si percepiscano più come chi accoglie e chi è accolto, ma come compagni di viaggio che affrontano insieme i cambiamenti. Questi legami sociali, in effetti, non sono fissati una volta per sempre, ma si modificano in relazione alle dinamiche organizzative: formalizzazione delle attività, professionalizzazione degli operatori, introduzione di metodi di gestione più aziendale, ecc.. Tendenzialmente gli enti del Terzo settore e quindi le stesse organizzazioni di

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M.AMBROSINI, Tra altruismo e professionalità – Terzo settore e cooperazione in Lombardia, Franco Angeli, 1999, p.51

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volontariato tendono a privilegiare relazioni organizzative fluide, cooperative, poco formalizzate, basate su comunicazione e fiducia reciproca. Questo modo di operare per alcuni aspetti facilita, per altri complica il raggiungimento degli obiettivi organizzativi. La necessità è quella di fornire servizi efficaci ed efficienti alle comunità locali.

La sempre maggiore fornitura di servizi alle persone per conto delle istituzioni pubbliche, attraverso convenzioni e appalti, dovrebbe spingere le organizzazioni non profit a incrementare nella propria fisionomia organizzativa le caratteristiche aziendali, facendo comunque attenzione a non perdere la propria identità associativa e solidaristica. Le associazioni di volontariato appaiono invece poco disposte a professionalizzarsi, e più attaccate alle idee originarie di altruismo e gratuità, anche se molte si sono dotate di un certo numero di operatori professionali. Manca forse ancora la capacità di rappresentare la propria piena autonomia dal quadro istituzionale e partito politico, individuando istanze, vertenze, forme di pressione e strumenti efficaci di mobilitazione diffusa, unificanti e incisivi.

Per quanto riguarda i risultati relativi all’azione di coordinamento, coalizione e organizzazioni ombrello, si rileva spesso la debolezza di questo tipo di legami tra le organizzazioni, nonché il fatto che la loro efficacia diminuisce a mano a mano che da obiettivi specifici si passa a quelli generali.

Riassumendo le organizzazioni di volontariato hanno successo nel fronteggiare operativamente problemi collettivi ma funzionano meno come attore generale, permanente e influente nell’area pubblica.

Questo problema non deve portare a progettare nuovi attori, ma le organizzazioni di volontariato devono solo rompere l’isolamento e imparare a pensarsi come un soggetto che: ha la sua missione nel dare significato politico generale alle politiche in cui è attivo; tratta il mondo della politica e quello dell’amministrazione come suoi pari; è in grado di indicare e di sottoporre a valutazione pubblica gli effetti e gli impatti della propria attività; si definisce non per un’impossibile rappresentanza ma per la sua rilevanza rispetto a problemi, situazioni e crisi di governabilità. Tutto questo può essere difficile ma e possibile e soprattutto necessario per conquistare il consenso. Difatti nonostante sia dimostrato che la fiducia in queste organizzazioni sia molto alto, è necessario dimostrare alla cittadinanza di riferimento di essere riconosciuti con pari dignità dalle istituzioni e avere la capacità di incidere sulla realtà. Questo è necessario al fine di creare quella massa critica necessaria a generare sensibili e progressivi

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spostamenti nella scala dei valori e nell’ordine delle priorità condivise della maggioranza dei cittadini.

Non va dimenticato che questo problema non si pone fuori dallo spazio e dal tempo, ma in un contesto di profonda crisi e mutamento delle strutture, dei soggetti e dei processi democratici. Bisogna far in modo che la straordinaria ricchezza del volontariato presente in Italia, riesca a trovare il proprio spazio nelle istituzioni e nell’attuale situazione politica, economica e sociale del Paese.

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