6.7. Punti stazionari; massimi e minimi locali
Uno degli usi più procui del calcolo dierenziale è la ricerca di massimi e minimi per funzioni reali di una variabile reale. Questo prende il nome di ottimizzazione.
Richiamiamo la denizione di massimo e minimo locale e globale.
r Denizione 6.7.1. Si dice che M è massimo di f in [a, b] e x0 ∈ [a, b] è punto di massimo
per f in [a, b] se f(x0) = M ≥ f (x), per ogni x ∈ [a, b].
Analogamente si dice che m è minimo di f in [a, b] e x0 ∈ [a, b] è punto di minimo per f in
[a, b] se f(x0) = m ≤ f (x), per ogni x ∈ [a, b].
Si dice che M è massimo locale per f e che x0 ∈ [a, b]è punto di massimo locale per f se
esiste un intervallo (x0− δ, x0+ δ)tale che M = f(x0) ≥ f (x)per ogni x ∈ (x0− δ, x0+ δ) ∩ [a, b].
Analogamente si dice che m è minimo locale per f e che x0 ∈ [a, b] è punto di minimo
locale per f se esiste un intervallo (x0 − δ, x0 + δ) tale che m = f(x0) ≤ f (x) per ogni
x ∈ (x0− δ, x0 + δ) ∩ [a, b].
Premettiamo alcuni esempi fondamentali a cui faranno seguito alcune osservazioni.
. Esempio 6.7.2. Sia f (x) = x2. Essa ha un minimo (globale perché f(x) ≥ 0 per ogni
x ∈ R) in x = 0; per altro f0(x) = 2xche si annulla per x = 0. Questa funzione non ha massimo globale, però la sua restrizione a [−1, 2] ha un massimo locale in x = −1 e un massimo globale in x = 2.
. Esempio 6.7.3. Sia f (x) = |x|. Essa ha un minimo (globale perché f (x) ≥ 0 per ogni x ∈ R) in x = 0; per altro x = 0 è un punto di non derivabilità per f .
. Esempio 6.7.4. Sia f (x) = x3. La sua derivata è f0(x) = 3x2 che si annulla per x = 0 ma
esso non è un punto di massimo né di minimo (né locale né globale).
. Esempio 6.7.5. Sia f (x) = sin x. Essa è limitata e ammette massimo e minimo. Il massimo è 1 ed è raggiunto dai punti x = π/2 + 2kπ, k ∈ Z che sono tutti punti di massimo globale. Il minimo è −1 ed è raggiungo dai punti x = 3/2π + 2kπ, k ∈ Z, che sono tutti punti di minimo globale.
. Esempio 6.7.6. Sia f (x) = arctan x. Anche questa funzione è limitata, ma non ammette massimo e minimo (infatti π/2 è l'estremo superiore e −π/2 è l'estremo inferiore, ma non vengono raggiunti da alcun punto nel dominio).
+ Osservazione 6.7.7. Si possono fare le seguenti osservazioni:
1) il massimo o il minimo se esistono sono unici; i punti di massimo o minimo NON sono necessaria- mente unici. I massimi o minimi locali possono anche essere più di uno.
6 Calcolo differenziale per funzioni reali di variabile reale
2) Ogni estremo globale è anche locale. Nei punti di estremo locale o globale la funzione può non essere derivabile e può persino essere discontinua. I punti di estremo possono anche trovarsi nei bordi dell'intervallo.
3) Una funzione limitata non è detto che ammetta massimo o minimo (globale).
L'obiettivo di questo capitolo è quello di trovare delle condizioni che ci garantiscano l'esistenza di estremi locali o globali.
La prima cosa che si osserva è che come detto i punti di estremo possono anche trovarsi in punti in cui la funzione non è derivabile (o non è nemmeno continua), ma se una funzione f è derivabile in un certo punto x0 e ammette in x0 un punto di massimo o minimo locale (x0
diverso dagli estremi dell'intervallo) allora la derivata in quel punto si annulla e la tangente al graco di f in (x0, f (x0))è orizzontale. Si ha dunque il seguente teorema.
Teorema 6.7.8. (Fermat) Sia f : [a, b] → R derivabile in x ∈ (a, b). Se x è punto di estremo locale allora f0(x) = 0.
I punti in cui f0 si annulla si dicono punti stazionari per f. Quindi abbiamo appena
visto che se x non si trova agli estremi dell'intervallo nel quale f è denita, allora x estemo locale implica x stazionario. Il viceversa può non valere, come già visto, prendendo ad esempio f (x) = x3. Si parla in tal caso di flesso a tangente orizzontale.
Abbiamo il seguente importante risultato, utile sia per sé che perché interviene nella di- mostrazione di altri risultati.
Teorema 6.7.9. (Teorema del valor medio o di Lagrange) Sia f derivabile in (a, b) e continua in [a, b] (cioè continua no agli estremi dell'intervallo). Allora esiste c ∈ (a, b) tale che
f0(c) = f (b) − f (a) b − a .
Vediamo l'interpretazione geometrica di questo teorema. La quantità f (b)−f (a)
b−a rappresenta il
rapporto incrementale della funzione e geometricamente la pendenza della retta che congiunge i due punti che hanno per ascisse gli estremi dell'intervallo. f0(c)rappresenta per denizione il
coeciente angolare della retta tangente nel punto (c, f(c)). Quindi il teorema del valor medio o di Lagrange esprime il fatto che nel punto (c, f(c)) la tangente al graco di f è parallela alla retta che congiunge i punti di ascisse gli estremi dell'intervallo considerato.
Conseguenza: ricordando di nuovo il signicato geometrico della derivata, si deduce subito 110
6.7 Punti stazionari; massimi e minimi locali
che se una funzione derivabile è crescente, oppure decrescente in un intervallo (a, b), allora la sua derivata è ≥ 0 o rispettivamente ≤ 0. Usando il teorema di Lagrange si può dimostrare che vale anche il viceversa. Si ha dunque:
Teorema 6.7.10. (test di monotonia) Sia f : (a, b) → R derivabile. Allora ∀x ∈ (a, b): f crescente ⇔ f0(x) ≥ 0
f decrescente ⇔ f0(x) ≤ 0.
Con la stessa dimostrazione si vede anche che vale il seguente risultato.
Teorema 6.7.11. (caratterizzazione delle funzioni a derivata nulla) Sia f : (a, b) → R. Allora
f0 = 0 in (a, b) ⇔ f è costante in (a, b).
Il precedente risultato non vale più se si considerano insiemi più generali di intervalli, come mostra il seguente controesempio.
. Esempio 6.7.12. Sia f (x) = arctan x + arctan 1x, denita per x 6= 0. Si noti che R \ {0} non è un intervallo ma è l'unione di due intervalli. Si ha
f0(x) = 1 1 + x2 + 1 1 + x12 − 1 x2 = 0 ∀x 6= 0.
Quindi applicando il precedente teorema si ha che f è costante in ciascuno dei due intervalli (0, +∞) e (−∞, 0) ma f non è globalmente costante. Per vedere quanto vale basta calcolare la f in due punti comodi, per esempio in 1 e −1. Si ha
f (1) = arctan 1 + arctan 1 = 2π 4 = π 2 mentre f (−1) = arctan(−1) + arctan(−1) = −2π 4 = − π 2 quindi riassumendo f (x) = arctan x + arctan1 x = π 2 x > 0 −π 2 x < 0
Se la disuguaglianza è stretta, il test di monotonia vale solo in un senso. Infatti: 111
6 Calcolo differenziale per funzioni reali di variabile reale
Proposizione 6.7.13. Sia f continua su (a, b) e tale che f0(x) > 0(rispettivamente f0(x) < 0)
per ogni x interno ad (a, b). Allora f risulta strettamente crescente (rispettivamente stretta- mente decrescente) su (a, b).
+ Osservazione 6.7.14. Il vicerversa non vale: infatti f (x) = x3 è strettamente crescente su R
(e quindi su ogni intervallo in esso contenuto) ma la sua derivata non è strettamente positiva (si annulla in x = 0).
+ Osservazione 6.7.15. Il test di monotonia è falso di nuovo se (a, b) non è un intervallo. Infatti ad esempio f(x) = 1/x è denita su R \ {0} e la sua derivata è −1/x2 < 0; tuttavia f non è
strettamente decrescente.
. Esempio 6.7.16. Mostriamo che ex > sin x + cos x per ogni x ∈ (0, π/2) =: I, usando
ripetutamente il precedente test di monotonia. Allora posto f(x) = ex− sin x − cos x si ha
f0(x) = ex− cos x + sin x f00(x) = ex+ sin x + cos x dunque
f00(x) > 0 ∀x ∈ I ⇒ f0 strettamente crescente su I
da cui, visto che f0(0) = 0 si ha che anche f0(x) > 0 per ogni x ∈ I, quindi per il test di
monotonia anche f è strettamente crescente, ma visto che f(0) = 0 allora f(x) > 0 per ogni x ∈ I, che è quanto volevamo dimostrare.
Corollario 6.7.17. Se f è derivabile su I intervallo e x0 ∈ I è tale che f0(x0) = 0 allora:
1) se f0(x) < 0 in un intorno sinistro di x
0 e f0(x) > 0 in un intorno destro di x0 allora x0 è
punto di minimo locale stretto per f. 2) se f0(x) > 0 in un intorno sinistro di x
0 e f0(x) < 0 in un intorno destro di x0 allora x0 è
punto di massimo locale stretto per f.
3) se f0 non cambia segno in un intorno di x
0 allora x0 non è né punto di massimo né punto
di minimo per f.
Corollario 6.7.18. Se f è derivabile in I e x0 ∈ I è tale che f0(x0) = 0ed esiste f00(x0)allora:
1) se f00(x
0) > 0 allora x0 è punto di minimo locale stretto per f;
2) se f00(x
0) < 0 allora x0 è punto di massimo locale stretto per f.
Non vale il viceversa del precedente corollario, nel senso che se x0 è punto di massimo locale
stretto per f non è detto che f risulti monotona in alcun intorno di x0, destro o sinistro.
Controesempio: f (x) = −|x| + |x| 2 sin 1 x. 112
6.7 Punti stazionari; massimi e minimi locali
- Esercizio 6.7.19. Sia data la funzione
f (x) = x2− π 2 + π + b x ≥ π 2 a sinπ 2 + x x < π 2
1) Per quali valori di a e b la funzione f soddisfa le ipotesi del Teorema di Lagrange nell'in- tervallo [0, π]?
2) Per tali valori di a e b trovare almeno un punto che soddis la tesi del Teorema di Lagrange. 1) Per soddisfare le ipotesi del Teorema di Lagrange in [0, π] occorre dimostrare che f è continua su [0, π] e derivabile nell'intervallo aperto (0, π). Sicuramente la funzione è continua per x < π/2 e per x > π/2 (composizione di funzioni continue), quindi bisogna solo dimostrare la continuità in x = π/2. Si deve avere lim x→π2+ f (x) = lim x→π2− f (x) = f π 2 quindi si deve avere
π2 4 −
π2
4 + π + b = a sin (π) = π + b da cui si ricava b = −π.
Per quanto riguarda la derivabilità, occorre dimostrare che lim x→π2+ f0(x) = lim x→π2− f0(x) da cui a cos π = π 2 da cui si ricava a = −π 2.
Concludendo i valori di a e b per cui f è continua e derivabile sono a = −π/2 e b = −π. Inserendo tali valori nell'espressione di f si ottiene
f (x) = x2− π 2x x ≥ π 2 −π 2 sin π 2 + x x < π 2
2) Occorre trovare almeno un punto z che soddis la tesi del Teorema di Lagrange. Questo signica trovare z ∈ [0, π] tale che
f0(z) = f (π) − f (0) π − 0 = π2− π2 2 + π 2 π = 1 2(π + 1).
Notiamo che basta trovarne uno solo. A questo punto, se z < π/2 allora si deve trovare z tale che f0(z) = −π 2 cos π 2 + z = −π 2 cosπ 2 cos z − sin π 2 sin z = −π 2 sin z 113
6 Calcolo differenziale per funzioni reali di variabile reale da cui risulterebbe −π 2sin z = π + 1 2 e dunque sin z = −1 − 1 π assurdo.
Invece se z > π/2 si cerca z tale che
f0(z) = 2z − π 2 = 1 2(π + 1) da cui z = π 2 + 1 4
che è accettabile. Dunque questo è il punto cercato che soddisfa la tesi del Teorema di Lagrange. - Esercizio 6.7.20. Determinate quante soluzioni reali ha l'equazione x3 − 2x + 5 = k al
variare di k parametro reale.
Sia f(x) = x3− 2x + 5. Andiamo a studiare qualitativamente la funzione f. Si ha f(0) = 5;
poi
lim
x→±∞f (x) = ±∞
Inoltre f0(x) = 3x2− 2 che si annulla in x = ±q2
3 dunque
x = − r
2
3 punto di massimo locale x = r
2
3 punto di minimo locale. Inne f − r 2 3 ! =: r1 > f r 2 3 ! =: r2 > 0 quindi riassumendo:
per k > r1 abbiamo 1 soluzione;
per k = r1 abbiamo 2 soluzioni;
per r2 < k < r1 abbiamo 3 soluzioni;
per k = r2 abbiamo 2 soluzioni;
per k < r2 abbiamo 1 soluzione.
- Esercizio 6.7.21. Dimostrare che per ogni k ∈ R l'equazione ex = x2− 2x + k
ha almeno una soluzione. È possibile dimostrare che essa ha esattamente una soluzione per ogni k?