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Il quadro storico. La produzione transnazionale delle scene dal vero

Le scene dal vero e la fonografia come mezzo di diffusione

1. Il quadro storico. La produzione transnazionale delle scene dal vero

1.1 Cronache per il pubblico italiano (Gramophone, Fonotipia, 1899 – 1916).297

Il graduale passaggio di testimone tra il fonografo e il grammofono quale tecnologia più popolare per la fruizione del suono mediato non coincide soltanto con una sostituzione del supporto a cilindro con quello a disco ma anche con un cambio di passo nelle logiche di produzione e di mercato. Come fa notare Pesce relativamente al caso italiano, la promozione dei cilindri fonografici “era essenzialmente incentrata sull’apparecchio lettore/riproduttore (il fonografo)”.298 Così accadeva, per esempio, con la Anglo-Italian Commerce Company che nell’Agosto del 1899 aveva stabilito le proprie sedi a Genova e a Milano per la vendita di “fonografi, grafofoni e apparecchi elettrici”.299 Insieme all’apparecchio venivano venduti anche i cilindri, equamente divisi fra “vergini” e “pre-impressionati” e a mo’ di strumento accessorio per testare le qualità di quel che restava il vero oggetto della promozione, la macchina. Per questa ragione, nelle inserzioni sui giornali i supporti “venivano pubblicizzati genericamente, e solo raramente per i singoli contenuti di quelli preincisi”.300

Di contro, mettendo nelle mani dei consumatori un apparecchio di “sola lettura”, che non consentiva l’incisione amatoriale, le case produttrici del grammofono dovranno intensificare la produzione di materiale pre-inciso: il repertorio, i titoli del catalogo, i

297 Per gli scopi che ci poniamo in questa sezione e le seguenti scegliamo di riportare i titoli dei dischi che menzioneremo segnalando soltanto autore accreditato, titolo del disco, etichetta e, dove possibile, data e luogo dell’incisione. Per una discografia più dettagliata, comprensiva di numero di catalogo, matrice e formato, si rimanda all’apposita pagina in appendice al testo.

298 Anita Pesce, La Sirena nel Solco. Origini della riproduzione sonora, op. cit., p. 71

299 Questa la dicitura registrata presso la Divisione Industria e Commercio del Ministero Agricoltura, Industria e Commercio per l’Attestato di Trascrizione del Marchio in data 12 Agosto 1899, Reg. Vol. 1, N. 4441, Archivio Centrale di Stato. Le macchine che la A.I.C.C. importava dall’estero erano grafofoni, gli apparecchi commercializzati dalla American Graphophone Company e dalla Columbia Graphophone Inc. il cui brevetto, in alternativa al procedimento edisoniano, sperimentava un metodo di incisione a solco laterale mantenendo però il supporto a cilindro

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contenuti dei singoli dischi sarebbero andati progressivamente a sostituire le macchine come core business dell’offerta di mercato.

A trainare il mercato internazionale in questa direzione in Europa sarà soprattutto la Gramophone, tenutaria dei diritti sul brevetto per il sistema di incisione a disco di Emil Berliner. Si rende qui necessaria qualche precisazione a titolo generale onde evitare facili confusioni tra i numerosi soggetti coinvolti: il primo tentativo per lo sfruttamento industriale dell’invenzione di Berliner, tedesco d’adozione americana, avvenne nel 1892 a Washington con la fondazione della U.S. Gramophone Company. I rapporti con l’Europa verranno affidati inizialmente a Trevor Williams e William B. Owen, inviati a Londra per negoziare i diritti di vendita a concessionari del posto: trovati i finanziamenti da parte dei locali, circa 15.000 sterline, essi costituiranno la The Gramophone Company Ltd., la cui attività di produzione per i primi anni poggia unicamente sugli impianti per la stampa dei dischi che sorgeranno in Germania, ad Hannover, la città natale di Berliner. Le macchine che verranno vendute in Europa sono il risultato di un assemblaggio di componenti che vengono ancora fabbricate a Camden, nel New Jersey, sul brevetto dell’”improved gramophone” di Eldridge Johnson che apportava alcune modifiche al disegno originale di Berliner per l’introduzione di un motore elettrico; da collaboratore stretto della società britannica, Johnson diverrà ben presto il suo maggiore alleato in terra americana: nel 1901, la compagnia e il costruttore siglano un accordo per dividersi il mercato mondiale che assegna Russia, Giappone, colonie dell’Impero Britannico, ed Europa vengono alla prima e gli Stati Uniti quale territorio d’elezione per gli affari del secondo, ben presto a capo della sua società, la Victor Talking Machine. La Victor sarà di fatto la controparte della Gramophone al di là dell’Atlantico, intrattenendo con gli stabilimenti di Hannover una reciproca “corrispondenza” di matrici - per questa ragione, molti dei titoli che per i primi trent’anni del Novecento figurano nei cataloghi discografici Gramophone (e dal 1909 in avanti sotto il marchio His Master’s Voice) e nelle rispettive varianti nazionali si rendono disponibili ai consumatori americani attraverso l’offerta Victor e viceversa.301

301 Per le informazioni riassunte in questo capoverso si confrontino: Peter Martland, The British Record Industry – 1881 - 1931,Scarecrow Press, Londra 2012; Geoffrey Jones, “The Gramophone Company. An Anglo-American Multinational 1898 – 1931”, Business History Review, Vol. XXXIX,

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Con la spartizione territoriale così pattuita, la Gramophone britannica sceglie di investire primariamente nella creazione di materiale pre-inciso: anziché espandere la produzione industriale erigendo nuovi stabilimenti per le componenti meccaniche dei grammofoni in Europa, essa invia i propri uomini in ciascuno dei territori sotto la propria giurisdizione con il mandato di depositare il marchio e instaurare relazioni in loco per la creazione di un repertorio apposito. Una politica industriale basata sulla consapevolezza che “espandendo la produzione del disco ad opera di esecutori locali, si creavano le premesse perché il pubblico di quel posto avesse qualcosa da ascoltare sulle sue nuovissime macchine parlanti a disco”. 302

Volendo riprendere le parole di due studiosi che si sono dedicati alla storia della discografia a diverse latitudini, potremmo dire che la politica di inizio secolo della Gramophone gioca essenzialmente su due fronti: da un lato la necessità di imporre un macchinario e un unico supporto da entrambe le parti dell’Atlantico, promuovendo l’uso del grammofono e del disco come un “global vernacular”303 che trascendesse i confini e ponesse le basi di un mercato di estensione mondiale; dall’altro la realizzazione che “music was not an international language”,304 e che per ciascuna delle nazioni toccate dalla casa discografica esisteva un pubblico diverso, con una richiesta particolare. Per un’impresa che agiva a livello globale, affermare e radicare la propria presenza sul posto era operazione che serviva dunque un duplice scopo: gli insediamenti creati nelle diverse parti d’Europa avrebbero fatto da base d’appoggio per la diffusione dei dischi e delle macchine fabbricati secondo gli standard che valevano anche per il resto del mondo; al tempo stesso, ognuno di questi insediamenti avrebbe svolto una funzione di raccolta e selezione del materiale da incidere, scritturando artisti, musicisti e cantanti la cui prestazione potesse risultare appetibile per gli uditori delle singole nazioni.

N. 59, primavera1985, pp. 77-100; Pekka Gronow, Ilpo Saunio, International History of the

Recording Industry, Cassel, Londra – New York 1998, pp. 1-57. 302 Ivi, p. 72

303 Lisa Gitelman, Always Already New, op. cit., p. 17.

304 Pekka Gronow, “The World’s Greatest Sound Archive. 78rpm as a Source for Musicological Research”, Traditiones, Vol. XLIII, N. 2, 2014, pp. 31-49 (37).

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Si colloca qui la ben nota parabola di Fred Gaisberg, addetto alle registrazioni americano trasferito a Londra per fare da chief recordist nella sede inglese della Gramophone. In qualità di coordinatore delle sessioni che si svolgeranno nei paesi europei sotto la giurisdizione dell’etichetta, egli sarà protagonista di un progetto di censimento internazionale di musiche e tradizioni artistiche e teatrali che si svolge in parallelo a quella degli etnografi e dei folkloristi di inizio secolo; sia pure con modalità molto diverse, anche l’intenzione di chi siede negli uffici londinesi della multinazionale del disco è infatti quella di “record the whole continent”.305 A questo scopo Gaisberg, nel 1899, parte insieme ai colleghi Theodore Brinbaun e Sinkler Darby in una spedizione che toccherà Romania, Ungheria, Russia, Austria, Spagna, Francia e Italia; il tempo di permanenza preventivato per ogni città visitata è dai quattro ai sette giorni per la realizzazione di un numero tra le cinquanta e le cento incisioni a tappa. Dai dati raccolti da Kelly si contano circa un centinaio di sessioni tenutesi in Italia dal 1899 al 1930: come negli altri paesi, le calate dei “recording expert” avvengono a cadenze irregolari, secondo una media di tre all’anno che nei primi anni, per via della necessità di “fare repertorio” poteva alzarsi fino al doppio (come accade nel 1907). Gaisberg curerà personalmente la maggior parte delle sessioni, talvolta in coppia con Belford Royal, fino al 1909 e quelle comprese tra il Gennaio del 1915 e Maggio del 1919, lasciando poi il compito a un parco di colleghi che si farà via via più ampio. Complice la vicinanza del teatro La Scala, la grande maggioranza delle sessioni prenderà luogo a Milano, con tappe frequenti a Napoli (nel 1900 la prima), Roma (1902), più sporadiche a Susa (1903), Trento (1911), Trieste (1912), Vicenza (1918) e, solo dopo la guerra, anche a Bologna (1924), Loreto (1924) e Spezia (1928).306

Già alla prima calata di Gaisberg, nel 1899, viene depositato il marchio Gramophone Limited Italy e designato un ufficio per la gestione degli affari italiani, gestito da Alfred Michaelis: il compito degli uffici era inizialmente quello di organizzare una programmazione di sessioni di incisione per il recording expert e di promuovere gli articoli in catalogo presso i rivenditori locali. A loro volta, gli addetti si limitano a

305 Barry Owen cit. in Geoffrey Jones, “The Gramophone Company”, op. cit., p. 81.

306 Facciamo riferimento ai tabulati raccolti da Alan Kelly, His Master’s Voice/La Voce del Padrone. The Italian catalogue: a complete numerical catalogue of italian gramophone recordings made from 1898 to 1929 in Italy and elsewhere, Greenwood Press, Londra-New York 1988, pp. xxvii – xxix.

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compiere l’incisione e ottenere la matrice su zinco o (dopo i primi due anni) su cera che sarebbe stata stampata in serie presso lo stabilimento di Hannover: gli addetti designati dalla compagnia, sono di fatto gli unici a poter mettere mano ai macchinari e a possedere le conoscenze necessarie per farli funzionare. A questo punto, infatti, il sistema di registrazione è ancora protetto da un segreto industriale che gli stessi tecnici non hanno il permesso di condividere né con i colleghi che si dedicano ad altre mansioni né, tantomeno, con gli interpreti, alla cui vista i macchinari vengono nascosti da un velo. Oltre a questo, una serie di “trucchi del mestiere” che riguardano le relazioni fra la potenza dell’emissione vocale del performer e la sua posizione rispetto all’imbuto che raccoglie la sua voce, fanno della competenza del tecnico incisore una merce quasi unica, e che tale resta fino all’introduzione del processo elettrico alla metà degli anni Venti.307

L’esperienza milanese di Gaisberg viene generalmente ricordata per le incisioni di Enrico Caruso avvenute nell’Aprile del 1902, durante la stagione operistica primaverile: l’aneddoto verrà raccontato dallo stesso impresario nella sua autobiografia, con toni che, dato l’enorme successo ottenuto poi dalle incisioni e la permanenza a vita del tenore sui solchi Gramophone e Victor, hanno il sapore del leggendario. Dalle sue memorie sappiamo che le incisioni si svolsero nel Grand Hotel di Milano, nella camera appena sopra a quella che era appartenuta a Giuseppe Verdi, che le 100 sterline concordate da Gaisberg per ottenere l’incisione di dieci arie fu considerata eccessiva dal quartier generale londinese, e anche che, incurante dei diktat che venivano da William Owen via telegrafo, egli volle proseguire e convinse Michaelis a pagare la cifra di tasca propria, aggiudicandosi così la paternità almeno onoraria di quella che sarebbe diventata la prima “stella” dell’industria discografica su scala mondiale.308

Dalla nostra prospettiva, l’elemento di questa aneddotica su cui vale la pena soffermarsi è quello che riguarda più da vicino le condizioni in cui si svolgono le

307 Peter Martland, A Business History of the Gramophone Ltd 1897-1917, tesi di dottorato conseguita al Philosophy Department, Università di Cambridge – Corpus Christi College, Cambridge 1992, pp. 378-379.

308 Fred Gaisberg, La musica e il disco (The Music Goes Round, 1942), F.lli Bocca, Milano 1949, pp. 22-28.

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incisioni. Gaisberg ne riferirà dettagliatamente in un articolo in memoria di Caruso pubblicato sulla rivista Gramophone.

In order to produce good commercial records, all sorts of compromise were necessary to make good the shortcomings of sound recording. Surface noise, inherent in the process, was the most insurmountable problem: one solution was to cover or drown the noise by louder sound waves. The singers of that date sang into a small trumpet that collected the sound and directed the waves on to a small diaphragm which in turn activated the cutting stylus. If the voice was small and the singer had to stand close to the opening of the horn an unpleasant resonance would be set up and false, unmusical notes would result in the record. By selecting loud voices and standing the singer further away from the collector or horn the false tones could be avoided; at the same time the loud, rich voice covered up the surface noise inherent in the disc. Caruso’s rich baritonal voice, his effortless and even production, did all of this and more, too. He had the interpretative art of a born singer and a sense of pitch that nothing could shift. We recorders were always on the hunt for just this type of voice; whether we found it in an opera singer or navvy we would not rest until we had acquired it for a gramophone record.309

Molti anni dopo l’incontro che aveva riservato a entrambi un posto nella storia della musica, Gaisberg loda ancora Caruso con “orecchio fonografico”: le qualità che attribuisce al cantante italiano non hanno tanto a che fare con il suo talento interpretativo ma con l’efficacia con cui riusciva a “coprire” i rumori creati dallo stesso processo di incisione, evitando così che sonorità non volute e “unmusical notes” finissero impresse su disco. Significativo che, contro il prestigioso ruolo di tenore che Caruso ricoprì storicamente negli allestimenti operistici, egli sottolinei soprattutto la sfumatura baritonale della sua voce, enfatizzando così quelle basse frequenze che permettevano una registrazione senza vibrazioni parassitarie. Per la discografia all’opera con mezzi acustici la voce di Caruso diviene un modello di “fonogenia”, educata secondo i dettami della musica scritta ma con una “forma d’onda” abbastanza potente da incontrare i favori della macchina.

309 Fred W. Gaisberg, “Caruso”, Gramophone, Vol. XXII, N. 1, gennaio 1944, ripubblicato in <https://www.gramophone.co.uk/editorial/enrico-caruso-gramophone-january-1944-by-fw-gaisberg> (Ultimo accesso, agosto 2017).

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Sul fortunato esempio di Caruso, le voci della lirica andranno presto a formare un settore a sé stante della produzione discografica, in assoluto quello più richiesto dalle sessioni italiane. Fiutando l’affare, nel 1904 l’uomo della Gramophone a Milano Alfred Michaelis lascia la compagnia londinese e insieme al tecnico Dino Foà fonda la Società Italiana di Fonotipia, cui afferiranno poi in qualità di finanziatori e soci con capacità decisionali (o “accomandanti”, da formula contrattuale) il barone Frederic d’Erlànger e il compositore Umberto Giordano. Radicato anche a Londra, con la costituzione della Fonotipia Limited come azienda madre, il marchio rappresenta il tentativo di battere un terreno che si sta rivelando incredibilmente lucroso sia per i discografici che per i singoli interpreti, creano un’offerta di alto lignaggio tecnico e artistico dedicata (quasi) interamente alla musica colta e alle celebrità dell’opera - specializzazione che verrà mantenuta malgrado i diversi passaggi di proprietà, fino all’acquisizione definitiva da parte della Odeon avvenuta nel 1925.310 Dal canto suo, la Gramophone non darà sostituzione stabile agli uffici di Michaelis prima del 1911, anno in cui la compagnia inglese si lega alla Società Nazionale del Grammofono di Alfredo e Dullio Bossi; 311 in compenso, lo sfruttamento del repertorio operistico parte praticamente in contemporanea a quello della Fonotipia, con l’istituzionalizzazione di una parte del catalogo ai dischi “Red Label”. Contrassegnati dall’etichetta rossa e da un prezzo superiore a quello degli altri articoli in commercio, anch’essi mirano a un catalogo composto di sole stelle e a un pubblico dall’estrazione sociale più elevata, che aiuterà a innalzare il prestigio del grammofono e a consolidare il mercato d’esportazione dall’Europa agli Stati Uniti.312

310 Cfr. J. R. Bennett, “Introduction” in Id., Fonotipia. A Golden Treasury, The Record Collector Shop, Londra 1953, pp. ix-x; Massimiliano Lopez,

“Società Italiana di Fonotipia. Il fondo discografico storico dell’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi”, Accademie e Biblioteche d’Italia. Trimestrale di cultura delle biblioteche e delle istituzioni culturali, Vol. I, N. 4, dicembre 2014, pp. 178-190.

311 Cfr. David Forgacs, Stephen Gundle, Mass Culture and Italian Society from Fascism to the Cold War, Indiana University Press, Bloomington – Indianapolis 2007 p. 179. In seguito alla fusione tra Gramophone e Columbia,avvenuta nel 1931, la Società Nazionale del Grammofono unirà le proprie forze alla Marconiphone, produttrice di apparecchi radiofonici, prendendo a denominazione ufficiale la sigla VGC e divenendo, di fatto, monopolista delle maggiori uscite internazionali.

312 Jernold Northrop Moore, Sound Revolutions. A biography of Fred Gaisberg, Founding Father of Commercial Recordings, Sanctuary, Londra 1999, pp. 77-78.

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Le contingenze tecnologiche che avevano fatto dei cantanti d’opera le vocalità più fonogeniche sul mercato (decretando così cosa, nel concreto, avrebbero ascoltato i primi possessori del grammofono) avranno un ruolo anche nel decidere il modo in cui sarebbe stato messo in commercio il repertorio operistico. Precedentemente all’introduzione del sistema a incisione elettrico, la maggior parte dei dischi di musica colta consterà di melodie interpretate a “sola voce” con accompagnamento al pianoforte o di organici orchestrali molto ridotti, una soluzione che meglio incontrava le necessità della registrazione acustica. La stessa suddivisione di un’opera in arie e singoli numeri musicali è una scelta obbligata per venire incontro alle limitazioni temporali del supporto; negli anni compresi approssimativamente tra il 1897 e il 1909, si assiste infatti alla graduale uniformazione dei codici di lettura dei dischi a circa 78 giri al minuto quale standard industriale dovuto all’introduzione del motore nel giradischi, una soluzione adottata da diverse case di produzione che trainavano il mercato (Gramophone, Victor, Columbia e Edison, che nel frattempo aveva convertito la produzione al supporto piatto) anche se ancora con diverse varianti. Contro quei 120 secondi che sostanzialmente equiparavano i primi esemplari messi in circolazione da Berliner alla capacità dei cilindri fonografici, la produzione dei 78 giri si avvarrà di un formato esteso nelle dimensioni dai 7 pollici originari a 10, passando cioè dai 18 ai 25 cm di diametro, e assestando la durata intorno ai 3 minuti.313 Come sintetizza lo storico Luca Cerchiari:

In questa fase non più pionieristica ma comunque premoderna della produzione discografica la relativa semplicità dell’operazione di registrazione, facilitata dalla trasportabilità delle apparecchiature […] porta gli operatori verso la musica, in una curiosa e incessante ricerca di novità ancora scarsamente o acerbamente guidata da un preciso discernimento di linea artistica, ma nell’ormai acquisita consapevolezza degli aspetti tecnici (dinamica, distanza dagli strumenti o della voce dalla tromba, posizione degli esecutori e degli strumenti nel laboratorio-studio di registrazione) e delle implicazioni psicologiche dell’interazione con gli interpreti. I limiti temporali connessi al disco, pur se elevati da due a circa tre-quattro minuti con lo sviluppo della tecnologia, concorrono a fare dei repertori, anticipando una tendenza comunque propria di tutto il secolo, il dominio pressoché incontrastato della voce

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[…] radicata in quell’ampia tradizione melodrammatica che più che mai in questa fase della storia europea e più latamente occidentale vede celebrare i fasti dell’interpretazione.314

Fino a qui la storia “ufficiale” (o almeno quella trattata più volte e più riccamente documentata) che lega a doppio filo l’esplosione del disco come medium di massa all’editoria musicale, e che, in modo più o meno esplicito, riconosce a Berliner il