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Una delle più comuni critiche mosse alla politica sanzionatoria postbellica nei decenni che la seguirono è quella di aver differenziato la propria condotta a seconda della qualifica degli individui giudicati ed in particolare di aver usato clemenza nei confronti dei vertici politici e dell’alta borghesia professionale e di aver invece tenuto un profilo più duro nei confronti degli imputati appartenenti ai settori più modesti della società448.

Nel caso esaminato, tuttavia, il confronto tra gli esiti dei processi a carico dei dirigenti politici e dell’alta borghesia e quelli a carico del resto degli imputati449

non mostra un maggior numero di assoluzioni o di pene più leggere nei confronti dei primi.

448

Cfr. R. Palmer Domenico, Processo ai fascisti, cit., pp. 100 ss.; H. Woller, I conti con il fascismo, cit., pp. 278 ss. 449 Il primo aggregato comprende coloro che avevano ricoperto incarichi politici elevati o svolto funzioni di prestigio nel periodo della Repubblica di Salò – per i quali era prevista dal DLL 142/1945 la presunzione di responsabilità – e gli imputati appartenenti all’alta borghesia imprenditoriale e professionale come avvocati, dirigenti, ingegneri, docenti universitari, commercianti, ecc.. Nel secondo aggregato, che rappresenta gli esiti dei processi a carico del resto degli imputati, cioè gli individui impiegati nei settori più modesti, si sono inclusi anche coloro che ricoprirono incarichi di basso livello a servizio della Rsi (dipendenti dei Ministeri, impiegati pubblici, fondatori e responsabili di fasci locali repubblicani, ecc…).

118 Anzi, come si evince dai grafici, mentre la percentuale di assoluzioni fu pressoché la stessa, le condanne più dure, quelle cioè ad una pena superiore ai quindici anni e alla pena capitale, furono leggermente più numerose per il primo gruppo piuttosto che per il secondo450.

Il ceto sociale di appartenenza, dunque, non sembra aver influenzato in maniera rilevante il giudizio della Corte.

Una maggior articolazione degli aggregati in base alle implicazioni degli imputati nella vita amministrativa e politica della Rsi suggerisce, però, ulteriori considerazioni.

1: Vertici dell’amministrazione politica e militare, per cui il DLL prevedeva la presunzione di responsabilità. 2: Individui operanti nell’amministrazione politica della Rsi ma con ruoli minori, per cui non era prevista la presunzione di responsabilità (segretari e capidirezione dei Ministeri, fondatori o commissari di fasci locali, direttori di strutture pubbliche come le Poste, l’Ufficio di collocamento o l’Ufficio nazionale di statistica, commissari di polizia, questori, ecc..)

3: Alta borghesia imprenditoriale e professionale estranea a incarichi politici delle strutture della Rsi (ingegneri, avvocati, docenti universitari, imprenditori, possidenti, …)

4: Individui con professioni modeste non direttamente impiegati nelle strutture amministrative della Rsi

5: Individui con professioni modeste direttamente a servizio della Rsi (uscieri, carcerieri, interpreti ufficiali, dipendenti delle Poste, attori e commedianti assunti dall’Eiar,…)

6: Militari di rango inferiore agli ufficiali superiori. (Gli ufficiali superiori – Maggiore, Tenente Colonnello e Colonnello – erano compresi tra le categorie per cui era prevista la presunzione di responsabilità, perciò rientrano nella categoria 1).

Le percentuali sono state calcolate sul totale dei processi per ogni categoria.

450 Si è anche visto nel capitolo precedente nei confronti dei vertici per cui era prevista la presunzione di responsabilità la Corte pronunciò complessivamente più condanne che assoluzioni.

50% 4% 21% 5% 9% 7% 4% Vertici ed élites ASSOLTI < 5 5;10 10, 15 15, 20 20, 30 MORTE 48% 3% 19% 17% 8% 4% 1%

Resto degli imputati

ASSOLTI < 5 5;10 10, 15 15, 20 20, 30 MORTE 32% 38% 64% 51% 62% 52% 68% 62% 36% 49% 38% 48% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 1 2 3 4 5 6

Esito dei processi per qualifica/complessivo

C A

119 L’analisi più dettagliata degli esiti dei processi in base alla qualifica ha mostrato che a ricevere le più alte percentuali di assoluzioni furono gli imputati che non avevano rivestito alcun incarico politico, sia che facessero parte dell’alta borghesia (3) che degli occupati nei settori più modesti (4), compresi coloro che avevano lavorato alle dirette dipendenze della Rsi (5).

Ci furono molte assoluzioni anche tra i militari (6), il che dimostra che la Corte non considerò colpevoli coloro che avevano prestato servizio nell’esercito repubblicano per il solo fatto di essersi arruolati. Nei processi istruiti a loro carico, la Corte dimostrò di procedere senza particolari differenze procedurali, vagliando, come di consueto, caso per caso la validità dei motivi di fatto e di diritto.

La prima sezione presieduta dal dott. Camino, ad esempio, assolse il maresciallo dell’aeronautica repubblicana Renato Ferretti dall’imputazione di aver favorito i disegni militari dei tedeschi avendo fatto parte del “Battaglione Azzurro” impiegato in operazioni di rastrellamento e avendo percosso due partigiani catturati dallo stesso battaglione. In dibattimento non si presentò alcun testimone in grado di dimostrare l’effettiva partecipazione dell’imputato al rastrellamento e fu appurato che le imputate percosse si erano limitate ad uno schiaffo, un atto che il collegio giudicante non ritenne sufficiente per provare la sussistenza dell’elemento materiale del reato di collaborazione militare451.

Come il maresciallo Ferretti, anche il capitano dell’esercito repubblicano Silvano Ercolani fu assolto da un’altra sezione della Corte, la quale ritenne che nemmeno il fatto di aver comandato dal 22 giugno 1944 al 24 aprile 1945 la compagnia di guardia ad un comando tedesco e di aver consegnato le armi ai tedeschi la sera del 24 aprile 1945 costituisse reato perché nei fatti non aveva giovato in alcun modo ai piani bellici del nemico452.

La Corte assolse anche quattro militi della Marina fascista repubblicana perché le accuse di rastrellamenti avanzate a loro carico da parte del fattorino di un ufficio della Marina repubblicana nel novembre 1945 non furono supportare da adeguate prove documentali o testimoniali. Uno di questi, anzi, dimostrò con un certificato ufficiale del Politecnico di Milano che nell’arco di tempo in cui avrebbero dovuto partecipare ai rastrellamenti, non era in servizio perché si stava preparando alla laurea453.

Gli imputati relativamente meno assolti furono i vertici politici e militari (1) e coloro che svolsero funzioni politiche anche di livello inferiore (2). Questi due gruppi, in effetti, furono gli unici per cui la percentuale di assoluzioni non superò la metà del numero complessivo dei processi.

451 ASM, Cas Milano, 21.02.1946, Sez. Terza, Pres. Camino, vol. 5/1946. 452 ASM, Cas Milano, 21.12.1945, Sez. Prima, Pres. Mottino, vol. 4/1945. 453

120 Per quanto riguarda le condanne e le rispettive pene, mentre si può notare che ai colpevoli dei diversi gruppi furono comminate pene detentive basse – fino ai dieci anni – in percentuali relativamente uniformi, i vertici dell’amministrazione politica e militare e i politici di livello inferiore sono le due categorie che ricevettero, in percentuale, un maggior numero di pene superiori ai vent’anni e a morte.

Degli imputati classificabili come appartenenti alle élite professionali e imprenditoriali (3), nessuno fu condannato a morte, solo l’1% alla reclusione per più di vent’anni mentre la maggior parte delle condanne si risolse in pene detentive inferiore ai dieci anni.

Leggermente più dure furono le pene comminate agli imputati con un profilo professionale più modesto e senza incarichi politici (4), ma anche in questo caso le percentuali relative alle pene superiori ai vent’anni e a morte sono più basse rispetto alle stesse per le categorie 1 e 2.

Tra coloro che lavorarono per la Rsi ma senza implicarsi nell’amministrazione politica (5) le sentenze di condanna si suddividono tra pene dai cinque ai dieci anni e dai quindici ai vent’anni. Nessuna condanna supera i vent’anni di reclusione, e neanche in questo caso qualcuno viene condannato a morte.

Complessivamente, dunque, gli imputati che durante il biennio ’43-’45 avevano svolto incarichi politici di qualsiasi sorta furono i più penalizzati dalle decisioni della Corte.

La Corte milanese riservò un trattamento piuttosto severo anche nei confronti dei militari, per i quali spicca la presenza del 5% di condannati a morte, la seconda più alta dopo gli imputati con presunzione di responsabilità. Su questo dato, come sarà a breve illustrato, influì indubbiamente il fatto che i militari erano stati maggiormente coinvolti in azioni violente piuttosto che in altre fattispecie.

Le differenze di giudizio sin qui illustrate non devono oscurare il dato di fondo che nessun gruppo fu giudicato in modo monolitico. Al contrario, per tutte le categorie i processi istruiti diedero esiti molteplici. Nessun gruppo fu assolto o condannato in blocco, né tutti i militari o i vertici o gli imputati “non politici” ricevettero una ugual pena.

Ciò porta a concludere che la qualifica dell’imputato può aver contribuito a variare il giudizio, ma non ne fu il fattore determinante.

32% 38% 64% 51% 62% 52% 5% 2% 3% 3% 0% 2% 24% 17% 19% 21% 23% 16% 5% 25% 6% 15% 0% 14% 12% 9% 7% 6% 15% 11% 14% 5% 1% 3% 0% 0% 8% 4% 0% 1% 0% 5% 1 2 3 4 5 6

Dettaglio degli esiti dei processi in base alla qualifica

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