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Un’altra importante variabile che giocò nelle decisioni della Corte rispetto alla sorte degli imputati fu sicuramente la tipologia di reato commessa.

I dati mostrano che solo per le azioni violente le condanne furono superiori alle assoluzioni. La delazione risulta la seconda fattispecie giudicata più severamente, seguita dalla propaganda e poi dalle altre forme di collaborazione454. La fattispecie meno punita fu la collaborazione economica.

L’analisi del dettaglio degli esiti dei processi in base alla fattispecie commessa455

mostra che per tutte le azioni commesse la pena più frequentemente comminata fu la reclusione da cinque a dieci anni.

454

La voce “altre forme di collaborazione” si riferisce all’insieme di azioni che non sono comprese nelle altre categorie: interpreti e dattilografi, servizio di avvistamento aereo, servizio di sorveglianza nel carcere di San Vittore, servizio di approvvigionamento ad uffici delle SS, funzionari di Ministeri, direttori o funzionari di uffici amministrativi della Rsi come trasporti e approvvigionamenti, controllori dell'amministrazione nelle Federazioni del Pfr, e simili.

455 Il grafico prende in considerazione solo gli imputati che commisero una sola fattispecie. Gli imputati giudicati dalla Cas sono complessivamente 1225, di questi, coloro che commisero una sola fattispecie e che rappresentano il campione considerato per le analisi, sono 1015.

37% 53% 55% 64% 59% 63% 47% 45% 36% 41% AZIONI VIOLENTE

DELAZIONE PROPAGANDA COLL. ECONOMICA

ALTRE FORME DI COLL.

Esiti dei processi per tipologia di reato

A C 37% 53% 55% 64% 59% 6% 3% 10% 2% 22% 21% 32% 15% 16% 14% 13% 7% 8% 14% 10% 8% 4% 1% 2% 6% 1% 2% 4% 5% 1% 2% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

AZIONI VIOLENTE DELAZIONI PROPAGANDA COLLABORAZIONE ECONOMICA

ALTRE FORME DI COLL.

Dettaglio degli esiti dei processi in base alla tipologia di reato

A <5 5;10 10;15 15;20 20;30 MORTE

122 Si nota, inoltre, che le condanne ad una detenzione superiore ai quindici anni sono presenti maggiormente negli imputati che avevano commesso azioni violente, mentre in misura minima nei casi di imputazione per propaganda e collaborazione economica.

L’aiuto economico al nemico e l’opera di propaganda furono dunque i comportamenti giudicati meno severamente da parte della Corte, che penalizzò, invece, gli individui che avevano commesso crimini violenti. Questa tipologia di reato, in effetti, ottenne la maggior percentuale di pene detentive superiori ai vent’anni e di condanne alla pena capitale.

La Cas di Milano stabilì la pena di morte per ventuno imputati colpevoli di aver commesso azioni violente, di cui quindici avevano militato in formazioni di Brigate Nere, Guardia Nazionale Repubblicana, Muti, Battaglione di Polizia Speciale Caruso e nell’aviazione repubblicana.

Ognuno di questi imputati era stato implicato in uccisioni di elementi partigiani. Il comandante del Battaglione Caruso aveva proceduto all’esecuzione del partigiano Bruno Bianchi456

, l’ufficiale della legione Muti Francesco Barbieri aveva comandato spedizioni punitive contro elementi antinazisti durante le quali erano stati arrestati e deportati o fucilati alcuni partigiani457, il già citato capitano dell’aviazione repubblicana Giovanni Folchi aveva accettato di mettersi a disposizione dell’esercito tedesco e proceduto alla persecuzione, alla cattura, alla tortura di numerosi partigiani, dei quali ne fucilò otto458. Anche gli altri imputati, semplici militi o addirittura non arruolati in alcuna formazione, avevano contribuito all’uccisione di partigiani mediante omicidi, sevizie letali o partecipazione a plotoni di esecuzione e per questo motivo fu stabilita per loro la massima pena prevista per la collaborazione militare col nemico.

Si sono inclusi in questo gruppo anche tre membri del “Tribunale militare straordinario assolutamente irregolare” formato il 19/12/1943 a Milano: Camillo Santamaria Nicolini, tenente colonnello degli Alpini, che l’aveva presieduto, Vittorio Mariani, ufficiale dell’esercito, che aveva svolto il ruolo di giudice e Francesco Belardinelli, tenente dell’esercito, che ne aveva fatto il PM. La sentenza fu pronunciata il 21 novembre 1946 dalla seconda sezione della Cas presieduta dal dott. Zoppi, la quale spiegò che essi “al di fuori e contro ogni norma di legge in proposito, condannarono a morte e fecero fucilare otto antifascisti per vendicare l'uccisione del commissario federale Aldo Resega, alla quale uccisione questi furono estranei e ciò allo scopo di deprimere lo spirito di resistenza delle popolazioni e per fornire in tal modo considerevole aiuto ai piani politico militari del nemico”459

.

La pena capitale, dunque, fu generalmente comminata ad individui macchiatisi di crimini violenti ai danni di resistenti e antifascisti, perlopiù connessi all’eliminazione fisica di individui appartenenti a bande partigiane.

Oltre a chi aveva commesso azioni violente, furono puniti con la morte anche tre imputati che avevano compiuto opera di delazione e un imputato colpevole di aver svolto opera di propaganda.

Ad essere condannati a morte per aver commesso attività delatoria furono il Prefetto di Milano Oscar Uccelli, un addetto ad un comando tedesco (non specificato nella sentenza), Amilcare Rolando, e un milite arruolato nelle SS Germaniche, Mauro Grimi Graziadio.

456 ASM, Cas Milano, 28.08.1945, Sez. Seconda, Pres. Gurgo, vol. 2/1945. 457

ASM, Cas Milano, 05.11.1945, Sez. Seconda, Pres. Cantelmo, vol. 3/1945. 458 ASM, Cas Milano, 22.08.1945, Sez. Seconda, Pres. Marantonio, vol. 2/1945.

459 Il tenente colonnello Santamaria fu condannato anche “per avere in Milano dopo l'8 settembre 43 rivestito la carica di Questore della città, per ordine e conto dell'illegittimo governo repubblicano di Salò, e in tale veste per aver dato direttive ai propri dipendenti di stroncare i moti di resistenza all'invasore e ogni altra manifestazione ostile mediante arresti in messa di antifascisti e facendo affiggere un manifesto intimidatorio per le vie con cui si comunicava la fucilazione immediata a tutti coloro che detenevano armi, portando così un considerevole aiuto ai piani politico-militai del nemico”.

123 Uccelli fu giudicato il 28 maggio 1945 dalla prima sezione della Corte presieduta dal dott. Mottino, che lo condannò a morte per aver comunicato a due tribunali straordinari la lista di una “quindicina di predestinati alla pena di morte in rappresaglia dell'uccisione di Aldo Resega e di altri fascisti ad opera di ignoti”460

.

Rolando giunse nel febbraio 1947 davanti alla seconda sezione della Cas presieduta dal dott. Zoppi, che lo giudicò colpevole di aver concorso all’omicidio di Eugenio Curiel, “ucciso perché antifascista e antinazista”, poiché fu lui ad indicarlo al compagno che poi lo fucilò come “antifascista e antinazista da catturare”, mentre si trovavano al confino di Ventotene. Poiché il Curiel era “uno dei capi del movimento di resistenza attiva contro il nemico”, la Corte stabilì che la sua eliminazione diede luogo al reato di collaborazione militare con il nemico, e perciò decise di applicare l’articolo 51 del codice penale militare di guerra461

.

Per Mauro Grimi, invece, la sezione presieduta dal dott. Marano che lo giudicò nel marzo del 1947 decise l’applicazione dell’articolo 54 del suddetto codice, avendolo ritenuto colpevole di intelligenza con il nemico. Egli, pur essendo di nazionalità ebraica, si era fatto assumere come dipendente stipendiato dalle SS tedesche e aveva lavorato per loro come “delatore, spia, identificatore di ebrei e interprete” in molte città dell’Italia settentrionale tra le quali Trieste, Milano e Venezia. La Corte accertò che la sua attività, da lui svolta a scopo di lucro462, aveva portato all’arresto di molte centinaia di ebrei, i quali erano stati poi deportati nei campi di concentramento in Polonia o in Germania dove erano andati incontro alla morte. Oltre a ciò, fu provato che l’imputato aveva denunciato un certo Carlo Struckel quale favoreggiatore di ebrei463

. Alla fine del dibattimento la Corte ritenne che “la sua intelligenza con il nemico ha provocato danni gravi non solo allo Stato, ma anche ai cittadini, onde la pena deve essere quella capitale”.

La pena di morte colpì, infine, Ermanno Amicucci, ritenuto colpevole di aver diretto il quotidiano Corriere della Sera e di aver pubblicato il volume “Patria aperta” e numerosi articoli con i quali faceva “apologia della guerra neofascista”.

Poiché, come si è visto nel grafico mostrato in precedenza, la Corte non punì la fattispecie della propaganda in modo particolarmente severo e poiché Amicucci fu l’unico imputato ad aver integrato il reato mediante questa fattispecie ad essere condannato a morte, è probabile che la Corte stabilì per lui il massimo della pena in ragione del fatto che egli rientrava tra gli individui colpiti dalla presunzione di responsabilità. Altri imputati, infatti, furono accusati di aver scritto e pubblicato articoli inneggianti alla guerra a fianco dei tedeschi, ma nessuno di questi ebbe una sentenza di morte. Per Amicucci, dunque, fu più determinante il fatto di essere stato il direttore del quotidiano che l’aver pubblicato con la sua firma scritti apologetici.

Diversamente, nei tre casi di individui condannati a morte per azioni violente o per delazione che rivestirono anche un incarico per cui la responsabilità era presunta, sembra aver pesato di più ciò che avevano commesso nel loro incarico piuttosto che l’incarico stesso.

Guido Buffarini Guidi fu l’unico Ministro del governo della Rsi ad essere condannato a morte. Egli, oltre ad aver ricoperto l’incarico di Ministro dell’Interno, aveva anche “ordinato e fatto eseguire rappresaglie per l'uccisione di Aldo Resega e di altri fascisti ad opera di ignoti, nelle persone di detenuti politici estranei a tali uccisioni”.

Parimenti, il maggiore della Gnr Ferdinando Bossi ebbe la pena capitale perché oltre al fatto di essere stato un ufficiale superiore, aveva commesso azioni violente. Durante il processo a suo

460 ASM, Cas Milano, 28.05.1945, Sez. Prima, Pres. Mottino, vol. 1/1945.

461 “L’art.58 cpmg è inapplicabile nella specie se non altro perché il suo contenuto essenziale è il favorire i disegni politici del nemico sul territorio invaso ed occupato, ovvero commettere un fatto diretto a menomare la fedeltà dei cittadini verso lo stato italiano. Nella specie non vi ha alcun disegno politico che investa la integrità territoriale e nemmeno un atto menomativo della fedeltà dei cittadini: vi ha la “eliminazione” di uno dei capi del movimento di resistenza attiva contro il nemico”. ASM, Cas Milano, 19.02.1947, Sez. Seconda, Pres. Zoppi, vol. 9/1947.

462 Egli riceveva dalle SS tedesche un compenso fisso a cui veniva aggiunto un premio per ogni ebreo catturato. 463

124 carico svoltosi nel settembre del 1945, la seconda sezione della Corte presieduta da Luigi Gurgo verificò il suo incarico di comandante l’Ufficio politico investigativo della Gnr e poi di uno speciale Ufficio di polizia dipendente dalla Federazione fascista repubblicana e ne accertò la responsabilità nell’aver eseguito e fatto eseguire perquisizioni, sequestri e saccheggi di abitazioni e studi privati con conseguenti arresti e interrogatori dei proprietari “accompagnati da maltrattamenti e sevizie di ogni sorta”. In dibattimento la Corte confermò inoltre il lungo elenco di misfatti contenuti nel capo di imputazione del maggiore, per i quali stabilì l’applicazione sia dell’articolo 51 che del 54 del cpmg: la stretta collaborazione con le autorità di polizia tedesche alle quali consegnava gli arrestati perché fossero mandati nei campi di concentramento, la cattura di “un gran numero” di ufficiali e militi dell’arma dei Carabinieri, i quali furono poi deportati in Germania, avvenuta il 5 agosto 1944 nella caserma di via Moscova a Milano, la segnalazione di quindici “elementi patriottici” presi come ostaggi e fucilati dalle SS tedesche nella rappresaglia eseguita la mattina del 10 agosto 1944 in Piazzale Loreto a Milano.

Infine, si è già citato, Oscar Uccelli, unico prefetto ad essere condannato a morte poiché nella sua qualità svolse opera di delazione fornendo a due tribunali straordinari una lista di nomi da fucilare per rappresaglia.

Poiché, come si è visto in precedenza, e come mostra il grafico sottostante, la delazione e soprattutto l’implicazione in fatti di stragi e uccisioni furono ritenuti dalla Corte fatti sufficientemente gravi da meritare di per sé una condanna a morte, solo nel caso di Ermanno Amicucci, fu la sua qualità ad aggravarne la sorte.

E tuttavia, dei cinque direttori dei giornali politici giudicati a Milano, Amicucci fu l’unico ad essere condannato a morte. Vito Mussolini fu assolto per insufficienza di prove, Vittorio Curti, direttore di “Sveglia” ottenne dieci anni di reclusione, Augusto Cantagalli, direttore de “Il Vento” sedici, mentre a Francesco De Agazio, direttore de “Il Rinnovamento” ne furono comminati otto più quattro mesi.

Il comportamento della Corte di fronte alla presunzione di responsabilità appare dunque incerto e altalenante e rimane un nodo critico da decifrare.

Complessivamente, giudici e magistrati sono stati più propensi a condannare e punire gli individui colpevoli di soprusi e torture piuttosto che coloro che, mediante l’espletamento di incarichi politici o aiuti economici, resero possibile e consolidarono il dominio dei tedeschi sul territorio italiano.

Qualche esempio. L’imputato Sergio Spezzani arruolato nel corpo di PS Caruso, fu processato nell’agosto del 1945 per aver partecipato alla fucilazione di nove partigiani, avvenuta il 12 gennaio 1945 al campo Giuriati di Milano. Per questo fatto, la prima sezione della Corte lo condannò a sedici anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici464

. Nel

464

ASM, Cas Milano, 20.08.1945, Sez. Prima, Pres. Petrone, vol. 2/1945. 64%

8% 20%

4% 4%

Condanne alla pena capitale per fattispecie

AZIONI VIOLENTE DELAZIONI AZIONI VIOLENTE + PRESUNZIONE DELAZIONE + PRESUNZIONE PROPAGANDA + PRESUNZIONE

125 gennaio del 1946, la terza sezione della Corte condannò ad una pena detentiva di ventiquattro anni l’operaio della ATM Emilio Ferrari per aver, in qualità di membro dell’UPI, “partecipato ad azioni di rastrellamento di patrioti ed al fermo di essi, che sottopose a sevizie per ottenere rivelazioni in ordine alle loro attività”465

. Il milite delle Bn e Commissario presso il Gruppo Rionale Bernini fu condannato nell’ottobre del 1945 a vent’anni di carcere per aver arrestato e seviziato “diversi appartenenti a formazioni patriottiche”466

. Come loro, moltissimi altri comandanti, brigadieri o semplici militi di bande armate vennero condannati per le efferatezze commesse.

Diversamente fu giudicato il commissario dell’Istituto Nazionale di Statistica Giuseppe Adami. La prima sezione della Corte lo processò nel marzo del 1946 per aver messo a disposizione delle autorità tedesche alcuni dati statistici riservati di interesse nazionale, per aver incoraggiato il governo della Rsi a trasferire in Germania i macchinari di proprietà dell’istituto per “sottrarlo al nemico”, per aver distrutto documenti ed atti di ufficio e aver cooperato alla costituzione di una brigata nera ministeriale. Nonostante in dibattimento le accuse risultassero provate, la Corte decise di assolverlo perché non ritenne le azioni da questi compiute così gravi da concorrere al tradimento della fedeltà dello Stato e al mantenimento del dominio tedesco in Italia467.

Per lo stesso motivo, nel maggio del 1945 vennero assolti il Prefetto e Viceprefetto di Milano Carlo Riva, nell’agosto dello stesso anno la reggente provinciale del Fasci Femminili di Verona, poi vice ispettrice nazionale dei fasci femminili alla direzione del Pfr, Eugenia Valvassori e, nel febbraio del 1947, l’azionista dell’industria SAATI (Società di appianamento tessuti industriali) che aveva fornito ai tedeschi ingenti quantità di stoffa da loro richiesta per la fabbricazione di paracaduti ad uso bellico468.

Tra gli imputati assolti ci furono anche coloro che avevano “favorito i disegni politici della pseudo radio clandestina nazifascista “Tevere”469

, ideando e scrivendo radiocronache sui gerarchi fascisti e sul jazz americano atte a ingenerare falsi ed erronei giudizi”470, chi aveva procurato all’occupante una “ingente partita di duecento tonnellate di funi d’acciaio” o altri beni preziosi471 e chi aveva ricoperto la carica di segretario dei fasci italiani all’estero, in particolare espletando l’incarico di “corriere di gabinetto” del Ministero degli Esteri per mantenere i contatti con l’addetto commerciale della Rsi a Madrid472

.

I giudici e i magistrati operanti alla Corte d’Assise Straordinaria di Milano che dovevano giudicare della colpevolezza o meno degli imputati, sembrano essere stati maggiormente influenzati dalla gravità dei danni contro l’incolumità di individui “in carne ed ossa” che dalle

465 ASM, Cas Milano, 17.01.1946, Sez. Terza, Pres. Camino, vol. 5/1946. 466

ASM, Cas Milano, 31.10.1945, Sez. Seconda, Pres. Cantelmo, vol. 3/1945. 467

ASM, Cas Milano, 08.03.1946, Sez. Prima, Pres. Marantonio, vol. 2/1946.

468 Nell’ordine: ASM, Cas Milano, 30.08.1945, Sez. Prima, Pres. Marantonio, vol. 2/1945; 26.02.1947, Sez. Quinta, Pres. Marano, vol. 9/1947.

469

“Radio Tevere. Voce di Roma libera” era nata nel giugno 1944 dopo che i tedeschi avevano rinunciato alla lunghezza d’onda da loro utilizzata per una trasmissione per i propri soldati (“Soldatensender”: stazione radio per i soldati). Fu Mussolini a voler sfruttare questa possibilità per creare una trasmissione a sostegno della resistenza contro l’avanzata degli Alleati nel Paese e ne affidò la direzione al giornalista Paolo Fabbri, già redattore del “Popolo d’Italia”. L’intenzione del duce era quella di far credere che nonostante l’occupazione di Roma da parte degli alleati, nella capitale perdurasse la voce clandestina della Rsi. La sede di “Radio Tevere” si trovava, in realtà, in una scuola alla periferia di Milano e dopo qualche settimana la bugia venne smascherata. Cfr. C. Galliani,

L’Europa e il mondo nella tormenta. Guerra, nazismo, collaborazionismo e resistenza, Roma, Armando Editore,

2012, p. 170. 470

ASM, Cas Milano, 04.10.1945, Sez. Seconda, Pres. Cantelmo, vol. 7/1946.

471 Brukner: per avere, nella provincia di Fiume, Trieste, Vicenza, Verona, Milano, spontaneamente e ciò molte volte, offerto la propria opera ai diversi comandi tedeschi al fine di procurare a questi ingenti quantità di varie merci, non esclusi brillanti, preziosi e quadri, che venivano pagati con sterline inglesi di valore perché firmate dalla Banca d'Inghilterra essendo state smarrite durante la ritirata di Dunquerque. Ciò in stretto collegamento con agenti delle SS specificamente incaricati di compiere razzie di tutte le cose di valore che avrebbero potuto venire esportate dall'Italia e inviate in Germania. ASM, Cas Milano, 25.05.1946, Sez. Quinta, Pres. Zerzo, vol. 7/1946.

472

126 conseguenze di attività o decisioni di natura istituzionale sull’andamento delle operazioni belliche o sulla vita politica della collettività nazionale.

La punizione di quei comportamenti che tradivano “la fedeltà e la difesa militare dello Stato” mediante “qualsiasi forma di intelligenza o corrispondenza o collaborazione col tedesco invasore, di aiuto o di assistenza ad esso prestata” – classificati sinteticamente come “collaborazionismo” – fu, in effetti, più severa nei confronti degli autori di atti di violenza fisica commessi contro civili e resistenti.

Da un lato è comprensibile che al termine di un lungo conflitto che aveva inferto ai civili violenze di ogni tipo e sacrifici e portato all’estremo la sopportazione delle sofferenze, i comportamenti violenti siano stati ritenuti più meritevoli di punizione rispetto a quelli che apparentemente non interferivano in modo diretto con la sicurezza o con la vita privata della popolazione; dall’altro però, non bisogna dimenticare che l’organismo di cui si stanno analizzando i dati non è un tribunale sorto spontaneamente dal basso e guidato nelle sue decisioni dal sentimento popolare, bensì un organo giudiziario istituito nei confini della legalità e chiamato ad agire in modo conforme al diritto codificato.

La normativa cui rinviava il DLL 142/1945 per la punizione del reato di collaborazione con i tedeschi era, si è detto, il codice penale militare di guerra, e precisamente il titolo “dei reati contro la fedeltà e la difesa militare” e il capo I “del tradimento”. La stessa Alta Corte di Giustizia affermò che il decreto non stabiliva una nuova figura delittuosa, ma “contiene un precetto di una sfera amplissima” e perciò “lungi dallo stabilire una specifica pena, costituisce nei riguardi della sanzione una norma in bianco, rinviando per questa al Cpmg non solo quod

poenam ma anche quod substantiam”473.

La condotta dei collegi giudicanti della Cas era dunque vincolata alle condizioni imposte dal codice suddetto e cioè la verifica dell’elemento materiale e soggettivo.

Si può ipotizzare che il motivo per cui i crimini violenti, e in particolare quelli commessi ai danni dei partigiani, furono i più puniti fu la maggior conformità di tali azioni ai parametri fissati dal codice penale militare di guerra.

Si è visto nel precedente capitolo che secondo i ragionamenti della Corte, una volta stabilita l’effettiva partecipazione dell’imputato alla persecuzione dei partigiani, l’elemento materiale era sicuramente integrato perché la lotta al movimento di resistenza, nato con lo scopo di indebolire i tedeschi, contribuiva senza dubbio al conseguimento dei fini bellici dell’esercito nazista. Al tempo stesso, l’intenzione di danneggiare “la fedeltà e la difesa militare dello Stato” era contenuta nel fatto stesso di partecipare alle operazioni.

Si è visto, inoltre, come per le altre tipologie di azioni risultò più difficile provare l’esistenza

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