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La qualità percepita e la qualità garantita dei prodotti alimentari biologic

iL ruoLo DeLLa marCa e Dei marCHi Di quaLitÀ

4.2. La qualità percepita e la qualità garantita dei prodotti alimentari biologic

In un mercato alimentare sempre più allargato, i consumatori devono poter avere la libertà di scegliere e trovare igiene, salubrità e qualità nutrizionale in tut- te le consuetudini alimentari, dal consumo domestico al take away, dal ristorante tipico al fast food.

Oggi, pertanto, i requisiti di natura igienico-sanitaria e i requisiti di natura merceologico-mercantile (Box 3) sono diventati ormai pre-requisiti di qualità im- prescindibili per il consumatore e rappresentano, insieme alla tutela ambientale, alla salute degli animali e delle piante e al benessere degli animali, requisiti minimi ex lege comuni per tutti gli alimenti (Ce, 2008). Questo vuol dire che un qualsiasi prodotto alimentare, che sia industriale, tipico o biologico, per poter essere immes- so sul mercato deve soddisfare questi requisiti.

Naturalmente, i prodotti destinati all’alimentazione umana devono rispet- tare le norme per l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari nonché

la relativa pubblicità50 ai sensi della direttiva 2000/13/Ce; al riguardo, sono vietate

frasi ambigue o ingannevoli sulle proprietà curative degli alimenti, sugli effetti per la salute e sui contenuti nutrizionali (reg. Ce 1924/2006).

50 Nel corso degli anni, norme specifiche di etichettatura sono state dettate per: data di scadenza; peso netto, presenza di coloranti, conservanti, edulcoranti e additivi chimici, aggiunta di vitamine e minerali, allergeni negli ingredienti, etichettatura nutrizionale, prodotti alimentari destinati all’in- fanzia, prodotti dietetici, integratori alimentari.

Box 3 - Requisiti igienico-sanitari e requisiti merceologico-mercantili dei prodotti alimentari

rEQuISItI IGIENICo-SaNItarI

Sono un insieme di precauzioni per ogni categoria e tipo di alimento che deve essere adottato durante la produzio- ne, manipolazione e distribuzione degli alimenti affinché il prodotto destinato al consumo umano sia soddisfacente, innocuo e salutare.

Questo insieme di precauzioni è stato sostanzialmente rivisto nel 2006, con l’entrata in vigore del cosiddetto “Pacchetto igiene”, che ha introdotto una serie di norme innovative sull’igiene dei prodotti alimentari, dei pro- dotti alimentari di origine animale e dei mangimi (reg. CE 852/04 e 853/04; direttiva 2004/41/CE), del sistema dei controlli ufficiali di alimenti e mangimi (reg. CE 882/04) e dei controlli sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (reg. CE 854/04).

La vasta legislazione comunitaria igienico-sanitaria in campo alimentare, supportata da una legislazione italiana copiosa e articolata, interessa, oltre ad alimenti e bevande, il personale addetto alla produzione, preparazione, vendita e somministrazione di alimenti e bevande; i locali di produzione, elaborazione, deposito, vendita e sommi- nistrazione di alimenti e bevande; gli impianti e le attrezzature di uso connesso; i mezzi adibiti al trasporto. rEQuISItI mErCEoloGICo-mErCaNtIlI

Sono criteri standard, definiti dalle norme di commercializzazione per i prodotti agricoli, come caratteristiche mini- me, categorie merceologiche, classificazione secondo il calibro e la qualità; omogeneità, con riferimento al conte- nuto di imballaggi o partite; condizionamento; indicazioni esterne sugli imballaggi, etichettatura e presentazione del prodotto al consumo.

Le norme di commercializzazione per i prodotti agricoli freschi e trasformati sono disciplinate dal reg. (CE). 1234/2007 relativo all’Organizzazione comune di mercato orizzontale (c.d. “OCM unica” perché ha incorporato le ventuno precedenti OCM) e da altri regolamenti UE e riguardano i seguenti prodotti: carni bovine, uova, ortofrut- ticoli freschi (il reg. CE 1221/2008 consente la vendita di 26 prodotti anche se non rispettano gli standard minimi di forma e dimensione) e trasformati, miele, luppolo, latte e prodotti lattiero-caseari, olio d’oliva, carni suine, pollame, carni ovine, zucchero, vino, prodotti di cacao e di cioccolato, estratti di caffè e di cicoria, succhi di frutta, confetture, gelatine e marmellate di frutta, bevande alcoliche, burro, margarina e miscele.

A una chiara definizione dei pre-requisiti di qualità dei prodotti alimentari, non corrisponde una definizione giuridica della qualità. La parola “qualità” dei prodotti agroalimentari, oggi usata dai media e dalle istituzioni, è spesso legata a espressioni generiche come “cibi naturali, sani, saporiti, nutrienti, freschi, tradizionali, genuini” (Germanò, 2009) ma non se ne trova definizione nei testi legislativi. Questo perché la qualità tende a soddisfare bisogni edonistici, per loro natura plurali, negoziabili, distinti e aggiuntivi rispetto alla sicurezza igienica (requisiti di natura igienico-sani- taria), che per sua natura è, invece, uniforme e non negoziabile (Aida, 2009).

La qualità, infatti, dipende da numerosi fattori, è strettamente connessa alle esigenze da soddisfare e alle differenti produzioni e assume diverso significato a seconda della fase della filiera a cui fa riferimento. Pertanto, il produttore agricolo

individua essenzialmente la qualità nelle caratteristiche intrinseche del prodotto, mentre il trasformatore punta a garantire l’uniformità dei prodotti che soddisfino requisiti minimi accettati a livello internazionale (Maccioni, 2009); il consumatore,

invece, percepisce la qualità di un prodotto alimentare51 attraverso:

- l’informazione esterna (pubblicità, passaparola);

- i segnali di qualità (quality cues), ovvero indicatori intrinseci (gusto, aspetto, salubrità) ed estrinseci (marca, origine dei prodotti, marchio di qualità); - gli elementi attrattivi come la convenience (rapporto qualità attesa/prezzo)

e il servizio (conservabilità, facilità d’uso).

Nel caso dei prodotti alimentari biologici, più dimensioni contribuiscono a de- finirne le caratteristiche qualitative che il consumatore, secondo diversi studi con- dotti a livello comunitario e nazionale (Berardini et al., 2006; ISMEA, Area & Studio Cresci, 2006; Cicia, 2007; Van Der Borg et al., 2007; ISMEA, 2008) associa al metodo naturale di produzione, alla valenza ambientale, all’assenza di organismi genetica- mente modificati (OGM), alla “sanità” del prodotto, ovvero all’assenza di residui di sostanze nocive e, nel caso di prodotti confezionati, all’assenza di coloranti e conser- vanti. Queste caratteristiche qualitative motivano la disponibilità dei consumatori a pagarne il sovraprezzo perché aumentano la percezione dei prodotti biologici come prodotti di elevata qualità con particolare riguardo al metodo di produzione.

La fiducia dei consumatori nei prodotti biologici è rafforzata dal fatto che questi prodotti, per essere immessi in commercio, non solo devono soddisfare, come tutti gli alimenti, i requisiti di natura igienico-sanitaria e i requisiti di natura merceologico-mercantile ma sottostanno a uno specifico quadro giuridico che, da ben venti anni, ne disciplina il metodo di produzione, la loro etichettatura e il loro

controllo. Infatti, con il regolamento (CEE) 2092/9152 l’Unione europea ha fornito

una definizione univoca e regole chiare per regolamentare il settore, assicurando, ai consumatori, la trasparenza a tutti i livelli della produzione e della preparazione e garantendo, ai produttori, condizioni di concorrenza leale.

Con la recente riforma avviata dal regolamento (CE) 834/200753 sono state

fornite a livello comunitario basi giuridiche di maggiore chiarezza per la produzione

51 Si vedano al riguardo, Grunert, 2005; Stefani et al., 2006.

52 Il regolamento (CEE) 2092/91, che si riferiva alle produzioni vegetali, è stato completato dal regola- mento (CE) 1804/99 per le produzioni animali.

53 Il regolamento è stato completato dal regolamento (CE) 889/2008 recante modalità di applicazione - successivamente modificato dal regolamento (CE) 710/2009 per quanto riguarda la produzione di animali e di alghe marine dell’acquacoltura biologica - e dal regolamento (CE) 1235/2008 per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici dai Paesi terzi.

biologica animale, vegetale, di acquacoltura e di mangimi, nonché per la produzio- ne di alimenti biologici trasformati, semplificando la materia sia per i produttori sia per i consumatori. Il regolamento, infatti, definisce le norme di produzione e quelle per l’etichettatura e per la certificazione a cui devono adeguarsi gli operatori in tutte le fasi di produzione, preparazione, commercializzazione e importazione di prodotti agroalimentari biologici, rendendo più razionale ed efficace il sistema di controllo.

Tra gli obiettivi della produzione biologica vi è quello di “mirare a ottenere prodotti di alta qualità” (reg. CE 834/2007, art. 3); pertanto, solo il prodotto di cui gli Organismi nazionali di controllo autorizzati (Box 4) abbiano certificato la conformi- tà alla normativa “dal seme al negozio” può vantare la sua caratteristica biologi-

ca in etichetta e adottare il logo di produzione biologica dell’UE54, obbligatorio dal

1° luglio 2010 (Box 5).

Box 4 - I compiti degli Organismi di controllo

Gli Organismi di controllo sono strutture private che, dopo un’istruttoria iniziale che ne ha accertato competenza, imparzialità e terzietà, sono autorizzati dal MIPAAF a ispezionare le aziende. Questi devono:

- essere accreditati in base alla norma internazionale ISO 65 (Uni Cei En 45011) da Accredia (ex Sincert) l’Ente nazionale per l’accreditamento degli Organismi di certificazione e ispezione e dei Laboratori di prova, anch’esso chiamato a vigilare sul loro corretto funzionamento con verifiche periodiche;

- effettuare ispezioni con cadenza almeno annuale a ogni anello della catena di produzione e consistono in uno o più sopralluoghi di personale tecnico che, oltre a verificare il rispetto delle normative e la regolare tenuta dei registri obbligatori, può prelevare campioni da far analizzare in laboratori accreditati.

Nel caso in cui gli operatori non rispettino puntualmente tutti i requisiti, viene sospesa l’autorizzazione a commer- cializzare i prodotti come biologici e può essere ritirata definitivamente la certificazione dell’azienda.

54 Il logo biologico dell’UE per i prodotti da agricoltura biologica, da utilizzarsi esclusivamente su base volontaria, è stato introdotto dal regolamento (CE) 331/2000, mentre i regolamenti (CE) 834/2007 e 967/2008 lo hanno reso obbligatorio dal 1° luglio 2010, ad esclusione dei prodotti importati dai Paesi terzi, per i quali resta facoltativo. Nel febbraio 2010 la Commissione europea ha scelto, dopo un concorso internazionale, un nuovo logo grafico, il cui utilizzo è disciplinato dal regolamento (CE) 271/2010.

Box 5 - Il logo di produzione biologica dell’UE e l’etichettatura dei prodotti biologici

Il logo biologico dell’UE è un segno distintivo dei prodotti biologici che rappresenta un’attestazione della conformità alle disposizioni sui metodi di produzione biologica, per cui:

- almeno il 95% degli ingredienti è stato prodotto con metodo biologico; - il prodotto è conforme alle regole del piano ufficiale di ispezione;

- il prodotto proviene direttamente dal produttore o è preparato in una confezione si- gillata.

Il logo deve essere apposto sulle confezioni degli alimenti preconfezionati, unitamente all’indicazione dell’origine della materia prima in etichetta tramite la dicitura reg. (CE) 967/2008:

- “Agricoltura UE”, quando la materia prima è stata coltivata in Europa.

- “Agricoltura non UE”, quando la materia prima agricola è stata coltivata in Paesi terzi. - “Agricoltura UE/non UE”, quando parte della materia prima agricola è stata coltivata

nella Ue e una parte di essa è stata coltivata in un Paese terzo (reg. CE 967/2008). La dicitura “Agricoltura UE” può essere sostituita o integrata dall’indicazione del Paese in cui sia stato prodotto non meno del 98% delle materie prime agricole di cui il prodotto è composto, ad esempio “Agricoltura italiana”, “Agricoltura UE - materia prima italia- na”. Accanto al logo comunitario, il legislatore europeo autorizza l’uso complementare di loghi nazionali e privati nella etichettatura, presentazione e pubblicità di prodotti che soddisfano i requisiti di cui al regolamento CE 834/2007.

Il logo integra l’etichetta dei prodotti biologici, la quale deve contenere:

- le indicazioni previste per legge per tutti i prodotti alimentari (denominazione di ven- dita, produttore, data di scadenza, numero di lotto, modalità di conservazione, ecc.); - l’origine obbligatoria per alcune categorie di prodotti alimentari (carni bovine, miele,

latte fresco, ortofrutticoli freschi, uova fresche, olio extravergine d’oliva, carni avicole e passata di pomodoro);

- le informazioni relative al metodo di produzione biologico e rispettivi derivati o ab- breviazioni (bio, eco) e i dati relativi al controllo (nome dell’organismo di controllo e codice attribuito dal MIPAAF, numero di codice attribuito all’operatore controllato).

Il logo facoltativo fino al 30/06/2010

Il logo obbligatorio dal 1° luglio 2010

è bene evidenziare che la certificazione del biologico è una certificazione di processo e di prodotto che garantisce l’osservanza dei metodi di coltivazione e di trasformazione secondo le disposizioni contenute nel regolamento (CE) 834/2007, mentre le caratteristiche qualitative dell’alimento possono variare, essendo connes- se alle scelte operate dal produttore nelle tecniche agronomiche o di trasformazio- ne adottate oppure potendo dipendere dallo stesso contesto ambientale dell’area di produzione. Queste caratteristiche possono essere comunicate al consumatore attraverso la marca o “codificate” mediante appositi disciplinari che sottostanno alle

denominazioni di origine o alle forme di certificazione volontarie applicate nel set- tore biologico. La marca, gli indicatori relativi all’origine del prodotto e i marchi di qualità svolgono il ruolo di quality cues estrinseci per il consumatore (Grunert, 2005) e possono identificarsi in strumenti di responsabilità sociale per le imprese che ope- rano nel settore biologico, come si avrà modo di illustrare nei paragrafi successivi.