Micaela Castiglion
1. Quando il problema è l’Altro?
È sotto gli occhi di tutti come ci si trovi in un periodo storico-culturale in cui il più ampio investimento a livello di strategie politico-istituzionali sul progetto culturale che includa anche la scuola sia sicuramente debole, per cui alla formazione e a coloro che se ne occupano non è riconosciuto e at- tribuito quel valore che gli spetterebbe proprio per la promozione di una società responsabilmente e attivamente critica.
A ciò si aggiunga la questione di una congiuntura temporale che sembra privare soprattutto le giovani generazioni di una progettualità futura per cui anche la scuola viene investita da questo più globale pessimismo per- dendo sempre più il suo significato di premessa formativa indispensabile per la realizzazione di sé del “sogno di sé” nel mondo, di levinsioniana me- moria. Il nesso tra scuola-cultura-progetto di sé è sempre più labile.
In più la scuola e l’insegnamento hanno perso molto prestigio, i più pensano ancora, secondo un antico immaginario non più valido, che sia un lavoro per donne, che impegna part-time e che dà la possibilità di concilia- re vita professionale e vita famigliare.
Inoltre, come agenzia educativa è messa a dura prova da altri dispositivi educativi che appartengono al mondo dei social così famigliare ai giovani studenti.
Se queste sono le criticità di tipo più esterno, dentro la scuola non va meglio.
È evidente il rapporto difficile, se non perfino, la crisi tra le famiglie e i docenti, per cui i genitori manifestano atteggiamenti ambivalenti di forte delega e al tempo stesso di critica verso l’operato del corpo docente di cui raramente si è alleati. L’alleanza è con i figli che “hanno sempre ragione”, “che sono bravi”, ecc. Secondo quasi uno scambio di ruoli.
Da parte loro i docenti, faticano a porsi come adulti contrassegnati da coerente fermezza e per questo come figure di riferimento per adolescenti in crisi proprio in quanto tali e per di più alle prese con l’esperienza del- l’apprendimento che non può mai essere neutra, e collocata inoltre in una scuola che fa acqua da più parti.
“Tendere verso” l’essere adulti non è facile per nessuno: docenti, genito- ri e adolescenti in crescita.
In un simile contesto educativo dove la complessità che slitta facilmente nella problematicità regna sovrana, ci sembra che una tra le questioni cru- ciali sia rappresentata dall’incontro, o meglio, dal dis-incontro con l’Altro:
gli adulti-insegnanti con gli adulti-genitori, i docenti con gli studenti, e questi ultimi con i pari.
In una situazione tale, il terreno è fertile per essere/sentirsi inadeguati, o non sufficientemente attenti verso ulteriori criticità come il disagio degli studenti e il rischio di dinamiche di esclusione più o meno diffuse e accen- tuate.
Si rende urgente ricucire e riconnettere o ritramare le diverse narrazioni dentro un dispositivo educativo e didattico che, per primo, riconosca valo- re all’approccio narrativo ai saperi e alla relazione, per il quale, tuttavia, si de- ve essere educati nella formazione predisposta per gli insegnanti in servizio. Non dimentichiamoci che: “la narrazione ci invita a essere individui adulti (ma anche giovani adulti e adolescenti)1meno centrati su di sé, me-
no preoccupati “di sé” e “per sé”, meno protesi verso il centro della scena – compresa quella educativa e didattica -meno difesi, dentro la classe […]. La narrazione ci stimola a essere più democratici, mette in gioco la dimen- sione dell’”umiltà”, per cui se la parola “umile” rimanda etimologicamente al termine “humus” ossia terra […], la pratica della narrazione è fertile “esperienza di discesa “verso l’altro”, che può trovarsi momentaneamente in una “posizione più in basso”, in una situazione provvisoria di maggiore fragilità, di dipendenza, di minore competenza, sapere o esperienza, co- munque, di differenza da noi stessi, a volte, una diversità di punti di vista e di “opzioni di mondo” che ha ragioni molteplici e che, se accolta in modo pensato e valorizzata responsabilmente, può contribuire alla crescita e alla maturazione di ognuno di noi” (Castiglioni, 2011, p. 11).
Così come è importante tenere presente che quando un bambino2 chie-
de: “Come mai la gallina, pur essendo un uccello, non vola?” oppure “Perché
nella torta di mele non si vedono le mele?” non si dovrebbe avere l’ansia di
dare risposte immediate e rassicuranti. In realtà il bambino non sta facendo una domanda a noi, ma sta facendo una domanda a se stesso, sta cercando di creare i percorsi per arrivare a delle risposte. Viviamo in un’epoca edu- cativa basata sull’accudimento, e finiamo col rifiutare l’idea che l’ostacolo sia una risorsa per imparare” (Novara, 2004, p. 15).
La narrazione a scuola e nella formazione adulta, poiché sottesa dal pa- radigma narrativo, non anticipa significati, non li impone, ma li attende
1 Integrazione qui inserita. 2 Vale anche per i giovani studenti.
Micaela Castiglioni
sottoforma di molteplicità di ipotesi riformulabili. “Essa inventa un mon- do invece che trovarlo già fatto” (Jedwloski, 2000, p. 31).
Messi davanti ad alcuni frammenti della famosa canzone di De Andrè,
La canzone di Piero3(1966)...”
1. E mentre marciavi con l’anima in Spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle Che aveva il tuo stesso identico umore Ma la divisa di un altro colore
2. Sparagli Piero, sparagli ora E dopo un colpo sparagli ancora Fino a che tu non lo vedrai esangue Cadere in terra a coprire il suo sangue 3. E se gli spari in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire Ma il tempo a me resterà per vedere Vedere gli occhi di un uomo che Muore
4. E mentre gli usi questa premura Quello si volta, ti vede e ha paura Ed imbracciata l’artiglieria Non ti ricambia la cortesia
Quale finale potrebbero narrare un gruppo di studenti adolescenti? Coinvolgendo anche i docenti nella ri-narrazione, e perché no, i genitori, che cosa potrebbe succedere? Il finale è aperto… .
3 Ci riferiamo al progetto Mille papaveri rossi: pace, incontri, diversità, a partire dalla Guerra di Piero (2017). Coordinato da Daniela Bonanni (ex-docente di scuola prima- ria). Promosso dall’Assessorato Istruzione e con la collaborazione dell’Assessorato Cul- tura-Comune di Pavia e l’Istituzione Fraschini. Patrocinato, inoltre, dalla Fondazione Fabrizio De Andrè e dalla Provincia di Pavia. Al progetto hanno partecipato n.58 classi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado.
L’intera proposta è stata presentata da D.Benanni all’interno del corso di Educazione degli adulti-Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione (2 anno), tenuto da chi scrive. (Università degli Studi di Milano-Bicocca). (Il progetto è stato oggetto di ulteriore ap- profondimento nell’elaborato di tesi triennale della studentessa K.O’Mill, Fabrizio De Andrè, La Guerra di Pietro e l’educazione alla diversità.