Dario De Salvo
1. Risvegliare il popolo attraverso l’educazione
È certo che il metodo Melodia, nell’angusto contesto culturale e politico della Noto del 1840, dovette apparire, per la palese rottura con la didattica tradizionale, sicuramente poco ortodosso. Egli intese, infatti, risvegliare le coscienze civili del popolo netino mediante una formazione globale della personalità giovanile nelle sue tre sfere fondamentali: morale, intellettuale e
fisica. Prova ne è un saggio, a firma di Corrado Ciranna, apparso il 31 di-
cembre 1955 nel numero 17 del Bollettino del Comune della Città di Noto dove Giuseppe Melodia venne definito come «colui che meglio operò per la scuola elementare e popolare in Sicilia». In questo si legge che:
[…] Tolto il settentrione, dove una certa istruzione ad uso del po- polo preesiste, nel Regno delle Due Sicilie la scuola elementare, fre- quentata da una classe di cittadini non disagiata, serve come avvia- mento alla scuola secondaria. Le famiglie popolane, nello stato in cui si trovano, tutto ignorando, si aggirano fra idee assai ristrette, dalle quali non intendono uscire; non si credono degne dell’istruzio- ne, che giudicano superflua, anzi dannosa. È in tali condizioni, così ostili alla cultura, che il Melodia, spirito pestalozziano senza pretese speculative, inizia la sua opera di apostolo e di educatore.
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I criteri circa l’indirizzo, le norme, la diffusione, gli insegnamenti nelle scuole elementari il Melodia li traccia nella “Relazione sul- l’istruzione elementare”. Esordisce così: « io credo che la prima ci- viltà sia causa di accreditare le scuole, poi le scuole sian causa di pro- gresso nella civiltà e credo che noi siamo ancora nel primo stadio, di fondare le scuole». La relazione è uno dei primi atti ufficiali, dopo il Risorgimento italiano, che mette in chiaro la condizione dell’istru- zione elementare di allora e mira, con pratico discernimento, a fare sì che l’istruzione, mutati i tempi, muti anche l’indirizzo, e sia del tutto laica.
E ancora più avanti si riferiva che
il Melodia vuole, nella scuola popolare, un’istruzione laica, però non come scuola di ateismo, ma come fattore di civiltà che formi la co- scienza degli individui per educarli alla responsabilità dei propri atti e al bene della società; vuole ancora, che la scuola popolare sia alta- mente educativa ed intesa come palestra di buone abitudini da ser- vire per la vita e non come cattedra di retorici precetti; che le scuole siano educative più che istruttive; che non si dia l’istruzione per l’istruzione, ma l’istruzione per l’educazione dell’individuo; che sco- po primo di tutte le scuole debba ritenersi l’educazione del corpo, del cuore e della mente per formare la coscienza del cittadino.
Sempre in questo nutrito saggio, Ciranna, dopo aver descritto quanto il delicato rapporto tra Chiesa e Stato in materia di educazione popolare stes- se particolarmente a cuore al maestro netino, metteva in risalto quanto per Melodia fossero socialmente importanti tanto la figura del parroco quanto quella del maestro. Quella del parroco e quella del maestro erano, insom- ma, due figure complementari che dovevano operare insieme per la forma- zione e l’istruzione dei giovani italiani. In particolare, scriveva che
Nella campagna che il Melodia inizia contro l’analfabetismo sostie- ne che, come appunto le chiese devono servire per tutti, senza di- stinzione di sesso, di età, di classi sociali, le Scuole devono essere ben numerose, disseminate da per tutto, frequentate più che si possa, de- stinate a vario scopo. «Come il parroco non occorre che sia profon- do teologo, è necessario che dignitosamente alla buona ami gli atti di carità che lo leghino affettuosamente ai suoi parrocchiani, perché fiduciosi ne accettino i consigli, così non è necessario che il maestro
abbia profonde dottrine, ma che sia saggio, prudente, amorevole pa- dre dei suoi figli adottivi, che abbia quel non so che di attraente ne- cessario per guadagnarsi gli animi dei suoi scolaretti, che non posso- no meglio guadagnarsi, se non con l’affetto che solo può rafforzare l’autorità, e col soddisfare ai bisogni della loro intelligenza e del loro sentire. Così il sacerdote e l’insegnante dovrebbero stringersi per mano, meglio per intendimento e per cuore, e dirsi mutuamente: rialziamo e confortiamo l’umana società, illuminandola e istruendo- la, concordi, con la fede e con l’amore, con l’istruzione, con l’edu- cazione, col dirozzare le menti e addolcire gli affetti! Così l’altare aiuterebbe la scuola, ricondurrebbe agli altari».
L’attività pedagogica di Melodia può essere inquadrata in due intensi periodi. Il primo dal 1840 al 1860, durante il quale si distinse come mae- stro privato a Noto. Il secondo, dal 1860 fino alla fine della sua attività pro- fessionale, in cui fu nominato Provveditore in città di un certo rilievo come Catania, Reggio Calabria, Benevento e Cuneo. Da insegnante privato non fu dedito solamente ad istruire, ma fu un vero educatore che aveva a cuore i suoi giovani, che intendeva far maturare in loro i valori fondanti l’umani- tà e che mirava alla loro formazione globale per un’adeguata partecipazione alla vita sociale.
2. Le opere
Tra il 1850 e il 1881 Melodia si dedicò alla stesura di numerose opere a ca- rattere didattico. In questa sede, per opportune, ragioni di spazio, si darà conto solo delle più celebri.
La prima L’Alfa o il Principio, stampata a Noto per i torchi del tipografo Spagnoli, ebbe ben quindici ristampe. È un libro di didattica ante litteram che intendeva dare validi consigli metodologici ai maestri. In questo, ad esempio, si legge:
Suppongo il fanciullo presso a cinque anni, e che sappia ben pro- nunziare tutte le sillabe, che pronunzi cioè rosa e non losa, casa e non tasa. Questa esattezza di pronunzia ed un certo sviluppo a combina- re, devono essere le prime cure dei parenti sino a quell’età. L’Alfa oc- cuperà il fanciullo sino al settimo anno. Cominci il fanciullo ad im- parare a scrivere quando è già franco nel leggere; e nel biennio del-
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l’Alfa, si limiti solo alla formazione delle lettere, alla calligrafia (Me- lodia, 1850).
Il Manuale di insegnamento per le prime età (Noto, 1853) fu rivolto, in-
vece, ai fanciulli dai 9 agli 11 anni. Il libro, suddiviso in quattro Periodi, conteneva gli elementi essenziali dell’insegnamento di base, principalmen- te di natura grammaticale e linguistica, e si completava di brevi racconti, di letture edificanti, di racconti di viaggio e di descrizioni geografiche.
Particolare spazio l’autore lo riservò all’insegnamento della lingua fran- cese (Appendice del IV Periodo) dal titolo Elementari Istituzioni della lin-
gua francese, dove Melodia si raccomandava che:
1. Il nostro insegnamento francese non è la disposizione delle altre grammatiche, ma è tutto uniforme ai nostri insegnamenti italia- no e latino che lo precedono; confermando il principio da noi di- mostrato e seguito, di non voler le grammatiche ad insegnare le lingue, ma in luogo i metodi insegnativi.
2. Il nostro insegnamento francese siccome ogni altra parte del cor- so è tratto pur esso dalla osservazione e dal fatto, ed è confermato dallo sperimento: quindi nessuno à dritto a giudicarlo, senza tale indispensabile dimostrazione!
3. Questo insegnamento francese è destinato solo a guida del pre- cettore. Quindi supponendo ch’ei sappia ciò che insegna, affido alla sua saggezza il somministrare con arte, a tempo ed a luogo, le tante cose di che il libro à ragionato difetto.
Chi conosce mediocremente la lingua, e voglia sempre più mi- gliorare, troverà mezzo assai confacente, nell’insegnare ad altri con questo metodo. Mi valgo, per la teoria, del nostro Biagioli; per la parte positiva, di Wailly, di Lefranc, di Lhomond, oltre di No l e Chapsal.
4. Il risultato di questo metodo, ove sia esattamente applicato e in allievi opportuni, sarà costante. Dopo otto mesi che durerà que- sto insegnamento, gli allievi saranno ben avviati oltre al tradurre dal francese, a scrivere eziandio ed a parlare. Si esige un’ora di le- zione in scuola, e studio a casa (Melodia, 1853).
Nel 1859 pubblicò le riflessioni Su La Scala, ovvero delle osservazioni pedagogico-didattiche su una suo lavoro del 1855, intitolato per l’appunto
La Scala.
letture per fanciulli si doveva tener conto di due aspetti importanti: l’argo-
mento e la forma.
Per quanto riguarda l’argomento, il primo libro di lettura per i fanciulli
appena usciti dall’abbicci non deve proporsi l’istruzione ma l’ade- scamento, affinché i fanciulli vedano con piacere la scuola. Questo non vuol dire che bisogna far leggere ai fanciulli libri non istruttivi ma che questi libri devono mirare principalmente al diletto, e come per accidente all’istruzione. Inoltre il libro di letture deve essere con- temporaneo, cioè deve riguardare le attualità di una capitale o di un piccolo comune, di un paese caldo o freddo, di uno marittimo o di uno mediterraneo (Melodia, 1859).
Per quanto riguarda invece la forma, invece, Melodia sosteneva che so- litamente i libri destinate alle prime letture sono ripartiti per capi, e ciò si rivela comodo per lo scrittore nella divisione della materia e nella suddivi- sione delle parti ma si rivela poco adatto per lo studio.
essendo questi capi di differente lunghezza, male si prestano all’uso perché spesso capita di dover interrompere, per ragioni di tempo, la lettura di un capo lungo o impiegare tutto il tempo della lezione nel- la sola lettura dell’intero (Melodia, 1859).
Ma l’opera più importante di Giuseppe Melodia è certamente L’Alfa o
la prima scuola, stampata a Siracusa negli anni 1877 e 1878. I giudizi lu-
singhieri su questo manuale di didattica per la scuola elementare furono condensati in un articolo apparso nel n. 7 del periodico Il Risveglio educa-
tivo, nel quale si legge che
In mezzo alle centinaia di sillabari, che videro finora la luce in Italia, l’Alfa del Melodia ci sembra uno dei pochissimi che meriti di essere tenuto in pregio. In esso, molti esercizi, fatti per parole, per propo- sizioni, per raccontini, sempre facili. Nell’opuscolo dichiarativo l’autore dà ragione dell’Alfa, e in tale dichiarazione non v’è un pe- riodo che non meriti di essere severamente meditato dagli educatori. Vuole che invece del domma, della cattedra, nelle scuole si sostitui- sca il ludus, l’attività, la osservazione. Vuole che la istruzione sia mezzo e non fine, ma che si abbia di mira la educazione intellettuale ed affettiva. Vuole che si tenda a fare divenire uomo il fanciullo, e
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quindi le scuole elementari debbano avere per oggetto quello di fare intendere tutti dalle Alpi a Pachino, e la nomenclatura dovrebbe im- pararsi con l’uso. Le lezioni siano sacritiche, le risposte esplicite e piene, e quindi il primo compito è nei Maestri. […] Questi concetti che noi abbiamo qui riferito, togliendoli dal suo lavoro, sono quelli ch’egli ebbe presenti nello scrivere l’Alfa o la prima scuola, cui meri- tamente venne attribuito il premio della medaglia di argento del Giurì per le classi 3ae 4adella Esposizione Didattica del VII Con- gresso Pedagogico.
La prima e la seconda parte dell’Alfa, secondo Melodia, erano sufficienti per l’istruzione della prima classe elementare; sufficienti per poter dare un’istruzione strumentale nelle scuole popolari, ovvero per mettere i fan- ciulli nella condizione di capire ciò che leggevano, oltre che a leggere con senso e a scrivere con chiarezza.
La seconda parte dell’Alfa (1877) conteneva materiale sufficiente affin- ché gli alunni potessero leggere, copiare e scrivere tutti i giorni e per tutti i nove mesi dell’anno scolastico.
Secondo Melodia, un libro di lettura doveva contenere insegnamenti che gli alunni riuscivano a capire facilmente.
Nei giorni dedicati al copiato (lunedì, martedì e mercoledì) il maestro dapprima leggeva un brano e dopo lo spiegava. Gli alunni, dal canto loro, dopo aver copiato ciò che era stato letto e spiegato, leggevano dal quaderno ciò che avevano copiato. Si trattava di brani di poche righe ma che veniva- no letti lentamente e naturalmente.
Oltre al copiato, nelle scuole Melodia erano previsti anche altri esercizi che venivano svolti tutti i giorni, ma che venivano corretti alla fine di ogni mese o alla fine di ogni anno.
La terza parte dell’Alfa (1878) fu scritta da Melodia per compiere un corso graduato di letture educative per le seconde classi diurne, serali o fe- stive. Essa comprendeva 15 letture per mese:
gli alunni ne copieranno una per giorno, dopo che questa è stata let- ta e spiegata dal maestro; poi gli alunni leggeranno sul proprio co- piato, facendo il sabato e alla fine del mese le ripetizioni delle letture sul libro (Melodia, 1878).
Conclusioni
Questa istruzione strumentale, teorizzata da Melodia e applicata nelle sue scuole, prevedeva, innanzitutto, esercizi pratici per insegnare ai fanciulli a leggere, scrivere e far di conto. Nello stesso tempo, però, stimolava oppor- tune conversazioni che dovevano aver per obiettivo lo sviluppo, l’elevazio- ne della mente e del cuore dei giovani allievi.
Tutti i mesi dell’anno scolastico erano previsti degli esercizi orali che, ol- tre a tenere occupate le classi, consentivano di apprendere le coniugazioni, di promuovere l’attenzione, di esercitare la memoria attivamente e di abi- tuare la bocca a pronunciare parole in italiano.
Nel suo opus magnum, Melodia ammoniva quegli insegnanti che ama- vano seguire più le forme e le convenzioni piuttosto che la sostanza.
Alcuni si vanno occupando delle leggi e dei regolamenti, dei mini- steri e dei ministri, del prefetto, del consiglio scolastico, del provve- ditore, dell’ispettore, del sindaco, dell’assessore e così via. Per queste preoccupazioni, sparisce la scuola, spariscono gli scolari e le scuole non raggiungono il fine per cui sono veramente istituite. Dunque, secondo il Melodia, bisogna capovolgere questa piramide, e invece di fare scendere tutto dall’alto verso il basso, bisogna cominciare in- vece dal basso verso l’alto. Bisogna iniziare prima di tutto da noi stessi, dall’ avere coscienza ed amore per i nostri doveri, per il nostro apostolato d’insegnare ed educare. Bisogna iniziare dai banchi, dal- l’individuo scolare, adattarci a ciò che è la scuola, subordinando le forme alla sostanza e alle cose, e solo così potremo servire davvero tutti, dalle famiglie fino alla nazione e all’umanità.
Riferimenti bibliografici
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Dario De Salvo
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