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quarto grado aumentato nel brano Pusilleco addiruso

Nel documento Analisi musicale e popular music (pagine 77-81)

Tabella 2: scheda analitica di ’O marenariello ’O Marenariello (1893)

Esempio 2: quarto grado aumentato nel brano Pusilleco addiruso

Oltre all’alterazione del quarto grado melodico, nelle canzoni di Gambardella compaiono spesso passaggi semitonali tra altri gradi della linea melodica, come tra il primo e il settimo oppure il sesto e il quinto — secondo quelle che sono le

20. Ruberti Giorgio, Canzoni all’Opera: melodramma e musica napoletana tra Otto e Novecento, «Quaderni del Centro Studi Canzone Napoletana», 1 (2011), p. 35.

21. L’accordo di sesta napoletana consiste nel quarto grado armonizzato con terza minore e sesta minore, dove la sesta è in realtà il secondo grado melodico abbassato della scala minore napo- letana. Il quarto grado armonico risolve generalmente al quinto grado e l’intero procedimento armonico crea delle caratteristiche espressive patetiche (sulla sesta napoletana si rinvia all’ar- ticolo di Maria Rossetti in questo stesso volume).

alterazioni proprie della scala minore armonica (in soli tre brani è invece presen- te il secondo grado abbassato).22 Ma a parte tali idiomatismi, un alto numero di brani di Gambardella mostra espedienti melodici semplici e lineari.

Tornando alle parole del citato articolo di Di Giacomo, si parla di una con- trapposizione tra una produzione più vicina al “metro semplice e schietto” e a quei tratti tipici della canzone napoletana da un lato e una produzione “corrotta” dalla forma canaille francese dall’altro. Utilizzando come metro di riferimento le canzoni analizzate, sono indispensabili alcune premesse: innanzitutto si trat- ta — come già detto — di sessantasei brani di Gambardella, e non dell’intera produzione; inoltre può indurre in errore una rigida schematizzazione delle composizioni, in base alla classificazione proposta da Di Giacomo: tratti “tipi- ci” napoletani si individuano anche nella produzione posteriore al 1901 (l’anno dell’articolo di Di Giacomo), quindi la critica mossa a Gambardella deve essere inquadrata in un contesto ben preciso, col fine di evitare un’interpretazione se- condo cui il compositore si espresse con tratti tipicamente napoletani fino ad un certo periodo, per poi abbandonarli del tutto e avvicinarsi a forme diverse.

È utile poi comprendere cosa si intende per forma canaille e cercare di inter- pretare al meglio le parole di Di Giacomo. Con questo appellativo ci si riferi- sce ad un genere canzonettistico tipicamente parigino, definito anche “canzone nera”. In particolare la canzone canaille celebrava gli eroi negativi, gli spettri della notte e dei bassifondi, e rappresentò il risvolto “maledetto” degli specchi, degli ori e dello champagne della belle èpoque.23 L’affermazione di Di Giacomo dunque è di certo da contestualizzare: il poeta napoletano aveva infatti denun- ciato l’influenza francese sullo sviluppo della canzone napoletana anche in altre occasioni e non solo in riferimento a Gambardella.24 Si può individuare un corri- spettivo napoletano della forma canaille nelle canzoni dedicate alle ‘macchiette’ o alle ‘sciantose’, anche se, in entrambi i casi, più che di eroi “maledetti”, si tratta di personaggi buffi e capaci di generare il riso e l’interesse degli spettatori. In ogni caso, come per la canaille francese, si trattava di composizioni destinate ai

Cafè-chantant o ai Varietà e Gambardella, in quanto compositore molto vicino

al mondo dello spettacolo, diede adito a diverse composizioni particolarmente adatte ai personaggi del Cafè-chantant.

22. Come detto, il secondo grado abbassato è spesso frutto del procedimento armonico della sesta napoletana. In un caso, però, non ci è dato sapere se si tratti realmente di una sesta napoletana, dal momento che lo spartito del brano in questione (Varchetta mia) presenta solo il rigo del canto. In Ll’arte d’’o sole e in Si chiagnere me siente …, al secondo grado abbassato della melo- dia non corrisponde il quarto grado al basso, pertanto non si può parlare armonicamente di sesta napoletana.

23. Sull’argomento cfr. Franchini Vittorio, Paris Canaille. La grande canzone francese: eroi, donne

e balordi nella poesia degli chansonniers, Ruggimenti, Milano, 2004.

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Oltre all’aspetto tematico Di Giacomo si riferiva anche allo sviluppo musicale dei brani, che, sia melodicamente sia armonicamente, si discostava dalla lineari- tà tipica della canzone napoletana. Tra i brani analizzati emergono a riguardo le già nominate canzoni dedicate alle ‘sciantose’: Lilì Kangy (1905), Ninì Tirabusciò (1911) e Lulù; o ancora canzoni tipicamente macchiettistiche sono Donna Giulia (1900), Guì! Guì! (1902) e Madama Chichierchia (1903). Per concludere questa panoramica stilistica sulla produzione di Gambardella, è utile quindi individua- re una linea evolutiva che, partendo da composizioni tipiche del “periodo d’o- ro”, fu caratterizzata da un lato dal perdurare di queste composizioni tipiche, dall’altro da diversi brani particolarmente vicini al mondo del Cafè-chantant napoletano.

In conclusione del lavoro di analisi e di catalogazione della produzione di Gambardella sono emersi dei risultati a mio avviso interessanti, soprattutto se messi in relazione con l’intero contesto nel quale il compositore si espresse. Gambardella è sempre stato considerato un emblema della canzone napoletana classica grazie alle sue immortali melodie, e, sulla base di quanto detto finora si può cercare di capire le cause che hanno spinto a portare avanti tale concezione. Sulla scia dei musicisti a lui coevi Gambardella scelse, ovviamente insieme all’au- tore del testo letterario, di articolare le sue canzoni secondo lo schema tipico con una introduzione strumentale e l’alternanza di strofe e ritornelli, con l’aggiunta del coro soprattutto in occasione delle canzoni da proporre alle Piedigrotte; inol- tre organizzava tali parti secondo schemi simmetrici che rispettavano l’alternarsi di periodi, frasi o semifrasi musicali di sedici, otto o quattro battute. Allo stesso modo Gambardella risulta “classico” nella scelta delle tonalità, dal momento che un considerevole numero di brani analizzati fa registrare un impianto bifocale, con la strofa in tono minore e il ritornello al tono omologo maggiore. Così come gran parte della produzione della canzone napoletana, anche in Gambardella le canzoni d’amore sono quelle che ricorrono maggiormente, così come i brani che chiamano in causa il mare, le barche e i marinai.

Un altro elemento interessante emerso da questa indagine è la “doppia pro- duzione” dell’autore. Lo stesso Di Giacomo aveva individuato una prima fase creativa in cui l’autore dava sfoggio alla schiettezza e alla napoletanità, ed una seconda fase in cui egli appariva “corrotto” dalla forma canaille francese (a tal proposito è stato già sottolineato che sarebbe preferibile non ritenere assolute tali affermazioni, schematizzando la produzione di Gambardella in due periodi). Relativamente alla “schiettezza” e alla “napoletanità” di cui parla Di Giacomo, in molte canzoni di Gambardella si registrano tratti ed idiomatismi della canzone napoletana unitamente a melodie lineari e semplici. La stessa ’O marenariello non riporta nessun idiomatismo, eppure può considerarsi uno degli inni della canzone classica napoletana. Per quale motivo un brano come ’O marenariello,

anche senza il testo letterario, viene subito riconosciuto come napoletano? È questa la domanda a cui le indagini avviate da alcuni anni dalla cattedra di Musi- cologia dell’Università “Federico II” cerca di dare risposta. Fin quando ricorrono i famosi “idiomatismi” la risposta sembra scontata, ma senza di essi la linearità e la semplicità della melodia non giustificano l’appartenenza ad uno specifico repertorio. Da parte mia, andando al di là del puro aspetto musicologico, cre- do che la risposta vada cercata altrove: in particolare è utile comprendere quali aspetti sociologici ed antropologici sono stati così forti da consentire di associare una melodia ad un’intera città, ad una intera cultura e ad un intero popolo.

Nel documento Analisi musicale e popular music (pagine 77-81)