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Una storia poco conosciuta quella della presenza di un piccolo gruppo di ebrei provenienti dai territori della Jugoslavia occupata, per
quasi due anni in “internamento libero” a Caltrano, durante la Seconda Guerra Mondiale
Il 22 novembre 1941-XX° la Questura di Vicenza comunicò che al Comune di Caltrano erano stati destinati 10 ebrei profughi della ex Jugoslavia, provenienti dalla Dalmazia, per l’internamento civile detto anche libero. La comunicazione fu inviata per conoscenza alla stazione dei RR.CC. di Caltrano e al comando Tenenza di Schio.
Così iniziò la permanenza di un piccolo gruppo di ebrei a Caltrano che si concluderà subito dopo l’8 settembre 1943. I Caltranesi, ma anche gli abitanti di altri paesi del Vicentino, li chiamavano “Croati” per la zona di provenienza.
Una analoga ricerca è stata inserita nel fascicolo “Le Porte della Memoria 2016” e dedicata agli ebrei stranieri internati nel Comune di Arsiero, ma in quel caso, oltre che i documenti conservati in Archivio di Stato di Vicenza nella busta “Questura di Vicenza, ebrei internati civili”, erano stati di grande aiuto le testimonianze di Rosa Marion Klein e di Walter Landmann, a quel tempo giovanissimi, ad Arsiero con le loro famiglie e tuttora viventi. Nel caso di Caltrano possiamo contare solo sui documenti dell’Archivio di Stato, essendo andato, fra l’altro, distrutto da un incendio l’archivio comunale. Chi fosse interessato, può trovare il fascicolo delle porte della Memoria 2016 nelle biblioteche civiche dei Comuni contermini.
Analogamente alla ricerca del 2016, tutti i nomi sono stati tolti per un senso di rispetto, visto che parliamo di tanti aspetti che rientrano nella sfera privata degli internati e anche dei Caltranesi, e anche perché uno degli scopi della ricerca è di cercare di conoscere le condizioni di vita a cui erano costretti dalle leggi razziali gli ebrei, italiani o stranieri che fossero. Un altro scopo di questo lavoro è sapere come si sono salvati e da chi sono stati aiutati. A distanza di tanti anni sarebbe giusto rendere omaggio e onore a chi ha rischiato la vita per aiutare persone che dopo la persecuzione erano destinate all’annientamento.
La Questura dette disposizioni su come condurre la pratica:
“Come in tutti gli altri casi sarà da stendere al loro arrivo un verbale senza però rilasciarne copia agli interessati ed inoltre si chiede di comunicare le prescrizioni a cui dovranno attenersi. Infine si comunica che per l’alloggio sarà versata una indennità di 50 L al mese a nucleo famigliare e Lire 8 al giorno come sussidio giornaliero per il capofamiglia”.
Gli internati ricevevano un sussidio dal Governo
Normalmente le famiglie dovevano arrangiarsi a trovare un alloggio, chi affittando stanze in case private e chi rivolgendosi a piccole pensioni.
Lo Stato italiano versava loro, nel caso fossero riconosciuti indigenti, i seguenti importi: 50 Lire al mese per l’alloggio, 8 Lire giornaliere al capofamiglia per vitto e un supplemento di sussidio di 4 Lire giornaliere per la moglie e di 3 Lire per ogni figlio. Nel luglio 1943 questi importi furono rivisti in aumento, 9 lire per il vitto, 5 per il coniuge e 4 per ogni figlio.
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Questi sussidi permettevano appena di sopravvivere e gli internati dovevano provvedere con mezzi propri se li avevano o con il ricavato di piccoli lavori che però erano osteggiati soprattutto se potevano privare i locali di occasioni di lavoro, in particolare nelle attività agricole.
Il 26 novembre venne steso un verbale in cui il Podestà Zuccato dichiarava di prendere in consegna dagli agenti di P.S. i dieci ebrei.
E’ del 12 dicembre 1941 una scheda predisposta dagli uffici comunali contente i dati dei nuovi arrivati con le indennità spettanti e la precisazione che si trattava di persone senza mezzi di sostentamento:
- Darvas Aladar nato il 12/4/1893 , impiegato, per vitto 8 Lire, per alloggio 50 Lire con la moglie Schulzer Stefania nata il 26/12/1897, casalinga, Lire 4 per vitto
- Darvas Paolo (fratello di Aladar) nato il 14/4/1896, impiegato, 8 Lire + 50 Lire per l’abitazione
- Hertmann Paolo nato il 16/8/1915, laureato (avvocato), 8 L+ 50 L e Schaecher Alice 20/7/1909, maestra di musica (professoressa di pianoforte) 4 L
- Papo Naham 17/9/1894 artigiano, 8 L per il vitto + 50 per l’alloggio, con la moglie Attias Blanka 2/2/1898 casalinga, 4 L e la figlia Papo Rossella 9/10/1925, studente 3 Lire
- Jungwirth Lavoslav 26/9/1898, commerciante 8 L + 50 L
- Jungwirth Giacomo (fratello del precedente), 8/4/1902, commerciante, 8 L + 50 L Sei nuclei famigliari, provenienti tutti dalla Jugoslavia, a cui nel corso dei mesi se ne aggiungeranno altri:
- Volmuth Vladimiro nato l’8/3/1891, coniugato con Schulzer Elsa (sorella di Stefania) 12/3/1896
- Herilinger Vladislav nato il 14/8/1906, impiegato, proveniente da Canove e poi trasferito a San Nazario
- Katz Israel, 1/11/1917, professore agronomo, proveniente da Canove il 4 marzo 1943
- I gemelli Papo Puba e Alberto, nati 6/7/1921 (figli di Naham e Blanka)
Il primo problema era la loro sistemazione, tutti adulti tranne una giovane signorina di 16 anni.
Da una comunicazione del Comune (lettera del 5/12/1941- XX°) inviata alla Questura sappiamo che per collocamento degli ebrei internati in questo Comune quest’Ufficio in mancanza di ambienti idonei, muniti di mobilia, strettamente indispensabile, ha provveduto collocando gli stessi presso un’osteria del luogo. Tale sistemazione è ritenuta opportuna anche in considerazione della difficoltà di approvvigionare tale convivenza della legna indispensabile nella corrente stagione invernale. Dato l’elevato costo dei generi alimentari di prima necessità, il prezzo della pensione è stato di L 15,20 al giorno e per persona. Si è trovata la soluzione con il versamento delle indennità previste e per la differenza provvederanno gli interessati.
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Le restrizioni imposte: 12 regole da rispettare e tante altre
Non è stato possibile esaminare l’elenco delle restrizioni che gli internati dovevano rispettare e che era stato loro comunicato e da loro sottoscritto all’arrivo a Caltrano. Un documento analogo è disponibile per gli ebrei internati ad Arsiero, che si riporta, per cui si pensa che quello di Caltrano fosse uguale, con l’unica modifica, naturalmente, riguardante il perimetro concesso per i loro spostamenti all’interno del territorio comunale.
Fu con una circolare dell’aprile 1941 che le prescrizioni destinate agli internati ebrei furono comunicate ai Comuni.
Riportiamo il documento sottoscritto da una coppia di internati in data 14 ottobre 1941, il giorno stesso del loro arrivo ad Arsiero,
1) Divieto di tenere presso di loro passaporti o documenti equipollenti e documenti sanitari.
2) Divieto di possedere denaro a meno che non si tratti di piccole somme non eccedenti le cento Lire. Le somme eccedenti dovranno essere depositate presso banche ed uffici postali, su libretti nominativi che saranno dal Podestà custoditi.
Qualora gli internati abbiano necessità di effettuare prelevamenti, dovranno chiedere di volta in volta l’autorizzazione al Podestà, autorizzazione che sarà concessa se la richiesta apparirà giustificata per una somma non superiore a quella consentita.
Prelevamenti di somme maggiori dovranno essere autorizzate dal Ministero.
3) Divieto di detenere gioielli di valore rilevante e titoli. Tanto i gioielli che i titoli dovranno essere depositati, a spese dell’interessato, in cassette di sicurezza presso la banca più vicina, dove l’internato sarà fatto accompagnare per tale operazione. La chiave della cassetta sarà tenuta dall’interessato, mentre il libretto di riconoscimento sarà conservato dal Podestà.
4) Divieto di detenere armi e strumenti atti ad offendere.
5) Divieto di occuparsi di politica.
6) Agli internati è consentito soltanto la lettura di giornali italiani; per la lettura di libri e giornali in lingua straniera deve essere chiesta l’autorizzazione al Ministero.
7) La corrispondenza e i pacchi di qualsiasi genere, sia in arrivo che in partenza, devono essere sempre revisionati, prima della consegna e della spedizione, dal Podestà o suo incaricato.
8) Divieto di tenere apparecchi radio.
9) La visita dei famigliari agli internati e del pari la convivenza con gli internati dei famigliari, devono essere autorizzate dal Ministero, al quale devono essere inoltrate le relative istanze per tramite della Questura.
10) Agli internati è inoltre fatto obbligo.
a) Di circolare solo entro il seguente perimetro:
[segue indicazione del perimetro]
b) Di non allontanarsi da detto perimetro.
[ segue indicazione del perimetro]
Il permesso di allontanarsi dall’abitato sarà concesso solo previa autorizzazione del Ministero dell’Interno;
c) Di non uscire dall’abitazione prima dell’alba e dopo un’ora dal tramonto.
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11) Gli internati potranno consumare i pasti in esercizi o presso famiglie private del luogo, dietro autorizzazione del Podestà.
12) Gli internati hanno l’obbligo di serbare buona condotta non dar luogo a sospetti e mantenere contegno disciplinato.
I trasgressori saranno puniti a termine di Legge o trasferiti in colonie insulari.
Fatto, letto e sottoscritto.
(firma dell’internato)
IL PODESTA’
Firma non leggibile
IL SEGRETARIO Firmato E. Luca
Incontri con i parenti e altre richieste per uscire dal Comune
Erano considerati dei nemici in casa per cui ogni loro spostamento era controllato.
Molte le richieste di poter uscire dal Comune. Per quelle legate alla salute, che sono la maggioranza, vedremo in un punto successivo. Per gli internati civili era proibito spostarsi liberamente fuori dal Comune e dovevano, per qualsiasi motivo, chiedere l’autorizzazione.
Cinque internati chiedono alla Questura un permesso permanente per recarsi ogni 15 giorni o nella vicina cittadina di Thiene (10 minuti in treno) oppure a Rocchette (25 minuti a piedi) per fare acquisti per la casa e per la cucina perché il paese è piccolo e non trovano quello che serve a loro, compreso il necessario per l’igiene, bagno e taglio capelli. La Questura nega l’autorizzazione.
Più richieste per recarsi a trovare parenti in vari centri della provincia: a Enego, a Posina, a Sossano, a Sandrigo; qualche richiesta viene accolta, ad altre la Questura nega l’autorizzazione rispondendo che se il motivo è quello di parlare di affari di famiglia, c’è la possibilità di scriversi. E’ evidente che la corrispondenza è soggetta a censura e quindi è comprensibile che gli internati preferivano vedersi a quattr’occhi. Delle volte per aggirare l’ostacolo si chiede di visitare il parente perché ammalato.
A proposito di corrispondenza va ricordato che gli internati avevano l’obbligo di spedire la posta consegnandola al Comune e avevano il recapito presso il Comune stesso.
C’è una richiesta di potersi recare per 8 giorni a Enego ospite del cugino. La Questura nega l’autorizzazione.
Autorizzazione negata ad un internato trasferito da Canove per recarsi per due giorni in Altopiano per prendere indumenti lasciati là e fare visita ad un parente ammalato.
Due internati chiedono di andare a Sossano a far visita ai cugini. Sono 23 mesi che non si vedono. La visita viene autorizzata. Il Podestà di Sossano comunica che i due non si sono mai presentati per vidimare l’autorizzazione. Risulta poi che i due hanno rinviato il viaggio.
Infine in una nota i Carabinieri di Caltrano comunicano che i due sono rientrati da Sossano con due giorni di ritardo.
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Un internato viene visto con un altro internato alla stazione ferroviaria di Cogollo del Cengio, diretto sull’Altopiano. A vederli è i segretario comunale del Comune di Roana che provvede ad informare il Prefetto e i carabinieri di Asiago. Viene accertato che i due sono rimasti qualche giorno in Altopiano. Così li descrivono i carabinieri di Asiago: Si ritiene opportuno ricordare che i predetti ebrei sono dei pessimi soggetti e (omissis) per poter con più agio fregare i cristiani ha rinnegato la propria fede e ha abbracciato la religione cattolica…. Vengono chiesti severi provvedimenti verso i due.
Passano pochi giorni e il Prefetto scrive al Ministero degli Interni, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza per segnalare che gli ebrei stranieri indicati in oggetto, (uno dei due era stato visto alla stazione di Cogollo del Cengio) continuano, nonostante siano stati richiamati più volte, a non attenersi alle prescrizioni loro imposte.
Che cosa avevano fatto? Si erano allontanati dalle 5 del mattino fino alle 21 (siamo in giugno) di ben 12 Km da Caltrano per fare legna per conto terzi, nonostante l’ordine contrario ricevuto dal Comandante della Stazione dei Carabinieri. Elementi indisciplinati e prepotenti mantengono anche un contegno poco riguardoso verso le autorità preposte alla loro vigilanza. Anche perché serva da esempio per gli altri internati e per poterli meglio controllare, si propone che gli stessi siano internati in un campo di concentramento e si resta in attesa delle determinazioni di cotesto Ministero. La richiesta di trasferimento non ha seguito.
Le norme che vietavano la libera circolazione agli internati avevano riflessi molto pesanti sulle poche possibilità di lavoro che erano loro concesse, perché in alcuni casi il lavoro avrebbe richiesto di uscire dal Comune.
Agli internati era reso praticamente impossibile ogni tipo di lavoro
Era volontà del Regime mantenere gli internati in stato di bisogno in modo che fossero più gestibili e sottomessi; nel corso della guerra però, con molti uomini alle armi, venivano buoni anche loro per alcuni lavori, a condizione che il lavoro non creasse occasioni di incontro con i locali e che il loro impiego non privasse del lavoro i residenti. Anche gli imprenditori fecero pressione sul regime affinché li rendesse disponibili al lavoro, anche perché molti di loro erano particolarmente qualificati sul piano professionale. In un caso è il podestà Zuccato (documento a sinistra) a rivolgersi alla Questura per proporre
Documento conservato in Archivio di Stato di Vicenza e ripreso dal sito “Dal Rifugio all’inganno”. Dal documento sono stati tolti i nominativi dei tre internati proposti per il lavoro
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l’utilizzo di alcuni internati ebrei, difettando della mano d’opera necessaria, per la raccolta delle ramaglie nei boschi comunali per costituire un deposito a favore degli abitanti da utilizzare nel periodo invernale.
Dovendo pernottare nei boschi, il controllo potrebbe essere affidato ai Militi forestali del Comune di Cesuna o alle guardie boschive del Comune di Caltrano.
La Questura nega l’autorizzazione non ritenendo opportuno il pernottamento nei boschi , trattandosi di persone indisciplinate e che mal sopportano le prescrizioni loro imposte.
Siamo ad aprile 1943 e un internato chiede di potersi recare in un bosco appartenente al Comune per un lavoro che consiste nel trapianto di pini nella malga Lovarezza alle dipendenze della Milizia Nazionale Forestale, località distante 20 Km per via montagna.
Data la distanza l’occupazione richiede il pernottamento sul posto. I Carabinieri richiesti di un parere, tenendo conto dei precedenti di condotta e delle condizioni economiche dell’interessato, danno parere favorevole.
Un internato, laureato, rivolge un’istanza al Questore affinché gli sia concesso:
1) poter esercitare un lavoro manuale (rilegatura di libri);
2) Volergli concedere due permessi settimanali per necessità di lavoro entro un limite di cinque chilometri;
3) Un permesso mensile per recarsi nella città per l’acquisto di materiale occorrente al suddetto lavoro, essendo i negozi di questo paese sprovvisti di materiale per rilegatura.
Rivolge questa domanda perchè egli e la moglie vivono col solo sussidio propostogli dallo Stato. “Mi propongo di non abusare della clemenza concessami. Sperando nel buon esito della domanda porgo doverosi ossequi”. Più sottomesso di così!
La Questura, attraverso il Podestà, comunica all’interessato che la domanda non può essere accolta.
Dopo circa sei mesi, in data 5/X/1942, l’internato ripresenta la domanda, perché forse ha saputo che il Regime sta cambiando la politica sul lavoro degli internati, allargando un po’ le maglie dei divieti; oltre a ribadire di trovarsi in ristrettezze economiche fa presente che la moglie è malata e bisognevole di cure. Inoltre gioca una carta che può aiutarlo:
fa presente che nell’arco di 5 Km non c’è nessuno che rilega libri per cui non porterebbe via il lavoro a nessuno!
I Carabinieri di Caltrano, nel trasmettere l’istanza dell’internato alla Questura, allegano un loro rapporto con parere negativo:
Nel trasmettere l’unita istanza, dell’interessato in oggetto, tendente ad ottenere l’autorizzazione per assentarsi dalla residenza due volte alla settimana per recarsi nei Comuni viciniori per lavoro (rilegatura di libri) si comunica che nelle immediate vicinanze di Caltrano ci sono stabilimenti ausiliari, quali il lanificio Rossi di Piovene-Rocchette e il cotonificio Rossi di Chiuppano ed altre opere di importanza militare. Sì dà quindi parere contrario alla concessione di questo permesso.
Maresciallo d’alloggio a piedi Comandante la Stazione Corrias Salvatore
Passano pochi giorni e il Questore decide che la richiesta di uscire dal Comune due volte alla settimana non può essere accolta e pertanto nega l’autorizzazione.
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Problemi di salute, visite e ricoveri ospedalieri, l’unico modo per uscire da Caltrano Nei fascicoli conservati in Archivio di Stato di Vicenza buona parte dei documenti riguardano le richieste di visite mediche specialistiche e in qualche caso di cure ospedaliere. L’iter era il seguente: l’interessato inviava alla Questura, tramite il Comune, la richiesta che doveva avere allegata la certificazione dell’Ufficiale Sanitario che confermava la necessità della visita o cura o ricovero. La Questura chiedeva alla stazione dei Carabinieri di Caltrano di confermare la necessità della visita e se la visita potesse essere eseguita in loco. A seguito della risposta dei Carabinieri, quasi sempre positiva per la necessità della visita e negativa sulla presenza in loco di uno specialista, la Questura molto spesso autorizzava. Gli internati erano autorizzati quindi a recarsi o a Schio o a Vicenza o a Thiene. L’autorizzazione conteneva delle prescrizioni, sempre le stesse, che le spese di viaggio e della visita specialista o della cura fossero a carico del richiedente e che la visita fosse fatta nell’arco di un solo giorno. Poi l’internato doveva seguire una precisa procedura. All’arrivo nel centro dove avere le cure doveva presentare l’autorizzazione alla stazione dei Carabinieri i quali riportavano l’ora alla voce “visto arrivare” e poi l’ora di partenza per il rientro. L’autorizzazione con queste registrazioni doveva poi essere consegnata in Comune.
Una procedura di questo tipo aveva lo scopo di scoraggiare le richieste. Qualche storico ritiene che Ufficiali Sanitari e Carabinieri, compiacenti, chiudessero un occhio e così gli internati avevano la possibilità di uscire dai piccoli centri in cui erano reclusi, per stabilire contatti che poi si potevano trasformare in occasioni per avere informazioni, lavoro o scambio di merci o oggetti per attenuare le dure condizioni di vita a cui erano costretti.
Chiesto un parere su questo argomento, l’ing. Walter Landmann esclude che la sua famiglia sia ricorsa a questo metodo per uscire da Arsiero.
La maggioranza delle richieste erano per cure dentarie. C’è una richiesta di visita dentistica a Thiene per un giorno, per otturazione di un dente, e viene chiesto Thiene perché le spese di viaggio e del dentista sono minori rispetto che andare a Schio o a Vicenza.
Viene richiesta una riparazione ai denti a spese dello Stato. Risposta: le protesi dentarie non sono a carico dello Stato, solo le cure dentarie semplici.
C’è un caso in cui, al rifiuto dell’Autorizzazione da parte della Questura, il richiedente torna alla carica dopo 15 giorni con una nuova richiesta, lamentando che la precedente richiesta era stata negata senza un motivo. In alcuni casi la Questura dirottava le richieste a specialisti di Vicenza e di Schio, non autorizzando la sede di Thiene. La ragione emerge in un documento in data 14/VII/1943 (n. 8416 di prot. Segreto) del Comando Supremo, Servizio Informazioni Militare Centro C.S. di Verona, che dà parere contrario a recarsi a Thiene perché trattasi di località militarmente importante.
Non bisogna dimenticare che gli internati ebrei erano considerati nemici dello Stato, possibili spie, e pertanto da tenere lontano da obiettivi militari.
Non è l’unico caso questo dell’intervento del Comando Supremo di Verona per escludere Thiene dall’essere raggiunta da internati. Ci soffermiamo su un altro caso non solo perché dopo un mese la risposta sarà negativa, ma anche perché appare chiara la confusione presente ai vari livelli decisionali. Domanda del 25 giugno 1943 per una visita medica a Vicenza. Il 3 luglio i Carabinieri confermano che l’internata è affetta da una certa
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malattia, ma che per la cura può rivolgersi a Thiene; la Questura interpella in merito Verona che conferma che Thiene è località militarmente importante e quindi propone che la visita avvenga a Vicenza. La Questura prende atto e invita i Carabinieri di Caltrano a proporre all’internata una sede diversa da Thiene. il 31 luglio, è passato più di un mese, i Carabinieri rispondono testualmente alla Questura: a seguito del foglio pari numero del 3 andante (si riferiscono alla loro comunicazione con cui hanno suggerito Thiene) di questo comando, si esprime parere contrario che l’ebreo in oggetto si rechi in altre città diverse non essendo necessaria e urgentemente abbisognevole la cura medica che richiede.
Il 2 Agosto la Questura nega l’autorizzazione della visita a Vicenza e così si chiude la pratica iniziata il 25 giugno!
In una richiesta per cure dentarie a Thiene, da effettuarsi in più appuntamenti, il richiedente fa presente che il viaggio a Thiene costa L 3,60 mentre quello per andare a Vicenza costa, oltre a L 18 per il viaggio, L 60, dovendo restarci tutto il giorno. Anche in questo caso la Questura nega l’autorizzazione.
In una richiesta per cure dentarie a Thiene, da effettuarsi in più appuntamenti, il richiedente fa presente che il viaggio a Thiene costa L 3,60 mentre quello per andare a Vicenza costa, oltre a L 18 per il viaggio, L 60, dovendo restarci tutto il giorno. Anche in questo caso la Questura nega l’autorizzazione.