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La raccolta di saggi, come anticipato, conobbe un notevole successo negli anni Sessanta, testimoniato dalle numerose recensioni che lo stesso Luti ha raccolto e

conservato nel suo archivio, recensioni di voci eminenti e autorevoli della critica

letteraria italiana del tempo, che scrivevano sulle principali riviste, come Enzo

Siciliano

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, Elvio Guagnini

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, Olga Lombardi

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, Luciana Martinelli

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, Carlo

di lavoro. Grazie di tutto, dunque; delle tue care parole e di tutto il resto. Per ora tengo ferma la distribuzione e l’invio degli omaggi: a settembre sarà messo in vendita e solo allora dovrò preparare il servizio stampa. Il tuo consiglio, come sempre, mi sarà prezioso; penso che ne potremo parlare a Firenze in una delle nostre passeggiate per il centro nell’ottobre fiorentino». (Lettera di Giorgio Luti a Lanfranco Caretti su carta intestata «Università degli studi di Firenze | Facoltà di Magistero | Istituto di letteratura italiana» 1 c 2 ff ms 22, 7 x 14, 4; conservata presso il Fondo Lanfranco Caretti della Biblioteca Ariostea di Ferrara).

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«Ci fa capire, documenti alla mano, che la cultura italiana, dopo Gobetti, ha avuto come colpa maggiore l’essersi invischiata in ambiguità. Di essersi per vie complesse fatta erede della ambiguità e degli equivoci della “Ronda”. Basti vedere da dove sia partita l’opposizione moralistica al regime di Mino Maccari col “Selvaggio”. Sotto gli occhi ci si allineano i protagonisti del periodo, tutti con la vista appannata sul proprio destino, impossibilitati a scorgere il fine verso cui si indirizzava la propria azione, indipendentemente dalla volontà. Questa divaricazione è quello che maggiormente colpisce nell’attività culturale di quegli anni. Oggi ancora non si può dire d’essercene liberati: con difficoltà l’intellettuale italiano riconosce la propria determinazione sociale, per cui non la supera, non l’assorbe a sé, non la scancella realmente. Di gite a Chiasso se ne sono fatte moltissime, i libri letti sono stati tantissimi, ma le ambiguità permangono» (ENZO SICILIANO, Cronache letterarie. I poeti sull’Aventino, «L’Espresso», 1 maggio 1966, p. 22).

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«Il lavoro costituisce un notevole contributo alla conoscenza delle condizioni culturali dell’Italia fascista e rappresenta uno strumento utilissimo di consultazione (anche per la ricchezza delle note, molto esaurienti, e degli indici) per chi voglia, d’ora in avanti, proporsi lo studio dell’argomento. L’interesse del libro è dovuto soprattutto al fatto che i singoli movimenti e la vita dei periodici considerati sono visti in maniera articolata, attraverso la produzione di una serie estesa di documenti e di dati. Si pone ora il problema di una ulteriore loro utilizzazione in sede di “storia” oltre che di “cronaca”, per il superamento dei giudizi spesso schematici che nel passato si sono dati sull’atteggiamento dei gruppi culturali nel ventennio fascista» (ELVIO

GUAGNINI,Cronache letterarie tra le due guerre (1920-1940), «Il Movimento di Liberazione in Italia», 86, gennaio – marzo 1967, pp. 111-112).

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Salinari

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, Vanni Bramanti

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, Vittorio Vettori

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, Luigi Baldacci

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, e recensioni

approdate sulle colonne di «L’Avvenire d’Italia»

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o «Il giornale di Sicilia»

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.

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«La storia di queste riviste diventa nell’analisi acuta e appassionata del Luti un esame della coscienza dei nostri uomini di lettere, da Renato Serra a Giaime Pintor, dalla serietà dell’impegno della cosiddetta Voce bianca di De Robertis all’ambiguo revisionismo di Primato. (OLGA LOMBARDI, Cronache letterarie tra le due guerre. Narratori e poeti, «La Fiera Letteraria», 10 novembre 1966, p. 23).

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LUCIANA MARTINELLI,Cronache letterarie tra le due guerre, «Avanti!», 29 luglio 1966, p. 3.

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«Il profilo storico è persuasivo […]. Il Luti vede bene la differenza che separa il “richiamo all’ordine” della Ronda da quello proclamato da Gobetti. […] Il materiale, qui, è ancora incandescente e fluido o, forse, cosa più probabile, […] quelli sono avvenimenti che la mia generazione ha vissuto direttamente e che appariranno sempre sfuocati in una ricostruzione storica obiettiva rispetto al ricordo delle lotte, delle passioni e delle speranze che allora abbiamo sostenute o alimentate. Tanto più che erano gli anni della nostra giovinezza» (CARLO SALINARI, Le riviste letterarie italiane dal 1920 al 1940, «L’Unità», 30 luglio 1966, p. 3).

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«Giorgio Luti ha validamente condotto una difficile indagine sulla storia della nostra letteratura fra le due guerre, indagine questa già tante volte iniziata, ma almeno per chi scrive, mai portata a termine con la coerenza e la serietà che caratterizzano questo volume. Il Luti, studioso novecentesco già ben collaudato, riunisce qui due antichi saggi, del resto ora ampiamente rielaborati, ad altri del tutto nuovi, offrendo così al lettore una precisa e documentatissima panoramica su quanto è avvenuto nella storia della nostra cultura – cultura naturalmente letteraria – in quanto è tipico di questa fatica del Luti l’aver affrontato i problemi che a mano a mano venivano offrendosi alla sua attenzione di studioso attraverso un orizzonte più vasto possibile, accostando cioè il fatto puramente tecnico – artistico alle discussioni di carattere generale che allora si stavano tenendo. […] In ultima analisi, tendiamo ancora a ribadire quanto già detto su questa fatica di Giorgio Luti, il cui maggior pregio sta nella serietà e nell’onestà con la quale è stata condotta; si può esser quindi sicuri di trovare in questo libro se non una visione definitiva (né questa era l’intenzione dell’autore) un informato e preciso strumento dal quale non potrà davvero fare a meno chi intenda accostarsi alle vicende della nostra cultura letteraria fra le due guerre» (VANNI BRAMANTI, Cronache letterarie tra le due guerre, «Antologia Vieusseux», 2, aprile - giugno 1966, pp.16-18).

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«In una prospettiva culturale che potremmo definire in senso lato gramsciana, il Luti ha ripreso in esame l’ancora incandescente materia della letteratura italiana tra le due guerre presentando con rigorosa disàmina i principali movimenti del periodo considerato: dalla difesa rondista dello “stile” all’ardito europeismo delle riviste di Piero Gobetti, dalle aperture e inquietudini di “Solaria” alle fraterne contese di Stracittà e Strapaese, dalle impuntature delle riviste giovanili all’eclettismo e alla liberalità di “Primato”. Ne vien fuori un bilancio fervido e stimolante, nonché uno strumento di consultazione davvero prezioso. L’unica inesattezza che vi abbiamo trovato riguarda Dino Garrone, morto non in guerra come scrive Luti ma a Parigi nel

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Negli ultimi due casi citati entrambi i recensori non hanno firmato i loro pareri,