• Non ci sono risultati.

La raccolta dei contributi

1.4. Il processo della previdenza complementare

1.4.1. La raccolta dei contributi

La prima consiste nel versamento del contributo/premio, da valutare sia sotto l’aspetto fiscale sia per l’effetto dei costi e delle garanzie.

Nell’adesione individuale a un fondo pensione aperto la contribuzione è decisa dall’aderente, per i fondi pensione chiusi le quote di contribuzione sono stabilite dagli accordi tra le parti istitutive (impresa e sindacato) in sede di contrattazione collettiva e derivano da tre fonti: dal datore di lavoro, dal lavoratore e dal TFR. Il quantum di contribuzione è determinato in genere in misura proporzionale rispetto al reddito annuale calcolato come retribuzione utile ai fini del TFR per i lavoratori dipendenti, mentre per gli autonomi si prende in considerazione il reddito d’impresa dichiarato ai fini Irpef e relativo al periodo d’imposta precedente. La quota di TFR prelevata è pari al contributo del dipendente e di quello a carico del datore di lavoro; per i lavoratori la cui prima occupazione si sia perfezionata in data successiva al 28.04.1993, il versamento del TFR è integrale. E’ anche possibile nei fondi pensione negoziali versare contributi volontari nei limiti delle previsioni delle fonti istitutive e statutarie.

Nel corso della fase di contribuzione si gode della possibilità di beneficiare della deducibilità fiscale nei limiti del minore tra il 12% del reddito complessivo e 5.164,57 euro. Per i lavoratori dipendenti del settore privato vige un ulteriore limite costituito dal doppio del TFR al fondo pensione di categoria.

1.4.2. La fase di accumulazione

In merito alla gestione delle risorse, il legislatore ha sancito il principio della separazione tra fondo e soggetto gestore, in virtù del quale ciascun fondo pensione costituisce patrimonio autonomo e separato da quello del soggetto

gestore e dai partecipanti ed è destinato esclusivamente all'erogazione di prestazioni pensionistiche a favore dei partecipanti stessi.

La gestione delle risorse viene demandata a soggetti esterni mediante apposite convenzioni.

La stipulazione di una convenzione di gestione, redatta sulla base di una schema predisposto dalla Commissione di Vigilanza, deve specificare:

• le linee di indirizzo stabilite dal fondo e le modalità con le quali possono essere modificate. Al Consiglio di Amministrazione del fondo spetta il compito di definire gli indirizzi generali cui i gestori dovranno attenersi. Ciò rappresenta una delle novità introdotte dalla riforma: mentre in precedenza gli Amministratori dovevano solo trasferire le risorse raccolte al gestore finanziario, oggi hanno anche il potere di dare indicazioni circa gli investimenti che dovranno attuarsi tramite queste risorse e il potere di controllare la gestione.

• I termini e le modalità di recesso e quindi il trasferimento del patrimonio ad un altro gestore.

Al fondo, è riconosciuta, pertanto, la possibilità di cambiare gestore, e ciò rappresenta un forte stimolo per quest’ultimo ad operare al meglio al fine di non vedere rimesso il suo mandato.

La costruzione del montante è, in pratica, il luogo di decisioni politiche e strategiche riguardanti gli investimenti, che essenzialmente si traducono nella definizione degli indirizzi a lungo termine a cui si deve uniformare l’attività di gestione.

Il dlgs. 124/1993, 4 quinquies, ha regolato la materia indicando i criteri di individuazione e ripartizione del rischio, le attività nelle quali i fondi pensione possono investire le risorse e fissando limiti quantitativi alle classi di attività oggetto di investimento.

In particolare è stato sancito l’obbligo della sana e prudente gestione del patrimonio, costituito per raggiungere fini di carattere previdenziale.

A tale fine il fondo deve seguire i seguenti obiettivi: • diversificazione degli investimenti;

• efficiente gestione del portafoglio;

• diversificazione dei rischi, compreso quello di controparte;

• contenimento dei costi di transazione, gestione e funzionamento del fondo; • massimizzazione dei rendimenti netti.

Il decreto stabilisce inoltre i limiti qualitativi all’investimento delle disponibilità delle risorse, per l’esigenza di individuare attività compatibili per gli obiettivi di gestione di un fondo pensione. Le risorse possono affluire in:

• titoli di debito, • titoli di capitale,

• parti OICVM (Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari), • quote di fondi chiusi.

Il ricorso a contratti derivati è limitato all’utilizzo per ragioni di copertura dei rischi e non possono essere effettuate vendite allo scoperto.

I vincoli quantitativi sono finalizzati ad impedire che il fondo possa esercitare il controllo su altre società, e a minimizzare le concentrazioni di rischio su singoli emittenti. La COVIP, a seconda dei casi, può autorizzare il superamento degli stessi, così come fissarne di più rigorosi.

La fase di accumulazione ha connotati tipicamente finanziari, in quanto consiste nell’investimento dei versamenti dei risparmiatori sul mercato finanziario e nella conseguente accumulazione dei capitali: il fondo pensione si presenta, dunque, come un qualunque investitore istituzionale che compra e vende strumenti finanziari in vista del raggiungimento di prefissati obiettivi.

La gestione finanziaria di un fondo pensione è, però, per molti aspetti diversa da quella di altri investitori in relazione a peculiarità riguardanti i flussi finanziari, gli obiettivi da raggiungere, il processo dell’investimento, i vincoli posti dalla legge.

Una prima peculiarità del fondo pensione come investitore istituzionale è la generale propensione all’investimento di medio-lungo termine poiché vengono raccolti investimenti per un certo numero di anni senza erogare prestazioni che, invece, inizieranno a figurare nel bilancio solo al momento stabilito nel contratto. Teoricamente ciò dovrebbe condurre il fondo pensione a massimizzare i rendimenti nel lungo periodo.

In realtà, la presenza di un parametro oggettivo, il benchmark, con cui confrontare la performance ottenuta dal fondo, potrebbe condurre questo ultimo a favorire politiche di investimento a più breve termine, non adeguate alla caratteristiche del fondo pensione.

Le caratteristiche del processo di investimento del fondo pensione sono quindi: • prevedibilità e stabilità dei flussi in entrata, generalmente stabiliti per contratto con riguardo all’ammontare e alla durata;

• passività di medio-lungo termine, suscettibili di rimborso anticipato solo a particolari condizioni,

• orizzonte temporale dell’investimento dei portafogli di lungo periodo.

Il processo di gestione degli investimenti di un fondo pensione prevede dapprima la definizione degli obiettivi strategici, quindi la definizione degli obiettivi operativi, per procedere in seguito alle specifiche decisioni di investimento ed infine alla misurazione ed alla valutazione della performance.

La definizione degli obiettivi strategici è frutto delle posizioni dei vari interessati, tra cui il gestore finanziario, il fondo pensione e l’insieme degli investitori che si sono affidati al fondo.

Assume rilievo in questo ambito la distinzione tra fondi aperti e fondi negoziabili: mentre nella prima fattispecie le parti coinvolte in tale fase sono il gestore e i risparmiatori aderenti, nel secondo caso spetta al Consiglio di Amministrazione del fondo, composto in maniera paritetica dai delegati

rappresentanti dei lavoratori e dai datori di lavoro, definire la possibilità e i limiti dell’investimento per ogni classe di attività.

Dopo aver definito le linee di gestione in funzione delle esigenze degli aderenti e degli interessati, si procede alla determinazione degli obiettivi in termini di rischio-rendimento, giungendo così all’effettivo momento decisionale di costruzione di un portafoglio di strumenti finanziari, l’Asset Allocation.

L’investitore dovrebbe scegliere, tra i portafogli diversificati, quello meglio rispondente al suo grado di avversione o propensione al rischio.

L’Asset Allocation strategica dipende dunque dalle condizioni di mercato, dal grado di rischio che l’investitore intende sopportare e dalle previsioni circa il rendimento dei titoli nel medio-lungo periodo;

l’Asset Allocation tattica, invece, riguarda le manovre che il gestore può effettuare sul breve periodo, discostandosi temporaneamente dal benchmark concordato per sfruttare particolari condizioni di mercato (attività di security e market timing).

Nell’ambito dei fondi negoziali, il CdA può imporre al gestore di non scostarsi dal portafoglio di riferimento oppure può consentire temporanei scostamenti. Si distinguono, pertanto, gestioni passive e gestioni attive.

La stessa distinzione è valida anche per i fondi aperti, nei quali la decisione relativa a quale strategia seguire è presa dal gestore sulla base di quanto concordato con l’investitore.

La recente agitazione dei mercati ha rivelato, però, l’importanza per un fondo pensione di agire in maniera tempestiva, modificando il proprio asset allocation, per ridurre la volatilità totale del portafoglio e ridurre il rischio di ribasso.1

Diversi sono i possibili modelli comportamentali che contraddistinguono le tipologie dei fondi pensione. I fondi a contributo definito, diversamente dai fondi a prestazioni definite, sotto molti aspetti sono assimilabili a fondi di investimento e basano l’allocazione delle risorse sulla diversificazione di portafoglio, massimizzando il rendimento atteso per ogni livello di rischio, in base alle opportunità offerte dal mercato e al grado di avversione al rischio dei partecipanti.

Inoltre alcuni fondi pensione, soprattutto di tipo aperto, offrono garanzie di restituzione del capitale o garanzie di rendimento minimo. Finalità dell’investitore è, in questo caso, di ottenere un risultato non inferiore a quello garantito.

Sempre in riferimento ai possibili modelli comportamentali, la normativa ammette la possibilità di strutturare più comparti di gestione, ognuno caratterizzato da una diversa politica di investimento. Ogni fondo può decidere se operare attraverso un’unica linea di investimento (fondo monocomparto) o se costruire diverse linee da proporre ai lavoratori (pluricomparto). In questo ultimo caso, l’aderente, all’atto di iscrizione al fondo, è tenuto a scegliere il comparto

1Recenti studi hanno dimostrato che nel Regno Unito i fondi pensione avrebbero migliorato le

loro performance di lungo termine fino al 3,5% annuo se avessero adottato una asset allocation dinamica.

Lo sostiene Aviva Investors, che ha condotto un’analisi sugli ultimi 10 anni a seguito della recente crisi dei mercati, esaminando come una valutazione tempestiva e preventiva degli eventi di mercato possa fare la differenza in termini di rendimenti sugli investimenti. Nello specifico, Aviva Investors ha costruito due ipotetici portafogli basati sulla tipica asset allocation adottata dalla maggior parte dei fondi pensione britannici all’inizio del 2001 (71% azioni; 20% reddito fisso; 4% liquidità; 5% immobili). Nel corso dei 10 anni successivi, un portafoglio è stato gestito in maniera dinamica con una revisione di tipo previsionale ogni trimestre cambiando le allocazioni a seconda dei cambiamenti nei rendimenti, nei rischi e nella correlazione con i mercati.

nel quale indirizzare i propri versamenti, con la facoltà di optare per una soluzione diversa dopo un periodo minimo di permanenza.

Alcuni fondi costituiscono dei percorsi predefiniti tra i diversi comparti, i cosiddetti programmi lifestyle, che prevedono il passaggio automatico dalle linee più rischiose a quelle più garantite con l’avvicinarsi dell’età di pensionamento. Infatti uno dei fattori da considerare nella scelta tra i diversi comparti è l’età, che determina l’orizzonte temporale di investimento disponibile per il lavoratore.

La valutazione della performance ottenuta è effettuata tramite il confronto con il benchmark2 stabilito, tenuto conto degli opportuni accorgimenti necessari a

garantire un confronto significativo anche con altri gestori.

Il processo di misurazione e di valutazione della performance è finalizzato a valutare le capacità del gestore ad agire affettivamente nell’interesse degli iscritti e opera anche come sistema di controllo per perfezionare la gestione stessa.

Questi scopi possono essere raggiunti individuando un benchmark in linea con il processo di Asset Allocation, utilizzando criteri di valutazione oggettivi e conosciuti dal gestore, e adottando meccanismi di premi o punizione da adottare a seguito della valutazione.

Il CdA deve chiarire al gestore quali comportamenti deve seguire e quali no, per esempio fissando dei vincoli agli scarti consentiti tra il rendimento del fondo e quello del benchmark.

Linee di investimento

La scelta delle linee deve essere correlata al numero di anni di durata dell’investimento, in funzione della propria situazione lavorativa (stabilità del

2Il Benchmark è l'indice o la composizione degli indici di mercato selezionati per rappresentare

il parametro di riferimento efficiente per la valutazione del profilo di rischio-rendimento. Ciascun gestore può lecitamente scegliere un benchmark (composizione di indici di mercato) che definisce il profilo di rischio-rendimento del fondo stesso. E dal momento che il "mercato" è comunque una rappresentazione convenzionale che dipende essenzialmente dai criteri di

posto di lavoro, anzianità contributiva, propensione alla mobilità e a cambiamento di attività). A solo titolo indicativo i profili temporali e di rischiosità delle diverse linee si possono così sintetizzare:

a) le linee con garanzia: (restituzione del capitale maggiorato da un rendimento prefissato e garantito dal soggetto proponente) è particolarmente indicata per soggetti a cui mancano pochi anni alla pensione e che hanno un’avversione al rischio ; i rendimenti sono modesti ma sicuri nel tempo; si utilizza anche per i lavoratori a fine carriera che desiderano consolidare i risultati ottenuti

b) linea monetaria/obbligazionaria: non presenta garanzie, ma, salvo qualche annualità sfavorevole, hanno un profilo di rendimento in linea con i mercati obbligazionari e un rischio contenuto (3/5 anni)

c) linea total return con una componente azionaria limitata al 10, massimo 20% del patrimonio; in genere si prefiggono un obiettivo di rendimento dichiarato anticipatamente, non hanno benchmark e stanno gradualmente sostituendo quelle puramente obbligazionarie; essendo gestite con tecniche di protezione dal rischio, non soffrono per le eccessive oscillazioni dei mercati, e quindi sono indicate a chi desidera una performance più elevata rispetto all’obbligazionario e dispongono di 3 o più anni di permanenza nella linea. d) linee miste: con contenuto azionario tra il 15% e il 30%, meglio se investite

nella valuta europea e coperte dal rischio di cambio su altre valute; (oltre 5 anni);

e) linee bilanciate: con componente azionaria fino al 50%; stesse considerazioni fatte per le miste; (tra 6 e 10 anni);

f) linee azionarie: con alto profilo di rischio e potenziale alta redditività; (oltre 10 anni)

Dal momento del pensionamento e per tutta la durata della sua vita, all’aderente verrà erogata una rendita, cioè sarà corrisposta periodicamente una somma calcolata in base al capitale che avrà accumulato alla sua età a quel momento. In termini generali una base per la conversione del montante prevede l'interazione di due componenti: da una parte la componente demografica, caratterizzata dalla scelta della tavola demografica utilizzata (RG48, IPS55), dall'altra la componente finanziaria (il tasso tecnico), ovvero il tasso di interesse scontato dalla Compagnia. A parità di base demografica la prima rendita sarà maggiore per tassi tecnici più elevati, ma ciò dovrà essere scontato negli sviluppi successivi con un maggiore decremento della rendita.

I ‘coefficienti di conversione’ che tengono conto dell’andamento demografico della popolazione italiana sono differenziati per età e per sesso: il capitale accumulato nei fondi pensione viene diviso per il coefficiente di trasformazione e il risultato porta al calcolo della rendita annua cui il lavoratore ha diritto.

In sintesi, quanto maggiori saranno il capitale accumulato e/o l’età al pensionamento, tanto maggiore sarà l’importo della tua pensione.

Dal 1 gennaio 2007, si ha diritto alla pensione complementare dopo aver maturato i requisiti di accesso alla pensione obbligatoria, con almeno cinque anni di iscrizione ad una forma di previdenza complementare.

L’iscritto può scegliere di percepire la prestazione pensionistica:

- interamente in rendita, mediante l’erogazione della pensione complementare - parte in capitale (fino ad un massimo del 50% della posizione maturata) e parte in rendita.

Nel caso in cui, convertendo in rendita almeno il 70% della posizione individuale maturata, l’importo della pensione complementare sia inferiore alla metà dell’assegno sociale INPS (per il 2009 pari a euro 5.317,12 annui), l’iscritto può scegliere di ricevere l’intera prestazione in capitale.

Se l’aderente è un “Vecchio Iscritto”, ossia ha aderito prima del 29 aprile 1993 ad una forma di previdenza complementare già istituita al 15 novembre 1992 e non

ha nel frattempo riscattato la sua posizione, ha la possibilità di richiedere la liquidazione della sua posizione interamente in rendita ovvero interamente in capitale (con implicazioni fiscali specifiche a cui si fa cenno nei paragrafi successivi) ovvero in forma mista.

Ai fini della determinazione dell’anzianità di iscrizione necessaria per ottenere le prestazioni, sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari maturati dall’aderente senza che lo stesso abbia esercitato il riscatto.

In linea generale va sottolineato come l’ordinamento legislativo tenda a dare preminenza al ruolo della prestazione in rendita e, attraverso il regime fiscale, incentivi in questo senso gli orientamenti degli aderenti.

Questo in ossequio al principio che la prestazione in rendita è più coerente, rispetto a quella in capitale, con la finalità istituzionale di “erogare trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico”.

Non è difficile prevedere che eventuali futuri sviluppi della normativa rafforzeranno ulteriormente questa impostazione.

L’importo della prestazione sarà tanto più alto quanto: a. più alti sono i versamenti che si fanno;

b. maggiore è la continuità con cui sono effettuati i versamenti (cioè, non ci sono interruzioni, sospensioni o ritardi nei pagamenti);

c. più lungo è il periodo di tempo tra il momento in cui si aderisce e quello in cui si andrà in pensione (al pensionamento si avrà infatti effettuato più versamenti e maturato più rendimenti);

d. più bassi sono i costi di partecipazione; e. più elevati sono i rendimenti della gestione.

In larga parte, tali elementi possono essere influenzati dalle decisioni dell’aderente: ad esempio, da quanto si impegna a versare, dall’attenzione che pone nel confrontare i costi che sostiene con quelli delle altre forme cui potresti aderire; dalle scelte che farà su come investire i contributi tra le diverse

possibilità proposte; dal numero di anni di partecipazione al piano nella fase di accumulo; dal momento del pensionamento (maggiore sarà l’età, più elevato sarà l’importo della pensione).

Le varie tipologie di rendita:

Rendita Descrizione della tipologia e finalità

1. Vitalizia immediata

Rendita vitalizia immediata rivalutabile a premio unico. Tale rendita è adatta per chi desidera avere l’importo più elevato a partire dalla somma trasformata in rendita, senza alcun tipo di protezione per i superstiti.

2. Reversibile

Rendita vitalizia immediata reversibile rivalutabile a premio unico con facoltà dell’aderente di optare per una percentuale di reversibilità complessivamente compresa tra il 50 ed il 100%;

Tale rendita è adatta per chi desidera proteggere in particolare uno o più superstiti dall’eventuale perdita di una fonte di reddito in caso di decesso.

3. Certa per 5-10 anni

Rendita vitalizia immediata certa per 5 o 10 anni rivalutabile a premio unico.

Tale rendita è adatta per chi desidera proteggere i superstiti dall’eventuale perdita di una fonte di reddito per un periodo limitato di tempo. Il beneficiario designato può essere modificato anche dopo l’inizio dell’erogazione della prestazione.

4. Controassicurata

Rendita vitalizia immediata controassicurata rivalutabile a premio unico.

Tale rendita è adatta per chi desidera proteggere i superstiti dall’eventuale perdita di una fonte di reddito, in modo tale da garantire che possano ricevere la parte residua di quanto non è stato ricevuto sotto forma di rendita. Il beneficiario designato può essere modificato anche dopo l’inizio dell’erogazione della prestazione.

5. Con raddoppio della

prestazione

Rendita vitalizia immediata rivalutabile con raddoppio della prestazione a partire dal 75-esimo anno di età.

1.5. I costi, i benefici e la realizzazione della previdenza complementare 1.5.1. I vantaggi finanziari e tributari

Il legislatore promuove la previdenza complementare, che si basa su decisioni volontarie, con interessanti incentivi fiscali e tributari:

- sino ad un certo ammontare i contributi che affluiscono ai Fondi pensione e alle forme pensionistiche individuali non sono imponibili, in modo da permettere che possano affluire alla previdenza complementare nel loro intero ammontare lordo. Questo vale per la quota del TFR e per i contributi versati dal datore di lavoro. La tassazione viene infatti effettuata solo (a valle) con l’erogazione delle prestazioni;

- durante i periodi di accantonamento le rendite finanziarie (i capital gain) vengono tassati con un’imposta sostitutiva in misura ridotta

- al pensionamento la parte erogata sotto forma di capitale viene assoggettata ad una tassazione separata. A condizione che non si riscuota più di un terzo del montante maturato in forma di capitale, il calcolo dell’imposta avviene solo sui contributi precedentemente non già tassati e sulle quote destinate al trattamento di fine rapporto (quindi non sul capital gain finché è tassato a monte). Lo stesso vale per la pensione stessa che viene tassata quindi solo in parte ridotta.

1.5.2. Le anticipazioni

In casi particolari l’iscritto al Fondo (negoziale o aperto) può chiedere un’anticipazione dei contributi accumulati. Gli iscritti alle forme pensionistiche individuali possono chiedere un “riscatto”. Questi casi particolari possono essere: eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari, l’acquisto della prima casa per sé o per i figli o per lavori di straordinaria manutenzione o ristrutturazione della stessa.

Presupposto, però, che l’interessato sia iscritto al Fondo da almeno otto anni, conteggiando anche i periodi di contribuzione a forme pensionistiche

complementari antecedenti, per i quali l’interessato non abbia esercitato il

Documenti correlati