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Radiation Pressure Acceleration (RPA)

Nel documento Introduzione 3 (pagine 47-61)

1.3 Accelerazione di ioni indotta da impulsi Laser

1.3.2 Radiation Pressure Acceleration (RPA)

Un’altra possibile modalità di accelerazione, che porta gli ioni fino ad energie relativistiche, è stata proposta in teoria e simulata numericamente; si tratta di meccanismi che iniziano ad essere predominanti ad intensità del laser superiori a quelle tipiche del regime TNSA, cioè circa 23 2

10

IW cm , a queste intensità infatti, gli ioni raggiungono energie nell’ordine del GeV per nucleone, e il fattore di proporzionalità tra impulso laser ed energia ionica è lineare.

Nonostante non esistano ancora installazioni laser che possano raggiungere tali intensità, il regime RPA può essere preponderante rispetto al TNSA anche a basse intensità se si utilizza un irraggiamento caratterizzato da una polarizzazione circolare invece che lineare, in queste condizioni infatti, l’assorbimento di calore da parte degli elettroni diventa trascurabile e il meccanismo TNSA, generato dalla distribuzione spaziale di carica nata dalla fuga di elettroni veloci nel vuoto, tende a scomparire; la forza ponderomotrice, dunque, agisce direttamente sia sugli elettroni che sugli ioni, accelerandoli.

Esistono due modelli di accelerazione RPA, la cui realizzazione dipende dallo spessore del bersaglio: la Hole Boring (HB) per bersagli più spessi, e la Light Sail (LS) per i più sottili.

Hole Boring:

con bersagli di un determinato spessore l’accelerazione è dovuta al campo elettrostatico Ex che nasce dal dislocamento degli elettroni come effetto della forza ponderomotrice, dove x è la direzione di propagazione del fascio laser.

Un modello fenomenologico [1] considera una situazione di quasi-equilibrio tra la forza ponderomotrice e quella elettrostatica. Si consideri un bersaglio di spessore h L, nello stadio iniziale la pressione della radiazione laser spinge gli elettroni creando

un campo elettrostatico Ex che bilancia la forza ponderomotrice, mentre gli ioni non subiscono spostamenti significativi; la densità elettronica diminuisce quindi molto rapidamente in uno strato di spessore x , mentre la densità di ioni d n resta costante, 0 come mostrato in Figura I-7

Figura I-7 - Profilo di densità di ioni (blue), elettroni (verde) e campo Elettrostatico (rosso), in corrispondenza di tre diversi stadi di accelerazione

ionica

Il campo elettrico risultante ha un massimo che vale E0  4e n x0 d e accelera gli ioni nella regione in cui la densità è diminuita, essi si spostano in avanti e si accumulano finché la densità non diventa singolare e le particelle veloci prendono il sopravvento sulle più lente, abbandonando la regione di accelerazione; in quest’ultimo stadio avviene un fenomeno di wavebraking e gli ioni non possono acquisire ulteriore energia.

Ciò che si osserva dalle simulazioni è che gli ioni veloci formano un bunch molto stretto di velocità vm , penetrando nel plasma ultra-denso; i restanti formano un altro picco che viaggia a velocità vbvm 2, dove v è la velocità alla quale viene “scavata b la buca”.

2 2 0

2

c I e e

n

E Z m c a

n

relazione che mostra una dipendenza lineare dall’intensità del laser tramite il parametro a0 , inversa quindi alla densità elettronica.

L’accelerazione di ioni in questo regime è piuttosto povera, ma una corretta progettazione dei bersagli, con le appropriate densità, potrebbe migliorare la situazione, anche se ottenere densità intermedie presenta notevoli difficoltà.

Light Sail:

Se si considerano bersagli di spessore h L , il fenomeno di accumulazione di ioni fino ad un valore singolare non avviene, dal momento che essi costituiscono ora tutto lo spessore del bersaglio, il laser dunque può continuare a spingere gli elettroni reiterando lo stadio di accelerazione.

Il laser interagisce principalmente con gli elettroni, ma visto l’esiguo spessore del bersaglio, il moto ionico è strettamente correlato con quello elettronico e la targhetta si può considerare un oggetto rigido; l’equazione del moto descrive quindi il modello di una cosiddetta vela solare (light sail) spinta in avanti dalla pressione di radiazione del laser.

L’efficienza del processo di accelerazione è tanto più efficace quanto più sottile è il bersaglio, tenendo presente che il limite principale è imposto dalla trasparenza della targhetta, essa infatti resta opaca e si comporta come una vela solare solo fino a che: 0 e c L

n h

a

n

Considerando però le difficoltà nella realizzazione di bersagli che abbiano uno spessore vicino al limite di trasparenza e la presenza di varie instabilità nelle simulazioni 2D e 3D, la realizzazione di un simile processo di accelerazione risulta poco promettente, inoltre l’assenza di impianti laser con le intensità e il contrasto necessari ad innescare il regime RPA introducono ulteriori difficoltà tecniche.

In Figura I-8 è riportata una rappresentazione ideale della sovrapposizione di vari regimi di accelerazione conseguenti all’impatto di un impulso laser su una targhetta [4].

Figura I-8 - Rappresentazione ideale della sovrapposizione dei vari regimi di accelerazione conseguenti all'impatto di un impulso laser su una terghetta.

1.4 Alcuni risultati sperimentali

Saranno ora esposti brevemente alcuni dei risultai sperimentali più significativi nell’ambito dell’accelerazione ottica di ioni.

In seguito alle prime misure effettuate, il processo di accelerazione ionica è stato investigato da vari team sperimentali sotto condizioni fisiche molto diverse, utilizzando sistemi laser con caratteristiche differenti. Le intensità dei fasci laser impiegati in questi studi variano in un range compreso tra circa

7 2

10 W cm/ e 20 2

310 W cm/ [3]; sono state esplorate anche targhette di varie composizioni (singoli strati di materiali plastici o metallici o anche idrocarburici) e spessori, da poche lunghezze d’onda fino a centinaia di micron, o anche millimetri.

È stato possibile osservare ioni molto energetici provenienti sia dalla faccia irradiata del bersaglio che da quella posteriore, essendo però questi ultimi leggermente meno energetici [3].

Come esposto in precedenza, i protoni, provenienti dalla presenza di idrogeno contaminante sulle targhette, sono particolarmente adatti ad essere accelerati efficacemente grazie all’elevato valore del rapporto carica/massa.

In Figura I-9 e Figura I-10 è riportata una selezione di dati pubblicati [3] concernente l’accelerazione protonica sotto condizioni relativamente simili di durata ed energia dell’impulso laser e composizione del bersaglio.

Viene mostrata, in Figura I-11, anche una tabella che descrive i parametri tipici di fasci di protoni ottenuti con alcune delle maggiori installazioni laser disponibili, con una descrizione delle loro caratteristiche.

Figura I-9 - (a) Energia massima dei protoni provenienti da bersagli metallici (Al o Cu) di spessore compreso tra i 5 e i 10 m, in funzione della durata dell'impulso laser e per tre diversi range di radianza. (b) Stessa grandezza riportata in funzione della radianza del laser per tre diversi range di durata dell’impulso. Le due linee tratteggiate rappresentano i trend proporzionali a I

e 0.5

Figura I-10 - (a) Numero di protoni accelerati a 10 MeV compresi in un bin energetico di 1 MeV in funzione della durata dell'impulso laser per due diversi range di radianza del laser. (b) La stessa grandezza riportata in funzione della

radianza del laser per due diversi range di durata dell’impulso.

la Figura I-9 mostra l’evoluzione della massima energia ottenuta per i protoni in funzione della durata dell’impulso e della radianza del laser; i dati sono stati raggruppati in maniera tale da poter essere facilmente confrontati.

La Figura I-10 mostra chiaramente che l’energia massima cresce con la durata dell’impulso, lungo linee grossolanamente parallele a vari valori della durata dell’impulso, ciò può essere riscontrato in Figura I-10(b) che riporta l’evoluzione della stessa energia

Figura I-11 - Tabella che descrive i risultati ottenuti con alcune delle maggiori installazioni laser oggi disponibili.

È interessante notare che, per impulsi di durata via via crescente, il picco energetico cresce proporzionalmente a 0.5

I , quindi il fattore di proporzionalità è lineare con I solo per impulsi di durata compresa entro determinati valori.

Utilizzando simulazioni PIC si è osservato un passaggio, nel fattore di proporzionalità, da I a 0.5

I corrispondente alla transizione della radianza del laser dal regime subrelativistico a intensità maggiori, e questo risulta chiaro se si considera che

MAX pond E   , allora per 18 2 10 / pond I W cm    I e per 18 2 0.5 10 / pond I W cm    I .

La Figura I-10 mostra che, oltre all’energia massima dei protoni, anche l’efficienza del processo di accelerazione cresce con la durata dell’impulso e la radianza del laser.

Si nota un bunch di protoni ben collimato e diretto in avanti, un numero di protoni pari a circa 13

60 MeV , corrispondenti a circa il 12% dell’energia del laser ( 48 J), generato come risultato dell’interazione tra impulsi laser

da 400 J su una sezione di 1 m , della durata di 0.5 ps che

producono un’intensità pari a circa 20 2

310 W cm/ con un bersaglio di CH spesso 100 m; si osservano energie simili, ma con un numero di protoni circa cinque volte inferiore, con bersagli in oro (Au).

1.5 Esperimento LILIA

Da quanto sopra esposto, è chiaro che il meccanismo di accelerazione di ioni basato sull’interazione tra impulsi laser e plasma è caratterizzato da proprietà molto interessanti, costituendo una netta innovazione rispetto alle tradizionali tecniche di accelerazione di particelle.

Gli aspetti più rilevanti possono essere riassunti dai seguenti punti:

 La possibilità di accelerare ioni fino ad energie di decine di MeV in strutture molto molto compatte (nell’ordine di qualche decina di micron), grazie ai campi elettrici estremamente intensi;

 Un’eccellente qualità del fascio, con un’emittanza trasversa minore di 8

10 mm mrad ;

 Una durata dell’impulso di protoni estremamente ridotta (nell’ordine di pochi fs);

 La possibilità di sincronizzare il fascio protonico con l’impulso laser fino ad una scala temporale nell’ordine dei fs per ottenere sorgenti multiple e sincronizzate di particelle diverse e radiazioni (protoni, elettroni e raggi X monocromatici).

Un acceleratore contraddistinto da una struttura così compatta quindi, può avere una grande utilità in molte applicazioni, come ad esempio la medicina (produzione di radioisotopi per PET, Adroterapia), la fisica nucleare, lo studio dei reattori nucleari a fusione inerziale (ignizione di protoni veloci), la diagnostica avanzata o l’analisi delle proprietà dei materiali.

LILIA è un esperimento di accelerazione di ioni basato sull’interazione di un fascio laser con sottili bersagli metallici, che si svolge nel complesso dei laboratori FLAME, operativo nella sede dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Frascati; in particolare LILIA è finalizzato allo studio e al progetto di uno schema di accelerazione che effettui la produzione, la caratterizzazione e il trasporto di un fascio di protoni verso uno stadio di post-accelerazione costituito da moduli linac compatti ad alta frequenza.

Fino ad oggi la massima intensità laser disponibile per l’esperimento è stata pari a circa 19 2

10 W cm/ , a causa dell’impossibilità di avere una lunghezza focale ancora minore; con una configurazione del genere ci si aspetta un fascio protonico con un’energia massima di pochi MeV e un numero di protoni per shot non superiore a 10 12

10 10 .

Quando sarà disponibile la configurazione FLAME II (minore lunghezza focale OA Parabola: waist 21 2

2.5m I, 10 W cm ), sarà possibile selezionare un bunch di energie intorno ai 30 MeV , con uno spread in energie E molto stretto e un ragionevole numero di protoni ( 7 8

10 10 ); ciò apre una serie di prospettive promettenti per quanto concerne applicazioni principalmente medicali, tipo l’adroterapia, in connessione con uno stadio di post-accelerazione è possibile raggiungere energie fin’oltre i 100 MeV [11].

Il complesso FLAME è stato pienamente operativo durante il 2012 per i primi esperimenti di prova, relativi all’accelerazione di elettroni con la tecnica Laser Wake-Field Acceleration (LWFA);

nell’Ottobre 2012 sono stati installati i componenti necessari per le sessioni sperimentali di accelerazione protonica (LILIA).

Come detto sopra, la massima intensità laser al momento disponibile è limitata a circa 19 2

10 W cm , con questa configurazione, in accordo con le simulazioni numeriche, ci si aspetta un fascio di protoni con un’energia massima di qualche MeV (10 MeV è, per ora, il valore massimo concesso dalle autorità per il luogo in cui si svolgono gli esperimenti) e intensità totali di circa 10 12

10 10

protoni per shot.

Tali valori possono sembrare modesti se confrontati con quelli prodotti dalle migliori tecnologie disponibili, ma presentano comunque una grande rilevanza scientifica, soprattutto se si pensa che, con un ragionevole impegno, si potrà ottenere una vera sorgente di particelle generata da laser. Essa giocherebbe poi il ruolo di installazione di prova, dal momento che si avrebbe a che fare con il controllo del processo di emissione particellare, lo studio della ripetibilità degli esperimenti e degli stadi di post-accelerazione.

Nella prima fase dell’esperimento LILIA si prevede di effettuare uno studio parametrico sulla correlazione tra la massima energia dei protoni accelerati con la tecnica TNSA, e i seguenti parametri:

 Intensità dell’impulso laser (nel range 18 19 2

10  5 10 W cm/ )

 Energia dell’impulso laser (nel range 0.15 J)  Lunghezza dell’impulso laser (nel range 25 fs 1 ps)

 Spessore delle targhette metalliche (nel range 1100 m)

Con tale sistema, l’obiettivo è quello di investigare a fondo le dinamiche sperimentali per capire le potenzialità del compleso FLAME, ciò darà inoltre la possibilità di acquisire esperienza nello sviluppo di tecniche diagnostiche e nell’ottimizzazione dei bersagli.

Descrizione del set-up meccanico

L’esperimento SL-LILIA è stato progettato per essere ospitato nella camera di interazione presente all’uscita del compressore laser nel bunker del complesso FLAME, nei laboratori di Frascati. Il layout della prima fase della sessione sperimentale, mostrato in Figura I-12, comprende:

 Una piastra madre appositamente progettata per fornire un piano di riferimento comune e assemblare i vari componenti nella camera;

 Un supporto per le targhette che può essere mosso da un comando a distanza nelle tre direzioni spaziali e ruotato intorno all’asse verticale rispetto alla direzione del fascio laser, permette un posizionamento estremamente accurato del bersaglio e quindi la possibilità di effettuare esperimenti con più shots senza aprire la camera per sostituire le targhette già utilizzate. Il supporto è stato progettato per essere usato con fogli di alluminio di spessore minimo di 1 m e dà la possibilità di ripetere fino a 30 shots. La precisione del posizionamento del bersaglio rispetto al fascio laser è nell’ordine di circa 20 m per le traslazioni e di 0.1 per le rotazioni;

 Un supporto per diversi rivelatori, anch’esso mobile da un comando a distanza, può ospitare fino a 8 gruppi di detector radio-cromici da utilizzare vicino ( 50 mm ) alla zona di interazione;

 Uno spettrometro a parabola di Thomson (TP), con relativo detector, per una più accurata analisi della distribuzione energetica degli ioni prodotti, da effettuarsi ad un determinato angolo di emissione.

Figura I-12 - Schema che riproduce il layout della prima fase dell'esperimento LILIA

È stata inoltre effettuata una simulazione “Start to End” dell’intera linea di accelerazione, dall’interazione laser-targhetta allo stadio di post-accelerazione, in accordo con quanto illustrato in Figura I-13; dalle simulazioni 3D è emerso che diversi meccanismi di accelerazione possono contribuire per raggiungere un fascio di energia fino ai 60 MeV , stanti i classici valori di cut-off per gli spettri tipici dei protoni accelerati otticamente.

Con una semplice linea di trasporto può essere selezionato un bunch di 30 MeV con il 2 3 % di spread su un numero di protoni pari a circa 8

10 , e oltre 7

10 protoni possono essere post-accelerati fino a 60 MeV con un linac compatto.

L’esperimento LILIA intende dimostrare che lo schema proposto è applicabile con successo, soprattutto per applicazioni medicali [11].

Figura I-13 - Schema della linea di trasporto completa proposta nell'esperimento LILIA

II Capitolo - Progetto dello

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