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Academic year: 2021

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(1)

Introduzione 3

I Capitolo - La fisica di base dell’accelerazione

ottica di ioni 5

1.1 Fisica dei Plasmi: considerazioni introduttive 5

1.1.1 Lunghezza di Debye 8

1.1.2 Descrizione fluidodinamica del Plasma 12 1.1.3 Oscillazioni e onde di elettroni nei Plasmi 16 1.1.4 Propagazione delle onde elettromagnetiche in un plasma freddo 23

1.2 Laser 29

1.2.1 Interazione di un fascio Laser con la materia 29

1.2.2 Forza Ponderomotrice 32

1.3 Accelerazione di ioni indotta da impulsi Laser 40

1.3.1 Target Normal Sheath Acceleration (TNSA) 42 1.3.2 Radiation Pressure Acceleration (RPA) 47

1.4 Alcuni risultati sperimentali 50

1.5 Esperimento LILIA 55

II Capitolo - Progetto dello Spettrometro

Thomson 61

2.1 Teoria dello Spettrometro Thomson 61

2.1.1 – Il Campo Magnetico 62

2.1.2 – Il Campo Elettrico 64

2.2 Distribuzione degli spostamenti 66

2.2.1 – Incidenza non normale con solo campo magnetico 70

2.2.2 – Il caso più generale 73

2.2.3 – Distribuzione in xS e yS 76

(2)

2.3 Descrizione del codice di calcolo PROPAGA 78 III Capitolo - Descrizione delle Simulazioni 81

3.1 Incidenza normale con ipotesi di assenza di impulso

trasverso 81

3.2 Protoni con impulso trasverso 91

3.3 Incidenza con distribuzione angolare compresa in

un cono 103

Conclusioni 121

Bibliografia 123

(3)

Introduzione

In questo elaborato viene descritto il lavoro teorico e le simulazioni numeriche alla base della progettazione di uno spettrometro a parabola di Thomson, da utilizzare per la caratterizzazione in energie di un fascio di protoni accelerato otticamente; tale lavoro è stato svolto nell’ambito dell’esperimento LILIA dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

L’obiettivo è quello di ottenere uno strumento che, in sede sperimentale, sia in grado di caratterizzare lo spettro energetico di un bunch di protoni con energia massima non superiore ai 60 MeV, e viene raggiunto partendo da un ciclo di simulazioni numeriche svolte con l’applicazione del codice di calcolo PROPAGA che risolve le equazioni del moto, applicate ai singoli protoni, lungo una linea di trasporto definita.

La trattazione è suddivisa in tre parti, nella prima saranno illustrati i più importanti aspetti della fisica dei plasmi e i principali regimi di accelerazione conseguenti all’interazione laser-plasma. Saranno riportati inoltre alcuni risultati sperimentali e la descrizione dell’esperimento LILIA che è in corso di svolgimento.

Nella seconda parte, dedicata all’esposizione del lavoro di simulazione, è esposto il background teorico di una parabola di Thomson che ne definisce il principio di funzionamento, è presente inoltre una sintesi della struttura con cui il codice di calcolo PROPAGA, sviluppato presso la Facoltà di Fisica ed Astronomia dell’Università degli Studi di Bologna e utilizzato per svolgere i calcoli, porta a termine le simulazioni.

La terza ed ultima parte illustra i risultati del lavoro, le selezioni in energia ed angolo, con tre ipotesi differenti, dal caso più ideale a quello più realistico; seguono infine le

(4)

conclusioni, nelle quali si espongono brevi considerazioni sui risultati e sulla loro utilità nell’ambito dell’esperimento LILIA.

(5)

I Capitolo - La fisica di base dell’accelerazione ottica di ioni

In questo capitolo verranno illustrate le più importanti caratteristiche fisiche di un Plasma e le sue interazioni con un Laser; saranno inoltre descritti brevemente i principali regimi di accelerazione di ioni conseguenti all’interazione Laser-Plasma.

1.1 Fisica dei Plasmi: considerazioni introduttive

Un Plasma è fondamentalmente un gas completamente ionizzato.

Normalmente un gas a temperatura arbitraria presenta una certa quantità di atomi ionizzati anche se, di solito, il totale degli atomi in stato neutro è di gran lunga preponderante; un plasma è caratterizzato invece dalla condizione opposta.

In un Plasma costituito da una sola specie di particelle neutre, ioni monovalenti dello stesso tipo ed elettroni, lo stato di ionizzazione, all’equilibrio termodinamico, viene descritto dall’Equazione di Saha:

3

3/2

 

0

2 2

e

exp

i e

m T

i

n n E

n h T f t

  

       

Dove ne, ni ed n0 rappresentano rispettivamente le densità di elettroni, ioni ed atomi neutri, Ei è l’energia di ionizzazione

(6)

della specie atomica considerata, me è la massa dell’elettrone, h la costante di Planck e T la temperatura in unità energetiche (eV)1. La condizione di equilibrio termodinamico non è molto frequente, molto più realistica risulta invece la condizione di cosiddetto Equilibrio Termodinamico Locale (LTE), caratterizzata dal fatto che le proprietà dinamiche delle particelle costituenti il Plasma (ad es. velocità di ioni ed elettroni, popolazione di particelle eccitate o densità degli stati di ionizzazione) sono descritti dalla distribuzione di Boltzmann:

exp

jm

n

jm

T

  

   

 

Tenendo conto che la temperatura è diversa per ioni ed elettroni.

L’Equazione di Saha è soddisfatta con la condizione di LTE, e può essere estesa anche a Plasmi costituiti da diverse specie atomiche.

Contrariamente a quanto avviene in condizioni di completo equilibrio termodinamico, in un Plasma caratterizzato da LTE la radiazione elettromagnetica può fuoriuscire, per cui non è necessariamente in equilibrio con le particelle all’interno del Plasma stesso, con queste premesse sono valide tutte le leggi relative all’equilibrio termodinamico tranne la Legge di Planck.

L’ipotesi di Equilibrio Termodinamico Locale è valida per lo più in relazione a Plasmi ad alta densità, all’interno dei quali gli urti frequenti tra ioni ed elettroni (o tra elettroni) portano all’equilibrio, situazione che si verifica se le densità di ioni ed elettroni sono sufficientemente elevate da far sì che gli eventi di collisione siano preponderanti rispetto ai processi per così dire dissipativi.

Da un punto di vista strettamente dinamico, un Plasma è un numero statisticamente rilevante di particelle cariche che interagiscono

(7)

tra di loro generando campi elettromagnetici, e, in prima approssimazione, la sua dinamica può essere descritta tenendo conto che la forza agente su ogni particella è la forza di Lorentz, e che l’evoluzione dei campi elettromagnetici è governata dalle Equazioni di Maxwell:

   

i i

i i

i i i

x v

v B x p q E x

c

 

   

    

  

0 4

1 4

1 B

E

B E J

c t c

E B

c t



  

   

  

   

 

 

   

 

Dove x e i pimiivi rappresentano i vettori posizione e quantità di moto dell’i-esima particella e  e J sono i termini di sorgente calcolati a partire dalla distribuzione nello spazio delle fasi, senza effettuare operazioni di media sulle coordinate spaziali, in modo da includere nel modello anche le collisioni binarie.

Dalle equazioni sopra illustrate si evince facilmente che, considerando un plasma costituito da N particelle cariche mutuamente accoppiate dai rispettivi campi auto-consistenti, si dovrà risolvere un sistema di 6N equazioni accoppiate.

Questo approccio è piuttosto carente in termini di praticità analitica e numerica, ma presenta ampi margini di semplificazione se si considera un plasma senza collisioni, la validità di tale modello viene valutata a partire dal concetto di Lunghezza di

(8)

1.1.1 Lunghezza di Debye

Per capire il significato di Lunghezza di Debye, si può partire dalla descrizione di un plasma di Idrogeno completamente ionizzato con densità di elettroni e di ioni pari rispettivamente a nenin0 in tutti i punti del volume occupato dal plasma, vale a dire che il plasma si trova in uno stato imperturbato.

Si supponga di perturbare il plasma con una carica puntiforme Q0 a riposo, posta nell’origine del sistema di riferimento; nel vuoto il campo elettrostatico generato dalla carica Q avrebbe una distribuzione del tipo

 

r Q r , ma all’interno del plasma la densità di carica elettrica e , utilizzata nell’equazione di Poisson, deve tener conto anche dei fenomeni di polarizzazione dovuti alle differenze di densità di ioni ed elettroni nell’intorno della carica Q ; tale densità andrà quindi scritta nella seguente forma: ee n

ine

.

L’equazione di Poisson viene infine formulata come segue:

   

2

 4 

e

4  e n

i

n

e

4   Q r

      

come detto, con l’ipotesi di LTE le densità ioniche ed elettroniche seguono la distribuzione di Boltzmann:

0

exp

j

j

j

n n q

T

 

      

 

dove je i, per elettroni e ioni rispettivamente e n è la densità 0 media delle particelle nella regione imperturbata, dove il plasma è neutro, cioè a distanza sufficiente dalla carica .

(9)

Inserendo questa espressione di nj nell’equazione di Poisson, si ottiene l’equazione auto-consistente per il potenziale scalare:

 

2

4 0 exp i exp e 4

i e

q q

e n Q r

T T

 

 

 

      

   

 

equazione che può essere risolta in punti molto distanti dalla carica Q , dove l’energia potenziale è molto minore dell’energia termica, cioè dove eTi e, .

A tali distanze si può espandere l’RHS della formula precedente con la condizione r  0 e ottenere:

2 2

0

1 1

4

i e

e n T T

 

    

 

Sfruttando le simmetrie del problema, e definendo la grandezza:

,

, 2

4

0

e i

e i D

T

n e

 

in modo che:

2 2 2

1 1 1

e i

D D D

(1.1) l’equazione per il potenziale diventa:

(10)

2

2 2

1

D

d d

r dr r dr

 

  

 

 

con le condizioni al contorno:

0

D

per r Q per r

r

 

 

 

 



la cui soluzione è:

exp

D

Q r

r

 

   

 

.

Tale soluzione, accoppiata alla seconda delle due condizioni, significa che nelle immediate vicinanze della carica Q il suo potenziale ha la canonica forma coulombiana, essendo assente ogni effetto di “schermaggio”; mentre per distanze r D esso è di molto inferiore proprio a causa dell’effetto di screening (schermaggio) del plasma, in sostanza la portata dell’interazione elettrica risulta “accorciata” fino ad una distanza pari a circa D , in una sfera di raggio D , cioè, il campo elettrostatico viene schermato dalla carica, questa sfera viene chiamata Sfera di Debye, e la distanza caratteristica Lunghezza di Debye, essa rappresenta la distanza alla quale il plasma scherma il campo elettrostatico generato da una carica puntiforme.

(11)

Vale la pena notare, dall’espressione (1.1), che per temperature ioniche Ti diverse da zero, anche gli ioni contribuiscono all’effetto schermante.

Si ipotizzi ora di introdurre in un plasma, la cui dimensione caratteristica è LD , un potenziale esterno; naturalmente i campi elettrici generati risulterebbero schermati a distanze inferiori ad L, ma per lunghezze nell’ordine di D il plasma non sarebbe elettricamente neutro, nonostante sia tale su scale dimensionali maggiori; questa condizione descrive la cosiddetta Quasi-neutralità di un plasma.

Essendo mi me è ragionevole, nella maggior parte dei casi, considerare gli ioni come un background immobile, specialmente per piccole scale temporali, cioè Ti  0 che permette di riformulare l’espressione della lunghezza di Debye come segue:

2

4

0 D

T

n e

 

dove T è ora la temperatura degli elettroni in unità energetiche (eV).

Da quanto sopra esposto, è chiaro che l’effetto schermante (il cosiddetto Debye Shielding) risulta efficace soltanto se il numero di elettroni presenti nella “nube” che circonda la carica Q è sufficientemente elevato; conseguentemente si può definire il parametro ND come segue:

4

3

D

3

e D

N   n

e identificare la condizione necessaria per l’efficacia del Debye Shielding:

(12)

D

1 N

ND viene chiamato parametro del plasma, e la condizione

N

D

1

è strettamente connessa con la validità dell’ipotesi sull’assenza di collisioni, come sarà mostrato nel prosieguo.

1.1.2 Descrizione fluidodinamica del Plasma

Il modello sviluppato sotto l’ipotesi di assenza di collisioni può essere ulteriormente semplificato fino ad arrivare ad un sistema matematico che descriva il plasma come una massa di fluido, purché si riesca ad esprimere la funzione di distribuzione nello spazio delle fasi come uno scalare che varii in funzione delle variabili spaziali: per ogni punto del dominio la velocità deve essere univocamente definita. Il cosiddetto modello fluido può essere utilizzato per descrivere comportamenti del plasma nel suo insieme, ma non include la descrizione di fenomeni di interdizione delle onde elettromagnetiche, nei quali diverse particelle hanno diverse velocità nello stesso punto.

Un modello cinetico che contenga lo stato delle particelle di plasma può essere sviluppato a partire da una funzione di distribuzione fj

x p t , che rappresenta la densità di particelle , ,

della specie j nella fase

x p m v,

; con queste premesse il numero di particelle nel volumetto elementare dxdp dello spazio delle fasi si esprime:

, ,

nf

j

x p t dxdp

.

Effettuando una media della funzione di distribuzione sui momenti si possono ottenere grandezze macroscopiche per ognuna delle specie j :

(13)

  

, ,

j j

n x

f x p t dxdp densità di particelle

   , ,

j j j

n u x   v f x p t dxdp

velocità media

   , ,

kl j k l j

P xm v v f x p t dxdp

 

  

pressione media

   , ,

j

x q

j

f

j

x p t dxdp

  

densità di carica

   , ,

j j j

J xqv f x p t dxdp

densità di corrente

se si suppone costante il numero di particelle e il volume dello spazio delle fasi, come dimostrato dal teorema di Liouville, si ha:

j

0 df

dt

e visto che sia x che p sono funzione del tempo, l’equazione diventa:

j

0

x j p j

f v f p f

t

     

nota come Equazione di Vlasov, essa non tiene conto degli urti tra particelle, quindi, per la risoluzione di problemi su scale temporali comparabili alla frequenza di collisione, bisogna aggiungere un cosiddetto termine di collisione e utilizzare l’Equazione di Boltzmann.

Accoppiando l’equazione di Vlasov a quella del moto si ottiene:

(14)

   

j j

0

j

x j j j p j

v B x

f v f q E x f

t c

  

             

dove i campi elettromagnetici vengono forniti dalle equazioni di Maxwell che chiudono il sistema rendendolo auto-consistente.

Se si considerano i momenti dell’equazione di Vlasov, si può descrivere il plasma con un numero n di modelli fluidi, nei quali ogni specie j viene trattata come un singolo fluido che interagisce con gli altri attraverso i campi elettromagnetici, tecnica che rappresenta uno standard nella risoluzione dell’equazione di Vlasov.

Il costo di un simile approccio però, è che si ottiene una gerarchia di equazioni accoppiate da termini che rappresentano momenti di ordine sempre successivo, come è facilmente comprensibile dall’espressione dei primi due momenti:

   

j j

0

j

x j j j p j

v B x

dp f v f q E x f

t c

     

         

 

    

 

   

j j

0

j

x j j j p j

v B x

dp p f v f q E x f

t c

     

         

 

    

 

Integrando la prima delle due, si ottiene l’equazione relativa al momento di ordine zero, cioè l’equazione di continuità, essendo ciò ovvio dal momento che si è assunto costante il numero di particelle:

j

0

x j

n J

t

   

(15)

dall’integrazione della seconda delle due sopra riportate si ottiene quindi l’equazione corrispondente al momento di ordine uno, cioè l’equazione di Eulero che esprime la conservazione della quantità di moto:

1 0

j j j i

x k l j

J q n u B

P E

t m m c

                 

In quest’ultima compare il tensore delle pressioni che rappresenta il momento di ordine successivo.

È comunque ragionevole troncare il set di equazioni mettendo in relazione il tensore delle pressioni con altre variabili termodinamiche del plasma, di solito se vale l’ipotesi di LTE si può chiudere il sistema come segue:

 Per un plasma freddo, nel quale prevalgono le forze elettromagnetiche, si pone la pressione Pj 0

 Per un plasma nel quale i flussi termici sono sufficientemente veloci da rendere il plasma a tutti gli effetti isotermo, si assume Pjn Tj j

 Nel caso in cui i flussi termici siano trascurabili e si possa utilizzare l’ipotesi di adiabaticità, vale la seguente relazione: P nj j  cos .t Dove l’esponente  è il rapporto cP c e V dipende dal numero di gradi di libertà del sistema.

Con questi assunti l’equazione della conservazione dell’energia, relativa al momento di ordine tre, non è più necessaria e la gerarchia di equazioni viene troncata in maniera plausibile.

(16)

1.1.3 Oscillazioni e onde di elettroni nei Plasmi

Con l’utilizzo del modello fluido è possibile studiare un semplice moto collettivo all’interno di un plasma: le oscillazioni di carica e di campo elettrostatico associate al moto degli elettroni.

Si parte dal considerare un plasma freddo, la cui temperatura sia pari a zero, le velocità termiche di ioni ed elettroni quindi si annullano; interpretando questa condizione dal punto di vista del modello fluido ciò equivale ad annullare le forze di pressione all’interno del plasma. Si considerano inoltre gli ioni come un background neutralizzante in ogni punto del volume considerato.

Se vengono perturbati soltanto gli elettroni, ad esempio da un’onda elettromagnetica che si propaga all’interno del plasma, si genera un campo elettromagnetico; l’obiettivo è quello di capire come si muovono gli elettroni in seguito a tale perturbazione.

Ci si riferisce alla seguente equazione di Maxwell:

4

e

E  

  

(1.2)

dove e è la densità di carica elettrica, in relazione con la densità di corrente attraverso l’equazione di continuità:

e

0 J

e

t

    

facendo uso della legge di Ohm Je  n e ve e  E per esprimere J e nella relazione precedente, derivando rispetto al tempo e confrontando con la (1.2) si ottiene un’equazione per e:

2 2

2

4 0

e e

e e

e n

t m

       

(17)

che descrive l’oscillazione armonica della densità di carica.

La quantità tra parentesi ha le dimensioni del quadrato di una pulsazione rad2 sec2 e prende il nome di frequenza di plasma:

2 1 2

4

4

5.64 10

e

pe e

e

e n n

m

     

 

Per comprendere il significato di pe si può considerare uno slab monodimensionale di plasma attraversato in direzione normale da una perturbazione che “sparpaglia” gli elettroni lungo una piccola distanza x , mentre gli ioni restano fissi a riposo.

Come mostrato in Figura I-1 il dislocamento degli elettroni porta ad avere una densità di carica, sulla superficie originaria, pari a n exe , mentre sulla faccia spostata in avanti tale valore risulta pari a n exe .

(18)

Figura I-1 - Violazione della neutralità di carica in uno slab monodimensionale di plasma

La separazione di cariche crea un campo elettrico uniforme di modulo E  4n xe che esercita su ogni elettrone una forza tendente a riportarlo in equilibrio.

La legge del moto di Newton, applicata agli elettroni, descrive un semplice moto armonico con una frequenza caratteristica pari a pe, le oscillazioni del plasma vanno quindi interpretate come un fenomeno con cui il plasma preserva la propria neutralità elettrica, pe è la frequenza di risonanza propria delle oscillazioni di densità degli elettroni, rispetto al background neutralizzante di ioni.

(19)

La relazione sopra ottenuta non descrive propriamente un fenomeno ondulatorio, in quanto le oscillazioni non si propagano, per avere come risultato un’onda vera e propria si dovrebbe trattare un plasma caratterizzato da una temperatura non nulla.

Si può analizzare un caso in cui gli elettroni abbiano una temperatura pari a T e gli ioni siano a riposo, cioè con e Ti 0. Le equazioni fluide necessarie alla risoluzione del problema sono le equazioni di continuità e di conservazione della quantità di moto:

 

 

e

0

e e

e

e e e e e e

n n v

t

m n v v v n e E P

t

    

  

   

       

   

dove n , e v , -e e e me rappresentano rispettivamente la densità, la velocità, la carica e la massa degli elettroni, E è il campo elettrico all’interno del plasma e P è la pressione esercitata e dagli elettroni, legata alla loro temperatura attraverso l’equazione di stato che, per un Gas Ideale, con T espressa in e elettronvolts, si esprime:

e e e

Pn T

inoltre, utilizzando l’ipotesi di adiabaticità per chiudere la gerarchia delle equazioni fluide, si può scrivere:

e e

PC n

essendo C una costante.

Utilizzando le relazioni appena esposte si ottiene:

(20)

e

e e e e

e

P P n T n

n

     

 

che deve essere sostituita nell’equazione di conservazione della quantità di moto e risolta accoppiandola con l’equazione di Maxwell:

 

4

i e

En n

  

.

Queste equazioni sono non-lineari, ma, se l’ampiezza delle oscillazioni è sufficientemente contenuta, si può sfruttare la seguente procedura di linearizzazione, indicando col pedice 0 la componente in equilibrio e col pedice I le ampiezze di oscillazione:

0

;

e e eI

nnn

v

e

v

e0

v

eI

;

E

e

E

e0

E

eI

;

le condizioni di equilibrio sono:

0

cos . ;

e i

nnt

0

0 ;

v

e

E

0

 0 ;

n

e0

, v

e0

, E

0

0

t

 

.

Inoltre, per poter trascurare i termini di ordine superiore, anche le seguenti condizioni devono essere verificate:

2

eI eI

;

n n

n n

 

 

 

eI

eI eI

; ...

v vv

 

(21)

l’intero sistema, correttamente linearizzato, risulta infine:

  0

4

eI

eI eI

e

e e eI

I eI

n n v

t

m v e E T n

t

E e n

    

  

     

 

   



(1.3)

Per semplificare ulteriormente, viene trattato un modello monodimensionale, in modo che tutte le variabili siano funzioni del tempo t e dell’unica coordinata spaziale x ; con un solo grado di libertà il fattore  è pari a 3.

Si cercano soluzioni che abbiano la forma di un’onda monocromatica di frequenza  e numero d’onda k  2 :

 

 

 

exp exp

exp

eI

eI

I

n n i kx t

v v i kx t

E E i kx t

      

    

  

    

  

(1.4)

combinando le espressioni (1.3) e (1.4) si ottiene un’equazione algebrica la cui soluzione è la seguente relazione di dispersione, detta plasmon, che descrive onde elettrostatiche longitudinali:

2 2 2 2

pe

3 k v

th

   

in un modello monodimensionale la velocità termica v vale th T m . e e

(22)

Il concetto di frequenza di plasma può essere utilizzato per comprendere meglio i limiti di validità dell’ipotesi sull’assenza di collisioni, e come quest’ultima sia in relazione col parametro di plasma.

In un plasma completamente ionizzato le interazioni binarie tra particelle sono per lo più dovute alle forze Coulombiane, la cui portata è comparabile con la lunghezza di Debye; si consideri una popolazione di particelle cariche con densità n , massa m , carica 0 e e velocità media pari a v , incidente su un bersaglio costituito 0 da una particella carica a riposo, avente uguale carica ma una massa M m ; si può dimostrare che il tasso di scattering per 0 angoli elevati vale:

4 2 3

0

4

c

e n m v

  

con l’uso delle relazioni finora illustrate è facile dimostrare che un elettrone termico percorre una distanza pari alla lunghezza di Debye in un tempo pari al periodo di oscillazione del plasma:

th

2

pe

D pe

v

e, richiamando la definizione di parametro di plasma ND:

pe c

D

c pe

  N

.

È chiaro che ND, il numero di particelle contenute nella sfera di Debye, mette in relazione i moti collettivi con quelli delle singole particelle che avvengono su scale temporali comparabili

(23)

deve essere verificata per poter considerare efficace il Debye Shielding, può quindi essere espressa:

pe c

1

D

c pe

  N

.

1.1.4 Propagazione delle onde elettromagnetiche in un plasma freddo

l’interazione tra un’onda elettromagnetica e un plasma può essere descritta a partire dalle equazioni di Maxwell (in unità MKS):

0 B

D

H J D

t E B

t

 

   

  

   

 

 

   

L’onda interagisce con tutte le specie di particelle che incontra nella sua propagazione, ma l’interazione con gli atomi neutri è di gran lunga più debole rispetto a quella con particelle cariche e di fatto può essere trascurata, tenendo presente inoltre che la massa degli ioni è molto maggiore.

L’interazione tra l’onda e gli elettroni viene descritta dal vettore densità di corrente J la cui espressione può essere ricavata dalla soluzione della legge del moto applicata al singolo elettrone:

m dv e E

dt

(24)

da notare che sono stati trascurati i fenomeni di collisione e si è ipotizzato che v dipende solo dal tempo; si è inoltre assunta l’intensità della forza magnetica molto inferiore rispetto a quella della forza elettrica.

Se si considera un campo elettrico monocromatico EE e0 i t , si può ottenere una soluzione, per la velocità, cha abbia lo stesso tipo di dipendenza dal tempo: vv e0 i t . Quindi la soluzione all’equazione del moto è:

e

v e E

im

 

Il vettore densità di corrente è proporzionale alla velocità e, dopo una razionalizzazione, si giunge all’espressione:

2 2

e

n e E J n e v i

m

  

dove n e m rappresentano rispettivamente la densità e la massa dell’elettrone.

Introducendo la permittività elettrica del vuoto 0 , si può inserire, nell’espressione della densità di corrente, la frequenza di plasma, che in unità MKS risulta:

2 2

0 pe

e

e n

m

 

  

 

e, quindi, il vettore J :

(25)

2 0

2 pe

E J i  

 

combinando quest’ultima con l’equazione per il campo H si ha:

2 2

0

0 0

2

1

2

pe

E

pe

H i   i E iE i E i D

        

 

 

           

 

Si è giunti a constatare che il plasma è un mezzo dispersivo perché la sua permittività dipende dalla frequenza della radiazione che si propaga al suo interno:   

 

, con:

 

0

1 

2pe2

  

 

       

.

Finora si è trattata la propagazione di onde longitudinali; è possibile completare lo studio analizzando anche fenomeni relativi a onde trasversali, partendo dalle classiche relazioni:

2 2

k      i    k    i

dove:

2 2 2

1 1 ;

2

  

   

 

    

 

 

2 2 2

1 1 1 ;

2

  

 

 

 

     

 

 

Con l’ipotesi sull’assenza di collisioni vale   0, come mostrato in [1] e, ponendo   0:

(26)

2

1

pe

; c

 

  0 ;

2

1

pe

n

refr

  

da cui si capisce che, nel caso in cui   pe, il coefficiente di propagazione  è puramente immaginario.

Dunque considerando un’onda elettromagnetica piana che si propaga lungo la direzione z, descritta dalla seguente relazione:

   

0

exp

0

exp

EE   i kz   t    E iz   z i   t

.

È chiaro quindi che il termine spaziale rappresenta un fattore di smorzamento; in questo caso non v’è alcuna propagazione, soltanto un’onda smorzata esponenzialmente su una lunghezza caratteristica:

sd 2

pe

l c

 

 

essa viene chiamata skin depth, e rappresenta la scala di lunghezza con cui il plasma smorza un’onda elettromagnetica di frequenza inferiore a pe, che è di fatto un valore di cut-off.

Per un’onda di data frequenza, la densità alla quale   pe è detta densità critica, e può essere definita come segue:

 

2 2

4

e c

n m

e

 

  

 

.

Quando la densità è maggiore del valore critico, cioè nenc , il plasma è opaco e l’onda viene smorzata, viene quindi denominato

(27)

le onde possono propagarsi, in questo caso il plasma è detto Underdense.

Tenendo conto di tali conclusioni, l’equazione sopra formulata mostra che l’indice di rifrazione di un plasma è sempre compreso tra 0 ed 1.

Il seguente grafico, che riporta l’andamento dell’indice di rifrazione in funzione della frequenza, mostra che il valore nrefr2 1 è un valore asintotico.

Figura I-2 - Andamento dell'indice di rifrazione

Da quanto esposto si può affermare che la velocità di fase di un’onda EM in un plasma è sempre maggiore della velocità della

(28)

2

refr

1

pe

c c

v

k n

  

L’effettiva velocità di propagazione però, alla quale viaggia l’informazione trasportata dall’onda, è la cosiddetta velocità di gruppo, che per un plasma può esprimersi:

0

v

g

e E e v B t

    

(1.4)

essa può essere scritta diversamente introducendo l’espressione della frequenza di ciclotrone ce B m0 e:

c

ˆ

e

v e E

v z

t m

   

Risolta questa equazione, si trova per la permittività un’espressione avente la forma di una matrice Hermitiana con dimensioni 3x3, che descrive quindi il plasma magnetizzato come un mezzo anisotropo; come conseguenza di tale anisotropia, un’onda, nella sua propagazione all’interno di un plasma magnetizzato, può essere suddivisa in due componenti: la componente di onda ordinaria (O-mode), chiamata così perché in direzione normale al campo B si comporta come se fosse all’interno di un plasma non-0 magnetizzato, e la componente di onda straordinaria (X-mode).

Inoltre, se si considera una polarizzazione lineare e una direzione di propagazione perpendicolare al campo B0 , si può dimostrare che il piano di polarizzazione si flette di un angolo pari a  V B l0 , dove l è il cammino compiuto dall’onda nel plasma

(29)

e V è la costante di Verdet. Questo fenomeno è tipico dei mezzi ottici attivi e viene detto Effetto Faraday.

1.2 Laser

In questo paragrafo si esporranno le principali dinamiche di interazione tra un fascio laser e la materia, tralasciando la descrizione della fisica che sta alla base del principio di funzionamento di un laser.

1.2.1 Interazione di un fascio Laser con la materia

È ampiamente noto come impulsi laser ad elevata potenza possano ionizzare un bersaglio: gli elettroni espulsi dai nuclei acquisiscono un’energia cinetica maggiore della loro massa a riposo, per poi transire al regime altamente relativistico.

In tale situazione risulta utile definire la seguente grandezza, che prende il nome di laser strength parameter:

0

0 2

e

a e A

m c

si tratta fondamentalmente del modulo del potenziale vettore, relativo al laser, normalizzato rispetto alla massa a riposo dell’elettrone; il valore del parametro a definisce il regime nel 0

(30)

quale avviene l’interazione laser-plasma: se a0 1 si è in regime relativistico.

L’LSP può inoltre essere messo in relazione con l’ampiezza del picco elettrico del laser E : L

0 e L

m c

E a

e

 

considerando inoltre l’espressione dell’intensità di picco:

2

0

8

c E

L

I

si può esprimere a in funzione di 0 E , L I e della lunghezza d’onda 0

L corrispondente all’intensità di picco:

0 2 0

2

L e

a e I

m cc

 

.

Tale grandezza può essere interpretata come il valore massimo del momento di un elettrone che oscilla nel campo laser, normalizzata rispetto alla sua massa a riposo, e da quest’ultima espressione si evince che il regime relativistico entra in gioco in maniera significativa per intensità di picco del laser superiori a circa

 

18 2

10 W cm .

È possibile stimare l’intensità di un laser necessaria per ionizzare un atomo di idrogeno utilizzando il modello di Bohr.

Ad una distanza pari al raggio di Bohr la forza esercitata dal campo elettrico è, in unità cgs, Eae aB e l’intensità del laser che occorre per eguagliare l’energia di legame dell’elettrone, la cosiddetta intensità atomica, è [1]:

(31)

 

2

16 2

3.51 10 8

a a

I c E W cm

  

un’intensità ILIa garantisce una ionizzazione anche solo parziale del bersaglio, qualsiasi sia il materiale di cui è costituito; un elettrone infatti può essere espulso dall’atomo se assorbe un singolo fotone di energia pari alla sua energia di legame, come nell’effetto fotoelettrico, o assorbendo diversi fotoni di frequenza (e quindi energia) minore. Quest’ultimo processo viene detto Ionizzazione Multifotonica (MPI) e ha una forte dipendenza dalla densità di fotoni (cioè dall’intensità della luce); in accordo con la teoria delle perturbazioni, il tasso di ionizzazione con n fotoni è dato da:

n n

n

I

L

 

dove n decresce al crescere di n, ma la dipendenza da ILn garantisce diversi eventi di ionizzazione purché l’intensità sia sufficientemente elevata ( IL 1010W cm2 ); la relazione appena menzionata resta valida fintanto che il potenziale che lega l’elettrone all’atomo resta imperturbato.

Se il campo laser è particolarmente intenso può distorcere il campo elettrico percepito dall’elettrone, in questo caso la barriera coulombiana diventa una barriera finita di potenziale e l’elettrone può fuggire per effetto tunnel (tunnelling ionization);

a intensità ancora maggiori la barriera coulombiana può essere soppressa, e si ha una cosiddetta barrier soppression ionization (BSI).

Si può ricorrere al parametro di Keldysh per stabilire quale regime di ionizzzazione (tunnelling o MPI) prevale ad una data intensità:

(32)

ion pond

E

 

dove Eion è l’energia di ionizzazione e pond è il potenziale della forza ponderomotrice relativa al campo laser:

2 2

4

2

L pond

e L

e E

m

 

che esprime l’energia effettiva acquisita dall’elettrone nella sua oscillazione all’interno del campo laser.

In generale si può dire che il regime di ionizzazione per effetto tunnel prevale per campi intensi ed elevati valori delle lunghezze d’onda, cioè per  1; la ionizzazione multifotonica è più presente nel caso in cui il campo elettrico non sia abbastanza intenso da perturbare la barriere di potenziale, cioè per  1.

All’inizio del processo quindi, quando il pre-pulse del laser impatta sul bersaglio, data l’intensità contenuta, la ionizzazione multifotonica è prevalente, quando l’impulso principale raggiunge il bersaglio domina invece l’effetto tunnel.

1.2.2 Forza Ponderomotrice

Un’onda elettromagnetica piana, come si è visto, si propaga all’interno di un plasma con velocità di fase espressa dall’equazione (1.4); questo risultato non è valido per impulsi laser di breve durata, dal momento che il punto focale ha dimensioni nell’ordine del micron.

Di conseguenza impulsi laser brevissimi generano gradienti estremamente intensi sia in senso radiale che longitudinale, tali intensità, associate alla forza ponderomotrice, trascinano gli

(33)

elettroni verso le zone in cui il campo è più debole e sono quindi responsabili dell’insorgere di onde longitudinali nel plasma.

Con un’approssimazione non relativistica è possibile valutare l’effetto del gradiente di un campo elettrico, purché il suo modulo sia opportunamente contenuto e lo spostamento delle particelle, in un intervallo di tempo pari ad un periodo di oscillazione, sia trascurabile rispetto all’estensione spaziale del gradiente stesso.

L’equazione del moto monodimensionale applicata ad una particella carica immersa in un campo elettrico oscillante diventa:

 

0

cos m xq Et

che, integrata due volte rispetto al tempo, con la condizione iniziale x0  0, restituisce:

 

0 0

q E

2

cos

x x t

m

  

.

Questa relazione descrive un moto oscillatorio intorno alla posizione di equilibrio x , come mostrato in Figura I-3. 0

(34)

Figura I-3 - Moto di una particella carica in un campo elettrico oscillante con ampiezza costante (sinistra) e variabile (destra)

Se si assume per l’ampiezza E0 una funzione debolmente crescente della coordinata x , allora il campo elettrico tenderà a riportare la particella nella posizione iniziale in maniera più efficiente nell’emiciclo positivo del cos

 

t , dove E è maggiore.

Per integrare l’equazione del moto è comodo esprimere la posizione x della particella come somma di una componente lentamente variabile x , ed una che varia molto rapidamente, indicata con x, quindi: x  x x, dove:

 

2

 

2

 

2 2

1 2

' ' ' '

T T

t t

T

T T

t t

x t x x t dt x t dt

T

    

rappresenta il valore medio di x in un periodo di oscillazione del campo elettrico.

(35)

Applicando lo sviluppo di Taylor intorno alla posizione x all’espressione del campo elettrico si ottiene:

     

0 x 0

cos

E E x  E x x   t

che, sostituita nell’equazione del moto, fornisce:

     

0 x 0

cos

m xm xq E x  E x x   t

con gli assunti appena fatti, si ha che x x e, data la debole dipendenza spaziale dell’ampiezza di campo, si può porre

   

0 x 0

E xE x x.

Dunque per la componente rapidamente variabile si osserva un’oscillazione di frequenza :

 

0

2

cos

x qE t

m

 

mentre per la parte lentamente variabile, che rappresenta il moto del centro di oscillazione, dopo aver effettuato una media su un periodo di oscillazione, si ottiene:

   

2

0 0

2 2

2

x

x q E x E x

m

  

.

Da quest’ultima espressione si nota che il centro di oscillazione è accelerato in direzione opposta al gradiente di campo; la Forza Ponderomotrice è responsabile di tale accelerazione, e può essere espressa come segue:

(36)

2

2 2 0

P

4

F q E

m

  

che, ovviamente, rappresenta il gradiente del potenziale relativo alla forza Ponderomotrice [1].

è importante notare che la forza ponderomotrice dipende dal quadrato della carica elettrica, dunque la sua direzione è la stessa per particelle dotate di carica positiva e negativa, mentre il suo modulo è maggiore per gli elettroni che per gli ioni, data la sua dipendenza da 1 m .

Tale forza tenderà a spingere gli elettroni lontano dalle regioni in cui l’intensità (del campo elettrico) è elevata, quindi il singolo elettrone si allontanerà dal centro di un fascio laser acquisendo un velocità di oscillazione di modulo:

OS

v eE

m

.

L’estensione relativistica completa dell’espressione della Forza Ponderomotrice è:

2

F

P

  mc  

dove:

2 0

1

2

2 p a

   mc

come descritto in [2].

Quando un impulso laser ultra-breve (nell’ordine dei fs) si

(37)

spingendo gli elettroni ma non gli ioni vista la loro massa maggiore, crea una separazione di cariche in senso longitudinale che genera un campo elettrico, tale campo elettrico tende a riportare gli elettroni nella loro posizione iniziale.

Una perturbazione del genere porta alla nascita di un’onda che viaggia con una velocità di gruppo uguale a quella dell’impulso;

gli elettroni tenderanno quindi a ‘inseguire’ l’impulso laser come fosse una sorta di ‘scia’.

Se la lunghezza d’onda dell’impulso laser è circa la metà di quella del plasma, vale la condizione di quasi-risonanza:

L P 2

L

e la formazione della scia è particolarmente efficiente, in queste condizioni infatti, la forza ponderomotrice e il campo elettrico oscillano con la stessa frequenza.

In Figura I-4 è riportata una rappresentazione schematica della generazione della ‘scia’.

(38)

Figura I-4 - Generazione della scia di campo.

Questo fenomeno può essere sfruttato per accelerare, ad esempio, gruppi di elettroni che viaggiano in fase con la scia generata nel plasma da un impulso laser, tecnica alla quale ci si riferisce col nome di Laser Wake-Field Acceleration (LWFA).

Naturalmente, perché l’impulso laser si propaghi e crei una scia, il plasma dev’essere sotto-denso, inoltre, se il parametro a è 0 molto minore di 1 ( a0 1) la scia di campo è lineare, se invece

0 1

a diventa non-lineare e il moto di oscillazione degli elettroni transita al regime relativistico, se infine a0 1 si raggiungono diversi regimi di accelrazione.

Come esempio si riporta in Figura I-5 [2] la generazione di un canale di propagazione scaturito dall’interazione di un laser di

(39)

intensità pari a 3 10 W cm19 2 con uno slab di plasma monodimansionale: la forza ponderomotrice, relativa all’intenso fascio laser incidente dalla sinistra forma un canale spesso circa 4

 

m e profondo 10

 

m , con una durata dell’impulso pari a 850

 

fs .

La scala delle densità è riportata in colori diversi: il bianco indica una densità nC 1021 cm3 , il verde arriva fino circa 4nC , il blu

1 4

nC , il rosso

7 12

nC e il Magenta supera i 12n , come C descritto in [2].

Figura I-5 - Formazione del canale di propagazione generato dall'interazione di un laser di intensità pari a 3x10^19 W/cm^2 con uno slab monodimensionale di

plasma.

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