La legge 8 novembre 2012 n. 189 (c.d. legge Balduzzi) di conversione, con modificazioni, del D.L. 13 settembre 2012 n. 158, reca disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute.
Seppur tale disciplina sia stata dettata dall’esigenza di razionalizzare il comparto sanitario nella sua variegata composizione, una delle novità più rilevanti e di maggiore impatto anche giuridico, è rappresentata dall’ art. 3 del decreto, poi convertito con rilevanti modifiche, che ha posto un limite alla responsabilità penale del sanitario prevedendola per le sole ipotesi di colpa grave292. In
particolare, l’ art.3, comma 1, della legge (Responsabilità professionale dell’
292 Nella versione originaria l’ art. 3 comma I del D.L. 13.09.2012 n. 158 prevedeva che “fermo
restando il disposto dell’ articolo 2236 c.c. del codice civile, nell’ accertamento della colpa lieve nell’ attività dell’ esercente le professioni sanitarie il giudice, ai sensi dell’ articolo 1176 del codice civile, tiene conto in particolare dell’ osservanza, nel caso concreto, delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale”. Dunque, fermo restando che il medico in caso di interventi del tutto particolari e
complessi, in caso di imperizia, risponde solo per colpa grave e dolo, ma negli altri casi anche per colpa lieve, nell’ accertamento della colpa lieve nell’ attività dell’ esercente le professioni sanitarie il giudice, ai sensi dell’ articolo 1176 c.c. tiene conto in particolare dell’ osservanza, nel caso concreto, delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale. Il D.L. codifica un principio affermato dalla giurisprudenza che per quanto concerne la professione medica ha affermato: “Si configura la responsabilità professionale del medico
anche per la colpa lieve, ai sensi dell’ art. 1176 2 comma c.c., ove di fronte ad un caso ordinario, non abbia osservato, per inadeguatezza od incompletezza della preparazione professionale, ovvero per omissione della media diligenza, quelle regole precise che siano acquisite, per comune consenso e consolidata sperimentazione, alla scienza e alla pratica, e, quindi, costituiscano il necessario corredo del professionista che si dedichi ad un determinato settore della medicina” (cfr. Cass., Sez. III, sent. n. 1847 del 22.02.1988).
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esercente le professioni sanitarie), già esaminata nei precedenti capitoli per quanto riguarda le linee guida e le prime reazioni giurisprudenziali, prevede che “l’ esercente
la professione sanitaria, che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’ obbligo di cui all’ articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.
L’ intento del legislatore di elevare con questa norma la soglia di punibilità della colpa a forme significative della stessa, prescindendo dunque dalle trasgressioni colpose di lieve entità, è condivisibile ed ha portato ad un recupero del carattere di sussidiarietà e di extrema ratio293 dello strumento penale. Il principio di
sussidiarietà, infatti, sostiene che la sanzione penale debba essere utilizzata solo quando risulti evidente dall’accertamento valutativo sul fatto che nessun altro strumento sanzionatorio, civile o amministrativo, appaia adeguato ad assicurare al bene giuridico una tutela altrettanto efficace nei confronti di una determinata fonte di aggressione. Oltre che meritata, cioè proporzionata, la pena deve essere, dunque, necessaria: ad essa si può e si deve fare ricorso solo come extrema ratio294,
avendo riguardo ai vincoli costituzionali relativi alla struttura dell’illecito e al rango dei beni da tutelare.
Le novità della legge Balduzzi, seppur costituiscano quindi un innegabile passo avanti, sono state oggetto di critiche significative anche nei riguardi della disposizione citata.
Il Tribunale di Milano ha, infatti, sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’ art. 3 della legge, sostenendo che la disposizione censurata da un lato, provoca una diminuzione di tutela della persona offesa con riferimento a beni di altissimo valore quali la vita e la salute; dall’altro lato, la nuova disciplina, rivolgendosi solo agli operatori che esercitano una professione sanitaria, è accusata di provocare una irragionevole disparità di trattamento quanto alla responsabilità colposa rispetto ad altri settori professionali, al contrario, per esempio, di quanto stabilito dall’art. 2236 c.c., in cui la limitazione della responsabilità alla colpa grave, giustificata dalla speciale difficoltà del caso, riguarda tutti i prestatori d’opera e non solo i sanitari295.
293 CASTRONUOVO, La Colpa penale, Giuffrè, 2009; PULITANO’, Responsabilità medica: letture e
valutazioni divergenti del Novum legislativo, in www.penalecontemporaneo.it, 2013; ROIATI, Linee Guida, buone pratiche e colpa grave.
294 MARINUCCI, DOLCINI, Manuale di diritto penale, Parte Generale, Milano, 2006.
295 MANNA, I Nuovi profili della colpa medica in ambito penale, in Riv. Trim. dir. pen. economia, 2013;
BRUSCO, Linee guida, protocolli e regole deontologiche. Le modifiche introdotte dal cd. decreto Balduzzi, in
Dir. pen. contemporaneo, 2013; CALETTI, La colpa professionale del medico a due anni dalla legge Balduzzi,
in www.penalecontemporaneo.it; ROIATI, Linee guida, buone pratiche e colpa grave. Vera riforma o mero
placebo?, in Dir. pen. e processo, 2013; VALLINI, L’ art. 3 del Decreto Balduzzi, tra retaggi dottrinali, esigenze concrete, approssimazioni testuali, dubbi di costituzionalità, Riv. It. Medicina legale, 2013.
95 2. Colpa grave e misura soggettiva della colpa. Il quadro giurisprudenziale.
Poste queste premesse, prima di trattare nello specifico della colpa medica e della sua evoluzione, occorre partire dalla colpa penale in generale.
Nel nostro ordinamento penale, la colpa è rappresentata dalla violazione, da parte del soggetto agente, di una specifica regola cautelare, ovvero di quella norma comportamentale, variabile nel tempo perché derivante dal mutare dell’esperienza e della prassi sociale, il cui rispetto deve orientare la vita dei consociati, perché volta ad evitare il verificarsi di un evento lesivo di un bene meritevole di tutela da parte dell’ordinamento.
Perché si possa ritenere responsabile di reato colposo un soggetto è necessario che la sua condotta, con elevato grado di probabilità razionale, sia stata condizione necessaria dell’evento lesivo. La giurisprudenza ha ritenuto che il nesso causale possa e debba essere ravvisato quando alla stregua del giudizio sul fatto condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza si accerti che ipotizzandosi come realizzata la condotta impeditiva dell’evento hic et nunc e verificando che il rischio cautelato dalla regole di comportamento sia proprio quello che si è realizzato nell’evento, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato con minore intensità lesiva296.
I criteri osservati dalla giurisprudenza in questi ultimi anni hanno però avuto degli sviluppi imprevedibili tenendo conto del fatto che nell’attività giuridica attuale gli ambiti della responsabilità colposa si sono allargati a campi prima impensabili come quelli relativi agli incidenti stradali, agli infortuni sul lavoro e appunto ai casi di colpa degli operatori sanitari; per cui ai fini di un corretto giudizio si è sentita la necessità di teorizzare e definire i valori che portano a realizzare forme di imputazione soggettiva di fatti e insieme di conoscere le cause spesso molteplici e spesso lontane nel tempo, soprattutto in campo medico, che hanno portato all’evento dannoso; così si è dato maggior rilievo al fatto che la colpa penale richiede un quid pluris in termini di soggettivazione dell’imputazione rispetto ad altre forme di responsabilità involontaria, in primis la colpa civile.
In effetti nella letteratura più recente e nella giurisprudenza degli ultimi anni è emerso un maggiore interesse per una soggettivazione/individualizzazione del giudizio idoneo all’ affermazione di una responsabilità a titolo di colpa penale; si tratta principalmente di casi in cui si è discusso di colpa grave nell’ ambito di attività sanitarie, ma anche di un caso in materia di bancarotta semplice (art. 217 L.F.)297.
In quest' ultima ipotesi, ci si riferisce ad una sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione Sezione V nel 2006, nella quale è stata ritenuta fondamentale la considerazione di alcuni dati situazionali ai fini del giudizio sulla colpevolezza e
296 Cass. S.U. del 11.09.2002. n. 30328.
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della concretizzazione della colpa grave: ad esempio, il breve lasso di tempo in cui un soggetto abbia ricoperto il ruolo di amministratore di una società poi dichiarata fallita prima di dare le dimissioni a causa del rifiuto dei soci di sottoscrivere un aumento del capitale necessario al risanamento economico. L' imputato, amministratore di una società di capitali, era stato ritenuto responsabile in secondo grado del reato di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto, dovuto a colpa grave, essendosi astenuto dal richiedere la dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ imputato con la seguente motivazione: “relativamente al reato di bancarotta semplice, appare in effetti
censurabile, nella motivazione dell’ impugnata sentenza, il fatto che in essa la Corte d’ appello, pur avendo dato atto della richiesta ai soci, da parte del ricorrente, di sottoscrivere un aumento del capitale, si sia poi limitata ad affermare che lo stesso ricorrente, a fronte del mancato accoglimento di detta richiesta, aveva continuato, con un atteggiamento psicologico di grave colpa, in un’ attività commerciale disastrosamente in perdita, laddove sarebbe stato necessario, ai fini del giudizio di colpevolezza, tener conto anche del breve lasso di tempo per il quale il ricorrente aveva comunque continuato a gestire l’ impresa, prima di dare le dimissioni proprio a cagione del rifiuto dei soci di sottoscrivere l’ aumento del capitale, accertando altresì se ed in quale momento tale rifiuto avesse assunto il carattere di definitività”.
Per quanto riguarda invece la colpa professionale, in particolare, in tema di responsabilità penale del medico un esempio di sentenza della Corte di Cassazione che ha utilizzato come regola di giudizio la colpa grave mettendo in evidenza gli aspetti di soggettivazione/individualizzazione è quella relativa al caso
Azzini298: la Cassazione, accogliendo i ricorsi degli imputati, ha ritenuto che i due
medici coinvolti si comportarono con adeguata diligenza nella conduzione dell’ intervento, escludendo la colpa penale sulla base di motivazioni chiaramente individualizzanti: “nella conduzione dell’ iter operativo, improvvisamente, sorse il problema
della resistenza del feto alle pratiche estrattive: quel cercine, non previsto, né prevedibile, non solo rappresentò un ostacolo di per sé, ma costituì una specie di sacca, nella quale, a causa delle contrazioni sollecitate dalla somministrazioni di farmaci inducenti al parto naturale, si era incuneato il capo del feto, vanificando ogni sforzo, e provocando perdita di prezioso tempo. In questa situazione di imprevedibilità, attanagliato tra la necessità di non procurare danni irreversibili alla madre operando sotto gli occhi del futuro padre e la necessità di fare presto, perché i minuti scorrevano, probabilmente il dott. A, e forse anche il prof. P., caddero in errore valutativo …”.
L' orientamento espresso dalla Cassazione nel caso Azzini, ha trovato conferma anche in pronunce più recenti, come, ad esempio, nel caso Montalto del 2011299: “
la colpa del medico deve essere rapportata alle contingenze del caso concreto, alla difficoltà dell’
298 Cass., Sez. IV, del 29.09.1997, n. 1693, Azzini.
299 Cass., Sez. IV, 5.04.2011, n. 16328 Montalto (rel. Blaiotta), relativa ad un medico di pronto
soccorso; BLAIOTTA, La responsabilità medica: nuove prospettive per la colpa, in
97 indagine ed alla situazione nella quale il sanitario si trova ad operare. Alcune professioni, quella medica in primo luogo, hanno ad oggetto attività difficili e rischiose. Occorre quindi modulare con attenzione il giudizio, tenendo conto della complessità del compito in ogni specifica contingenza. Molte volte si agisce sotto la pressione di eventi incalzanti, in uno stato che rende difficile, confuso, incerto anche ciò che astrattamente non lo sarebbe. Altre volte la sintomatologia e l’ esito delle indagini rendono difficile pervenire con certezza alla diagnosi. Questo spiega perché l’ ambito di cui si discute sia stato spesso collegato alla figura della colpa grave”.
Non mancano, quindi, nella nostra giurisprudenza, come abbiamo visto, dei casi di riconoscimento di una dimensione soggettiva/individualizzante del reato colposo in ipotesi di colpa grave, tuttavia, si tratta di casi che non sono ancora frequenti.