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RAGIONAMENTI POLITICI INTORNO AL GOVERNO

Nel documento Ragionamenti politici di Nicolò Donà (pagine 52-59)

DELLA

REPUBBLICA DI VINEGIA

A GLI

ECCELLENTISSIMI SIGNORI

DI

NICCOLO’ DONATO

PATRIZIO VENEZIANO

VENEZIA MDCCXXXIV.

1.° MAGGIO

1736

Ragionamento Proemiale 1 RAGIONAMENTO PROEMIALE Ragionamento Proemiale

Tra le tante cose nelle quali ci si manifesta la Provvidenza del Sommo creatore, una è certamente quella di minorare e moderava quei mali a’ quali l’uomo e la natura sono soggetti per pena del primo peccato. Regola essa con operazioni et effetti totalmente contrari il difetto o l’eccesso dei movimenti nelle fisiche cose, con impulsi eccitando le tarde, e rallentando con la quiete le troppo veloci. Per questo a i veleni contrapone gli antidoti, alla malattia i rimedi; e all’intemperie de’ climi oppone le succose frutta e le abbondanti pioggie, se essi sono soverchio riscaldati dal Sole, e se troppo debole ne sentono il di lui il calore, somministra cibi e bevande di molta sostanza, e ottime, preziose, e abbondanti pelli onde l’interno e l’esterno di quegli alimenti è munito, e abbastanza diffeso: ne obbliga gli Uomini a soggiornare nella frigida Zona o nella Torrida. E alla forza et ira delle Fiere, oppone la destrezza et accortezza dell’Uomo stesso; alla incoltura del terreno, la umana industria e fatica, e tante facoltà all’Uomo somministra con le quali può munirsi contro le intemperie dell’aria, e delle stagioni, e può eziandio molti mezzi disporsi per vivere piacevolmente, e in parte felice. Ne lascia la provvidenza di fornire ogni Uomo in particolare di ciò che si contra ponga quei disordini di difetti o di eccessi, prodotti dal di lui individuale temperamento; imperocché se ei non sia molto perspicace ei non sarà di molto suggetto alle afflizioni dell’animo; e per contrario quando ei sia molto a questo suggetto, gusterà egli altresì sommamente i piaceri e molto sarà egli perspicace e penetrante. All’Infermo apporterà sollievo la speranza della salute, o la rassegnazione; e al sano il timore della malattia modererà in parte il di lui troppo grande piacere della salute. Di più, da’ la Provvidenza a ogni Uomo, facoltà di ricrearsi, e piacevolmente risanarsi dai mali quali è soggetto, col mezzo delle arti liberato; e col rintracciare e preparare agi e comodi; e dà oltre a ciò attività a poter giovare agli altri individui, e alle sozietà di Uomini che si intrattengono insieme, e che formano Stati e governi, col mezzo delle scienze Filosofiche e della

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2 Politica. In somma; cosa non crei in Terra che, se per se stessa è nociva e disordinata, manchi di rimedio, di risarcimento, e di regola, dalla Provvidenza somministrata.

Non però si conosce operare la Provvidenza a benefizio comune, senza che l’Uomo cui s’indirizza la di Lei opera, se ne procuri l’effetto, ne senza che ei si fatichi in qualche parte per ottenerla, massime in ciò che può dipendere dalla di lui industria, e cooperazione: perché per esempio a nulla gioverebbero gli antidoti, se l’industria dell’Uomo non si faticasse a conoscerli, e s’impiegasse a valersene; a nulla i cibi ristoratori, se ei non se ne pascesse; ne, in fine la facoltà nell’Uomo di giovare a se stesso et agli altri mediante le arti e le scienze ad alcuna cosa valerebbe, se alcuno non le apprendesse, e non vi si esercitasse. Così inutili sarebbero la Filosofia naturale e morale, la giurisprudenza, e la Politica; e il non far uso di tutte le dette cose, oltre che lasciar giacere gli Uomini in infiniti disordini e miserie, farebbe apparire che Provvidenza in Dio non si desse, o almeno almeno che egli non la esercitasse a beneficio degli Uomini, ma godesse d’averli creati infelici, privi ancor di speranza di poter minorare, in alcuna sol parte la infelicità loro per tutto il tempo che si rimangono in questa vita: cosa che implica contradizione con la essenza Divina, per che come essa è perfezzione, così dee essere altresì Misericordia (a dir de’ Teologi) ne però può lasciare di minorare i mali quali al di sopra di che sembra dalla giustizia permesso.

Ma coloro che apportando altrui giovamento si debbono rendere come Ministri della Provvidenza Divina mediante l’apprendere essi le arti e le scienze, e il dettar agli altri regole e leggi; debbono trovarsi lontani da ciò che altera e conturba lo spirito, ne debbono essere da altre cure distratti; avvegnaché si fatto esercizio richiegga tutto il vigor dello spirito medesimo che non può aversi raccolto si fattamente allor ch’ei s’impiega in più d’un suggetto. Questa osservossi da ciascheduno di quei che arrecarono il maggior giovamento e beneficio che godiamo noi Uomini, cioè i principali Filosofi e Legislatori, valendosi essi di lume e di guida in verso il possesso delle cognizioni, e delle regole del diriggerci evitando gli mali, e proccurandoci i beni. Quanto a’ Filosofi, erano persone a questo solo esercizio intente. In nulla altro distraevano lo spirito; ne si lasciavano perturbare dalle sciagure, o dai piaceri a loro presaghi: anzi mirando essi ogni cosa con indifferente considerazione, ravvisavano la di lei vera essenza, vi scoprivano le cagioni, le circostanze, i mezzi, e gli effetti. Quanto a’ Legislatori, erano pur questi applicati al solo formare le leggi o almeno lo erano in quel tempo in cui le formavano. Numa abbandonò interamente la massima del guerreggiare che pareva introdotta da Romolo; e unicamente impiegossi nel comporre le leggi; quelle stesse

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3 leggi delle quali si servirono i Romani per il corso di anni quasi CCC sino che da’ Decemviri furono tolte le leggi de’ Greci. Solone; Licurgo e tanti altri Legislatori non mai confusero l’applicazione nel far le leggi con quella dell’eseguirle o del farle eseguire governando: e per fino Iddio chiaro segno ne diede della necessità di tutto l’Uomo nel far le leggi senza ch’ei sia distratto da altre occupazioni, allor che per far tenere le leggi agli Ebrei nel deserto, trattenne seco lui Mosè per XL giorni sull’Ereb.

Desunti da così alto principio non questo solo ma tutti i Ragionamenti che mi prefiggo di esibirvi Signori Eccellentissimi, mi faccio finalmente a accennare ciò che decisi di esponere in essi; et il perché penso di addossare a me questo carico.

Insteranno i miei ragionamenti intorno il sistema di questo governo Vineziano; e a misura che il discorso s’anderà in esso avvanzando, mi sarà aperta la strada a universali prima, poscia a particolari considerazioni. Ivi avrò luogo di esaminare a parte a parte le membra ond’egl’è composto; e confrontando la ragionevolezza delle ordinazioni nell’instituirle, con l’effetto che ora ne vediamo seguire; conoscerem chiaramente se difetto vi sia tanto nella sua origine quanto nella esecuzione di che fu stabilito. Da che si potrà passare a riflettere sopra le Massime oltrepassate e presenti; esaminare se siano sempre state uniformi o diverse; et osservare ciò che forse vi si intenda a guastarle.

Ma a nulla gioverebbe la cognizione dello stato presente delle cose salvo che a compiangerlo se si trovano disordinate, e ad ammirarle se in buon ordine si ravvisano: fatiche sterili del pari e superflue, e con le quali solo importuna noia sarei per recare a Vostre Eccellenze. Ond’è che si rieccheggia ciò più che tutto che giovar possa, il quale si riduce a due sole Classi.

Consiste la prima in ciò che verte intorno all’instituzione di questo governo. Esamineremo dunque come, e con quali regole ei sia stato fondato: ciò che le abbia suggerite: quale sia stato il loro effetto, come, e quale sia stata la loro innovazione o alterazione; e alla per fine di quanto vantaggio, o discapito sian allora state o siano per essere. A che aggiungnerossi molto riflesso intorno all’esecuzione di quelle medesime; intorno ai costumi de’ Cittadini; intorno a’ loro affetti o passioni; e intorno i loro fini e mezzi per conseguirli. Si che luogo ristava chiaro di concludere quali siano i difetti di questo governo si nella instituzione sua, si nell’esecuzione di che fu instituito: e veramente manifestare potressi gli ottimi ordini suoi, e l’obbedienza a quei stessi nell’eseguirli.

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4 Seconda Classe sarà la regolazione di quei disordini che si scoprissero nel predetto governo, esponendo ancora alcuna maniera di renderlo nelle parti sue difettose o non perfette, migliorato. Per questo esibirò ciò che la buona ragione suggerisse da dovervisi aggiugnere o detrarre; quali i Magistrati superflui e quali necessari da creare; quali le Massime da considerarsi, e quali da evitare; e come in fine sia il modo del formarle e del mandarle ad effetto. E attesoche nelle inovazioni che s’introducono ne’ governi facile cosa è che cagionisi alcun disordine maggiore di quello che cercasi di regolare, e per conseguenza la innovazione non possa avere il buono effetto che si desidera; quindi è che necessario creda di porgere il modo con cui le innovazioni che si debbono introdurre non producano sconcerto alcuno ma si bene prestino l’effetto desiderato. In fine mirerem di lontano i giovevoli effetti che necessariamente ne dovran risultare, e procurerem d’eccitare la sapienza di Vostre Eccellenze a considerare le cose dette, e a mandarle profittevolmente ad effetto.

Questo è ciò di che mi preparo a portare ne’ proposti ragionamenti; per indurmi a comporre li quali, molto ebbero forza le ragioni seguenti.

Prima quello che è il principale requisito ne’ Cittadini di Repubblica, vale a dire, l’amor alla Patria; il quale facendomi desideroso di portarle quel giovamento che dal canto mio se le potesse somministrare, mi fece conoscere in niun miglior modo poter io esserle utile di quello d’esaminare se in lei disordine alcuno apparisce, e a guisa di medico prepararle quella medicina, che senza punto alterare la vigoria della di lei complessione, la mantenga e confermi in salute se in salute si trova; e gliela doni se ne è mancante. Tanto più che la serie di quelle funeste vicende alle quali fu suggetta pochi anni [or sono] la mia persona, mi tiene per dovere o convenienza lontano da ogni altra occupazione nella quale il mio desiderio potesse rimanere almeno in qualche parte adempiuto, e nell’impiego di alcuna pubblica incombenza, rendendomi non inutile Cittadino a questa Repubblica.

Per seconda la Religione medesima me ne diede l’impulso: perocché dovendo ciascheduno per debito di Verità esser utile al prossimo e alla sozietà, e indirizzato alla virtù, nel sentiero meno doloroso, a fine che disgustandosi di quello da quello non tornasse e tutto si trasportasse nel vizio; ho stimato di supplire a questo dovere col dispor mezzi atti a conservare il buon sistema della vita Civile, e a rassettarlo s’ei fosse scomposto. Verso il che mio stimolo di Carità più mi spigne di quello che riguarda l’utile de’ miei medesimi fratelli e compatrioti.

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5 In terzo luogo finalmente mi indusse, Eccellenze, a esibirvi i proposti ragionamenti il riflesso del tempo opportuno a dar effetto al mio desiderio: cioè il vedere la Patria stabilita e fondata già da XIII secoli, sopra solidissimi fondamenti, e con non del tutto cattiva ordinazione: sicché in corso si lungo di anni essendo a lei accadute moltissime e varie vicende, si può trar fondamento non lieve di che le sia stato giovevole o di pregiudizio cagione. Oltre a che siccome per stabilire de’ governi le Massime più a loro appropriate, è necessario che di queste si formi abito nel popolo o nel governo che le dee eseguire; quanto più util cosa non è egli mai osservare gli abiti già introdotti ne’ popoli, e formar sopra quei Massime a loro adattate, di quella che formar le Massime con incertezza che passino in quella abituazione che si ricerca? Non prima Licurgo instituì l’ammirabile sistema del governo degli Spartani se non dopo cinquecento anni che sussistevano: e allora che gli vide inclinati, e abituati nella fortezza, nella vita parca, e nell’amore alla fatica, e per conseguenza all’esser contenti del poco, stabilì per loro la Massima generale del conservassi soltanto ciò che possedevano, senza impiegarsi in acquisti, ne’ aspirare a ingrandimenti. Dalla qual Massima ne seguì che per altri cinquecento anni vissero nel loro interno tranquillissimi, e nell’esterno resistevano sempre a’ loro nemici; e molto più alla lunga si sarebbero essi mantenuti con la medesima tranquillità, se non avessero abbandonata la predetta Massima e non avessero aspirato a soggiogare prima la loro emula Atene, e poscia quanto loro si fosse reso possibile.

Onde (come ho detto da principio) e dal debito indotto di cooperare alla Manifestazione et affezione della Provvidenza divina; e dalla particolare mia costituzione lontana da ogni altra cura e pensiero; e dal desio di apportar giovamento alla Patria; e dalla Carità verso il prossimo; e dalla qualità del tempo; e dall’esempio di Uomini insigni: ho creduto fare indegnamente fronte al giusto rimorso, se non secondava il mio desiderio col pormi a comporre questi ragionamenti che Vi presento.

Con questi mi sarà più liberamente permesso, di quello che con altra forma di dire, il poter passare d’uno ad un altro suggetto, senza quell’ordine sedulo et esatto, che in si fatta materia si renderia forse vile e alla sperienza e sapienza di Vostre Eccellenze superfluo e noioso.

E a Voi Signori addirizzo queste cose più tosto che ad altra Presidenza di questa Repubblica, perché Voi soli siete in questo governo a similitudine di quello che nelle Sacre Carte si chiama spirituj vitae, onde tutto il corpo viene vivificato e indotto a sperare, secondo che esso spirito lo inspira. Però depositati questi miei sentimenti (con

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6 ogni cautella e segretezza composti) tra le vostre più gelose e custodite memorie, e dalla esperimentata maturità Vostra ponderati, e mandati ad effetto; abbia la Patria l’utile ch’io le procuro; voi il merito d’averglielo ministrato; et io il godimento d’esserne stato cagione.

Ragionamento I.

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DE’ RAGIONAMENTI POLITICI INTORNO AL GOVERNO

DELLA

REPUBBLICA DI VENEZIA

RAGIONAMENTO I.

De’ Governi Aristocratici in generale

P

rimo ed unico oggetto delle operazioni degli Uomini è senza dubbio il

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