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La dimensione didattica

Nel documento Verso un autonomia matura (pagine 198-0)

Capitolo 4 - L’autonomia scolastica e l’Amministrazione provinciale

3 La dimensione didattica

L’impatto dell’autonomia scolastica sulla didattica, secondo i dirigenti scolastici, è ambivalente. Di fatto l’autonomia nasce per dare la possibi-lità di effettuare scelte innovative nella didattica, ma la prassi quotidiana dell’insegnamento non ha però registrato cambiamenti e una tematica ricorrente nei focus group è ancora quella del capire cosa e come si insegna. Le tecniche didattiche non sono infatti cambiate secondo gli intervistati, anche perché “la cultura professionale dell’insegnante non la cambia l’autonomia”.

Una maggiore incisività si è avuta sulla modulazione degli insegnamenti rispetto a particolari esigenze dell’utenza: si riesce ora ad andare maggior-mente incontro ai ragazzi mettendo in atto processi di fl essibilità, anche se viene fatto notare che innovare per affrontare emergenze come quella degli stranieri è un compito che la scuola si è assunto ben prima dell’autonomia;

in questo senso quest’ultima ha “legittimato il già fatto”.

Resta inteso che la ricerca del nuovo dovrebbe essere nel DNA del do-cente e l’autonomia può dare un contributo di supporto: il volere innovare,

così come il riuscire a innovare, presuppongono che le persone abbiano non solo la mentalità per farlo, ma anche la necessaria fl essibilità negli strumenti: un obiettivo che l’autonomia si è posta e su cui vengono rilevate resistenze da parte di molti docenti restii a percorrere vie innovative con metodologie diverse dall’abituale.

Un altro problema emerso riguarda la diffi coltà dei dirigenti scolastici di governare la didattica una volta superata una certa soglia di studenti.

Da parte degli insegnanti l’autonomia viene vissuta positivamente nel momento in cui aumenta la possibilità di sperimentare percorsi diversi (an-che se la sperimentazione c’era già prima) ma a questo proposito viene anche segnalato che l’autonomia si esprime spesso in modo confuso, diso-rientando le varie componenti della scuola e lasciando agli insegnanti l’onere di progettare l’innovazione. Gli insegnanti segnalano anche di trovare delle resistenze tra i colleghi legate, in parte, a problemi quali la retribuzione non commisurata al maggior carico di lavoro e a un mediocre riconoscimento del lavoro svolto. I docenti osservano che tutto, di fatto, risulta ancora confuso, e ci sono poche certezze rispetto al lavoro da svolgere.

L’aspetto positivo è dato dal fatto che, in termini di didattica, ci si può muovere in modo diverso dal solito, anche se i fondi per attuare l’inno-vazione sono scarsi. Se per alcuni la didattica è cambiata al modifi carsi dell’utenza (e quindi in risposta a variabili esogene) altri, specie nei licei, vedono nell’autonomia scolastica la possibilità di cambiare il modo di fare scuola, ad esempio arrivando al collegio docenti con progetti artico-lati anziché con il “mercato delle ore”. In generale viene rilevato un con-fl itto tra materie (e quindi tra docenti) che fa da freno rispetto alla reale possibilità di innovare che implicherebbe anche ridefi nire peso e ruolo delle singole materie all’interno di una cornice unitaria data dal progetto pedagogico. Succede poi a volte che si verifi chino delle incongruenze tra quanto richiesto dall’esterno e la sperimentazione interna, nel momento in cui, ad esempio per l’esame di maturità, vengono richieste conoscenze

“tradizionali” ad allievi che hanno avuto un percorso multidisciplinare.

Fatte queste premesse l’interrogativo cruciale posto dai docenti è:

“qual è la reale cornice fornita dall’autonomia all’interno della quale possiamo muoverci”, soprattutto in relazione alle dinamiche esterne alla scuola e all’armonizzazione dei percorsi svolti con quanto realmente ri-chiesto al momento della verifi ca fi nale.

Fare didattica vuol dire avere competenze e strumenti adeguati: in questo senso gli insegnanti si lamentano di carenze sia in termini di

“modelli formativi” sia in termini di spazi e strumentazione, sia di risorse economiche, ad esempio nel momento in cui, a parità di budget, risulta impossibile inserire la codocenza. La dinamica che emerge si rifà alle ri-sorse umane e materiali da un lato, al metodo di insegnamento e quindi all’innovazione didattica dall’altro.

Per i docenti degli istituti comprensivi, l’autonomia dà una forte spinta all’autovalutazione del processo didattico oltre ad aprire spazi per fi gure professionali complesse ”di progetto” che siano in grado di gestire un si-stema articolato e non più standardizzato come prima. Sembra emergere da parte di questi insegnanti una maggiore consapevolezza che l’autonomia ha cambiato il loro ruolo, per la necessità di competenze legate all’organizza-zione globale e ai rapporti col territorio, oltre ad un impegno nella dimen-sione del disagio dell’allievo. Tuttavia, allo stato attuale, viene lamentata un’assenza di preparazione su molti di questi temi. Da qui la necessità di la-vorare per obiettivi, anche in relazione al territorio di riferimento, riuscendo a individuare i bisogni, i disagi, per poi lavorare su di essi all’interno della messa a punto del progetto di istituto. Tutto ciò implicherebbe un lavoro si-nergico da parte di tutte le componenti della scuola ma, nella realtà, le cose sono diverse: non tutti gli insegnanti sono infatti disposti a (o capaci di) rileggere la propria professionalità in termini più articolati. Tutto ciò porta al disorientamento e ad un freno delle potenzialità dell’autonomia.

Per alcuni l’infl usso dell’autonomia sulla didattica sembra essere minimo:

in genere sembra che il processo del “fare le cose” sia di fatto uguale a pri-ma, portato avanti dal gruppo di docenti più motivati, in un solco tracciato da anni, all’interno del quale l’autonomia non ha portato grosse novità. È un problema di persone più che di maggiore autonomia che viene vista, come si è già detto, più che altro come un “supporto”. In particolare, per quanto riguarda le pratiche didattiche, un intervistato rileva come le conseguenze dell’autonomia non siano ancora state colte appieno dal corpo docente.

Anche il ruolo dell’IPRASE come ente di formazione per i docenti è mutato: oggi la formazione viene fatta all’interno delle singole scuole con problemi di isolamento e di limitate occasioni di scambio con altri colle-ghi, con il rischio che queste attività di aggiornamento incidano meno che in passato sulla qualità della didattica.

Nel documento Verso un autonomia matura (pagine 198-0)