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Rappresentanza politica

5. Israele e Palestina

5.6 Rappresentanza politica

La prima organizzazione politica che riuscì a dar voce al malcontento degli arabi di Israele fu al Ard, che in arabo vuol dire “famiglia della terra”224, il cui obiettivo primario

era affermare il diritto dei palestinesi di vivere in Palestina, e fu il primo a chiedere uno stato separato per il proprio popolo. Al Ard voleva dimostrare a tutto il mondo che i Palestinesi non avevano gli stessi diritti degli ebrei in Israele e che erano soggetti ad una forte discriminazione, ma purtroppo, la propaganda del movimento cadde vittima delle leggi di censura dello stato di Israele. Il governo israeliano vietò la pubblicazione del suo giornale, di tutte le sue attività editoriali e persino del riconoscimento di al Ard come partito politico. Mentre le rivendicazioni dei palestinesi che vivevano all’interno dello Stato di Israele erano accumunate da un forte sentimento di appartenenza alla

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terra in cui vivevano, i palestinesi profughi negli stati confinanti erano invece accomunati dal fatto di non aver alcun legame coi paesi in cui erano costretti a vivere. I palestinesi che vivevano in esilio formavano una comunità frastagliata ma fortemente politicizzata; per convogliare la potenziale forza destabilizzante dei profughi palestinesi, la Lega Araba spinto per la formazione di un organo rappresentativo istituzionalizzato; fu così che nel 1964 nacque l’Olp, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. All’inizio l’Olp non era capace di dar voce alle reali esigenze della popolazione palestinese, ma era più che altro uno strumento “d’espressione retorica”225, come sostiene Said, e tra le sue fila mancavano veri e propri militanti

politici. La difficoltà maggiore che si trovò ad affrontare quest’organizzazione, è quella che abbiamo già visto essere la problematica di base di tutta la questione Palestinese: non aveva un vero e proprio territorio su cui operare, come movimento di liberazione nazionale agiva principalmente dal di fuori della Palestina. Un’altra problematica e punto debole della politica ell’Olp, fu il fatto che, come si può facilmente immaginare mettendosi nei panni di una popolazione che improvvisamente è stata cacciata dalla propria terra e che si è vista espropriare di tutti i suoi beni, non comprese il consenso che il sionismo, il movimento che aveva procurato loro tutte queste sofferenze, aveva ottenuto a livello mondiale.

In poche parole Said ci spiega qual è, secondo lui, il motivo del grande successo mondiale del movimento sionista: «il successo internazionale del sionismo è dipeso dall’aver preso possesso della Palestina dall’interno e, cosa altrettanto importante, dall’aver dato all’esterno l’impressione che l’elemento estraneo fosse costituito dalla popolazione originaria.»226

Anche in questo caso, come avvenne con al-Ard, in Cisgiordania e Gaza, anche il minimo segno di posizione nazionalista, poteva portare alla deportazione o all’imprigionamento di un palestinese. L’accusa di collaborazione con i “nemici” di Israele determinava la “reclusione amministrativa” che veniva eseguita automaticamente e senza processo. Con questa politica repressiva e discriminatoria,

225 Ivi p. 181. 226 Ivi p. 221.

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Israele diede origine, come sostiene Said, ad una nuova categoria: all’interno dello stato, la popolazione non era più divisa in ebrei e arabi palestinesi, anche identificati come non-ebrei, intrappolati in apposite leggi e resi come inesistenti. Ora gli arabi venivano tutti classificati come terroristi. Dopo il 1967, l’Olp ottenne un vasto consenso a livello internazionale, poiché l’invasione di Cisgiordania e striscia di Gaza da parte di Israele si configurò come un vero e proprio atto di espansionismo illegale, e credere che tutto questo fosse assolutamente necessario per la sicurezza di Israele, sfidava la credibilità anche pressoi suoi più stretti alleati. Prima del 1967 l’Olp rappresentava più che altro uno dei tanti movimenti di ribellione nazionalista arabo, affiliato alle posizioni nasseriane e baathiste. Fu a partire dalla guerra di giugno e in particolare, poi, l’anno seguente, dalla battaglia di Karameh, che l’Olp si configurò più propriamente come uno strumento di lotta esclusivamente palestinese.227 Nella battaglia di Karameh, per la

prima volta, si fronteggiarono direttamente, l’uno contro l’altro, l’esercito irregolare palestinese e le forze armate di Israele.

L’Olp ha avuto il merito di riuscire ad affrontare una situazione così difficile come quella della questione palestinese, assumendosi la responsabilità di rappresentare in modo unitario una popolazione fortemente frastagliata, come lo era allora la popolazione, divisa tra arabi israeliani, profughi in Siria, in Giordania, in Egitto, e abitanti dei nuovi territori occupati dopo il 1967. Sul piano pratico l’Olp si fece carico di tutto ciò che poteva servire ai palestinesi, dai beni basilari per il sostentamento, alla struttura militare, l’istruzione e la protezione della popolazione. Il ruolo dell’Olp a livello internazionale fu importantissimo perché, come abbiamo visto, fu la prima organizzazione politica palestinese che acquisì credibilità agli occhi di tutto il mondo; l’organismo utilizzò questo riconoscimento per far capire al mondo la condizione reale del proprio popolo, che fino ad allora era rimasta come velata dall’ombra del sionismo. Dell’Olp facevano parte diversi gruppi politici e paramilitari, di cui il più importante era però al Fatah, il cui capo era Yasser Arafat, e operava in particolar modo in Cisgiordania e nella striscia di Gaza.228 Said analizza il movimento nelle sue caratteristiche più

227 Questo è quanto sostiene Said in E. W. Said, La questione palestinese, cit. p. 205.

228 Nelle elezioni municipali del 1976, gli abitanti della Cisgiordania e della striscia di Gaza, elessero i candidati dell’Olp come loro unici rappresentanti.

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generali e lo descrive come aderente al modello nasseriano, intendendo «non solo la presenza e visibilità del simbolo dell’autorità- lo za’im, Arafat, conosciuto anche come “il vecchio”, la cui semplice, costante presenza garantisce l’esistenza della causa palestinese, ma anche il fatto che si tratta di un movimento guidato da una filosofia nazionalista fondamentalmente centrista.»229 Il fatto che si trattasse di un movimento

centrista e nazionalista fu molto importante e fece sì che ogni palestinese, qualunque fosse il suo particolare orientamento politico e religioso, potesse riconoscersi in al Fatah. Il partito di Arafat, inoltre, è stato il partito meno incline ad opporre resistenza agli accordi, di tutti gli altri, e per questo è stato anche molto criticato da partiti come il Fronte popolare o il Fronte democratico. Certo è vero che questa sua propensione per gli accordi internazionali e i compromessi non è stata sempre una caratteristica positiva, perché ha portato l’Olp ad accettare condizioni svantaggiose che, a volte, peggiorarono la condizione dei palestinesi e resero la creazione di una Palestina indipendente un traguardo quasi irraggiungibile. I disaccordi e le opposizioni tra i vari partiti dell’Olp, d’altronde presenti in ogni realtà nazionale, sono a maggior ragione comprensibili in una realtà frammentata come quella palestinese. Nonostante tutto, però, l’Olp riuscì a creare anche una forte rete di mobilitazione e sostegno sociale: «svariati gruppi studenteschi, sindacati, scuole, programmi di aiuti ai veterani, ed una vasta ed efficiente struttura per l’assistenza sanitaria e gli approvvigionamenti.»230

Nel 1974 si riunirono a Rabat, in Marocco, tutti i capi di stato e dei governi arabi e decretarono che l’organizzazione di Arafat sarebbe stata riconosciuta come l’unica legittima rappresentante del popolo palestinese. Non solo i partecipanti alla conferenza di Rabat riconobbero l’Olp come ufficiale rappresentante dei palestinesi, ma a questi si aggiunsero più di cento paesi facenti parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Nonostante tutti questi progressi, però, i paesi maggiormente interessati nel conflitto, come, per esempio, Egitto, Stati Uniti e Israele, continuavano a rifiutargli la propria approvazione, avendo l’arroganza di pretendere di parlare a nome dei palestinesi. Nello stesso anno, e ancora più avanti nel 1977, il consiglio

229 Ivi p. 207. 230 Ivi p. 212.

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nazionale palestinese si riunì e per la prima volta rinunciò in larga misura a riottenere la completa liberazione della Palestina, a favore della creazione di uno stato autonomo nei territori della Cisgiordania e Gaza, a condizione che Israele ritirasse le sue truppe militari. Edward Wadi Said ha dedicato gran parte delle sue energie, fisiche e culturale, nel tentativo di costruire una patria comune per tutti i palestinesi, una soluzione necessaria e inevitabile, perché pensare che si possa riparare a tutti i torti e le sofferenze subite dai palestinesi è impossibile; ma altrettanto difficile è sperare, lo era al tempo di Said e ancor più oggi, che Israele ceda e accetti di creare un unico stato in cui palestinesi e israeliani vivano in pace e parità di diritti.

La speranza di un cambiamento futuro nell’atteggiamento di entrambe le parti che comporti quindi un avvicinamento è sempre rimasta viva in Said:

E siamo in molti a credere che la realizzazione di uno stato palestinese potrebbe costruire il primo, forse il più importante, passo verso la pace con gli ebrei israeliani. Un accordo tra stati sovrani e vicini significherà infatti confini comuni, scambi regolari, comprensione reciproca. E chi può escludere che, con il passare degli anni, questi confini andranno perdendo importanza rispetto ai contatti umani imbastiti tra i due popoli per cui le differenze saranno motivo di maggiori scambi più che di rinnovata ostilità?231

Con l’avanzare degli anni l’Olp si dimostrò incapace di rappresentare la popolazione palestinese nei vari accordi internazionali che si susseguirono dal 1978 ad oggi, perdendo sempre più territori e non riuscendo a far valere i diritti del proprio popolo. Cerchiamo adesso di seguire le trattative dei processi internazionali di pace, anche per chiarire quale sia stato veramente il ruolo dell’Olp, quali siano le reali intenzioni e obiettivi del governo di Tel-Aviv e quanto abbiano pesato i tentativi di mediazione di altri stati, in particolar modo degli Stati Uniti.

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