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La rappresentanza politica moderna: sovranità popolare, nazione, volontà generale

IL RUOLO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALLA LUCE DELLA CRISI DEL SISTEMA DI RAPPRESENTANZA POLITICA

2. La rappresentanza politica moderna: sovranità popolare, nazione, volontà generale

All‟inizio della moderna rappresentanza politica si trovano alcuni concetti che sono contemporaneamente l‟origine e il fine della rappresentanza stessa. Ogni

183 G. U. Rescigno, Alcune note sulla rappresentanza politica, cit., pp. 546-547. 184

Questo aspetto è ancor più fondamentale nel nostro ordinamento, in quanto è la stessa Costituzione che nel suo primo articolo, al comma 2, definisce il popolo quale soggetto in capo al quale ricade la sovranità popolare: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».

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caratteristica stessa della rappresentanza e ogni sua possibile spiegazione teorica dipendono da come questi concetti vengono trattati.

La «sovranità popolare», così come la «rappresentanza politica», sono due istituti elaborati dal costituzionalismo moderno, conquista del periodo rivoluzionario, che hanno entrambe un‟origine «borghese, cioè elitaria»185

. Secondo alcuni, ancora oggi manterrebbero tali caratteristiche e per funzionare efficacemente avrebbero sempre bisogno di «un progetto di civiltà “alta”, illuminata»186

, di conseguenza non accessibile a tutti. In una diversa concezione il modello di sovranità popolare si riduce nei fatti ad una one day democracy187: dove il rapporto tra rappresentato e rappresentante si esprime e si esaurisce il giorno delle elezioni.

È chiaro come una dinamica di questo tipo deprima l‟intero sistema di rappresentanza, rischiando facilmente di giungere fino a non attribuire al corpo elettorale «alcun rilievo soggettivo e al momento elettorale solo un valore tecnico per la selezione dei componenti l‟organo rappresentativo, privo di risvolti politici e di effetti giuridici»188, salvo quello della formazione stessa dell‟organo parlamentare. Quasi come se al popolo, seppur sovrano, fosse riservato un atteggiamento di sospetto «se non proprio di sfiducia»189.

Tutto questo potrebbe però essere il frutto più che altro di una eccessiva costruzione teorica degli istituti che ruotano intorno al concetto di rappresentanza, costruzione che spesso corre il rischio di astrarre eccessivamente alcuni dei suoi principi, fra i quali rientra proprio il concetto di sovranità popolare. Basti pensare a come esso sia stato elaborato a partire dal concetto di «Nazione». Può così

185 P. Grossi, Mitologie giuridiche della modernità, Milano, Giuffè 2007, p. 202. 186

G. Azzariti, Cittadini, partiti e gruppi parlamentari: esiste ancora il divieto di mandato imperativo?cit..

187 Non può che venire alla mente anche un altro scritto di G. U. Rescigno, Costituzione italiana e

stato borghese, Savelli, Milano 1977, p. 111, dove l‟A. provocatoriamente affermava «la nostra democrazia, consacrata dalla nostra Costituzione, è seria, ordinata, regolata e responsabile. Proprio per questo ha una gran paura del popolo, che è disordinato, sregolato, irresponsabile e irragionevole. È giusto quindi che il popolo sia difeso da se stesso, che la democrazia si celebri senza di esso, o tutt‟al più, quando proprio non se ne può fare a meno, sia ammesso con circospezione a celebrarne i riti in occasioni scaglionate nel tempo e rigorosamente predeterminate nei modi e nelle forme: le elezioni, appunto, l‟unica cerimonia costituzionale a cui il popolo è ammesso. Avvengono ogni tanti anni, si entra in una cabina, si segna una croce e poi basta. Al resto ci pensano i politici di professione».

188 E. Colarullo, Rappresentanza politica e gruppi delle assemblee elettive, Giappichelli, Torino

2001, p. 10.

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accadere che l‟intero sistema si „scontri‟ con i fatti sociali e del diritto, rimanendo sullo sfondo come insieme di concetti incapaci di spiegare se stessi.

2.1. Il concetto di «Nazione»

Nell‟impostazione classica del moderno concetto di rappresentanza politica se la «sovranità popolare» è il profilo dinamico della rappresentanza, ossia il popolo decidente, essa deve necessariamente trovare anche un profilo statico, ossia in grado di unificare quel popolo decidente, altrimenti essa non è in grado di esprimersi. A tale scopo è stato elaborato il concetto di «Nazione». Tuttavia anche tale concetto risente di tutta l‟artificiosità della costruzione teorica. Far sorgere dal „nulla‟ questo nuovo soggetto, la Nazione, risponde all‟esigenza di rimediare ad un possibile pericolo: l‟incapacità della rappresentanza moderna di unificare le volontà degli elettori e degli eletti orientandole verso fini tendenzialmente univoci.

Il nuovo concetto di rappresentanza reca in sé un serio rischio di disgregazione190 e già gli stessi teorici della Rivoluzione ne erano consapevoli. Tagliati forzosamente tutti i legami con l’Ancien Régime, o comunque nel tentativo di tagliarli, altro non resta che un‟ampia e diffusa molteplicità di individui, di singoli incapaci di formare autonomamente una realtà unica: sono una mera sommatoria191 in balìa del potere dominante, passando così dal facilmente individuabile dominus medievale all‟incerto e sfuggente dominus moderno. Il nuovo fattore unificante sarebbe dovuto essere il concetto di «Nazione», in quanto «La disomogeneità indotta dall‟elezione personale veniva allora attenuata dalla finalizzazione che gli eletti assumevano nel loro mandato: quella di perseguire gli interessi generali e uniformi simboleggianti il concetto di nazione». La rappresentanza passa così dall‟essere un fatto sociale, esigenza di ogni comunità, ad un atto statale di sola proiezione del rapporto tra il «nudo cittadino»192 e uno dei suoi rappresentanti (non il suo rappresentante).

190

E. Colarullo, Rappresentanza politica e gruppi delle assemblee elettive, cit., p. 5.

191 Ibidem.

192 M. Rosboch, La Rivoluzione francese, atti dal seminario “Winter School” tenutosi a Val della

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Il principio di sovranità popolare potrebbe così risultare completamente «svuotato», rimanendo al massimo sullo sfondo, come semplice categoria concettuale giustificatrice di un assetto che, in realtà, è una «ombra della sovranità del popolo, piuttosto che vera e propria sovranità»193.

Non solo, esistono anche altri motivi per i quali il concetto di sovranità popolare, così come elaborato nella teoria, lascia oggi insoddisfatti: «prefigurava una società centripeta non policentrica»194 o, meglio, tendeva a renderla centripeta. Nella teoria si aspirava ad un «modello di società monistica non pluralistica»195, per questo si è tentato di azzerare „dall‟alto‟ tutte le pluralità. Tuttavia si è rivelato un tentativo impossibile, in quanto il fatto sociale è molto più complesso di quanto si possa analiticamente ricostruire.

Appare quindi chiaro come avvenga proprio in questo preciso momento storico «il passaggio da una rappresentanza del popolo inteso come tale (gli elettori), ad una di esso inteso come rappresentazione astratta e indefinita (la nazione)»196 e se il popolo e la nazione non coincidono più, allora inevitabilmente si finisce col «realizzare una separazione fra i rappresentati e i soggetti rappresentati»197. Questo assetto ha influenzato – e influenza tuttora – ogni discorso intorno alla rappresentanza politica.

2.2. Il popolo, un soggetto reale

Da tutto ciò pare emergere come molti dei problemi che ruotano intorno al concetto di rappresentanza non si possano ridurre unicamente alla scelta del modello elettorale, ma è necessario tornare al fondamento stesso della rappresentanza, riflettendo su quali siano i pilastri su cui essa poggia.

Qualsiasi modello di rappresentanza non può rinunciare al «mantenimento di un legame, di un collegamento, fra i rappresentanti e rappresentanti»198.

193 A. de Tocqueville, L’assetto sociale e politico della Francia prima e dopo il 1789, in Scritti

politici, a cura di N. Matteucci, vol. I, Utet, Torino 2001, p. 225.

194

A. Barbera, Rappresentanza e istituti di democrazia diretta nell’eredità della rivoluzione francese, cit., p. 558.

195 A. Pizzorno, Il sistema pluralistico di rappresentanza, in S. Berger, L’organizzazione degli

interessi in Europa occidentale: pluralismo, corporativismo e la trasformazione della politica, trad. it. M. Vecchi, Il Mulino, Bologna 1983.

196 E. Colarullo, Rappresentanza politica e gruppi delle assemblee elettive, cit., p. 7. 197 Ibidem, p. 8.

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In questo senso non sono forse nemmeno sufficienti i pur utili e necessari strumenti di partecipazione diretta (referendum, primarie, laboratori politici, partiti liquidi, ecc.)199, quanto piuttosto di rapporti, legami, appartenenze, quelle che preesistono allo Stato; rapporti intensi proprio secondo quel significato che spesso atterrisce chi insistentemente ricerca una neutralità che è umanamente (e per fortuna) impossibile. Ben inteso, ci si riferisce a quelle naturali coagulazioni sociali proprie di ogni comunità umana, non si intende mettere in discussione i fondamentali concetti di terzietà e imparzialità, che non vanno mai esclusi.

Occorre in sostanza avere come termine di confronto un soggetto reale, il popolo, e non le sue raffigurazioni presuntive come Nazione, volontà generale, interesse generale. Questo serve non solo per ristabilire le dinamiche fisiologiche della rappresentanza politica, ma soprattutto perché la sola costruzione astratta della rappresentanza è origine di numerosi rischi. La storia recente dimostra come sia stato breve il passaggio dai concetti teorici di nazione (volontà generale, interesse generale, ecc.) a quello di Stato sovrano, proseguendo poi verso gli Stati totalitari; attraverso delle finzioni, infatti, si è tentato di spostare la titolarità della sovranità e del conseguente potere rappresentativo dal popolo al popolo-Stato, giungendo così solo ad uno Stato sovrano, etico e totalitario200. Se si lascia spazio a finzioni o astrazioni – in alcuni casi forzando la realtà – risulta poi molto più difficile riconoscere i limiti entro cui tali finzioni o astrazioni operano.

In questo ambito è coinvolta anche una grossa parte delle problematiche del parlamentarismo italiano. Infatti il Parlamento italiano sconta oggi proprio l‟astrattezza dei concetti originari che ne hanno suscitato la nascita. In questi termini si spiega la progressiva emarginazione della Camera e del Senato, che sono proprio quegli organi che maggiormente dovrebbero esprimere il legame con la rappresentanza popolare, in favore del rafforzamento degli organi decidenti, il Governo e la magistratura. Se il modello di rappresentanza è mal costruito la prima (e forse unica) vittima istituzionale è proprio il Parlamento.

199 Proprio la liquidità è stata da alcuni indicata come il modello da seguire nei moderni sistemi di

rappresentanza: F. Anderlini, Il partito liquido e la durezza del territorio, in Il Mulino, 2009, p. 199 ss.. cfr. Z. Bauman, Modernità liquida, trad. it. di S. Minucci, Laterza, Roma-Bari 2002.

200 Cfr. E. Colarullo, Rappresentanza politica e gruppi delle assemblee elettive, cit.; e vedi anche

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3. Rappresentanza e parlamentarismo. Evoluzione storica e prospettive

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