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Della rappresentazione di progetto: rendering come processo Tecni che ed applicazioni

strategie di rappresentazione rendering-based

2.5. Della rappresentazione di progetto: rendering come processo Tecni che ed applicazioni

L’uso di modellatori tridimensionali prevede un processo in due fasi, pro- prio del disegno bidimensionale a sfumature già splendidamente descritto da una famosa tavola di Sebastiano Serlio19:

• la modellazione: cioè creazione di oggetti e scena, definizione del punto di vista, determinazione delle qualità superficiali di ogni oggetto;

• il rendering: cioè creazione di un’immagine bitmap a partire dai risultati di una descrizione geometrica, delle proprietà di riflettanza degli oggetti, applicando un determinato modello d’illuminazione, realizzata ‘scattando una fotografia’ della scena con una macchina fotografica virtuale.

Entrambe queste operazioni costituiscono feconde possibilità figurative e progettuali. Se certo quelle relative ai modelli determinano uno spostamento profondo dell’attenzione, passando dalla proiettiva alla “matematica” della geometria e dal sistema intermediario alla realizzazione del vero e proprio

17 Sul concetto di 3D database cfr. M. Gaiani, Translating the architecture of the real

world into virtual reality and vice-versa: 7 years of experimentation with “conservation and representation” at OFF, Officina Infografica, Faculty of Architecture, University of Ferrara, atti

del convegno Canada - Italia Workshop, Heritage Applications of 3D Digital Imaging, 1 ottobre 1999, National Research Council, Ottawa, Ottawa, 1999, CD-Rom proceedings; E. Paquet, M. Rioux, Content-based Management of 3D Objects: Application to Anthropometry,

E-commerce and Architecture, in M. Gaiani, G. Beltramini, (a cura di), Dall’analogico al digi- tale: modelli e metodi per lo studio e la conservazione dell’architettura storica, “Quaderni 10

Centro di Ricerche Informatiche per i Beni Culturali”, Scuola Normale di Pisa, n. X, 2000, pp. 71-88.

18 Questo paragrafo riprende la maggior parte delle argomentazioni contenute in: M.

Gaiani, Strategie di rappresentazione rendering based, in L. Galloni (a cura di), Disegnare il

design, Hoepli, Milano, 2001, cui si rimanda per più ampi sviluppi.

19I cinque libri dell’architettura di Sebastiano Serlio bolognese, Venezia-Paris-Frankfurth,

output finale, sono quelle relative al rendering che producono una vera e pro- pria rivoluzione copernicana sul processo.

La declinazione dei modi di comporre l’immagine (lavorando direttamente con pennelli e matite in 2D, oppure realizzando modelli geometrici 3D, com- ponendo più immagini ecc.) e di aggregarla in varie forme (animazione sinte- tica, compositing di reale e virtuale, visualizzazione in tempo reale, realtà vir- tuale immersiva ecc.) fa sì che la produzione di immagini digitali qualifichi il rendering non solo come uno strumento di concezione e visualizzazione atto a prefigurare l’oggetto finito - la nota accezione di immagine fotorealistica - ma anche come mezzo dell’esecutivizzazione e del controllo di produzione, permettendo al tempo stesso l’unificazione di fasi fino a poco tempo addietro separate, l’omogeneizzazione di cicli eterogenei ed una capacità di introspe- zione impossibile nei modi tradizionali. In forme differenziate e con varie funzioni, il rendering a partire da modelli tridimensionali tende quindi ad interessare tutte le fasi del processo:

• costruzione e valutazione, cioè analisi formale e cromatica;

• comunicazione durante le fasi d’ingegnerizzazione, produzione e manage- ment;

• presentazione.

Questa poliedricità e polivalenza fanno sì che il lavoro per produrlo sia un’attività estremamente complessa: se da un lato attinge a tutte le figure della rappresentazione che la storia della rappresentazione ci ha consegnato (disegni, maquette, panorami, collages, fotografie, filmati, immagini sinteti- che, immagini analitiche, ecc.) e a tutte le tecnologie analogiche a noi note, dall’altro le declina in una serie di passaggi e accezioni corrispondenti ai momenti dell’intero ciclo di produzione, dal momento ideativo ed autografico fino al momento di divulgazione, cioè quello allografico per eccellenza. Ciò che governa quindi il processo di produzione del rendering digitale non è tanto la capacità creativa della singola figura, isolata e sintetica, quanto il grado di elaborazione del progetto dell’immagine e la sua rispondenza ad un processo al tempo stesso artistico e legato al sistema realizzativo. In secondo luogo, è determinante la capacità di saper cogliere i differenti apporti come elementi concorrenti alle differenti fasi della visualizzazione nello spazio e nel tempo a partire dalle medesime basi. Le tecniche di costruzione del ren- dering digitale consentono infatti di rappresentare il mondo al tempo stesso percettivamente e concettualmente, semplicemente variando gli attributi della scena o il mezzo di consultazione.

Operativamente, se infatti è possibile utilizzare l’elaboratore allo stesso modo del foglio di carta utilizzando matite, pantoni, acquerelli digitali dalle caratteristiche del tutto simili a quelli reali, tuttavia non necessariamente questa è l’unica o la migliore soluzione. Si tratta piuttosto di saper scegliere fra una ricca gamma figurativa che vede l’immagine fotorealistica realizzata a partire da modelli tridimensionali come la tecnica più consueta, in realtà solo soluzione possibile, adatta non a tutti, ma solo a specifici usi.

La grafica fotorealistica in effetti focalizza la sua attenzione sul realismo dell’immagine generata dal computer. L’enfasi sulla creazione di algoritmi per il rendering fotorealistico nasce dal desiderio di capire e modellare computa- zionalmente gli effetti della luce sugli ambienti virtuali. Tuttavia, vi sono aree della presentazione di informazioni visuali in cui la soluzione fotografica si mostra carente rispetto alle necessità espressive e comunicative dei designer. Per fornire uno strumento appropriato a queste situazioni è nato il rendering non fotorealistico (NPR), insieme di tecniche che simulano il mondo reale impiegando stilemi reminiscenze di tecniche manuali come la pittura (pain- terly rendering), l’illustrazione artistica (schizzo, penna e inchiostro, litogra- fia, etc.), l’animazione a cartoni animati (toon shading), ancora a partire da modelli tridimensionali.

La soluzione della messa in serie di più rendering per creare un’animazio- ne è altresì destinata a giocare un ruolo fondamentale. Si sono già viste le possibilità del rendering di modelli 3D in tempo reale.

Un’ulteriore procedura ricca di possibilità e alternativa ai metodi visti, nei quali tutto nasce ancora da un sistema bidimensionale o da un sistema tridi- mensionale e finisce in un sistema bidimensionale statico o dinamico, consiste nella creazione di sistemi 3D a partire da immagini raster 2D. Si tratta delle cosiddette rappresentazioni image-base coded, che si basano sulla geometria implicita, contrapponendosi in ciò alle rappresentazioni model-base coded caratterizzate da una geometria esplicita. In ogni sistema di image-based ren- dering il modello consiste nella serie d’immagini di una scena e delle loro cor- rispondenti mappe di profondità: quando la profondità di ogni punto dell’im- magine è nota, questa può essere renderizzata da ogni punto di vista vicino, proiettando i pixel dell’immagine sulle loro locazioni 3D e riproiettandole su una nuova immagine planare. Una nuova immagine della scena è quindi crea- ta deformando le immagini secondo le loro mappe di profondità. Sfruttando questa proprietà, è stato dimostrato come immagini sintetiche, correttamente riposizionate nello spazio tra loro attraverso deformazione per trasformazione affine e compositing, assieme alle relative mappe di profondità, possano pro- durre un’ambientazione virtuale in real-time: così sono nate tecniche come i tableau, i diorami, i panorami, i VR object digitali, di cui Quick time VR di Apple è certamente l’applicazione più nota. L’aspetto più interessante dell’ima- ge-based rendering è quello di offrire un metodo per renderizzare scene incre- dibilmente complesse con una quantità computazionale dipendente solo dal numero di pixel, e in ogni caso costante per ciascuno di essi.

2.6. Della rappresentazione di rilievo: una metodologia per l’acquisizio-