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La mobilità in Kenya presso la città di Kilifi e la Pwani University, contemporaneamente allo svolgimento del progetto TICASS, si è concentrata nella

113 raccolta di dati tramite interviste a diverse persone che vivono nella zona. Per comprendere al meglio la percezione dei soggetti intervistati è stato utile incontrare diverse persone che vivono e lavorano in contesti differenti tra loro affinchè potesse risultare utile apprezzare visioni e percezioni differenti della povertà e come questa possa essere direttamente percepita dalla popolazione.

Anzitutto dobbiamo ricordare che le interviste condotte durante la mobilità non hanno valenza scientifica, ma vengono riportate all’interno di questo testo al fine di fornire ulteriori elementi conoscitivi e d’interpretazione a sostegno del progetto di ricerca. In primo luogo, dobbiamo ricordare come il Kenya secondo al momento attuale e della mobilità non era annoverato tra i paesi più poveri del mondo, tuttavia non è da comprendere all’interno del gruppo dei più ricchi. Questa particolare caratteristica ci ha permesso di incontrare diverse persone con estrazione sociale differente così da permetterci di avere una visione il più possibile ampia e fedele della percezione della povertà tanto vissuta come percepita dall’esterno. Senza voler riportare interamente il dialogo intrapreso con ciascun soggetto durante le interviste, vogliamo riportare tramite un elenco di fattori più incisivi della povertà quale percezione hanno le persone intervistate sia della loro condizione che di quella delle altre soggettualità che vivono nella loro zona.

Richiamando alcuni degli aspetti più significativi emersi durante la trattazione del fenomeno della povertà riportiamo su quali aspetti principalmente le domande che abbiamo posto si sono concentrati

▪ Situazione abitativa ▪ Salute e prevenzione ▪ Istruzione ▪ Redditi percepiti ▪ Prospettive di vita ▪ Solidarietà

Questi aspetti ci sembrano essere significativi per quanto riguarda uno sguardo più accurato della povertà in Kenya in quanto tutti, seppur con altre denominazioni, sono tutti elementi che concorrono alla dimensione della povertà. Per quanto riguarda il

114 primo aspetto la situazione abitativa più diffusa, tra i soggetti intervistati, è quella di una situazione spesso costruita in mattoni e cemento con poco mobilio all’interno, così come pochi sono gli elettrodomestici all’interno, eccezione fatta per un’unica situazione dove erano presenti frigorifero e Tv; poche tra le persone intervistate vivono all’interno di abitazioni costruite con materiale di recupero o con materiali naturali come legno e fango. Tuttavia, è relativamente diffusa la convivenza con tutti i membri della famiglia, in pochissimi casi le abitazioni sono condivisi con altri membri della comunità. In questo senso la casa è vissuta in maniera differente rispetto all’idea occidentale, dove la famiglia o il singolo trascorrono parte della vita e le relazioni con i vicini spesso sono scarse o inesistenti. In questa dimensione la casa per gli intervistati è un luogo funzionale all’alimentazione e per il riposo e, se non isolata dalle altre case del villaggio, al suo esterno diventa un luogo di aggregazione. Durante il viaggio verso alcuni villaggi è stato possibile notare come situazioni abitative più modeste e prive di fonte di energia assumevano la funzione di luogo di aggregazione e di condivisione tra i vicini, spesso in funzione del fuoco acceso di fronte a una delle abitazioni. Possiamo notare come, in maniera differente rispetto alla concezione occidentale, le modeste condizioni dell’abitazione non condiziona troppo la qualità della vita del soggetto, poiché questa non svolge la medesima funzione che svolgerebbe in un paese occidentale, complice in questo caso anche il clima.

Riguardo alla situazione sanitaria e di prevenzione è doveroso precisare alcune questioni; durante la visita di varie zone è stato possibile entrare a vedere un unico centro medico, pertanto le informazioni riportate si riferiscono alla specifica situazione solamente. Il centro medico è situato all’interno di un piccolo villaggio e copre una popolazione di circa 16000 utenti che provengono da zone relativamente limitrofe. L’infermiera, di cui non citiamo il nome per ragioni di privacy, ci racconta come l’assistenza medica ha un costo molto basso (20 scellini, meno di 0,20€) che permette alla quasi totalità delle persone di poter accedere a cure mediche. D’altra parte, molti incontrano difficoltà nell’accesso al centro poiché vivono distanti da questo, anche di svariate decine di kilometri e il trasporto non sempre è presente. L’assistenza medica fornita è quella basica, ma cerca di coprire più urgenze possibili; deficitario è l’aspetto della prevenzione soprattutto per quanto riguarda le malattie che in quella zona sono più diffuse, quelle sessualmente trasmissibili. In questa particolare circostanza il poco personale medico cerca, ciclicamente, di visitare i villaggi della zona portando

115 materiale di prevenzione e cercando di educare i giovani, soprattutto il sesso maschile, alla prevenzione e all’attenzione. Questo aspetto però, ci racconta l’infermiera, incontra spesso il dissenso da parte delle famiglie d’origine che non vedono di buon occhio l’utilizzo di metodi contraccettivi e protettivi.

Dal punto di vista dell’istruzione da qualche anno, racconta un padre di tre bambini, il governo kenyota ha imposto a tutti i genitori di mandare i figli a scuola pena una sanzione. Questo deterrente amministrativo e pecuniario risulta essere efficace in questo contesto vista la scarsità di redditi fissi da parte della maggior parte della popolazione. Tuttavia, l’obbligo scolastico è finalizzato solo alla conclusione del ciclo primario che però arriva fino ai tredici-quattordici anni, in funzione del fatto che molti giovani per contribuire economicamente in famiglia vanno in cerca di un lavoro. Il racconto del padre evidenzia come le attività didattiche a scuola sono legate alla letto- scrittura e alla matematica, sono praticamente assenti la visione di film o documentari che possono integrare la didattica tradizionale. Gli insegnanti incoraggiano la lettura dei bambini a casa fornendo dei testi da poter leggere, ma questo incontra un ostacolo proprio all’interno delle mura domestiche, nel momento in cui uno o entrambi i genitori siano analfabeti e quindi l’esercizio della lettura da parte del bambino è relegato all’interno della scuola. L’abbandono scolastico è molto alto e la percentuale di studenti che prosegue gli studi arriva all’università che accoglie migliaia di studenti, come nel caso della Pwani University, mettendo a disposizione anche degli alloggi per chi vive lontano dalla sede. Così come evidenziato dall’analisi dei dati statistici in Italia, anche in questo contesto maggiori livelli di istruzione coincidono con lavori meglio retribuiti.

In questo senso il reddito percepito è una variabile molto ampia in quanto la maggior parte dei soggetti intervistati non possedeva un’attività vera e propria, fatta eccezione per una parrucchiera di un villaggio poco fuori Kilifi e all’infermiera del centro medico. La maggior parte delle persone intervistate percepiva dei redditi improvvisandosi tassisti in moto, vendendo frutta e carne o semplicemente con lavori saltuari. Dal racconto della parrucchiera trovare un lavoro stabile è molto complesso e pochi riescono a trovarlo e per incrementare la disponibilità di reddito molti vanno alla ricerca di più occupazioni, spesso può trovarsi nella necessità di spostarsi verso centri urbani più grandi dove le possibilità di lavoro sono maggiori. Tuttavia, l’aspetto

116 economico sembra rappresentare la preoccupazione maggiore per la totalità dei soggetti intervistati.

Per quanto riguarda le prospettive di vita la maggior parte dei soggetti intervistati è concorde con l’affermare che l’aspetto economico è quello che più degli altri influenza le scelte quotidiane e la vita nel complesso e l’unica strada percorribile sembra quella legata all’acquisizione di più competenze possibili. Tutti gli intervistati, genitori di bambini ancora in età scolare, sono concordi con l’affermare che l’istruzione è l’unico mezzo attraverso il quale riuscire ad avere migliori condizioni di vita e che l’acquisizione di conoscenze permetterebbe di accedere all’acquisizione di beni. Sul valore della conoscenza, abbiamo potuto notare come in alcuni degli intervistati il riferimento a questo aspetto era riconducibile a una conoscenza che proviene dal mondo occidentale, mettendo in ombra quasi totalmente le interpretazioni e le conoscenze proprie della cultura. Qualora il soggetto riesca a trovare lavoro questo viene immediatamente speso e poco e niente viene risparmiato.

In ultimo l’aspetto della solidarietà è quello dove abbiamo riscontrato maggiori similitudini con la nostra società. In termini di solidarietà le persone intervistate hanno raccontato come chi vive in una situazione di povertà all’interno delle loro comunità viene quasi sempre emarginato anche da coloro che possiedono relativamente di più rispetto al soggetto in povertà, questo è legato all’aspetto del denaro come implementazione e miglioramento delle condizioni di vita. Questa lotta interna alla comunità spinge chi possiede di più rispetto agli altri di rinchiudersi all’interno della propria condizione e spesse volte anche a emarginare gli altri.

Tuttavia, è doveroso annotare come molte delle persone intervistate, seppur hanno raccontato di episodi di poca solidarietà, collimano nel credere che la povertà si configuri come uno stato mentale che ha certamene a che vedere con il denaro, ma questo da solo non serve a condurre una vita degna. È opinione diffusa tra gli intervistati il pensiero secondo il quale la povertà è anzitutto una mancanza di conoscenza e in questa direzione spingono i loro figli a impegnarsi a scuola e nello studio. Certamente non mancano episodi di solidarietà tra conoscenti, le relazioni sociali in contesti rurali, in modo particolare, sono fondamentali allo svolgimento della vita quotidiana. Nei villaggi più piccoli c’è quasi sempre un luogo dove gli abitanti possono incontrarsi e parlare, nelle città di dimensioni ridotte questi luoghi di aggregazione sono rappresentati dalle attività commerciale, mentre nelle città più

117 grandi luoghi di incontro non sono pensati poiché in questi spazi ciò che determina il ritmo e le necessità della vita è il lavoro.

Le interviste fatte in Kenya hanno delineato uno scenario profondamente differente da quello che normalmente siamo portati a credere quando immaginiamo situazioni di vita rurale in contesti di povertà. Da sottolineare come anche se l’aspetto economico resta al centro delle preoccupazioni di tutti gli intervistati, c’è una diffusa opinione verso l’importanza dello sviluppo di competenze e capacità da poter utilizzare, in questo caso, come tramite per raggiungere un reddito più alto altrimenti irraggiungibile.