Gi o v a n n i Sf o r z a. Francesco Maria Fiorentini ed i suoi contem
poranei lucchesi. Saggio di Storia Letteraria del sec. X V I I . Lucca 1879.
A discorrere largamente e secondo il m erito di quest’ o- pera, che può dirsi un bel m onum ento di storia letteraria, ed una prova luminosa del valore e della erudizione dell’ autore, richiedesi quella ponderata osservazione, che non può per fermo ottenersi da una rapida lettura come è stata la nostra;
poiché, così fummo tratti dal soggetto e dalla pienezza del- 1’ esposizione, che il libro fu più presto per noi divorato che letto. C iò vuol dire, ed ecco la prima e principal d o te , che la divisione del lavoro seriamente m editato, uscì dalla mente e dalla penna dell’ autore, con quella opportuna econom ia che è domandata in sì fatti la v o ri, affinchè nulla v ’ abbia d’ oscuro e di fu ggevole, 0 palesi confusa la materia e mal digerita.
Deriva da questa dote 1’ altra importantissima del non esservi nulla d’ ozioso 0 di superfluo, e specialmente spicca l’ a vv e
dutezza dello scrittore, nello aver con felice perspicacia posto
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nel testo quelle notizie e quei postulati che giovavano dirit
tamente alla sua narrazione, e relegato nelle abbondanti note le cose m eno importanti, ma che meglio valgono a chiarire e lum eggiare uomini ed avvenimenti. Altri potrà trovare que
ste note soverchie, non già n o i, ben sapendo com e l’ indole di questi lavori richieda moltiplicità di piccole appendici a pie’ di pagina; assai più poi quando, come qui, v ’ abbia larga parte la bibliografia. E diciamo le annotazioni piccole appen
dici, in quanto che quelle più ampie vennero opportunamente collocate in fine della prima e della seconda parte. E ne va data lode all’ autore, il quale anziché intromettere nel testo per intero lunghe lettere e relazioni ed altri docum enti, v ha posto tutti quei brani che non interrompono bruscamente il racco n to, e quasi si direbbe vi cadono da per se stessi senza sforzo o apparenza di artificio. Donde si vede, eh’ ei non solo s’ era ridotto in sangue tutta la erudizione tratta da un gran
dissimo numero di libri i più disparati, indigesti e noiosi, ma seppe con grande felicità dominare il suo argomento, e quasi da luogo eminente abbracciarlo tutto con un volger d o c ch io , per la qual cosa si manifesta fatto di getto e quasi direbbesi scritto d’ un fiato, piuttostochè una delle solite fastidiose spezzettature cucite insieme senza grazia e senza unità di concetto.
C om e si vede dal suo titolo l’ opera m uove dal nome di Francesco Maria Fiorentini, ma raggruppa intorno a lui tutti i contemporanei, donde le due parti in cui si divide.
Nella prima si raccolgono le notizie della famiglia Fiorentini, v ’ ha una estesa biografia di Francesco M aria, e i cenni più importanti de’ suoi discendenti, specie del figlio Mario e del nipote omonimo dell’ avo, letterato quegli assai noto, questi bizzarro viaggiatore; la seconda ci porge un quadro in ogni sua parte compiuto, delle scienze e delle lettere in Lucca ai tempi del Fiorentini. Nè in questa seconda parte 1 autore abbandona
il suo principale soggetto, chè il Fiorentini scienziato, storico e poeta, campeggia dovunque e forma la figura principale ,del quadro. Per questa ragione anche Γ ultimo capitolo che discorre del carteggio e degli amici di Francesco M aria, e che avrebbe forse dovuto trovar luogo nella prim a parte, quivi non disdice come quello che ha tratto allo svolgim ento del pensiero letterario e scientifico, e giova benissimo alla conclusione in che viene lo Sforza, giudicando con sintetica lucidità alle stregua de’ fatti, del m erito di quel celebrato lucchese.
Francesco Maria nato in Lucca nel 1603 da fam iglia v e nuta da Cam aiore, da prima non parve disposto a perpetuare la famiglia; poi piegatosi a’ desideri del padre, abbandonata ogni idea dello stato ecclesiastico, studiò in Pisa e di 26 anni fu laureato filosofo-medico, secondo diceasi allora. In pa
tria non tardò a mostrare i frutti dei suoi studii. E 1’ occa
sione dolorosa d’ adoperarsi a pubblico beneficio, gli fu porta dalla peste scoppiata in varie parti d’ Italia nel 1 6 3 0, e che invase fieramente il lucchese territorio e nella sola città riusci micidiale a ben 9000 persone.
La storia di questo morbo terribile incominciato nel contado, ci viene esposta dallo Sforza con abbondanza di n o tiz ie , con verità di storico e con giudiziosa erudizione scientifica. Eletto il Fiorentini a presiedere al Lazzaretto (25 nov. 1630), non solo dette prova di intelligente operosità e d’ anim o invitto, lagnandosi soltanto « di non poter far di più », ma edotto dalla pratica consigliò opportunamente i C on servatori di Sanità. Fu m orso dalla calunnia, retaggio degli uom ini intem erati, ma si difese e vinse. E quando nell’ anno successivo, dopo breve tregua, la peste rialzò la cresta con nuova ed inusata v io lenza, il Fiorentini fu deputato pubblico sanitario (12 aprile) al terziero di S. M artino, e più tardi dovette recarsi a V ia reggio ad esaminarvi alcune malattie.
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Datosi agli studi eruditi, e introdotto com m ercio di lettere con tutti i più insigni uomini del suo tempo, ben presto sali in fam a, ed ove avesse voluto abbandonare la patria non gli mancarono offerte d’ uffici degni e lucrosi da Principi e da Papi. Preferì servire la Repubblica, e le magistrature che vi tenne gli proccaciarono dispiaceri ; ma egli m ostrò anche qui di qual nobile e generoso animo fosse dotato. Raccolse una importante biblioteca ricca di libri peregrini e di manoscritti di gran c o n to , ed è a dolere che passata in potere del G o verno nel 1802 pel prezzo di lire 9240, venissero in gran parte distrutti que’ codici preziosi nell’ incendio del 1822.
La galleria ed il museo che ebbero le cure amorose del Fiorentini, e del secondo rimane memoria nelle opere del T argion i, del Donati, del Zaccaria e del M uratori, andarono miseramente dispersi dopo il 1790. N egli studii e nelle pre
dilette occupazioni passò il resto della sua vita , che dal 1648 in poi tu travagliata da non lievi m alori, e m orì ai 25 gen
naio del 1673.
M olti figli ebbe da Laura Benassai che sposò nel 1640, ma quegli che in un colle sostanze redo in piccola parte Γ in
gegno e la rinomanza del padre fu Mario (n. 8 giugno 1642), anch’ egli m edico, e che disegnava una Biblioteca degli au
tori lucchesi, ma gli mancò 1’ animo e la mente a comporla.
Più che per le sue scritture> rimaste inedite, viene ricordato per la dimestichezza eh’ ebbe col Magliabechi, col Redi, col L ap i, coll’ Aprosio e con altri. Di lui (m orto nel 1720) nacque nel 1703 Francesco Maria G iuseppe, col quale si estinse nel 1790 la f; niglia, e che non sarebbe certo uscito dalla dimenticanza, r■■ non avesse lasciata una narrazione dei suoi viaggi, scritta « con lingua spesso scorretta, con stile incolto », ma di tanta evidenza nelle descrizioni, che « ci tra
sporta nelle principali corti d’ Europa, nelle città più famose, ed ha la potenza di farci quasi rivivere in mezzo a que*
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tem pi, di mostrarceli nel più intimo de’ costum i, degli usi della vita ». T u tto ciò ben si pare dal partito che ne ha sa
puto cavare pel suo lavoro lo Sforza, il quale, secondo m e, farebbe opera buona a darla fuori tutta quanta, sebbene mu
tilata, laddove parlavasi di casi a m o ro si, da qualche insulso torcicollo.
Senza addentrarci negli argomenti scientifici e letterari che vengono svolti ampiamente nella seconda parte, ci contente
rem o di accennare appena alle diverse parti trattate dall’ au
tore, presentandoci il suo soggetto nei m olteplici atteggiam enti del suo versatile ingegno.
G li studi ne’ quali maggiormente spiccò il sapere del F io rentini, furono la medicina e 1’ erudizione storica. L e opere mediche date fuori da lui e quelle che rim angono inedite, ci dicono che appartenne a quella scuola iatromatematica, che riconosce il suo capo nel Borelli e s’ illustra dei nom i del R edi, del M alpighi e del Bellini; quella scuola che fondava le sue dottrine nella filosofia sperimentale posta in onore da G a lile o , il quale se non fu maestro del F io ren tin i, certo il conobbe, come è manifesto dalle due lettere di questi indiritte al gran matematico.
E qui è degna d’ osservazione la storia dell’ arte salutare in Lucca, desunta dalle opere de’ medici di quel secolo e dai molteplici carteggi, per la massima parte inediti. Ed a questa tien dietro la esposizione dello stato in cui trovavasi la bota
nica, ed alla quale il Fiorentini, che 1’ avea studiata a Pisa colla scorta del D el V ig n a , contribuì mettendo insieme un erbario secco in 15 volum i, quattro de’ quali sono nella Bi
blioteca di Parm a e undici in quella di Lucca ; erbario m olto ricco e che contiene molte piante esotiche piuttosto rare a quei tempi. Di più scrisse un’ opera sull’ Issopo rimasta m a
noscritta.
Ma il lavoro che doveva dargli fama ben più duratura
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erano le Memorie della contessa Metilde, uscite alla luce nel 1 642, e ristampate un secolo dopo con note e copiose giunte di D om enico Mansi. Le lodi che gli vennero da ogni parte d Italia e dai dotti stranieri, mostrano davvero eh’ ei si pa
lesò « critico acuto e storico veritiero ». E quando si pensa che egli entrò in un campo non diremo inesplorato, ma reso già irto di spine e pieno di confusione, e che per ri
cercare la verità ha dovuto leggere dodicimila tra privilegi e strum enti, s’ intende di leggieri quanto fossero meritate le lodi date posteriormente a quel libro dal Leibnitz e dal M u
ratori. Pose mano in seguito ad altre opere di storia patria, ma non ne condusse a termine nessuna. Intorno alla pubbli
cazione del ricordato libro ed ai cenni dei lavori di storia lucchese intrapresi dal Fiorentini, ha bellamente l ’ autore an
nodato tutte le notizie, atte a mostrarci lo incom inciare e lo svolgersi del concetto storico e d’ erudizione in L u cca; le cure del G overno nel dar mano a pubblicazioni d’ opere di storia paesana, e la numerosa schiera de’ patrii scrittori, ri
masti per la maggior parte inediti, de’ quali quel secolo si mostrò tanto fecondo.
L ’ antico martirologio pubblicato nel 1678 con si gran nu
mero d’ illustrazioni e di note dal Fiorentini, lo pone di lan
cio fra i più valenti scrittori di sacra erudizione. L e unanimi lodi onde fu proseguito da dottissimi contemporanei, mostrano che 1’ insigne lucchese era giunto a quell’ alto segno, che la critica d’ allora consentiva, ed anziché dim inuire, crediamo cresca il suo merito se proprio oggi il principe degli archeo
logi, Giambattista De R ossi, ha reputato quell’ opera tanto im
portante da riprenderla in esam e, e gli è pur forza ricono
scere la verità di non poche conseguenze, e la dirittura di alcune sue ipotesi. Perciò se il De R ossi, come prom ette, ristamperà il m artirologio sopra testi m igliori, « la nuova edizione non farà dimenticare il nome del Fiorentini, nè le
G i o r n . L i g u s t i c o , Ληηο VI,. 7
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sue utili e dotte fatiche ». N on è certo abbondevole il n o
vero dei cultori di studi sacri che vissero al tem po e nella città di Francesco M a ria , e que’ pochi eh’ ebbero qualche fama gli rimasero certo di gran lunga inferiori. P o co è a dirsi degli ascetici puri, che salvo alcune eccezioni furono troppi e miserabili, dovunque, e il Fiorentini dettò anche in questo genere qualche libricciuolo, perduto fra gli anonim i ; m aggior arido ebbero i controversisti. G li scritti del fratello suo G i- rolam o de’ C hierici Regolari della Madre di D io intorno al teatro, hanno m osso lo Sforza a darci una particolareggiata storia di quella disputa che accese per tanto tem po gli anim i, ma non giovò a restaurare il costum e. B elle, sin golari ed ignorate notizie rilevansi sopra que’ pubblici divertim enti che attrassero sempre i popoli; ed è curioso il rilevare che m en
tre i moralisti e i predicatori si scalm anavano contro Γ a b i e zion e, gli scandali e le disonestà, e lo stesso P. G iro lam o riceveva una buona risciacquata, perchè era dispiaciuto alla Signoria che avesse parlato dal pulpito « con troppa libertà » del permesso concesso a certi uomini di recitare una co
media assai scandalosa, le monache di S. G iovanetto assi
stevano alla rappresentazione del dramma per m usica così intitolato: Amor non vuole età che sia provetta, E chi denti non ha non ci si metta, ovvero lo scherno de’ vecchi amanti; ed a Rom a i cardinali, ridendosi delle sante parole del P. Zucchi, s’ affollavano nel teatro della Regina' di Svezia ad udire co
medie immorali. U n singolare riscontro di sì fatta co n tro
versia sulla moralità del teatro, se non per gli argom enti al
meno pel fine civile, abbiamo avuto testé negli scritti del M ar
tini e del Ferrari.
E poiché abbiamo toccato del teatro, non vogliam o passarci dal notare com e il Fiorentini anch’ egli pizzicasse di poeta e si provasse nel melodramma. O n d ’ è posto dallo Sforza in ischiera con tutti i pochi lucchesi contem poranei; e dopo aver detto
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di questi e delle accademie, ci pone sotto gli occhi la storia del teatro, completando così quanto intorno a questa materia espone a proposito della suaccennata controversia dei moralisti.
Dalla schiera di questi versificatori si leva tuttavia il nom e d uno de’ più colti letterati che allora vantasse la piccola repubblica, le cui lodi abbiamo inteso risuonare moderna
mente per bocca del Giordani ; intendiamo Bartolom eo B e
verini , il quale se non salì molto alto nella poesia v o lg a re , vinse tutti quelli della età sua nel metro e nella prosa latina.
T ien e quindi il primo luogo fra i cultori di questo idiom a, de’ quali, e non m ediocri, non patì difetto la città di Lucca, come ci narra l’ autore, laddove tocca delle scuole donde uscirono quei latinisti. Anche Francesco Maria è del novero, ma « specialmente neltrattare cose scientifiche riuscì ruvido, contorto, spoglio affatto d’ ogni e le g a n z a ...; al Fiorentini mancava affatto il senso del bello , nè sentì giammai amore per l’ art e, nessuna cura ebbe della forma o scrivesse in prosa o in verso, o nella lingua materna o nella latina ».
Quando si affermasse che il Fiorentini tenne commercio di lettere con tutti gli uomini più celebri del suo tem po, sarebbe tutto detto. Si sdegnò delle persecuzioni di G alileo
« delle quali, non parlo perchè son sicuro che Γ affettione mi trasporterebbe in eccessi » ; sovvenne in alcune gravi dif
ficoltà il belga Vanden B roecke, lodato latinista e professore d’ eloquenza nell’ ateneo pisano; ebbe lodi, incoraggiamenti e consigli dai dotti Dufresne e Du Faultery; il W adingo gli pregava da Dio lunga vita, perchè erangli noti i suoi rari talenti; conobbe il Bollando del quale pianse sentitamente la m orte, e fu liberale d’ ospitalità, di codici e di notizie al- 1’ Henschen ed al Papebroeck che continuarono 1’ opera di quell’ illustre gesuita; aiutò il Della Rena nella sua Serie degli antichi Duchi e Marchesi- di Toscana, 1’ Ughelli nella Italia Sacra, il Galeotti e il Puccinelli. Degli stranieri conobbe
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anche il L an ge, il M enestrier e il Suares; degli italiani ebbe lunga corrispondenza col M agliebechi, col L a p i, col Redi e coll’ A p r o s io , per non dir d’ altri. C a rlo R oberto D ati lo disse « in ogni sorte d’ erudizione, ma specialm ente nelle antichità di T o sca n a , P oracolo D elfico ».
L o Sforza conchiude co sì: « P iegh evole ingegn o fu quello di lui. L o vediam o ad un tem po coltivare la medicina ' e la poesia, la botanica e la sto ria, l’ archeologia e le scienze sacre. Appunto in questa p ie g h e v o le zza , in questo desiderio di addentrarsi ne’ m olteplici rami del sapere sta la ragion e, per cui non sempre gli riuscì di raggiungere quella eccellenza, che certo avrebbe egli to c c a to , se avesse vo lto la mente ad un solo genere di studi. N ella sua stessa città, come botanico, gli conviene cedere la palma al C a m p i; nella medicina parecchi de’ colleghi gliela contendono; nella poe
sia numerosa è la schiera a cui le M use sorrisero con più soave dolcezza. N ella storia per altro non solo prim eggia sopra i concittadini, ma tra gli storici italiani del secolo X V I I , m erita che il suo nome si ricordi con assai lo d e; con lode grande poi fra gli scrittori di erudizione ecclesiastica ». Ben fecea dunque il Com une di L u c c a , a perpetuare la m em oria di tanto u o m o , collo apporre all’ abitazione che fu sua la seguente iscrizione dettata dal chiaro ingegno di C arlo M i- nutoli :
Casa
di Francesco Maria Fiorentini medico n a t u r a l i s t a a n t i q u a r i o uno de’ primi a introdurre la critica nella storia
colle memorie della Co : Matilde M D C IU -M D C L X X I I I .
E qui ci arrestiam o volen tieri, contenti di aver avuto sem pre cagioni di lodi verso 1’ egregio autore. Sappiamo che altri riguardando sottilmente potrà scoprirvi delle m end e, delle
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superfluità cosi in fatto di autori come di erudizione, forse troppa in luoghi non proprii e in cose relativam ente di lieve im portanza; ma chi considerala ragione dello scritto, e il proposito dell’ autore di raggruppare intorno al Fiorentini la storia letteraria lucchese del seicento, facilmente lo scusa; ol
treché tanti e sì luminosi sono i pregi del la v o ro , che scom pare qualsivoglia neo.
N el dettare questa imperfetta notizia d’ un’ opera molto im portante, fu nostro divisamento invogliarne gli studiosi, i quali certo si lagneranno che ne siano stati stampati soli 104 esemplari. Ma noi abbiamo in animo di riprendere fra mano il lavoro a più tranquilla stagione, trarne tutte quelle notizie che hanno tratto alla nostra Liguria, ora appostatamente ta
ciute, e coi molti materiali che ci porgono le lettere dei luc
chesi all’ Aprosio conservate nella U niversitaria, tessere una memoria atta a far meglio conoscere questo libro e ad illu
strare ignoti aneddoti di storia letteraria.
V A R I E T À
Lettera di monsig.re Ag o s t i n o Ma s c a r d i , circa la censura fatta al suo libro : La Congiura di Genova del C on te Fieschi.
Il sig. canonico Bracelli mi fé vedere in una lettera di V . S., 1’ honor grandissimo, che dalla sua gentilezza ricevono le mie scritture; poiché quando io credeva d’ havere stancato ogni patiente lettore con la pubblicatione di tanti fogli disu
tili , t r o v o , che V . S. non satia ancora di leggere i compo
nimenti stampati, ne chiede nuovamente degli altri, se pur vi fossero , in penna. Confesso a V . S. che non senza partico
lare ambitione ho letto quel che ella scrive; perchè veggendo di non poter dar tanti segni della mia debolezza, che non
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sieno per rimaner sollevati da uguali espressioni della sua co rte sia , auguro a me m ed esim o, o al mio nom e qualche ventura nello avven ire, dove ho fin hora desiderata la sola tolleranza degli huom ini letterati. E s’ io potessi persuaderm i del tutto, che V . S. havesse sinceram ente giudicati, non am o
revolmente com m endati, i miei scritti, ardirei forse di sti
marmi non quel che sono , ma quale vengo dipinto favori
tamente da lei. N è più oltre m i stenderei in argom ento si lu b r ic o , nel quale non posso prestar fede alla conoscenza c’ ho di me stesso , e della mediocrità de’ m iei studi , senza ingiuriar tacitamente il suo giuditio ; alla cui autorità, e com e ben fondata su la ragione della propria em inenza , io debbo sottopormi per non errare. Ma forse ha Voluto la m ia buona fortuna somministrarmi 1’ antidoto col v e le n o , accio che quando 1’ altrui maligna ignoranza havesse bruttam ente lace
rata la mia Congiura, le benignità di così dotto, e gentil ca
valiere la medicasse. H o veduto quell’ infelice com ponim ento ristampato in Venetia da G iacom o S ca g lia ; il quale uscendo da’ confini di m ercenario, e m ecanico stam patore, s’ ha usur
pato l’ ufficio di tem erario, et arrogante censore: e dove era tenuto a sodisfare al debito del suo m estiere co rreggen d o l’ ortografìa v ergogn o sa, e sto rp iata, s’ è fatto ad alterare i sentimenti della mia historia, tralasciando in più lu oghi e cangiando a suo capriccio le mie parole. Q u e s to , e forse anche più grave eccesso , fu dal Bidelli stampator m ilanese commesso gli anni passati nella quarta publicatione delle
pato l’ ufficio di tem erario, et arrogante censore: e dove era tenuto a sodisfare al debito del suo m estiere co rreggen d o l’ ortografìa v ergogn o sa, e sto rp iata, s’ è fatto ad alterare i sentimenti della mia historia, tralasciando in più lu oghi e cangiando a suo capriccio le mie parole. Q u e s to , e forse anche più grave eccesso , fu dal Bidelli stampator m ilanese commesso gli anni passati nella quarta publicatione delle