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5 state m ercè l’ esercizio delle loro industrie e del loro com

COMPENDIOSE OSSERVAZIONI

5 state m ercè l’ esercizio delle loro industrie e del loro com

m ercio. Di maniera che i Consoli eletti da queste associa­

zioni erano i delegati d una locale aristocrazia rappresentante la ricchezza e l’ intelligenza. Da ciò derivò che i membri m aggiorenti delle Com pagne costituirono un ordine di citta­

dini superiore, al quale spettarono di fatto i diritti politici, e che dipoi per consuetudine furono appellati Nobili con­

solari.

Il governo consolare era costituito dai Consoli del Comune, dai C on soli dei placiti e dal Consiglio di credenza (Consiglio dei sa vii). A i Consoli del Com une apparteneva la suprema cura degli affari della Repubblica, e perciò era loro attribuito il potere legislativo ed esecutivo; ma quest’ ultimo dovevano esercitarlo tenendo conto dei pareri consultivi dati dal C o n ­ siglio di credenza sopra i provvedimenti e le leggi ch’ eglino aveano intenzione di deliberare e promulgare. A i Consoli dei placiti spettava decidere i litigi civili e sentenziare sui cri­

mini; al Consiglio di credenza venivano affidati l’ amministra­

zione eco n o m ica, e 1 incarico di ricevere unitamente ai Con­

soli del Com une le estere legazioni, 1’ omaggio dei v in ti, i ricorsi dei paesi soggetti, nominare le ambascierie, deliberare la pace e la guerra salva Γ approvazione del Parlamento. Gli individui aggregati alle Com pagne avevano diritto d’ adunarsi in pubblica assemblea (Parlam ento), a fine d’ approvare e riget­

tare le proposte di le g g i, le dichiarazioni di guerra, i trattati di pace presentati dai C on soli del C om une, dai quali erano convocati.

Il governo dei C o n so li, stabilito in quasi tutte le città d’ I­

talia nel secolo X II, fece ri germ ogli are la civiltà latina e diede un grande impulso allo sviluppo del rinnovato incivilimento italico. Fu una grande calamità che esso venisse interrotto e quasi annichilito dalle incessanti lotte combattute tra l’ im ­ pero e il Sacerdozio; nelle quali i Com uni italiani si trova­

GIORNALE LIGUSTICO

rono involti e che furono causa della loro rovin a ( i ) . N on v ’ ha dubbio che se i C om u n i italiani avessero potuto acqui­

stare m aggiore autorità e p o ten za , si sarebbero costituiti in Repubbliche d’ o ttim a ti, cercando d’ uniform arsi ai precetti stabiliti dagli antichi filo so fi, Platone ed A ristotele, per fon- dare 1’ ottim a Repubblica. Il libero governo m unicipale delle città italiane fu scosso co ll’ accordo latto nell anno 1 1 7 6 in V en ezia tra Γ Im peratore Federico I ed il Papa Alessandro I I I , e com piutam ente distrutto colla pace di Costanza im posta dallo stesso Imperatore ai C om un i italiani aderenti alla L ega lombarda.

In vero G en ova fu una delle città che più tardarono a ri­

nunciare al govern o dei C o n so li, perchè soltanto nell'anno 1190 sostituì al C on solato il reggim ento dei Podestà forestieri. Il qual m utamento di govern o fu w i accolto a male in cuore.

Ma i genovesi furono obbligati a sopprim ere il go vern o dei C o n s o li, perchè incompatibile colle fazioni imperiali e chiesastiche ch e, sotto l’ appellazione di ghibellini e di guelfi, si disputavano il predominio sulla Penisola italica, e perch

un reggim ento libero e repubblicano era odioso egualm ente ai Pontefici romani ed agli Imperatori germ anici.

A l reggim ento dei Consoli, nel quale predom inavano i cit­

tadini più colti e più agiati, succedette un governo m eno in­

dipendente ed assai più oligarchico, il quale derivava dall Im­

pero oppure dal Papato. Le fazioni guelfa e gh ib ellin a, nelle quali disgraziatamente s’ erano divisi i m aggiorenti delle an­

tiche Com pagne di G enova, prima d’ accettare definitivam ente la soggezione dei Podestà fo restieri, ora si sottoposero al governo di questi ed ora fecero ritorno a quello dei C on soli.

(!) Egli è evidente che i Comuni iuliani furono costretti a prender pane atnva nella lunga lotta tra l'im pero ed il Papato 1; e siccome essi

«rano deboli ed isolati, rimasero vittime degli ambiziosi e potenti dispu­

tatori.

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N ò torna ozioso Γ osservare , che coloro i quali mostrarono m aggio r ripugnanza ad ammettere i Podestà forestieri furono i N ob ili co n solari; sì com e quelli che mercè questa nuova form a di govern o vedeansi esclusi dalla prima Magistratura della Repubblica ; la quale era invece assegnata ad un non appartenente alla cittadinanza, il quale poteva essere un uomo più o m eno illustre, ma sempre addetto ad una delle fazioni sopraddette. Soltanto eglino si rassegnarono a subire questa sorta di govern o, ed anzi se ne vantaggiarono, allorché conob­

bero che Γ elezione del Podestà dipendeva da loro, e che l’ e­

letto doveva essere di necessità un loro cliente. La qual condi­

zione del Podestà proveniva dalla sua autorità circoscritta ad un anno od anche a sei m esi, con obbligo che appena terminato il tem po dell’ ufficio dovesse dimettersi e sottoporsi al sin­

dacato d’ un Magistrato rappresentante il partito o la fazione dei N ob ili che 1’ avevano eletto.

Il Podestà forestiere in diritto avrebbe dovuto esercitare la suprem a autorità legislativa ed esecu tiva, ed avere il co­

m ando delle m ilizie com unali; ma nel fatto la sua autorità restringevasi a quella d ’ un agente della fazione predominante, dipendesse questa dalla Chiesa o dall’ im pero. L ’ ordinamento politico di questa sorta di governo era il seguente : i Po­

destà aveano nominalmente il mero e misto im perio, ma in realtà l ’ am m inistrazione civile e politica concentravasi nel C o n sig lio degli O tto Nobili (appellato eziandio degli A n z ia n i), il quale sedeva a lato dei Podestà esercitando 1’ ufficio d ’ assessore e di consultore. Di maniera che il reg­

gim en to dei Podestà forestieri fu più oligarchico che aristo­

cratico ; ed in G enova appartenne alla fazione ghibellina sino al tem po in cui l’ im peratore Enrico V I, nell’ anno 1195, ri­

cu sò m antenere le promesse da lui fatte, ed eseguire le con­

venzioni concordate colla Republica per l’ aiuto prestatogli ad insignorirsi dell’ isola di Sicilia. L ’ ingratitudine dell’ Im­

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peratore avendo mosso lo sdegno dei g e n o v e s i, diede occa­

sione ai Nobili aderenti alla fazione guelfa di riacquistare il perduto pred o m in io, e sostituire all’ alleanza im periale la protezione dei Papi. N egli ottanta anni durante i quali i P o ­ destà forestieri ressero il Com une di G enova, le fazioni guelfa e ghibellina s’ avvicendarono nel governo ; ma tanto 1’ una quanto 1’ altra amministrarono la cosa pubblica, non già per conseguire il ben essere dei governati, sibbene per soddisfare la propria ambizione e per vantaggiare gli in teressi della Chiesa e dell’ Impero.

In Genova egualmente che in altre città d’ Italia il govern o dei Podestà divenne uggioso , perchè q u esti, facendosi forti dell’ estrinseco appoggio imperiale o chiesastico, arrogavansi troppa autorità, e perchè fu sperimentata la incom patibilità delle funzioni politiche, civili e m ilitari loro com m esse.

I sopraddetti difetti incitarono la popolazione gen ovese , a qualunque ceto appartenesse, a mutar governo e sostituirne un altro nel quale a capo della Repubblica fosse, posto qual­

cuno dei propri concittadini. I nobili della fazione ghibellina che in quel tempo predominavano colsero questa occasione ; ed uno tra essi, G uglielm o Boccanegra, n e ll'a n n o 1257 coa­

diuvato dal minuto popolo fecesi eleggere Capitano del po­

polo e del Com une genovese con mero e misto im perio. Da principio egli mostrossi moderato nell’ esercizio della sua eccessiva autorità, e nell’ anno 1261 conchiuse la celebre convenzione di N infeo con grande vantaggio del C om un e;

ma in appresso nell’ amministrazione della cosa publica si chiari più tiranno , che giusto e valoroso reggitore di libero Stato (1 ).

(1) Mi piace su questo p roposito trascrivere il g iu d izio su G u g lie lm o B occanegra dato da G io . B attista N icco lin i n ella sua S to ria p o stu m a d e lla C asa di S v ezia in Italia. E g li scrive a pag. 261: « T a n to v i crebbe in G e ­ nova la potenza del B occanegra C apitano del p o p o lo , e h ’ e g li re g g e n d o

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L a tirannide di G uglielm o avendo stancato egualmente i N o b ili guelfi e ghibellini ed i m aggiorenti del popolo grasso, co sto ro lasciando da parte le loro rivalità s’ unirono e lo co strin sero a dimettersi dal governo. Venne quindi ripristi­

nato il reggim ento dei Podestà forestieri; ed a tal carica fu eletto il dottore di legge Martino di Fano aderente alla fa­

zion e guelfa. Ma questa fazione, che in Genova era capitanata dal C ardin ale O ttobono Fieschi, nipote del Papa Inocenzo IV , che aveva un forte sostegno nella grande potenza dello z i o , non ebbe forza nè autorità per far rivivere stabilmente un go vern o caduto in d isu so ; e ciò rese agevo le, dopo molte dis­

sensioni intestine, ad O berto D ’ O ria e O berto Spinola capi della fazione ghibellina di sommovere la città , impadronirsi del P alazzo scacciandone il Podestà Orlando Putazio parmi­

giano , e farsi proclam are a lor volta Capitani del popolo e del C om u n e dai cittadini adunati in Parlamento.

Il reggim ento dei Capitani del popolo di fazione ghibellina stabilito n ell’ anno 1270 fu chiamato da Oberto Foglietta nei suoi D isco rsi delle cose della Repubblica di Genova « lib er­

tina tirannide ». Ma il giudizio del Foglietta, ripetuto da al­

cuni scrittori posteriori, è da ammettersi o n o ? Ecco una questione da doversi esaminare.

I due O b erti rinnovando il reggim ento introdotto da G u ­ glielm o Boccanegra si fecero , come quest’ ultim o, assegnare dal P arlam ento il mero e misto imperio per un tempo deter­

m in ato; e con questo cumulo d’ autorità assunsero un potere che li abilitava a stabilire in Genova quel governo che fosse loro più gradito. Se non che i due Oberti non seguirono la

a su o a rb itrio P o testà , C o n s o li e N o b ili, la lo ro potenza si era abbattuta e d istru tta : qu anto dal gran d e C o n s ig lio deliberavasi egli tenea a vile, i p u b b lici o ffici a v o lo n tà sua distribuiva ; era venuto in odio ai m igliori c it t a d in i, e sol tenea con esso lui la p le b a g lia , del viver lib e r o , di cui n o n è d e g n a , perpetua abusatrice ».

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condotta del B o ccan egra, nè com e questi drizzarono il pen­

siero a farsi tiranni della patria. La qual verità è dim ostrata dal modo col quale ressero la Repubblica e dall’ ordinam ento politico stabilito durante il periodo del lo ro Capitaneato.

Le facoltà e le attribuzioni che ritennero per sè stessi fu­

rono di curare Γ amministrazione della Repubblica in tutto ciò che riguardava gli affari interni e le relazioni e s te r io r i, ripristinando in tal guisa il reggim ento dei C on so li del C o ­ mune. Dobbiamo aggiungere in loro elogio , eh’ essi circo ­ scrissero la propria autorità stabilendo un Podestà forestiero assistito da tre giudici parimente forestieri, ed assegnando a costoro le facoltà un tem po attribuite ai Con soli dei placiti.

Costituirono inoltre un C on siglio d’ anziani form ato m età di nobili e metà di p o p o la ri, tutti di fazione ghibellina , e gli conferirono Γ amministrazione econom ica e la facoltà di dare pareri consultivi su le leggi e su i decreti, eh’ eglino divisavano prom ulgare ; nom inarono un Abate del popolo , al quale con­

cedettero m olte pubbliche onorificenze, ma pochissim a autorità, poiché questa riducevasi ad una apparente e scarsa giurisdi­

zione sulle corporazioni d’ arti e mestieri. Il governo O b ertin o adunque venne a torto accusato di tirannide dal F oglietta.

N on fu una Dittatura e nè meno un P rin c ip a to , giacché era fondato sulle medesime basi del municipale reggim ento republicano dei Consoli. Le differenze di m aggior rilievo che notaronsi tra i m edesim i, e costituivano il Capitaneato assai inferiore al Consolato, consistevano: i.° che i Capitani non co n ­ vocavano mai o assai di rado il popolo a Parlam ento, m entre i Con soli adunavano le Com pagne a tempo determ inato; 2.° che i Capitani nominavano i Magistrati del Com une e sceglievanli esclusivamente nella fazione ghibellina ad essi devota, mentre nel Consolato erano liberamente eletti dalla m aggioranza dei membri delle Com pagne adunati in pubblico Parlam ento.

Il capitaneato dei due Oberti durò sino all’ anno 1292. In

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qu esto tem po G en ova godette d’ un grande ben essere mate­

riale e m o r a le , perchè le venne guarentito Γ ordine interno, fu m an ten u to prospero il suo com m ercio marittimo, e venne rispettata e tem uta dalle altre Repubbliche italiane. Dopo quel tem po fin all anno 1339 sorsero nuove discordie intestine, e le due fazioni guelfa e ghibellina combatterono per conse­

gu ire Γ assoluto d o m in io ; anzi la fazione guelfa non tralasciò d ’ adoperare qualunque m ezzo per abbattere il potere degli a v \ e isa rii, com e successe nell’ anno 1319, in cui pervenne a far deliberare dai propri concittadini la dedizione di Genova per dieci anni al R e R oberto di Napoli.

S tim iam o inutile dare un esatto ragguaglio dei rivolgimenti a vven u ti in questo tem po, giacché restringevansi al fatto che la fazione vin citrice insignorendosi del Com une cacciava dalla città i capi della fazione contraria, ed assumeva essa stessa il tanto anelato e conteso dom inio della Repubblica. G li annalisti e gli sto rici genovesi narrarono ampiamente l’ astuto ma­

n eg g io co l quale Sim one Boccanegra spodestò gli ultimi Capi­

tani R affaele D ’O ria e G aleotto Spinola, non che il modo che uso per farsi attribuire la signoria della patria colla deno­

m in azion e di D o ge a vita.

Il D o g a to a v ita , istituito nell’ anno 133 9 , segna un’ epoca im p ortan te nella Storia di G e n o v a , perchè da questo tempo in poi la suprem a autorità della Republica venne tolta ai N o b ili co n so lari, tanto di fazione guelfa quanto di fazione g h ib ellin a , ai quali sottentrarono i Nobili d’ origine più re­

cente ed alcune fam iglie di ricchi m ercadanti, che si con­

tusero insiem e co ll appellazione di N obili popolari (ovvero ca p e lla zz i), proseguendo sempre ad essere esclusi dal governo tutti q u elli che appartenevano alla fazione guelfa (1).

( i ) L e s c lu s io n e d e lla fazio n e gu elfa decretata da un governo gh ibellin o c h e s u c c e d e v a ad un a ltr o g o v e r n o g h ib ellin o è cosa di molta im portanza, b e n c h é sia s ta ta p o co a v v e r tit a , specie dai m oderni com pilatori di storia

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T aluni scrittori, specie moderni, sull’ autorità d’ O b erto F o ­ glietta, supposero che il govern o dei D o gi a vita escludendo l’ aristocrazia con solare, tendesse a stabilire in G e n o v a una Repubblica dem ocratica, simile a quella che verso quei tem pi fu stabilita in F irenze col M agistrato dei P rio ri delle a r t i, i quali in com pagnia del Capitano del popolo costituivano il potere esecu tivo, e governavano tutte le grandi e grav i cose dello Stato.

Ma 1’ unico scopo eh’ ebbe Sim one Boccanegra n e ll’ effet­

tuare la mutazione di governo fu d assumere esso stesso quel dominio del Com une di G e n o v a , che suo zio G u g lielm o aveva tentato di possedere, e che non gli venne perm esso raggiungere dai genovesi, i quali volevan o conservare la li­

bertà della loro patria.

Nessuno ignora che co ll’ istituzione del D ogato a vita co­

minciò l’ infelice periodo dei D o gi popolari. Prim a di ragio­

nare di questa specie di g o v e rn o , bisogna notare 1 ine­

sattezza dell’ appellazione di D ogi a v ita ; perciocché in i 8 y anni che durò questo periodo storico si numerano soltanto tre D o gi rim asti in carica dalla elezione fino alla lo ro m orte.

C ostoro furono G iovanni di M orta, eletto nel 1345 e n lor^°

nel 1350; Leonardo Montaldo e G iano F rego so , 1 uno eletto D oge nel 1363 e l’ altro nel 1447* ambedue morti innanzi che terminasse il primo anno del loro D ogato. A ltra cosa da notare si è, che dall’ elezione del primo D oge a vita fino allo

ge n o v ese ch e descrissero con am ore il funesto p eriod o dei D o g i p o p o ­ lari a v ita . A n ostro a vv iso si dovrebbe dedurre da q u esto f a t t o , ch e una d elle prin cipali cause della caduta dei C a p ita n i del p o p o lo R a f­

faele D ’ O ria e G a le o tto S p in o la sia stata la tacita c o lle g a n z a da e ssi co n ­ chiu sa coi N o b ili co n so la ri di fazione g u e lfa , ai quali d avan o parte d e lle prim arie carich e d e lla R epu bblica quando ad erivan o al lo ro g o v e r n o . L a qual cosa precludendo ai N o b ili m inori di fazione g h ib e llin a le am b ite M agistratu re, o rig in ò scontento e a g e v o lò a S im o n e B o c c a n e g ra il m e zzo

di i’arsi sign ore d ella patria.

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stab ilim en to dei D o gi biennali ebbero luogo frequenti muta­

m enti di go v ern o e non poche dedizioni spontanee 0 forzate a P rin cip i forestieri. Lasciando da parte le straniere domina­

zio n i e restringendoci ai tempi che i genovesi ebbero un p ro p rio g o v ern o retto da D ogi popolari, osserviamo doversi qu esto periodo dividere in due parti. La prima comincierebbe dalle sopressione del reggim ento dei Capitani del popolo e term in erebb e nell’ anno 1 4 1 3 , cioè al Dogato di Giorgio A d o r n o ; la seconda cominciando dalla promulgazione delle le g g i del 14 13 giungerebbe sino alla ricuperata libertà nel- 1' anno 1528 . G en ova tanto nell’ uno quanto nell’ altro periodo sto rico fu di continuo afflitta da incessanti guerre civili e da n u m ero se rivoltu re di governo.

P e r qu an to concerne il primo p erio d o , noteremo che Si- m one B o ccan egra prom otore ed autore di questa specie di r e g g im e n to , prendendo possesso del Dogato a vita fece det­

tare dal pubblico Parlam ento i seguenti capitoli di costituzione.

F o sse a lu i conferita la signoria con mero e misto im perio, e co l tito lo di D o ge a vita ; gli si collocasse a lato un Consi­

g lio co m p o sto di quindici persone, tutte popolari e ghibelline;

si n o m in assero due Podestà forestieri, 1’ uno criminale sopra i d elitti ordinari, l ’ altro della città sopra i delitti di Stato; i Nobili di fazio n e guelfa fossero banditi, unitamente agli ultimi Capi­

tani ed ai lo ro congiunti ancorché fossero ghibellini; nessun N o b ile con solare potesse essere eletto D o g e ; alle magistrature si d o v e sse ro nom inare individui appartenenti alla parte ghibel­

lin a ; e fossero esclusi quelli della parte guelfa.

Il n u o v o D o g e si assicurò così la suprema potestà di G e­

n e r a ; e prendendo il n om e di Doge a vita, ad imitazione del D o g e di V en e zia , non consentì che a lui venissero moderate le fa co ltà co m e al D o ge veneto, ma volle conservare intatto il m e ro e m isto im perio che davagli il popolo nel giorno che lo acclam ava D oge e S ign ore.o o

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Sim one Boccanegra da prima usò con qualche m oderazione dell’ autorità principesca ; ma ben presto ne abusò e divenne crudele tiranno verso nobili e popolari, guelfi e ghibellini, sti­

mando che tutti dovessero essere soggetti alla sua arbitraria amministrazione. A lla tirannide del Boccanegra s’ opposero 1 Nobili consolari, coadiuvati dai m aggioren ti del popolo g r a s s o , e Γ obbligarono dopo cinque anni di D ogato a r in u n c ia r v i, eleggendo in suo luogo Giovanni di M orta.

N on è nel nostro com pito di narrare in qual guisa Sim one Boccanegra fecesi nominare una seconda volta D o g e , ne com e m orì odiato non solo dalla fazione dei N obili, ma eziandio dal popolo che lo reputava un esoso tiranno. In questo prim o periodo del governo dei D ogi a vita popolari direm o che 1 capitoli di costituzione stabiliti nell’ anno 1339 furono la base del loro governo ; e talvolta s’ aggravarono in danno dei N o ­ bili consolari, com e avvenne negli Statuti di G abriele A d orn o . A ltre volte furono più miti ; ma ad ogni m odo i D o g i a vita si m antennero costantemente nel possesso del m ero e misto imperio , e nella loro am m inistrazione variarono soltanto nel determinare la partecipazione da accordare agli antichi N ob ili

nei varii M agistrati della Repubblica.

A questo riguardo sappiamo dagli antichi annalisti e storici genovesi, che i N obili erano talvolta esclusi interam ente dai Magistrati (nel secondo Dogato in Sim one Boccanegra e in quello di Gabriele A d orno) ; ma più sovente v ’ erano ammessi ora per metà ora per un terzo. C oteste parziali riform e non m u­

tarono però la forma di governo dei D ogi popolari a \ ita, la quale più che oligarchica Repubblica avrebbesi dovuto chiam are as­

soluto Principato ( 1 ) .

(1) I N o b ili co n so la ri, ai q u ali n e ll’ ann o 1539 ven ne to lta la su p re m a autorità dai N o b ili di più recente o rig in e, da quel m om ento in p o i cessa­

rono dal capitanare in G e n o v a le fazioni gu elfa e g h ib e llin a , ed in v e c e

rono dal capitanare in G e n o v a le fazioni gu elfa e g h ib e llin a , ed in v e c e

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