• Non ci sono risultati.

Le decisioni dell’ABF raccolte in questo documento sono una minima parte di quelle emesse dall’Arbitro in tema di ius variandi. Vengono passate in rassegna quelle ritenute più significative per la ricostruzione dei tratti principali e caratteristici dell’istituto, senza alcuna pretesa di esaustività sull’argomento.

Nel tentativo di riportare sinteticamente le singole pronunce, sono state omesse tutte le questioni di fatto e di diritto ritenute superflue e non funzionali alla trattazione dello specifico oggetto di analisi.

* * *

[ 2015 ]

Decisione n. 3724/2015.

Presenta ricorso all’Arbitro il correntista lamentando a) l’illegittimità commissioni di massimo scoperto (CMS) e delle commissioni trimestrale di affidamento (CTA), applicate dal 1/07/09 al 31/03/2012, in quanto attinte da nullità per: a.1) indeterminatezza/indeterminabilità della relative clausole contrattuali; a.2) mancanza di causa; a.3) contrarietà all’art. 2 bis della legge 2/2009 che, disponendo l’onnicomprensività della commissione di messa a disposizione fondi, esclude la coesistenza di due diversi tipi di commissioni;

b) l’illegittimità delle commissioni di massimo scoperto (CMS) che dal 1/07/09 venivano applicate solo sugli importi intrafido per: b.1) mancata ricezione della comunicazione di variazione; b.2) inapplicabilità dello ius variandi alle previsioni contrattuali nulle ab origine; c) l’illegittimità delle commissioni di istruttoria veloce (CIV) applicate dall’1/04/12 al 30/06/2014 in sostituzione delle precedenti commissioni (CMS), in quanto introdotte in assenza della preventiva comunicazione al cliente; d) l’illegittimità delle variazioni peggiorative dei tassi debitori applicati per contrasto all’art. 118 TUB e, segnatamente, per assenza della preventiva comunicazione al cliente e, laddove ricevuta, per assenza di idonea giustificazione.

Resiste l’intermediario esponendo: a) che la CMS era stata applicata sul massimo saldo debitore intrafido e solo laddove il conte presentasse un saldo continuativamente a debito per un periodo pari o superiore a 30 giorni, conformemente a quanto previsto dall’art. 2 bis della l. 2/2009; b) che le spese trimestrali per affidamento erano svincolate dall’utilizzo della provvista e, in ogni caso, costituivano un costo fisso specificatamente indicato nel contratto di apercredito; c) che le commissioni di istruttoria veloce (CIV) erano state anticipate al correntista con le comunicazioni ex art. 118 TUB; d) che le modifiche ai tassi debitori erano state operate tramite le PMUC regolarmente inviate al ricorrente.

Il Collegio,

- richiamato quanto previsto dall’art. 2 bis della legge 2/2009 (nonché i chiarimenti fornite dalla Banca d’Italia con nota n. 431151 del 04.12.09), afferma che è pacificamente da escludersi la coesistenza della CMS e della CTA; in particolare non è sostenibile l’applicazione cumulativa della commissione per la messa a disposizione fondi e della

CMS perché, ai sensi di legge, la prima delle due commissioni deve essere “omnicomprensiva” e, pertanto, non può convivere con altre commissioni; ergo, la CMS deve ritenersi nulla;

- ritenuto che non possa introdursi una commissione sostitutiva di una commissione prevista da clausola di per sé nulla per contrarietà alla normativa pregressa, qualifica come inefficace la modifica che ha introdotto la CIV in sostituzione della pregressa CMS, reputata nulla per le ragioni anzidette;

- richiamato il consolidato orientamento dell’ABF secondo cui il meccanismo previsto dall’art. 118 “presuppone necessariamente che la proposta di modifica unilaterale del contratto sia effettivamente ricevuta dal cliente, trattandosi di dichiarazione recettizia i cui effetti dipendono strettamente ex art. 1335 c.c. dal corretto recapito all’indirizzo del destinatario, per cui non può statuirsi l’efficacia della modifica sulla base di una proposta di cui la banca fornisca prova alcuna né dell’invio né tanto meno dell’effettiva ricezione della comunicazione da parte del cliente” (così Collegio di Milano, decisione 2073/2017; conf. Collegio Milano dec. n. 324/2014), rileva come la banca, a fronte della doglianza con cui il correntista lamenta la mancata ricezione delle comunicazioni contenenti le PMUC, non ha fornito prova alcuna dell’invio e della ricezione delle medesime;

conseguentemente tutte le modifiche peggiorative dei tassi di interesse applicati dalla banca, sono da ritenersi inefficaci;

- richiamato il consolidato orientamento dell’ABF secondo cui è inefficace la “proposta unilaterale di modifica delle condizioni economiche motivata in modo generico, atteso che la ratio dell’articolo 118 t.u.b., che condiziona la liceità della modifica alla sussistenza di un giustificato motivo, risponde all’esigenza che il cliente venga posto in condizione di scientemente valutare la congruità della proposta variazione rispetto alla motivazione che la fondi, con che la motivazione deve essere sufficientemente chiara nello specificare fatti ed effetti degli eventi dalla stessa contemplati mentre tale non è un’indicazione generica, dovendo invece tale motivazione riguardare eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche.” (Collegio di Roma, dec.

n. 3981/2012; conf. Collegio di Milano, dec. n. 399/2013), ritiene che la motivazione addotta nell’unica proposta di variazione che il correntista ammette di aver ricevuto (facente riferimento “all’incremento del

rischio creditizio correlato al deteriorarsi dello scenario macroeconomico nonché al mutato contesto di mercato che si riflette sulle spese di gestione”) sia da considerarsi inefficace “attesa la manifesta genericità dell’asserto, la non specifica apprezzabilità dei mutamenti vagamente menzionati, la non misurabilità del maggiore e imprecisato costo di gestione e della sua ricaduta sul rapporto controverso, risultando al contrario una ben più che sommaria rappresentazione di uno stato di crisi che, ove contestata, si tradurrebbe in intollerabile arnese bon à tout faire per legittimare qualsivoglia variazione sfavorevole in totale spregio della lettera e della funzione dell’art. 118 TUB”.

tutto ciò premesso e rilevato, accoglie parzialmente il ricorso del correntista dichiarando l’illegittimità della CMS applicata, l’inefficacia della modifica contrattuale che ha introdotto le CIV, nonché l’inefficacia delle modifiche unilaterali dei tassi di interesse, disponendo la restituzione delle somme indebitamente percepite dalla banca per tali titoli.

Decisione n. 6166/2015.

Ricorre all’Arbitro il correntista lamentando, inter alia, l’illegittima introduzione e l’indebita applicazione della commissione per disponibilità immediata fondi (DIF) e della commissione per istruttoria veloce (CIV); con riferimento ai predetti schemi commissione deduce la violazione dell’art.

118 TUB che non può essere utilizzato per introdurre nuove condizioni contrattuali.

Resiste l’intermediario esponendo che l’introduzione del nuovo regime commissionale è stata regolarmente comunicata al cliente ai sensi dell’art.

118 TUB, mediante l’invio della PMUC; comunicazione che il cliente, anche in sede di ricorso, dichiara espressamente di aver ricevuto.

Il Collegio,

- richiamato il principio secondo cui “il potere di modifica unilaterale del contratto riconosciuto all’intermediario dall’art. 118 TUB, in quanto eccezione alla regola generale della immodificabilità del contratto senza il consenso di entrambe le parti, deve intendersi limitato alla possibilità di modificare clausole e condizioni - sia di carattere economico che di natura normativa – già esistenti, e non può spingersi sino al punto di introdurre clausole e condizioni del tutto nuove, tali da

incidere in maniera sostanziale sull’equilibrio contrattuale, modificandone addirittura parzialmente la natura (così ABF-Collegio Napoli, n. 396/2011)”;

- rilevato come la DIF rappresenti di fatto una commissione nuova rispetto alla CMS, in quanto mentre la prime costituiscono commissioni dovute per la mera messa a disposizione dei fondi e indipendentemente dal loro utilizzo, la seconda, invece, calcolata sul fido effettivamente utilizzato, costituisce una remunerazione dei maggiori costi che la banca sostiene e di fronte a picchi di utilizzo della disponibilità da parte dei clienti;

- ritenuto, all’opposto, cha la CIV assume sempre una funzione di remunerazione – in questo senso paragonabile alla soppressa e abrogata CMS – dei maggiori costi sostenuti per una disponibilità in concreto accordata e che fuoriesce dalle previsioni originariamente formulate dall’intermediario;

accoglie parzialmente il ricorso del correntista dichiarando l’intermediario tenuto a restituire le somme addebitate a titolo di corrispettivo sull’accordato (DIF).

Decisione n. 7608/2015.

Ricorre all’Arbitro il correntista reclamando la restituzione delle somme addebitate a titolo di “commissioni su fido accordato” deducendo l’illegittimità della modifica unilaterale introdotta dall’intermediario a norma dell’art. 118 TUB.

Resiste la banca che conferma l’introduzione della commissione su fido accordato, previa comunicazione ex art. 118, TUB, eccependo la piena legittimità del proprio operato e rilevando il mancato esercizio diritto di ricesso del cliente che, pertanto, avrebbe così validato l’introduzione delle nuove commissioni.

Il Collegio,

- richiamato il principio secondo cui “il meccanismo di modifica unilaterale non può operare quando, come nel caso di specie, si elimini una commissione con altra che però risulta funzionalmente diversa e, in particolare, risulta diretta a remunerare una componente del servizio fino ad allora erogata ‘gratuitamente’”;

- ritenuto che “data la diversa funzione della nuova commissione rispetto alla ‘commissione di massimo scoperto’ che essa andava a sostituire, tale commissione non poteva essere evidentemente inserita attraverso il meccanismo della variazione unilaterale, ma richiedeva un espresso accordo (v., in termini, Collegio di Milano, decisione n. 2718/2104)”

tutto ciò premesso e rilevato, accoglie il ricorso del correntista disponendo la retrocessione al correntista degli importi indebitamente corrisposti a titolo

“commissioni su fido accordato”.

Decisione n. 5283/2015

Ricorre all’Arbitro il correntista lamentando l’applicazione da parte dell’intermediario di “competenze di liquidazione sul conto”, non previste dal contratto di conto corrente, né mai comunicate ai sensi dell’art. 118 TUB.

Si costituisce la banca esponendo che le variazioni contrattuali sono state sempre applicate nel legittimo esercizio dello ius variandi, contrattualmente previsto; nello specifico asserisce che le spese contestate sono state regolarmente comunicate al cliente tramite i documenti di sintesi.

Il Collegio,

- rilevato che la banca non ha fornito prova in ordine all’avvenuta comunicazione delle modifiche unilaterali del contratto prevista dall’art 118 TUB, né che sussistesse un giustificato motivo per procedere alla variazione contrattuale oggetto di controversia;

- ritenuta l’inefficacia dell’introduzione delle competenze di liquidazione sul conto, peraltro nemmeno previste in origine dal contratto;

accoglie il ricorso del correntista, disponendo la restituzione delle somme indebitamente percepite dalla banca.

* * *

[ 2016 ]

_____

La decisione esaminata in calce è la prima di una serie di cinque decisioni gemelle: Collegio di Coordinamento ABF n. 1889/2016, n. 1891/2016, n.

1892/2016, n. 1893/2016, n. 1896/2016.

Rivestono particolare importanza in quanto volte a realizzare una uniformità negli orientamenti dei diversi Collegi.

_____

Collegio di Coordinamento, Decisione n. 1889/2016.

Ricorre all’Arbitro il correntista, titolare di conto di deposito, contestando l’efficacia delle numerose variazioni unilaterali in diminuzione dei tassi creditori applicati, eccependone l’inefficacia a causa dell’eccessiva genericità del giustificato motivo addotto; più specificatamente, sul punto, espone che le modifiche unilaterali dei tassi applicati erano state comunicate senza l’indicazione dei parametri utilizzati per la determinazione della variazione proposta che, pertanto, risultava essere arbitraria e non verificabile; espone che la banca, in sede di riscontro al reclamo proposto, confermava la correttezza del proprio operato spiegando che il tasso di interesse applicato veniva determinato sulla base dello scenario economico, delle condizioni dei mercati finanziari e dei tassi di riferimento fissati dalla BCE.

Resiste l’intermediario esponendo che, seppur le condizioni economiche del contratto prevedono l’applicazione di tassi d’interesse variabili, la misura di tali tassi non doveva essere considerata indicizzata, in quanto non era direttamente collegata all’andamento di uno specifico tasso, ma era modificabile all’esito di valutazioni sull’andamento del mercato finanziario;

evidenzia, altresì, di aver rispettato le formalità di cui all’art. 118, avendo inoltrato al correntista le comunicazioni contenenti le PMUC che prevedevano l’applicazione della modifica trascorsi due mesi dalla comunicazione; eccepisce, da ultimo, la circostanza che il cliente non si sia avvalso del diritto di recesso, né abbia presentato reclamo per almeno due anni dalle modifiche apportate.

Il Collegio, richiamata la disciplina di riferimento di cui all’art. 118 TUB, come integrata dalla Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n.

5574 del 21 febbraio 200722, osserva che la vicenda sottoposta al proprio esame riguarda due aspetti specifici.

22 Circolare MISE n. 5574, 21 febbraio 2007: “1. Le modifiche unilaterali del contratto secondo il nuovo articolo 118 TUB. […] In relazione al contenuto minimo della nozione di “giustificato motivo”, questa deve intendersi nel senso di ricomprendere gli eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario. Tali eventi possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.). Peraltro, il cliente deve essere informato circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale, in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base.

2. Le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria.

Il comma 4 del novellato articolo 118 TUB disciplina una speciale categoria di variazioni unilaterali: quelle che riguardano i tassi di interesse (attivi e passivi) che conseguono a decisioni di politica monetaria. Tali variazioni riguardano contestualmente i tassi attivi e passivi e vanno apportate con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente. Questa disposizione non costituisce una deroga al comma 1. Piuttosto, essa è volta a dettare una disciplina speciale per le variazioni dei tassi connesse a un’ipotesi tipizzata di giustificato motivo, identificata nelle decisioni di politica monetaria. Conseguentemente, la disposizione non prevede un obbligo di variazione dei tassi a seguito delle decisioni di politica monetaria, bensì le modalità da seguire qualora l’intermediario intenda apportare variazioni ai tassi di interesse in tali circostanze. Le “decisioni di politica monetaria” sono da identificare con le decisioni formali adottate dall’autorità monetaria relativa alla divisa in cui è denominato il rapporto (per i rapporti denominati in Euro, occorre fare riferimento alle decisioni con le quali la Banca Centrale Europea varia il tasso minimo di offerta sulle operazioni di rifinanziamento principale o i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale). Le modifiche sono apportate contestualmente ai tassi attivi e passivi e con modalità che non arrechino pregiudizio al cliente. Fermo restando che l’adeguamento resta una facoltà discrezionale della banca, dal tenore della disposizione sembra desumibile che la contestualità debba operare nei confronti dell’insieme dei tassi attivi e passivi relativi a medesime tipologie di “contratti” (per es. lo stesso tipo di conto corrente) utilizzati da più clienti ovvero praticati all’interno di un rapporto contrattuale o di più rapporti contrattuali intrattenuti con lo stesso cliente (es. conto corrente e apertura di credito). Dalla precisazione che la modifica debba avvenire con modalità che non arrechino pregiudizio al cliente ne deriva che l’obiettivo della disposizione è il preservare un equilibrio nell’ambito della relazione con il cliente nell’ambito di

(a) Congruità delle modifiche apportate rispetto alle motivazioni addotte.

Sotto tale aspetto,

- richiamato il principio di diritto per cui “La modifica introdotta a mezzo del ius variandi deve essere congrua rispetto alla motivazione addotta nell’atto di esercizio” (così, Collegio di Milano, decisione 249/2010),

- rilevato che, nel periodo intercorrente tra la stipula del contratto di deposito e la riduzione del tasso creditore (agosto 2014), i principali tassi di riferimento (richiamati dall’intermediario resistente) si erano ridotti in media in misura non inferiore all’85% (Euribor 6m -82%;

Euribor 12m -76%; BCE -88%; Tds 6m -97%; Tds 12m -95%), mentre il tasso offerto al cliente ha subito, nel medesimo periodo, una riduzione del 70%;

ha ritenuto infondato il rilievo sollevato dal ricorrente; di là dal fatto che, nel caso di specie, la riduzione del tasso creditore risultava comunque inferiore alla diminuzione dell’Euribor - favorendo così il correntista - tale circostanza non poteva costituire valido argomento per sostenere l’assenza di corrispondenza tra le modifiche apportate e l’andamento dell’Euribor, in quanto il tasso di interesse applicato al contratto di deposito non risultava indicizzato all’Euribor, ma - come segnalato dall’intermediario resistente - all’andamento sia dell’Euribor che degli altri tassi di riferimento.

(b) adeguata indicazione del giustificato motivo.

Sotto tale aspetto

- richiamati i principi di diritto secondo cui

a) “il riferimento al requisito dei giustificati motivi non può essere limitato alla loro effettiva sussistenza, ma deve estendersi anche alla loro comunicazione. Infatti, è solo con la loro comunicazione al cliente che i “giustificati motivi” assolvono alla loro funzione di mettere il cliente stesso in condizione di valutare se le ragioni addotte dalla banca siano non solo serie, ma anche di carattere generale o particolare, posto che nel primo caso risulta probabilmente inutile cercare sul mercato offerte alternative,

rapporti contrattuali ricadenti nel campo di applicazione dell’articolo 118. Resta ovviamente inteso che i rapporti contrattuali cui fare riferimento nell’applicazione della disposizione sono quelli per i quali è prevista la clausola di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali.”

mentre nel secondo caso è più probabile l’opposto.” (Collegio Milano, decisione n. 2434/2014);

b) è determinante “l'esatta e puntuale esplicazione del ‘giustificato motivo’ ai fini della verifica della sussistenza della (unica) condizione dettata dal legislatore affinché possa essere modificato unilateralmente un negozio giuridico in regolare svolgimento. II giustificato motivo non può, dunque, essere generico, ma deve riguardare eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche. La comunicazione della modifica unilaterale deve avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa”

(Collegio di Roma, dec. n. 3981/2012).

- rilevato che se, in linea di principio, v’è consenso sulla necessità che il giustificato motivo non sia individuato in termini eccessivamente generici, non altrettanto appare, invece, per il livello di analiticità richiesto dalla normativa per la sua delimitazione;

- rilevato che è proprio la specificità della motivazione che consente di verificare la congruità della modifica e che in passato è stato ritenuto inadeguato il riferimento:

i) all’“andamento del mercato dei tassi” (Collegio di Roma, dec. n.

2202/2013; Collegio di Roma, dec. n. 1837/2011);

ii) agli “effetti prodotti dall’attuale crisi economica e finanziaria”

(Collegio di Milano dec. 2419/2011; Collegio di Milano, dec. n.

5972/2014);

iii) al “peggioramento del contesto economico globale avvenuto negli

ultimi mesi nonché della forte riduzione della forbice dei tassi, a seguito di una riduzione del costo della raccolta non proporzionale a quanto avvenuto per i prestiti concessi, che ha determinato la perdita di sostenibilità economica della operazione di finanziamento” (Collegio di Milano, dec. n. 798/2010);

iv) all’“incremento del rischio creditizio correlato al deteriorarsi dello scenario macroeconomico” (Collegio di Milano, dec. n. 249/2010);

v) alla “variazione delle condizioni di mercato” (Collegio di Milano, dec. n. 2434/2014);

vi) al “peggioramento delle condizioni generali di mercato con conseguente incremento dei costi sostenuti dalla banca per la messa

a disposizione dei fondi utilizzati a fronte di finanziamenti concessi”

(Collegio di Milano, dec. n. 1719/2014);

vii) alla “diminuzione dei principali tassi di riferimento” (Collegio di Milano, dec. n. 1705/2011).

- rilevato che è stato, invece, ritenuto conforme alle previsioni di cui all’art. 118 TUB il riferimento alle “variazioni dei tassi di mercato e, più specificatamente, del tasso Euribor a 3 mesi” (Collegio Milano, dec. n. 177/2010; indicazione sicuramente sintetica, ma non tale “da non consentire al cliente, con un minimo sforzo di approfondimento, di valutare la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base” (Collegio Milano, decc. n. 98/2010 e n. 177/2010)

- richiamato, il principio per cui “la comunicazione della modifica unilaterale deve infatti avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa” (Collegio Milano, dec. n. 1719/2014);

- ritenuto, in via generale, che “la comunicazione ex art. 118 TUB non deve raggiungere un livello di analiticità tale da abbracciare anche il profilo quantitativo, ma può limitarsi ad una indicazione delle ragioni che hanno determinato le modifiche prospettate, che, seppur sintetica, sia in ogni caso idonea a consentire al cliente una verifica in termini di congruità”; idoneità che nel caso di specie risulta indirettamente confermata dalle (seppur erronee, per le ragioni sopra indicate) considerazioni espresse dalla stessa ricorrente sulla non completa coerenza tra le variazioni (dei tassi Euribor) intervenute negli esercizi di riferimento e le variazioni effettivamente applicate, nonché dai grafici allegati al ricorso, che dimostrano come la ricorrente sia stata messa nella condizione di effettuare una verifica sul punto specifico;

- rilevato, nel caso di specie, che le comunicazioni inoltrate dall’intermediario si riferiscono genericamente al “calo dei tassi di interesse di riferimento”, senza alcuna ulteriore specificazione o indicazione utile per determinare con maggior precisione il giustificato motivo addotto e per consentire, quindi, al cliente di verificare la congruità delle modifiche apportate;

- rilevato come, nel caso di specie, non possa invocarsi la notorietà delle

- rilevato come, nel caso di specie, non possa invocarsi la notorietà delle

Documenti correlati