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LO IUS VARIANDI NELLE DECISIONI DELL ARBITRO BANCARIO E FINANZIARIO

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Academic year: 2022

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Relatore Paolo Fiacconi

Dottore Commercialista, Revisore Legale

Vicepresidente Commissione Non Performing Loans Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma Ente organizzatore

ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI DI ROMA COMMISSIONE NON PERFORMING LOANS

Data

23 MARZO 2021

2015

Coll. di Milano, n. 3724/2015 Coll. di Napoli, n. 6166/2015 Coll. di Napoli n. 7608/2015 Coll. di Roma, n. 5383/2015

2017

Coll. di Milano n. 2073/2017 Coll. di Roma, n. 5772/2017 Coll. di Roma, n. 11607/2017 Coll. di Roma, n. 11834/2017 Coll. di Palermo, n. 15427/2017 2016

Coll. di Coord., n. 1889/2016 Coll. di Coord., n. 1891/2016 Coll. di Coord., n. 1892/2016 Coll. di Coord., n. 1893/2016 Coll. di Coord., n. 1896/2016

2018

Coll. di Bologna, n. 2956/2018 Coll. di Palermo, n. 12891/2018 Coll. di Milano, n. 24209/2018 Coll. di Coord., n. 26498/2018

2020

Coll. di Torino, n. 945/2020 Coll. di Milano, n. 12447/2020 Coll. di Bologna, n. 22052/2020 2019

Coll. di Bologna, n. 19227/2019 Coll. di Roma, n. 24495/2019 Coll. di Roma, n. 26740/2019

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Paolo Fiacconi

Dottore Commercialista - Revisore Contabile Vicepresidente Commissione Non Performing Loans Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma

Relazione al corso di Formazione Professionale Continua dell’ODCEC di Roma

“La risoluzione stragiudiziale delle controversie bancarie: l’arbitro bancario e finanziario”

Roma, 23 marzo 2021

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Indice

1. Definizione e finalità. ... 4

2. Un rimedio derogatorio. ... 6

3. L’esercizio dello ius variandi: limiti e condizioni. ... 6

4. Altri limiti: l’introduzione di clausole ex novo. ... 8

5. La proposta di modifica unilaterale quale atto recettizio. ... 10

6. Il giustificato motivo. ... 13

7. L’attività di vigilanza della Banca d’Italia. ... 15

8. Rassegna decisioni ABF. ... 18

* * *

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Articolo 118 1

Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali

1. Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo.

2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo

evidenziato la formula: ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto’, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto

durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le modalità stabilite dal CICR. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate. 2-bis. Se il cliente non è un consumatore né una microimpresa come definita dall’articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo possono essere inserite clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto. 2 3. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le

prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.

4. Le variazioni dei tassi di interesse adottate in previsione o in conseguenza di decisioni di politica monetaria riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori, e si applicano con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente.

1 Articolo così sostituito dall’art. 4, comma 2, D.lgs. 13 agosto 2010, n. 141.

2 Comma inserito dall’art. 8, comma 5, lett. f), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.

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1. Definizione e finalità.

L’art. 118, D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, prevede e disciplina, nell’ambito delle disposizioni in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti, la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali (c.d. ius variandi).

Nel settore bancario e finanziario, attese le peculiarità dell’attività di intermediazione - caratterizzata dalla gestione in massa delle diverse operazioni, nonché dal carattere generalmente di durata delle stesse - da tempi remoti la banca si è sempre riservata la facoltà di modificare unilateralmente, in costanza di rapporto, le condizioni contrattuali inizialmente pattuite. Già prima dell’entrata in vigore della legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari (l. 17 febbraio 1992, n.154), la facoltà di variare unilateralmente qualsiasi condizione contrattuale, fosse essa di natura economica o normativa, era già ben nota alla prassi bancaria: almeno dagli anni ’50, come sembrerebbe attestare l’art.16 delle NBU sui conti correnti di corrispondenza.

L’Arbitro Bancario e Finanziario, secondo un orientamento oramai consolidato3, definisce lo ius variandi attribuito agli intermediari come “un diritto potestativo, che attribuisce il potere di modificare la sfera giuridica dell’altra parte, indipendentemente dall’accettazione o del rifiuto di quest’ultima. Gli effetti sono risolutivamente condizionati all’esercizio del recesso, potere riconosciuto in capo al cliente che subisca la modifica, in senso a sé sfavorevole, delle condizioni contrattuali” 4.

Lo ius variandi costituisce rimedio manutentivo del contratto volto a preservare nel tempo l’originario assetto degli interessi delle parti - per come fissato al momento della conclusione del contratto - dal dissolvimento dei profitti e delle aspettative economiche collegate all’affare, per effetto di eventi esterni che, incidendo negativamente sul predetto assetto, ne alterano

3 Cfr. Collegio di Milano: decisioni n. 98, 443, 1491, 1554 del 2010 e decisione n.

2316 del 2011; Collegio di Napoli, decisione n. 396 del 2011.

4 Collegio di Coordinamento, Decisione n. 26498 del 12 dicembre 2018.

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la convenienza originaria. Lo strumento è, quindi, volto ad eliminare gli effetti economici negativi legati alla sopravvenienza di circostanze, non previste e non prevedibili, che alterano l’economia originaria dell’affare5: si tenta di arginare per tale via quella che è stata sinteticamente, ma efficacemente, definita la “conseguenza economica di un evento incerto”6. Il concetto si ripresenta sostanzialmente invariato nelle pronunce dell’ABF, secondo cui lo ius variandi risponde alla “esigenza di conservare, nel tempo, l’equilibrio sinallagmatico originariamente voluto dalle parti, neutralizzando gli effetti di eventuali successivi eventi che possono alterarlo.” 7.

In ambito bancario, considerata la peculiare natura dell’attività svolta e, più in particolare, la gestione massiva di operazioni tipologicamente simili, la finalità della conservazione dell’equilibrio sinallagmatico travalica il singolo rapporto e finisce per assumere assume una dimensione diversa, ben più ampia, quasi sistemica: “La disciplina dello ius variandi trova, infatti, la sua giustificazione nella circostanza che la variazione - in negativo - degli indici economici, che potrebbe risultare del tutto irrilevante per il singolo rapporto contrattuale, spesso assume effetti economicamente insopportabili per l'intermediario, che si vede moltiplicare per "n" volte il "micro" squilibrio di segno, ad esso, negativo.

Lo ius variandi, dunque, è istituto finalizzato a conservare l'equilibrio (sinallagmatico) tra le singole prestazioni contrattuali, passando attraverso il mantenimento dell'equilibrio sinallagmatico dell'intero complesso delle prestazioni contrattuali, tipologicamente simili, effettuate dall'imprenditore nei confronti di un numero indefinito di controparti.” 8.

5 In questi termini, G. Alpa, Il contratto in generale, in Trattato di diritto commerciale, a cura di Cicu-Messineo, 2014, Vol. I, pag. 529.

6 V. Salandra, Dell’assicurazione, in Commentario del Codice civile, a cura di Scialoja-Branca, Libro quarto. Delle obbligazioni (art. 1861-1932), 1966, pag. 236.

7 Così, Collegio di Milano, decisione n. 98 del 2010; conf. Collegio di Milano n. 177 del 2010 e n. 249 del 2010. Il riferimento all’equilibrio sinallagmatico è da intendersi come convenienza dell’affare, atteso che la “funzione del ius variandi è di adeguare il contratto ai mutamenti che ne abbiano alterato la convenienza originaria.” (Collegio di Milano, decisione n. 1099 del 2011).

8 Collegio di Roma, dec. 3981/2012; conf. Collegio di Roma, dec. n. 2202/2013.

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2. Un rimedio derogatorio.

Uno dei principi generali in tema di contratti è che “Il contratto ha forza di legge tra le parti” (art. 1372 c.c.): una volta che il contratto si è perfezionato le parti sono obbligate ad osservare quanto ivi espresso – atteso che le norme convenzionali contenute nel regolamento negoziale hanno per i contraenti la stessa forza vincolante delle norme giuridiche – e nessuna delle due può modificare unilateralmente il suo contenuto.

In tale contesto è evidente come lo ius variandi costituisca “un’eccezione alla regola generale dell’immodificabilità del contratto in assenza del consenso di tutte le parti, soprattutto se configurato come un diritto potestativo, notoriamente eccezione legale al principio generale di intangibilità della sfera giuridica altrui” 9.

3. L’esercizio dello ius variandi: limiti e condizioni.

In termini generali chi subisce la variazione unilaterale si espone ad un rischio non predeterminato sotto il profilo contenutistico: ciò in quanto la parte che subisce la variazione è tenuta ad osservare non soltanto quanto previsto dall’originario contenuto dell’accordo, ma anche quanto stabilito dal titolare del potere di modifica. È per tale motivo che, in ambito bancario, il legislatore ha predisposto dei meccanismi a tutela del contraente debole, sicché la discrezionalità che connota lo ius variandi è attenuata dalla circostanza che il potere di modifica unilaterale, a pena di inefficacia della variazione, deve essere giustificato dal titolare; il diritto potestativo riconosciuto alla banca è, altresì, controbilanciato dal diritto di recesso del cliente.

Scendendo nel dettaglio, è possibile verificare come l’esercizio dello ius variandi da parte dell’intermediario sia sottoposto a limiti e condizioni.

Con riguardo ai limiti deve rilevarsi che, mentre nei contratti a tempo indeterminato, lo ius variandi è esercitabile sia con riguardo alle condizioni economiche che a quelle normative, negli altri contratti durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse.

9 Collegio di Coordinamento, Decisione n. 26498 del 12 dicembre 2018.

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Qualunque modifica unilaterale è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni: (i) che la facoltà di modifica delle condizioni contrattuali sia oggetto di una clausola contrattuale; (ii) che tale clausola sia specificatamente approvata dal cliente; (iii) che sussista un giustificato motivo; (iv) che la modifica unilaterale venga espressamente comunicata al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula

“Proposta di modifica unilaterale del contratto”; (v) che la modifica sia comunicata al cliente con un preavviso minimo di due mesi; (vi) che la modifica sia comunicata in forma scritta o mediante altro supporto durevole, preventivamente accettato dal cliente.

La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.

Nei contratti di durata diversi da quelli a tempo indeterminato e in cui il cliente non sia un consumatore né una micro-impresa10, è possibile inserire clausole, espressamente approvate dal cliente, che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto.

Le variazioni contrattuali per le quali, invece, non siano state osservate le prescrizioni dell’art. 118 TUB sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.

L’ultimo comma dell’art. 118 TUB ha ad oggetto una particolare categoria di variazioni unilaterali, ossia quelle adottate in previsione o in conseguenza di decisioni di politica monetaria: tali variazioni devono riguardare contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori e devono applicarsi in modalità tali da non recare pregiudizio al cliente. In questo caso è possibile parlare di una ipotesi tipizzata di giustificato motivo, riconducibile alle decisioni di politica monetaria.

10 L’art. 1, comma 1, lettera t), del D. Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, Attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva 97/5/CE, definisce micro-impresa “l’impresa che, al momento della conclusione del contratto per la prestazione di servizi di pagamento, è un’impresa che possiede i requisiti previsti dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero i requisiti individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze attuativo delle misure adottate dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 84, lettera b), della direttiva 2007/64/CE”.

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4. Altri limiti: l’introduzione di clausole ex novo.

Lo ius variandi può essere esercitato al solo al fine di modificare clausole e condizioni, sia di carattere economico che di natura normativa, già presenti e contemplate nel contratto: sul punto appare dirimente la formulazione letterale dell’art. 118 TUB che - per effetto delle modifiche apportate dal D.

Lgs. N. 141/2010 - riconosce all’intermediario la prerogativa in esame, ma solo limitatamente ai tassi, ai prezzi e alle altre condizioni “previste dal contratto” 11.

Non può non richiamarsi la Circolare MISE n. 5574, 21 febbraio 2007 che, poco dopo l’entrata in vigore della l. 248/2006 che ha riformato integralmente la disciplina dello ius variandi, già chiariva in maniera netta

“che le “modifiche” disciplinate dal nuovo art. 118 TUB, riguardando soltanto le fattispecie di variazioni previste dal contratto, non possono comportare l’introduzione di clausole ex novo”.

La questione dell’introduzione di clausole nuove per il tramite dell’art. 118 TUB, si è ben presto posta all’attenzione dell’ABF in tutti quei casi in cui, per effetto della l. 2/2009, sono stati introdotti dei nuovi schemi commissionali che, differentemente dalle vecchie commissioni di massimo scoperto, vengono calcolati in misura fissa o in percentuale sul valore dell’affidamento concesso e a prescindere dalla sua utilizzazione. La possibilità per l’intermediario di operare una modifica nel senso descritto è stata ritenuta sussistente nella misura in cui il contratto già prevedesse una qualche forma di remunerazione del semplice servizio di messa a disposizione fondi e, non si limitasse, invece ad imporre al cliente il pagamento del corrispettivo sotto forma di interessi ovvero in altra forma forfettariamente definita, ma comunque legata alla concreta utilizzazione della provvista; è stato conseguentemente affermato il principio per cui “il potere di modifica unilaterale del contratto riconosciuto all’intermediario dall’art. 118 TUB, in quanto eccezione alla regola generale della immodificabilità del contratto senza il consenso di entrambe le parti, deve intendersi limitato alla possibilità di modificare clausole e condizioni - sia di carattere economico che di natura normativa - già esistenti, e non può

11 Prima della modifica operata dal D. Lgs. N. 141/2010, la formulazione dell’art.

118 era diversa, in quanto faceva riferimento alla facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e “le altre condizioni di contratto”.

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spingersi sino al punto di introdurre clausole e condizioni del tutto nuove, tali da incidere in maniera sostanziale sull’equilibrio contrattuale, modificandone addirittura parzialmente la natura.”; l’introduzione di un corrispettivo prima non espressamente previsto in contratto “implicherebbe una significativa alterazione del rapporto, giacché la componente del servizio rappresentata già dalla messa a disposizione verrebbe a trasformarsi da sostanzialmente ’gratuita’ in dichiaratamente ‘onerosa’” 12. Per completezza di indagine, ci si limita ad evidenziare, in tema di introduzione dei nuovi schemi commissionali di cui alla legge 2/2009, un diverso orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Suprema Corte ha affermato come l’introduzione delle commissioni di messa a disposizione fondi in sostituzione delle precedenti commissioni di massimo scoperto sia espressamente riconosciuta dal legislatore, in quanto l’art. 2-bis, c. 3, l.

2/2009, stabilito l’obbligo per gli intermediari di procedere all’adeguamento

12 Collegio di Napoli, decisione n. 300 del 28 aprile 2010: “[…] il potere di modifica unilaterale del contratto riconosciuto all’intermediario dall’art. 118 TUB, in quanto eccezione alla regola generale della immodificabilità del contratto senza il consenso di entrambe le parti, deve intendersi limitato alla possibilità di modificare clausole e condizioni - sia di carattere economico che di natura normativa - già esistenti, e non può spingersi sino al punto di introdurre clausole e condizioni del tutto nuove, tali da incidere in maniera sostanziale sull’equilibrio contrattuale, modificandone addirittura parzialmente la natura. […] Alla luce di quanto sopra sembra pertanto al Collegio che la questione dell’ammissibilità dell’introduzione, attraverso lo speciale procedimento di modifica del contratto regolato dall’art. 118 TUB, di una commissione (fissa o a percentuale) per remunerare la mera disponibilità fondi non possa ricevere una soluzione aprioristica, ma debba essere valutato caso per caso:

e ciò nel senso che la soluzione potrà essere positiva solo qualora una qualche forma di remunerazione della mera disponibilità fosse già, seppure sotto altre vesti, contemplata dal contratto, atteso che, in caso contrario, là dove cioè la banca avesse inizialmente escluso di richiedere al cliente una forma di remunerazione, la sua introduzione per via unilaterale equivarrebbe all’introduzione di un corrispettivo prima non espressamente previsto, e dunque implicherebbe una significativa alterazione del rapporto, giacché la componente del servizio rappresentata già dalla messa a disposizione verrebbe a trasformarsi da sostanzialmente “gratuita” in dichiaratamente “onerosa”. […] Tanto, allora, basta per escludere che l’intermediario - il quale all’atto della concessione dell’apertura di credito a favore del cliente aveva ritenuto di non chiedergli un compenso per la semplice messa a disposizione - potesse successivamente introdurre tale corrispettivo in via unilaterale attraverso il meccanismo di cui all’art. 118 TUB”

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dei contratti in corso alle nuove disposizioni di legge entro centocinquanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, prevedeva, altresì, che tale obbligo di adeguamento costituisse giustificato motivo ai sensi dell’art. 118, c. 1, TUB. Secondo la Cassazione, pertanto, era la stessa disposizione di legge a costituire presupposto legittimante per l’esercizio dello ius variandi13.

5. La proposta di modifica unilaterale quale atto recettizio.

Le proposte di modifica unilaterale del contratto hanno natura di atto recettizio e, in quanto tali, producono il loro effetto dal momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario (art. 1335 c.c.). Da questo momento sono assistite da una presunzione (iuris tantum) di conoscenza da parte del destinatario: ciò in quanto, ordinariamente, le missive vengono lette appena arrivano a destinazione14. La presunzione può essere vinta dalla prova, a

13 Cassazione Civile, Sez. I, 14 giugno 2012, n. 9772: “Quanto alle commissioni bancarie oggetto dell’azione proposta nel presente procedimento, poi, è appena il caso di rilevare che il D.L. n.185 del 2008, art.2 bis, già modificato dal D.L. 1 luglio 2009, n.78, art.2, comma 2, è stato successivamente modificato dal D.L. 24 gennaio 2012, n.1, art.27, comma 4 (“Il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 2 bis, commi 1 e 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, sono abrogati”; in particolare, il comma 3 del cit. art.2 bis, recitava: “I contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centocinquanta giorni dalla medesima data.

Tale obbligo di adeguamento costituisce giustificato motivo agli effetti dell’art. 118, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al D.lgs.

1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni”).”.

14 Secondo il consolidato orientamento dell’ABF, il meccanismo previsto dall’art.

118, che consente la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, “presuppone necessariamente che la proposta di modifica unilaterale del contratto sia effettivamente ricevuta dal cliente, trattandosi di dichiarazione recettizia i cui effetti dipendono strettamente ex art. 1335 c.c. dal corretto recapito all’indirizzo del destinatario, per cui non può statuirsi l’efficacia della modifica sulla base di una proposta di cui la banca fornisca prova alcuna né dell’invio né tanto meno dell’effettiva ricezione della comunicazione da parte del cliente.” (così Collegio di Milano, decisione 2073/2017; conf. Collegio Milano dec. n. 324/2014).

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carico del destinatario, di non avere potuto senza colpa aver notizia della dichiarazione.

Per la giurisprudenza di legittimità la produzione in giudizio di un telegramma o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art.

1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull’ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico 15. La presunzione di conoscenza posta dall’art. 1355 c.c. non opera, tuttavia, laddove il destinatario contesti la ricezione della missiva in quanto sarebbe eccessivamente gravoso per il destinatario l'onere della prova della impossibilità incolpevole di averne avuto cognizione16. In tal caso è necessario che il mittente fornisca elementi di prova idonei a dimostrare il perfezionamento della notifica 17: in ipotesi di invio a mezzo raccomandata,

15 Cass., Sez. Lavoro, n. 24015/2017; Cass., Sez. I civ., n. 17204/2016; Cass., Sez. I civ., sentenza n. 22687/2017.

16 Cass., Sez. III civ., n. 20167/2014: “La presunzione di conoscibilità di un atto giuridico recettizio richiede la prova, anche presuntiva, ma avente i requisiti di cui all'art. 2729 cod. civ. (gravità, univocità e concordanza), che esso sia giunto all'indirizzo del destinatario, sicché, in caso di contestazione, la prova della spedizione non è in sé sufficiente a fondare la presunzione di conoscenza, salvo il caso in cui, per le modalità di trasmissione dell'atto (raccomandata, anche senza avviso di ricevimento o telegramma), e per i particolari doveri di consegna dell'agente postale, si possa presumere l'arrivo nel luogo di destinazione. Ne consegue che, laddove l'invio dell'atto sia avvenuto per posta semplice, tale presunzione non opera, in quanto sarebbe eccessivamente gravoso per il destinatario l'onere della prova della impossibilità incolpevole di averne avuto cognizione.”.

17 Cass. Sez. I civ., 20924/2005 “La spedizione di una comunicazione in plico raccomandato non vale da sola a stabilire che il destinatario sia venuto a conoscenza della dichiarazione in esso contenuta, occorrendo, invece, provare che detto plico sia pervenuto a destinazione, per poter fondare una presunzione di conoscenza nei confronti del destinatario; il principio di presunzione di conoscenza posto dall'art. 1335 c.c., infatti, opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando sia contestato che essa sia mai pervenuta a quell'indirizzo e il dichiarante non fornisca elementi di prova idonei a sostenere tale assunto.”. Conf. Cass., Sez. Lavoro, n. 12822/2016: “La presunzione di conoscenza di un atto, del quale sia contestato il suo pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata,

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ad esempio, la prova sarebbe agevolmente raggiunta mediante produzione dell’avviso di ricevimento o dell’attestazione di compiuta giacenza.

Sennonché nell’ambito dei rapporti bancari e finanziari la corrispondenza viene di norma inoltrata alla clientela a mezzo posta ordinaria: il che rende immediatamente intuibili le difficoltà (spesso insuperabili) che può incontrare l’intermediario nel provare l’avvenuta ricezione delle missive da parte del destinatario.

Nei casi in cui il cliente eccepisca la mancata ricezione della proposte di modifica unilaterale del contratto, sarà onere dell’intermediario provare (se del caso anche attraverso presunzioni) che la comunicazione di variazione sia stata regolarmente inviata ed effettivamente ricevuta dal cliente18 con la conseguenza che, in difetto, le variazioni contrattuali non potranno considerarsi efficaci nei confronti del cliente 19.

L’ABF ha ritenuto non raggiunta la prova della ricezione delle proposte di modifica unilaterale del contratto ogniqualvolta l’intermediario, pur producendone copia, si sia limitato ad affermarne l’inoltro a mezzo posta ordinaria, senza tuttavia riuscire a provare che la comunicazione sia affettivamente giunta all’indirizzo del cliente.

All’opposto, l’ABF ha ritenuto integrata una tale prova laddove l’inoltro della comunicazione sia stato effettuato: (i) mediante servizi di recapito assistiti dal c.d. “tracking” (i.e. tracciatura tramite localizzazione satellitare GPS, nonché lettura del codice a barre univoco), in quanto idonei a dimostrare sia il momento del prelievo presso il mittente, sia la data e l’ora essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio.”

18 “la mancanza dell’invio e comunque della prova della ricezione di idonea comunicazione ex art. 118 TUB determina, ineluttabilmente, l’illegittimità dell’applicazione delle nuove condizioni contrattuali (…)”. Così Collegio di Milano, decisione n. 424/15; in senso conforme Collegio di Roma, decisione n. 7195/15; ID., decisione n. 889/15; Collegio di Napoli, decisione n. 3331/18; Collegio di Roma, decisione n. 9105/18; Collegio di Milano, decisione n. 11579/18; Collegio di Bologna, decisione n. 17493/18.

19 “Le proposte di modifica ex art. 118 t.u.b., in quanto atti recettizi, divengono efficaci soltanto nel momento in cui pervengono a conoscenza del destinatario, con la conseguenza che, di fronte alla circostanza che il cliente neghi di averle ricevute, è onere della banca provare di avere correttamente adempiuto il proprio obbligo di comunicazione. In difetto, le modifiche non sono efficaci nei confronti del cliente e le somme addebitate devono essere ripetute (cfr., per esempio, Collegio di Roma, decisione n. 8826/2016; Collegio di Palermo, decisione n. 11348/2017)”

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di recapito20; (ii) mediante internet banking, ma solo a fronte della produzione delle condizioni contrattuali comprovanti l’accettazione del servizio di banca multicanale da parte del cliente, nonché della produzione dei “file log” comprovanti la creazione del file elettronico della comunicazione ed il successivo caricamento nell’apposita sezione di internet banking accessibile al cliente21.

6. Il giustificato motivo.

L’art. 118 TUB, c. 1, impone, quale condizione legittimante l’esercizio dello ius variandi, l’indicazione di un giustificato motivo: la locuzione è volutamente generica e con essa il legislatore lascia all’interprete la determinazione delle ipotesi concrete ad essa riconducibili.

In tale attività interpretativa soccorrono le indicazioni fornite dalla Circolare MISE n. 5574, 21 febbraio 2007 che, in ordine al contenuto minimo del giustificato motivo, chiarisce come esso ricomprenda “gli eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario”: tra questi sono ascrivibili sia gli eventi che afferiscono alla sfera del cliente (e.g. mutamento del grado di affidabilità in termini di rischio creditizio del soggetto considerato), sia le variazioni di condizioni economiche generali che si traducono in un incremento di costi operativi per l’intermediario (e.g. tassi di interesse di riferimento, tasso di inflazione, etc.).

La circolare chiarisce, altresì, che il motivo posto alla base della modifica unilaterale deve essere comunicato in maniera sufficientemente precisa e tale da permettere al cliente di valutare la congruità tra motivazione addotta dall’intermediario e variazione contrattuale apportata.

Sulla scorta delle indicazioni fornite dal MISE, l’orientamento dell’ABF appare consolidato nel richiedere che l’indicazione del motivo posto alla base della variazione contrattuale non sia vaga, né generica, ma sia esatta,

20 Collegio di Roma, n. 438/14, Collegio di Milano, decisione n. 7441/14, Collegio di Napoli, decisioni n. 8300/14 e n. 1394/16, Collegio di Milano, decisione n.

2073/2017, Collegio di Bologna, decisione n. 14420/19.

21 Coll. di Milano, decisione n. 24209/2018; Coll. di Bologna, decisione n.

19227/2019; Coll. di Roma, decisione n. 24495/2019; Coll. di Bologna, decisione n.

22052/2020.

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puntuale e riferibile ad eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario interessato dalle modifiche, atteso che è solo per tale via che il cliente può essere messo in condizione di operare una valutazione di congruità:

“Determinante, allora, diviene l'esatta e puntuale esplicazione del

"giustificato motivo" ai fini della verifica della sussistenza della (unica) condizione dettata dal legislatore affinché possa essere modificato unilateralmente un negozio giuridico in regolare svolgimento. II giustificato motivo non può, dunque, essere generico, ma deve riguardare eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche. La comunicazione della modifica unilaterale deve avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa.” (Collegio di Roma, dec. 3981/2012; conf.

Collegio di Roma, dec. n. 2202/2013).

Dall’analisi delle decisioni dell’ABF non risulta che la sinteticità della motivazione addotta dall’intermediario sia elemento atto ad escludere di per sé la sussistenza di una informativa precisa e completa. Tant’è che è stato ritenuto conforme alle finalità perseguite dall’art. 118 TUB il riferimento a

“variazioni dei tassi di mercato e, più specificatamente, del tasso Euribor a 3 mesi” (Collegio Milano, dec. n. 177/2010): indicazione sicuramente sintetica, ma non tale “da non consentire al cliente, con un minimo sforzo di approfondimento, di valutare la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base” (Collegio Milano, dec. n. 177/2010).

Assodato che l’indicazione del giustificato motivo, seppur sintetica, debba risultare esatta e puntuale, rimane da chiedersi quale sia il grado di analiticità che la stessa debba raggiungere. Sul punto il Collegio di coordinamento ha ritenuto che il grado di analiticità non debba estendersi sino al punto di abbracciare il profilo quantitativo, essendo sufficiente che l’indicazione del giustificato motivo si limiti ad indicare, seppur con la precisione richiesta, le ragioni che hanno determinato le variazioni contrattuali proposte dall’intermediario: “la comunicazione ex art. 118 TUB non deve raggiungere un livello di analiticità tale da abbracciare anche il profilo quantitativo, ma può limitarsi ad una indicazione delle ragioni che hanno determinato le modifiche prospettate, che, seppur sintetica, sia in ogni caso idonea a consentire al cliente una verifica in termini di congruità.”

(Collegio di coordinamento, decisione n. 1889/2016).

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7. L’attività di vigilanza della Banca d’Italia.

Nell’ambito dei poteri di vigilanza attribuiti dall’art. 128 TUB in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela (Titolo VI, TUB), la Banca d’Italia opera controlli e verifiche in merito all’esercizio da parte degli intermediari del potere di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali disciplinato dall’art. 118, TUB.

Lo svolgimento di tale attività di controllo ha portato all’emanazione di due note, di particolare rilievo in tema di ius variandi, che vengono di seguito esaminate.

Banca d’Italia, nota 05.09.14, Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali ai sensi dell'art. 118 TUB.

Il contemperamento fra le prerogative delle imprese bancarie e finanziarie e l’esigenza di tutelare la clientela da condotte scorrette e potenzialmente pregiudizievoli viene affidato ad alcuni presidi: i destinatari delle modifiche unilaterali devono essere messi in condizione di valutare preventivamente le variazioni proposte, di verificarne la congruità rispetto alle sottostanti motivazioni ed eventualmente di individuare nuove soluzioni contrattuali.

Gli esiti dell’attività svolta hanno posto in evidenza numerose criticità. Le carenze riscontrate sono da ricondurre:

- al non puntuale rispetto degli obblighi di comunicazione previsti dalla normativa. In particolare, sono emersi casi in cui le modifiche unilaterali sono state adottate in mancanza di un congruo preavviso alla clientela interessata; ulteriori criticità hanno riguardato le motivazioni delle variazioni proposte, esposte alla clientela in termini generici e scarsamente intellegibili; sono stati altresì rilevati profili di incoerenza fra le modifiche contrattuali proposte alla clientela e le relative motivazioni;

- all’inadeguata formalizzazione delle procedure adottate dagli intermediari per decidere in merito alle operazioni di modifica unilaterale da intraprendere. In particolare, in alcune occasioni la policy aziendale in materia di ius variandi è stata concretamente disattesa;

sono state altresì rilevate variazioni unilaterali adottate in mancanza di puntuali analisi preventive, anche a causa dell’inadeguata funzionalità dei sistemi informativi aziendali.

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Agli intermediari è richiesto di esercitare le proprie prerogative in materia di modifica unilaterale dei rapporti in essere, adottando tutte le cautele necessarie e di predisporre, a tal fine, adeguati presidi di natura organizzativa e procedurale, idonei a contenere i rischi legali e di reputazione connessi con l’esercizio dello ius variandi.

Essi devono assicurare che la preventiva informativa ai clienti – da rendere mediante documentazione che evidenzi la formula “Proposta di modifica unilaterale del contratto” – sia chiara nelle finalità e nelle motivazioni, sintetica e completa, verificabile e coerente con la programmata variazione contrattuale, nonché attenta al livello di alfabetizzazione finanziaria che è ragionevole attendersi dai destinatari. Andranno evitati richiami simultanei a una pluralità di motivazioni e formule troppo generiche le quali, di fatto, impediscono alla clientela di formulare qualsiasi valutazione in merito alla permanente convenienza del contratto e ostacolano la corretta formazione della decisione in merito alla prosecuzione del rapporto.

Banca d’Italia, nota 28.03.17, Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali.

L’art. 118 TUB prevede dei vincoli all’esercizio dello ius variandi e, in particolare: (i) le modifiche sono consentite solo se previste da un’apposita clausola contrattuale specificamente sottoscritta dal cliente; (ii) le variazioni devono essere rette da un giustificato motivo e rese note alla clientela con anticipo, così da consentire al destinatario di verificarne la congruità rispetto alle sottostanti motivazioni e di valutare se mantenere il rapporto; (iii) in alcune circostanze l’esercizio dello ius variandi risulta precluso; secondo il Ministero dello sviluppo economico, le modifiche unilaterali di cui all’art.

118 del TUB non possono comportare l’introduzione di clausole nuove (Circ. MISE n. 5574, 21 febbraio 2007).

Nella nota si ribadisce l’esigenza di adottare particolare cautela nell’esercizio del potere di modifica unilaterale dei contratti, con condotte trasparenti e corrette che consentano al cliente di conoscere i presupposti della variazione proposta e di assumere scelte consapevoli, valutando le possibili alternative: prosecuzione del rapporto sulla base delle nuove condizioni contrattuali ovvero recesso dal contratto a suo tempo stipulato.

Non appaiono coerenti con i richiamati principi le modifiche unilaterali che:

(i) sono prive di specifica correlazione tra le tipologie di contratti e le tariffe interessati dalle variazioni, da un lato, e l’incremento dei costi posto a base della modifica, dall’altro lato; (ii) realizzano interventi sulle tariffe, anche

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una tantum, a fronte di costi allo stesso tempo già sostenuti, non ricorrenti e che hanno già esaurito i loro effetti, in quanto in questi casi non si pone un problema di riequilibrio pro futuro e in via continuativa dei reciproci impegni delle parti rispetto a quanto originariamente convenuto; inoltre, interventi una tantum si traducono di fatto in prelievi occasionali che, dal punto di vista del cliente, riducono l’incentivo a valutare l’opportunità del recesso, anche nei casi in cui sarebbe conveniente; inoltre, ripetute manovre una tantum possono dare luogo ad un effetto di lock in della clientela che contrasta con le finalità della disciplina in tema di ius variandi; (iii) non sono giustificate da costi sopravvenuti alla stipula dei contratti interessati e non riguardano la sola parte incrementale; (iv) fanno riferimento a una pluralità di motivazioni (soluzione comunque da circoscrivere a casi limitati in quanto incide sulla chiarezza della rappresentazione alla clientela), senza illustrare il legame fra i singoli presupposti delle modifiche e gli interventi su prezzi e condizioni; (v) esentano alcune tipologie di clienti facendo aumentare l’impatto della manovra sui clienti restanti, attraverso il recupero su di essi di una quota di costo supplementare.

* * *

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8. Rassegna decisioni ABF.

Le decisioni dell’ABF raccolte in questo documento sono una minima parte di quelle emesse dall’Arbitro in tema di ius variandi. Vengono passate in rassegna quelle ritenute più significative per la ricostruzione dei tratti principali e caratteristici dell’istituto, senza alcuna pretesa di esaustività sull’argomento.

Nel tentativo di riportare sinteticamente le singole pronunce, sono state omesse tutte le questioni di fatto e di diritto ritenute superflue e non funzionali alla trattazione dello specifico oggetto di analisi.

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[ 2015 ]

Decisione n. 3724/2015.

Presenta ricorso all’Arbitro il correntista lamentando a) l’illegittimità commissioni di massimo scoperto (CMS) e delle commissioni trimestrale di affidamento (CTA), applicate dal 1/07/09 al 31/03/2012, in quanto attinte da nullità per: a.1) indeterminatezza/indeterminabilità della relative clausole contrattuali; a.2) mancanza di causa; a.3) contrarietà all’art. 2 bis della legge 2/2009 che, disponendo l’onnicomprensività della commissione di messa a disposizione fondi, esclude la coesistenza di due diversi tipi di commissioni;

b) l’illegittimità delle commissioni di massimo scoperto (CMS) che dal 1/07/09 venivano applicate solo sugli importi intrafido per: b.1) mancata ricezione della comunicazione di variazione; b.2) inapplicabilità dello ius variandi alle previsioni contrattuali nulle ab origine; c) l’illegittimità delle commissioni di istruttoria veloce (CIV) applicate dall’1/04/12 al 30/06/2014 in sostituzione delle precedenti commissioni (CMS), in quanto introdotte in assenza della preventiva comunicazione al cliente; d) l’illegittimità delle variazioni peggiorative dei tassi debitori applicati per contrasto all’art. 118 TUB e, segnatamente, per assenza della preventiva comunicazione al cliente e, laddove ricevuta, per assenza di idonea giustificazione.

Resiste l’intermediario esponendo: a) che la CMS era stata applicata sul massimo saldo debitore intrafido e solo laddove il conte presentasse un saldo continuativamente a debito per un periodo pari o superiore a 30 giorni, conformemente a quanto previsto dall’art. 2 bis della l. 2/2009; b) che le spese trimestrali per affidamento erano svincolate dall’utilizzo della provvista e, in ogni caso, costituivano un costo fisso specificatamente indicato nel contratto di apercredito; c) che le commissioni di istruttoria veloce (CIV) erano state anticipate al correntista con le comunicazioni ex art. 118 TUB; d) che le modifiche ai tassi debitori erano state operate tramite le PMUC regolarmente inviate al ricorrente.

Il Collegio,

- richiamato quanto previsto dall’art. 2 bis della legge 2/2009 (nonché i chiarimenti fornite dalla Banca d’Italia con nota n. 431151 del 04.12.09), afferma che è pacificamente da escludersi la coesistenza della CMS e della CTA; in particolare non è sostenibile l’applicazione cumulativa della commissione per la messa a disposizione fondi e della

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CMS perché, ai sensi di legge, la prima delle due commissioni deve essere “omnicomprensiva” e, pertanto, non può convivere con altre commissioni; ergo, la CMS deve ritenersi nulla;

- ritenuto che non possa introdursi una commissione sostitutiva di una commissione prevista da clausola di per sé nulla per contrarietà alla normativa pregressa, qualifica come inefficace la modifica che ha introdotto la CIV in sostituzione della pregressa CMS, reputata nulla per le ragioni anzidette;

- richiamato il consolidato orientamento dell’ABF secondo cui il meccanismo previsto dall’art. 118 “presuppone necessariamente che la proposta di modifica unilaterale del contratto sia effettivamente ricevuta dal cliente, trattandosi di dichiarazione recettizia i cui effetti dipendono strettamente ex art. 1335 c.c. dal corretto recapito all’indirizzo del destinatario, per cui non può statuirsi l’efficacia della modifica sulla base di una proposta di cui la banca fornisca prova alcuna né dell’invio né tanto meno dell’effettiva ricezione della comunicazione da parte del cliente” (così Collegio di Milano, decisione 2073/2017; conf. Collegio Milano dec. n. 324/2014), rileva come la banca, a fronte della doglianza con cui il correntista lamenta la mancata ricezione delle comunicazioni contenenti le PMUC, non ha fornito prova alcuna dell’invio e della ricezione delle medesime;

conseguentemente tutte le modifiche peggiorative dei tassi di interesse applicati dalla banca, sono da ritenersi inefficaci;

- richiamato il consolidato orientamento dell’ABF secondo cui è inefficace la “proposta unilaterale di modifica delle condizioni economiche motivata in modo generico, atteso che la ratio dell’articolo 118 t.u.b., che condiziona la liceità della modifica alla sussistenza di un giustificato motivo, risponde all’esigenza che il cliente venga posto in condizione di scientemente valutare la congruità della proposta variazione rispetto alla motivazione che la fondi, con che la motivazione deve essere sufficientemente chiara nello specificare fatti ed effetti degli eventi dalla stessa contemplati mentre tale non è un’indicazione generica, dovendo invece tale motivazione riguardare eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche.” (Collegio di Roma, dec.

n. 3981/2012; conf. Collegio di Milano, dec. n. 399/2013), ritiene che la motivazione addotta nell’unica proposta di variazione che il correntista ammette di aver ricevuto (facente riferimento “all’incremento del

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rischio creditizio correlato al deteriorarsi dello scenario macroeconomico nonché al mutato contesto di mercato che si riflette sulle spese di gestione”) sia da considerarsi inefficace “attesa la manifesta genericità dell’asserto, la non specifica apprezzabilità dei mutamenti vagamente menzionati, la non misurabilità del maggiore e imprecisato costo di gestione e della sua ricaduta sul rapporto controverso, risultando al contrario una ben più che sommaria rappresentazione di uno stato di crisi che, ove contestata, si tradurrebbe in intollerabile arnese bon à tout faire per legittimare qualsivoglia variazione sfavorevole in totale spregio della lettera e della funzione dell’art. 118 TUB”.

tutto ciò premesso e rilevato, accoglie parzialmente il ricorso del correntista dichiarando l’illegittimità della CMS applicata, l’inefficacia della modifica contrattuale che ha introdotto le CIV, nonché l’inefficacia delle modifiche unilaterali dei tassi di interesse, disponendo la restituzione delle somme indebitamente percepite dalla banca per tali titoli.

Decisione n. 6166/2015.

Ricorre all’Arbitro il correntista lamentando, inter alia, l’illegittima introduzione e l’indebita applicazione della commissione per disponibilità immediata fondi (DIF) e della commissione per istruttoria veloce (CIV); con riferimento ai predetti schemi commissione deduce la violazione dell’art.

118 TUB che non può essere utilizzato per introdurre nuove condizioni contrattuali.

Resiste l’intermediario esponendo che l’introduzione del nuovo regime commissionale è stata regolarmente comunicata al cliente ai sensi dell’art.

118 TUB, mediante l’invio della PMUC; comunicazione che il cliente, anche in sede di ricorso, dichiara espressamente di aver ricevuto.

Il Collegio,

- richiamato il principio secondo cui “il potere di modifica unilaterale del contratto riconosciuto all’intermediario dall’art. 118 TUB, in quanto eccezione alla regola generale della immodificabilità del contratto senza il consenso di entrambe le parti, deve intendersi limitato alla possibilità di modificare clausole e condizioni - sia di carattere economico che di natura normativa – già esistenti, e non può spingersi sino al punto di introdurre clausole e condizioni del tutto nuove, tali da

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incidere in maniera sostanziale sull’equilibrio contrattuale, modificandone addirittura parzialmente la natura (così ABF-Collegio Napoli, n. 396/2011)”;

- rilevato come la DIF rappresenti di fatto una commissione nuova rispetto alla CMS, in quanto mentre la prime costituiscono commissioni dovute per la mera messa a disposizione dei fondi e indipendentemente dal loro utilizzo, la seconda, invece, calcolata sul fido effettivamente utilizzato, costituisce una remunerazione dei maggiori costi che la banca sostiene e di fronte a picchi di utilizzo della disponibilità da parte dei clienti;

- ritenuto, all’opposto, cha la CIV assume sempre una funzione di remunerazione – in questo senso paragonabile alla soppressa e abrogata CMS – dei maggiori costi sostenuti per una disponibilità in concreto accordata e che fuoriesce dalle previsioni originariamente formulate dall’intermediario;

accoglie parzialmente il ricorso del correntista dichiarando l’intermediario tenuto a restituire le somme addebitate a titolo di corrispettivo sull’accordato (DIF).

Decisione n. 7608/2015.

Ricorre all’Arbitro il correntista reclamando la restituzione delle somme addebitate a titolo di “commissioni su fido accordato” deducendo l’illegittimità della modifica unilaterale introdotta dall’intermediario a norma dell’art. 118 TUB.

Resiste la banca che conferma l’introduzione della commissione su fido accordato, previa comunicazione ex art. 118, TUB, eccependo la piena legittimità del proprio operato e rilevando il mancato esercizio diritto di ricesso del cliente che, pertanto, avrebbe così validato l’introduzione delle nuove commissioni.

Il Collegio,

- richiamato il principio secondo cui “il meccanismo di modifica unilaterale non può operare quando, come nel caso di specie, si elimini una commissione con altra che però risulta funzionalmente diversa e, in particolare, risulta diretta a remunerare una componente del servizio fino ad allora erogata ‘gratuitamente’”;

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- ritenuto che “data la diversa funzione della nuova commissione rispetto alla ‘commissione di massimo scoperto’ che essa andava a sostituire, tale commissione non poteva essere evidentemente inserita attraverso il meccanismo della variazione unilaterale, ma richiedeva un espresso accordo (v., in termini, Collegio di Milano, decisione n. 2718/2104)”

tutto ciò premesso e rilevato, accoglie il ricorso del correntista disponendo la retrocessione al correntista degli importi indebitamente corrisposti a titolo

“commissioni su fido accordato”.

Decisione n. 5283/2015

Ricorre all’Arbitro il correntista lamentando l’applicazione da parte dell’intermediario di “competenze di liquidazione sul conto”, non previste dal contratto di conto corrente, né mai comunicate ai sensi dell’art. 118 TUB.

Si costituisce la banca esponendo che le variazioni contrattuali sono state sempre applicate nel legittimo esercizio dello ius variandi, contrattualmente previsto; nello specifico asserisce che le spese contestate sono state regolarmente comunicate al cliente tramite i documenti di sintesi.

Il Collegio,

- rilevato che la banca non ha fornito prova in ordine all’avvenuta comunicazione delle modifiche unilaterali del contratto prevista dall’art 118 TUB, né che sussistesse un giustificato motivo per procedere alla variazione contrattuale oggetto di controversia;

- ritenuta l’inefficacia dell’introduzione delle competenze di liquidazione sul conto, peraltro nemmeno previste in origine dal contratto;

accoglie il ricorso del correntista, disponendo la restituzione delle somme indebitamente percepite dalla banca.

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[ 2016 ]

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La decisione esaminata in calce è la prima di una serie di cinque decisioni gemelle: Collegio di Coordinamento ABF n. 1889/2016, n. 1891/2016, n.

1892/2016, n. 1893/2016, n. 1896/2016.

Rivestono particolare importanza in quanto volte a realizzare una uniformità negli orientamenti dei diversi Collegi.

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Collegio di Coordinamento, Decisione n. 1889/2016.

Ricorre all’Arbitro il correntista, titolare di conto di deposito, contestando l’efficacia delle numerose variazioni unilaterali in diminuzione dei tassi creditori applicati, eccependone l’inefficacia a causa dell’eccessiva genericità del giustificato motivo addotto; più specificatamente, sul punto, espone che le modifiche unilaterali dei tassi applicati erano state comunicate senza l’indicazione dei parametri utilizzati per la determinazione della variazione proposta che, pertanto, risultava essere arbitraria e non verificabile; espone che la banca, in sede di riscontro al reclamo proposto, confermava la correttezza del proprio operato spiegando che il tasso di interesse applicato veniva determinato sulla base dello scenario economico, delle condizioni dei mercati finanziari e dei tassi di riferimento fissati dalla BCE.

Resiste l’intermediario esponendo che, seppur le condizioni economiche del contratto prevedono l’applicazione di tassi d’interesse variabili, la misura di tali tassi non doveva essere considerata indicizzata, in quanto non era direttamente collegata all’andamento di uno specifico tasso, ma era modificabile all’esito di valutazioni sull’andamento del mercato finanziario;

evidenzia, altresì, di aver rispettato le formalità di cui all’art. 118, avendo inoltrato al correntista le comunicazioni contenenti le PMUC che prevedevano l’applicazione della modifica trascorsi due mesi dalla comunicazione; eccepisce, da ultimo, la circostanza che il cliente non si sia avvalso del diritto di recesso, né abbia presentato reclamo per almeno due anni dalle modifiche apportate.

Il Collegio, richiamata la disciplina di riferimento di cui all’art. 118 TUB, come integrata dalla Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n.

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5574 del 21 febbraio 200722, osserva che la vicenda sottoposta al proprio esame riguarda due aspetti specifici.

22 Circolare MISE n. 5574, 21 febbraio 2007: “1. Le modifiche unilaterali del contratto secondo il nuovo articolo 118 TUB. […] In relazione al contenuto minimo della nozione di “giustificato motivo”, questa deve intendersi nel senso di ricomprendere gli eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario. Tali eventi possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.). Peraltro, il cliente deve essere informato circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale, in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base.

2. Le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria.

Il comma 4 del novellato articolo 118 TUB disciplina una speciale categoria di variazioni unilaterali: quelle che riguardano i tassi di interesse (attivi e passivi) che conseguono a decisioni di politica monetaria. Tali variazioni riguardano contestualmente i tassi attivi e passivi e vanno apportate con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente. Questa disposizione non costituisce una deroga al comma 1. Piuttosto, essa è volta a dettare una disciplina speciale per le variazioni dei tassi connesse a un’ipotesi tipizzata di giustificato motivo, identificata nelle decisioni di politica monetaria. Conseguentemente, la disposizione non prevede un obbligo di variazione dei tassi a seguito delle decisioni di politica monetaria, bensì le modalità da seguire qualora l’intermediario intenda apportare variazioni ai tassi di interesse in tali circostanze. Le “decisioni di politica monetaria” sono da identificare con le decisioni formali adottate dall’autorità monetaria relativa alla divisa in cui è denominato il rapporto (per i rapporti denominati in Euro, occorre fare riferimento alle decisioni con le quali la Banca Centrale Europea varia il tasso minimo di offerta sulle operazioni di rifinanziamento principale o i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale). Le modifiche sono apportate contestualmente ai tassi attivi e passivi e con modalità che non arrechino pregiudizio al cliente. Fermo restando che l’adeguamento resta una facoltà discrezionale della banca, dal tenore della disposizione sembra desumibile che la contestualità debba operare nei confronti dell’insieme dei tassi attivi e passivi relativi a medesime tipologie di “contratti” (per es. lo stesso tipo di conto corrente) utilizzati da più clienti ovvero praticati all’interno di un rapporto contrattuale o di più rapporti contrattuali intrattenuti con lo stesso cliente (es. conto corrente e apertura di credito). Dalla precisazione che la modifica debba avvenire con modalità che non arrechino pregiudizio al cliente ne deriva che l’obiettivo della disposizione è il preservare un equilibrio nell’ambito della relazione con il cliente nell’ambito di

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(a) Congruità delle modifiche apportate rispetto alle motivazioni addotte.

Sotto tale aspetto,

- richiamato il principio di diritto per cui “La modifica introdotta a mezzo del ius variandi deve essere congrua rispetto alla motivazione addotta nell’atto di esercizio” (così, Collegio di Milano, decisione 249/2010),

- rilevato che, nel periodo intercorrente tra la stipula del contratto di deposito e la riduzione del tasso creditore (agosto 2014), i principali tassi di riferimento (richiamati dall’intermediario resistente) si erano ridotti in media in misura non inferiore all’85% (Euribor 6m -82%;

Euribor 12m -76%; BCE -88%; Tds 6m -97%; Tds 12m -95%), mentre il tasso offerto al cliente ha subito, nel medesimo periodo, una riduzione del 70%;

ha ritenuto infondato il rilievo sollevato dal ricorrente; di là dal fatto che, nel caso di specie, la riduzione del tasso creditore risultava comunque inferiore alla diminuzione dell’Euribor - favorendo così il correntista - tale circostanza non poteva costituire valido argomento per sostenere l’assenza di corrispondenza tra le modifiche apportate e l’andamento dell’Euribor, in quanto il tasso di interesse applicato al contratto di deposito non risultava indicizzato all’Euribor, ma - come segnalato dall’intermediario resistente - all’andamento sia dell’Euribor che degli altri tassi di riferimento.

(b) adeguata indicazione del giustificato motivo.

Sotto tale aspetto

- richiamati i principi di diritto secondo cui

a) “il riferimento al requisito dei giustificati motivi non può essere limitato alla loro effettiva sussistenza, ma deve estendersi anche alla loro comunicazione. Infatti, è solo con la loro comunicazione al cliente che i “giustificati motivi” assolvono alla loro funzione di mettere il cliente stesso in condizione di valutare se le ragioni addotte dalla banca siano non solo serie, ma anche di carattere generale o particolare, posto che nel primo caso risulta probabilmente inutile cercare sul mercato offerte alternative,

rapporti contrattuali ricadenti nel campo di applicazione dell’articolo 118. Resta ovviamente inteso che i rapporti contrattuali cui fare riferimento nell’applicazione della disposizione sono quelli per i quali è prevista la clausola di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali.”

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mentre nel secondo caso è più probabile l’opposto.” (Collegio Milano, decisione n. 2434/2014);

b) è determinante “l'esatta e puntuale esplicazione del ‘giustificato motivo’ ai fini della verifica della sussistenza della (unica) condizione dettata dal legislatore affinché possa essere modificato unilateralmente un negozio giuridico in regolare svolgimento. II giustificato motivo non può, dunque, essere generico, ma deve riguardare eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche. La comunicazione della modifica unilaterale deve avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa”

(Collegio di Roma, dec. n. 3981/2012).

- rilevato che se, in linea di principio, v’è consenso sulla necessità che il giustificato motivo non sia individuato in termini eccessivamente generici, non altrettanto appare, invece, per il livello di analiticità richiesto dalla normativa per la sua delimitazione;

- rilevato che è proprio la specificità della motivazione che consente di verificare la congruità della modifica e che in passato è stato ritenuto inadeguato il riferimento:

i) all’“andamento del mercato dei tassi” (Collegio di Roma, dec. n.

2202/2013; Collegio di Roma, dec. n. 1837/2011);

ii) agli “effetti prodotti dall’attuale crisi economica e finanziaria”

(Collegio di Milano dec. 2419/2011; Collegio di Milano, dec. n.

5972/2014);

iii) al “peggioramento del contesto economico globale avvenuto negli

ultimi mesi nonché della forte riduzione della forbice dei tassi, a seguito di una riduzione del costo della raccolta non proporzionale a quanto avvenuto per i prestiti concessi, che ha determinato la perdita di sostenibilità economica della operazione di finanziamento” (Collegio di Milano, dec. n. 798/2010);

iv) all’“incremento del rischio creditizio correlato al deteriorarsi dello scenario macroeconomico” (Collegio di Milano, dec. n. 249/2010);

v) alla “variazione delle condizioni di mercato” (Collegio di Milano, dec. n. 2434/2014);

vi) al “peggioramento delle condizioni generali di mercato con conseguente incremento dei costi sostenuti dalla banca per la messa

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a disposizione dei fondi utilizzati a fronte di finanziamenti concessi”

(Collegio di Milano, dec. n. 1719/2014);

vii) alla “diminuzione dei principali tassi di riferimento” (Collegio di Milano, dec. n. 1705/2011).

- rilevato che è stato, invece, ritenuto conforme alle previsioni di cui all’art. 118 TUB il riferimento alle “variazioni dei tassi di mercato e, più specificatamente, del tasso Euribor a 3 mesi” (Collegio Milano, dec. n. 177/2010; indicazione sicuramente sintetica, ma non tale “da non consentire al cliente, con un minimo sforzo di approfondimento, di valutare la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base” (Collegio Milano, decc. n. 98/2010 e n. 177/2010)

- richiamato, il principio per cui “la comunicazione della modifica unilaterale deve infatti avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa” (Collegio Milano, dec. n. 1719/2014);

- ritenuto, in via generale, che “la comunicazione ex art. 118 TUB non deve raggiungere un livello di analiticità tale da abbracciare anche il profilo quantitativo, ma può limitarsi ad una indicazione delle ragioni che hanno determinato le modifiche prospettate, che, seppur sintetica, sia in ogni caso idonea a consentire al cliente una verifica in termini di congruità”; idoneità che nel caso di specie risulta indirettamente confermata dalle (seppur erronee, per le ragioni sopra indicate) considerazioni espresse dalla stessa ricorrente sulla non completa coerenza tra le variazioni (dei tassi Euribor) intervenute negli esercizi di riferimento e le variazioni effettivamente applicate, nonché dai grafici allegati al ricorso, che dimostrano come la ricorrente sia stata messa nella condizione di effettuare una verifica sul punto specifico;

- rilevato, nel caso di specie, che le comunicazioni inoltrate dall’intermediario si riferiscono genericamente al “calo dei tassi di interesse di riferimento”, senza alcuna ulteriore specificazione o indicazione utile per determinare con maggior precisione il giustificato motivo addotto e per consentire, quindi, al cliente di verificare la congruità delle modifiche apportate;

- rilevato come, nel caso di specie, non possa invocarsi la notorietà delle ragioni che hanno determinato il progressivo e costante calo degli interessi, in quanto tale elemento non è sufficiente per individuare un collegamento tra detto calo generale e le scelte successivamente operate dall’intermediario resistente, non essendo individuati i parametri e i

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criteri presi a riferimento dall’intermediario per la determinazione della propria offerta alla clientela;

tutto ciò premesso e considerato, accoglie ricorso del correntista accertando l’inefficacia delle PMUC inoltrate al correntista, in quanto recanti una motivazione eccessivamente generica (i.e. “calo dei tassi di interesse di riferimento”), tale da non consentire al cliente di verificare la congruità delle modifiche apportate.23

* * *

23 Conformi: Collegio di Coordinamento ABF n. 1891/2016, n. 1892/2016, n.

1893/2016 e n. 1896/2016.

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