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Rassegna della letteratura empirica sulle variabili utilizzate nell’indagine.

CAPITOLO 2. Lo sviluppo internazionale

2.4. Rassegna della letteratura empirica sulle variabili utilizzate nell’indagine.

Come si può osservare da quanto esposto in questa breve rassegna della letteratura, vi sono molti studi e teorie che cercano di offrire una spiegazione alla scelta di internazionalizzazione da parte di una piccola e media impresa. Presupposto comune a molte teorie è che le imprese di dimensioni minori, e soprattutto quelle a conduzione familiare, siano generalmente mal disposte ai cambiamenti e avverse al rischio, e che perciò non considerino i mercati esteri fino ad un preciso momento; se non a seguito del verificarsi di una determinata occasione (Andersson, Gabrielsson e Wictor 2004). Viene spesso ipotizzata una forte correlazione tra l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e alcune variabili che le caratterizzano, tra le quali emergono principalmente la dimensione aziendale, l’età dell’impresa e l’età del manager. Sulla base del materiale empirico trovato si osserva che le imprese di minori dimensioni rispetto alle grandi imprese necessitano di più tempo per reperire le informazioni sui mercati esteri, e le abilità per potervi approdare. Come viene affermato da Andersson,

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Gabrielsson e Wictor (2004) nell’ambito dello studio promosso al riguardo delle attività che influenzano l’internazionalizzazione e la crescita dell’export per le PMI, le imprese di dimensioni minori, oltre a conoscere profondamente gli ambienti esterni devono sviluppare internamente tutte le routines necessarie per avervi successo, non possono credere di poter trasferire semplicemente quanto è stato maturato sui mercati domestici in quelli oltreconfine, ma devono altresì pensare ad un piano apposito per l’attività internazionale. Nel lavoro sviluppato da Bonaccorsi (1992), su un ampio numero di imprese manifatturiere italiane al riguardo delle interazioni tra l’intensità dell’export e la dimensione aziendale, vengono sconfessate le precedenti ipotesi che ponevano come barriera all’export e all’internazionalizzazione la dimensione della piccola impresa. Al contrario le teorie elaborate da Dhanaraj e Beamish (2003) a seguito degli studi effettuati sulle performance dell’export di PMI canadesi e americane, imputano il vantaggio internazionale delle grandi imprese alla loro dimensione, e a tutte le opportunità che ne conseguono. In opposizione ad entrambe le posizioni si ricordano altre teorie come quelle presentate negli studi di Cavusgil (1976) sulle imprese manifatturiere del Winsconsin, che pongono la propensione all’export e all’essere internazionali in modo indipendente dalla classe di addetti dell’impresa sotto un determinato livello e invece ne trovano una correlazione sopra un data dimensione. Ovvero che le micro imprese tendono a non esportare in alcuna occasione.

Per quanto riguarda l’effetto delle generazioni a capo delle imprese, e l’influenza che questa variabile può esercitare sull’internazionalizzazione della PMI Arregle et al. (2012) nell’articolo che tratta l’argomento della governance delle imprese familiari mettono in relazione le esperienze precedenti alla probabilità di internazionalizzazione. L’influenza delle performance passate incide sull’internazionalizzazione dell’attività, ma tale influenza si potrà tradurre in una maggior avversione al rischio, o in una propensione di conservazione delle risorse ottenute in passato. La multidisciplinarità che caratterizza il ruolo dell’imprenditore in una piccola e media impresa, unitamente al suo pensiero, restano determinanti importanti nelle prospettive di internazionalizzazione (Feliìcio, Caldeirinha e Rodrigues 2012).

Un altro fattore spesso evidenziato come cruciale per la sopravvivenza all’estero riguarda la predisposizione di un accurato piano strategico. Il processo di internazionalizzazione è visto come un percorso graduale che si sviluppa lentamente e che tende a concentrarsi su di un livello alla volta. Inoltre la disponibilità delle risorse

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barriere18 all’export per le PMI, individua quale una delle principali barriere nella debolezza interna dell’organizzazione. Le imprese di dimensioni minori sono scettiche ad intraprendere attività internazionali, ne seguono esperienze internazionali negative con performance future deteriorate dagli esiti precedenti. Tali atteggiamenti persistono all’interno delle diverse organizzazioni aziendali, nonostante le indagini dimostrino che l’internazionalizzazione viene riconosciuta come un valore indiscutibile per la crescita delle imprese.

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Leonidas C. Leonidou anno 2004, “Con il termine barriere si intende tutto ciò che può colpire l’abilità delle imprese nell’intraprendere e sviluppare un’attività nei mercati stranieri. (…) le barriere interne sono associate alle risorse dell’organizzazione, alle sue capacità e all’approccio che l’impresa ha con il business internazionale. Le barriere esterne sono invece rappresentate dall’ambiente di appartenenza dell’impresa.” (pp. 281).

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