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Rastignac, Sorel, Duroy: successi, fallimenti, punti di contatto.

I protagonisti dei tre romanzi hanno molto in comune, tanto da incarnare l’archetipo dell’arrivista, spinto dal desiderio di emergere e di costruirsi una posizione sociale; desideroso di lasciarsi alle spalle una vita povera o delle origini umili; pronto ad affrontare ogni ostacolo e a evolversi in una persona nuova, lungo il percorso che lo separa dal successo.

Ciò che li differenzia è il punto di arrivo del loro percorso personale; tutti e tre, alla fine, hanno raggiunto la gloria e la ricchezza. Nel caso di Georges Duroy si tratta di una situazione apparentemente stabile e duratura, destinata a protrarsi e a elevare il protagonista a livelli ancora più alti (da capo redattore a direttore del giornale, a deputato e, infine, a ministro). Nel caso di Julien Sorel, l’obiettivo di arricchirsi è raggiunto, il padre della sua sposa cede e gli dona dei terreni che gli varranno abbastanza soldi per arricchirsi; ma più di tutto il giovane prete riesce a raggiungere quella carriera militare alla quale ha tanto ambito e che sognava fin da giovane, spinto dal miraggio napoleonico che l’ha accompagnato per tutta la vita e il tiolo nobiliare necessario per ricoprire quel ruolo. Il successo personale di Julien, però, è destinato a infrangersi e ad andare perduto, nel momento in cui il suo orgoglio ferito lo spinge a cercare di uccidere madame de Rênal. L’incarceramento e la condanna a morte gli strapperanno via fama e gloria, prima ancora che privarlo della sua vita. Nel caso di Rastignac, il giovane riesce a sfiorare per poco quella ricchezza che ha sempre desiderato e, con essa, il sogno di diventare un nome importante nella buona società parigina. Ha appena il tempo di ricevere in dono dal père Goriot un ricco appartamento e un orologio di lusso, quando la tragedia delle due figlie del vecchio causerà la morte di quest’ultimo. Il giovane, allora, si dedicherà a lui, alle sue ultime cure, alla sua sepoltura e alla messa da dedicargli, spogliandosi di quegli orpelli lussuosi che ne facevano un ricco gentiluomo e mettendo il suo poco denaro restante al servizio di Goriot. Alla fine del suo percorso, Rastignac ha perso quello che aveva

guadagnato, ma ancora non si arrende e lancia la sua sfida alla città di Parigi, preparandosi a darle l’assalto ancora una volta.

Ciò che i tre personaggi hanno ottenuto a livello economico, sociale, politico e militare sono chiaramente l’aspetto più evidente sul quale trarre delle conclusioni, alla fine dei romanzi. Non va sottovalutato, tuttavia, ciò che i tre personaggi sono diventati, la loro maturazione a livello personale ed emotivo. Questo perché se è vero che è importante capire se gli sforzi prodotti abbiano permesso ai nostri protagonisti di ottenere ciò per cui hanno lottato, non si può non tenere conto di quale sia stato il prezzo pagato per giungere in cima alla scala sociale.

Rastignac è un giovane di buon cuore che arriva a Parigi, desideroso di studiare Legge per diventare un buon magistrato. Rimarrà affascinato dalle luci della città, dalle feste mondane e dallo sfarzo di una nobiltà decadente, ma ancora estremamente affascinante. Il giovane si dedicherà all’amore, cercherà un’amante ricca e bella che possa mantenerlo e introdurlo nel giro di coloro che contano. Durante la sua scalata sociale incontra due figure che saranno importantissime per la sua crescita: da un lato Vautrin, il carcerato evaso senza scrupoli, un misto di saggezza, disillusione e cinismo; dall’altro il père Goriot, un padre che ha sacrificato la propria vita alla felicità delle sue due figlie, nella speranza di renderle felici, da un lato, ma anche di accontentare un egoistico desiderio di essere amato alla follia. Questi due personaggi saranno di importanza vitale e ne plasmeranno, con il loro esempio (positivo o negativo che sia), il carattere e l’animo. Dopo la morte di Goriot, Eugène non è più il giovane idealista di buon cuore, ma è diventato un arrivista. Non senza scrupoli come Vautrin, sicuramente ancora dotato di un animo gentile, ma la morte del vecchio pastaio, l’esempio di come la forsennata ricerca della ricchezza possa portare alla rovina dato dalle due figlie di Goriot, non lo fermano dal continuare la sua scalata sociale. La morte dell’anziano padre di famiglia è ancora fresca e Rastignac sta già pensando alla sua prossima mossa nella partita a scacchi con Parigi. Il cambiamento è forte e, sotto un certo punto di vista, persino spaventoso: il bruciante desiderio di

arrivare può cambiare un uomo, facendogli dimenticare quei valori che una famiglia amorevole gli ha insegnato (valori che, del resto, lui stesso ha già messo da parte nel momento in cui chiede alla madre e alle sorelle dei soldi, conscio di costringerle a ulteriori sacrifici).

Non si intende sostenere che Eugène sia diventato un essere spregevole, ma certo è che ha perso molta dell’innocenza che lo caratterizzava inizialmente. La stesa innocenza che lo faceva sentire in soggezione e lo metteva in difficoltà nei colloqui con Vautrin. Alla fine del romanzo, Julien decide di andare a pranzo con la sua amante. Ma nel farlo non la chiama per nome, limitandosi a usare il suo titolo nobiliare. Questo dimostra come l’amore idealista sia morto e come ora la persona che si appresta a fare colazione con la giovane nobile sia un uomo disilluso e un po’ più cinico.

Quando conosciamo Julien Sorel lo vediamo piangere per la perdita del suo libro preferito, il Memoriale di Sant’Elena. Questo gesto innocente ci mostra il lato più puro e infantile del giovane, ma è anche uno dei pochi segni di debolezza di un ragazzo che ha un progetto ben preciso e che sa come ottenerlo. Il sogno di Julien è quello della carriera militare, che però gli è preclusa a causa dei suoi umili natali. Il piano alternativo, allora, prevede la scalata della carriera ecclesiastica, reale fonte di guadagno nella Francia post-Napoleonica. A questo piano Julien si attiene e questo progetto cerca di portare a termine. Ma tra di lui e la sua riuscita si pone l’amore, reale elemento disturbante e caotico, che il ragazzo non è capace né di prevedere, né di sottomettere ai suoi voleri. Le due donne che Julien ama e dalle quali è amato si presentano come un freno alla sua ascesa: madame de Rênal è sposata e per frequentarsi i due devono vivere sotto lo stesso tetto. Ciò significa che il ruolo di tutore che Julien ha assunto in casa de Rênal diverrebbe il suo compito per tutta la vita. Nel momento in cui Julien sembra accettare questa possibilità, trovandosi davanti all’infinito amore che la donna prova per lui e scoprendo, a sua volta, di amarla, il giovane accetta implicitamente di fermare la sua scalata sociale al gradino

più basso. E’ la prima falla che si presenta nel suo progetto di arrivismo, il primo segno di cedimento di uno spirito forte, concentrato unicamente sul suo cammino e sui passi che è necessario compiere per arrivare al proprio obiettivo. Sarà il destino a costringerlo a separarsi dalla donna amata e a farlo arrivare in seminario; il luogo che sarà un secondo punto di partenza, da dove riprenderà il suo cammino verso il successo. Diventerà il segretario del marchese de La Mole e conoscerà la giovane figlia di lui, una ragazza ribelle e infantile, che ha molti tratti in comune con Julien e che lo supera in astuzia ed esperienza, tanto da farlo impazzire di amore e portarlo quasi all’insano gesto di ucciderla. La loro storia d’amore sarà ciò che farà capitolare il giovane, rendendolo pazzo per la ragazza e vivendo per lei, mentre la sua ascesa come segretario del marchese diventerà costante, facendone un uomo importante. Dopo avere ottenuto il permesso di sposare mademoiselle de La Mole e aver costretto il padre ad accettare le nozze per evitare il disonore di una figlia rimasta incinta, Julien raggiunge l’apice della sua carriera, acquisendo un titolo nobiliare e facendo finalmente l’ingresso nella tanto desiderata carriera militare. Ma è proprio quando ha guadagnato tutto, che si ritrova a perderlo, tradito da una lettera di madame de Rênal; arrivando all’estremo gesto di cercare di ucciderla con due colpi di pistola. In fondo alla vicenda Julien è una persona completamente diversa: non è più freddo e calcolatore, ma è vittima delle passioni amorose ed emotive. Il tentato omicidio è figlio di un cuore spezzato e dell’orgoglio ferito di un giovane che vede svilito l’amore puro che ha provato per una donna (oltretutto, punto al quale prestare la massima attenzione, la prima donna che ha amato e l’ultima che amerà). Il giovane ragazzo che piangeva per la perdita del libro riemerge, nelle ultime pagine del romanzo, e osserva il mondo attorno a lui, quello di cui ha cercato così disperatamente di fare parte. Vi scorge ipocrisia e falsità, arrivismo e mediocrità; decide, quindi, di non volerne più fare parte, anche a costo di morire, in nome di ciò. I ritrovati ideali di Julien lo portano a rinunciare a una facile via d’uscita dalla cella; gli basterebbe una falsa conversione per evitare la morte, ma il ragazzo si rifiuta,

conscio del fatto che se accettasse riprenderebbe quella strada che ha deciso di ripudiare, tornando a essere un miserabile arrivista come è stato per molto tempo.

La scalata sociale e le vicende amorose di Georges Duroy sono un tutt’uno, poiché sono le donne che lui seduce a dargli ciò che cerca. Lungo l’arco del romanzo Georges si evolve: diventa più disilluso, più astuto, riesce a prevedere meglio quali siano le mosse che gli conviene compiere per riuscire a ottenere il massimo risultato. Se lo troviamo all’inizio che sogna di vaghe storie d’amore con ricche signore incontrate per caso per strada, alla fine riesce a sedurre la moglie del suo capo con un piano ben congegnato, di sua ideazione. Altresì il suo matrimonio con Suzanne sarà ordito con freddezza e raziocinio, ma anche grazie all’esperienza che ha maturato lungo l’arco dei suoi mesi vissuti a Parigi. Non vi è traccia di amore, amore disperato che non vede altra soluzione che un matrimonio rubato, per essere coronato; si tratta solo di un gesto basato sul puro calcolo, pianificato e portato avanti conscio degli effetti che ne seguiranno. A questa evoluzione di tipo “machiavellico”, non corrisponde un’evoluzione di tipo morale: Georges Duroy è un arrivista senza scrupoli, un uomo meschino, dalla prima all’ultima pagina del romanzo. Lo troviamo all’inizio della vicenda capace di strappare a una prostituta una notte d’amore senza avere i soldi per pagarla (o essendone in possesso, ma non volendoli spendere) e lo ritroviamo in fondo alla storia capace di considerare una donna una marionetta di carne, da manovrare a piacimento per ottenere ricchezza e prestigio.

Gli unici moti di affetto che il giovane dimostra sono verso la sua famiglia, alla quale è estremamente legato e alla quale scrive di tanto in tanto delle lettere; lettere nelle quali gli narra le buone notizie o tramite le quali gli invia dei soldi. Assieme a essi, madame de Marelle sembra la sola capace di strappare un qualche gesto amorevole: dei marrons glacés offerti in dono, delle coccole fatte nei loro incontri amorosi, l’uso di nomignoli e vezzeggiativi altrimenti negati alle altre sue amanti.

Ma a parte questi pochi casi (laddove è necessario ricordare che nel momento in cui la possibilità di guadagno si presenta, Georges non si fa scrupolo di allontanare

madame de Marelle, arrivando a picchiarla), il protagonista del romanzo di Maupassant non dimostra debolezze, né sentimentalismi, limitandosi a cancellarli, nel momento in cui questi si presentano (la gelosia nei confronti della moglie viene scacciata e lascia il posto alla freddezza).

Il suo successo è totale: diventa capo redattore del giornale, in attesa di ereditare il posto di direttore dal cognato; sposa la figlia di Walter, ricca ereditiera; ha acquisito un titolo nobiliare e gli si prospetta una carriera politica di alto livello. Ma alle sue spalle lascia una scia di persone usate e poi gettate via; di cuori spezzati; di animi distrutti dal dolore, fino a portarli alla follia, come nel caso di madame Walter, sedotta e abbandonata.

Semplificando al massimo le storie e i caratteri che emergono dai tre romanzi, possiamo dire che Julien ed Eugène seguono due percorsi inversi, mentre Georges rimane fedele a sé stesso fino alla fine.

Julien vive la sua vita seguendo un piano ben preciso, comportandosi da arrivista ed essendo conscio di esserlo. Lungo la strada troverà l’amore, scoprirà che vi è un mondo diverso da quello imparato sui libri e al quale lo aveva abituato il padre. Le esperienze che vivrà addolciranno il suo carattere e risveglieranno in lui un idealismo fino ad allora sopito, portandolo ad accettare serenamente la morte, piuttosto che scegliere una vita di menzogne. La sua morte non si limita a fare di lui un idealista che si spegne credendo nelle sue idee, ma lo innalza a figura che si fa carico di tutte le speranze e le richieste del Terzo Stato; del suo desiderio di potersi costruire un futuro e una posizione in base alle capacità individuali di ognuno. L’arrivista Julien muore da eroe idealista.

Eugène è un bravo ragazzo, che decide di contare sulle sole proprie forze per fare l’ingresso nell’alta società. Accortosi dell’impossibilità comincia a sfruttare dapprima la famiglia, rischia di allearsi a un evaso calcolatore e manipolatore. Gli ideali di Eugène sfumano davanti alle sue esperienze e davanti alla tragedia vissuta dal père Goriot. Alla fine del romanzo il ragazzo ha visto come funziona il mondo ed

è pronto a prendere la sua strada, a fare la sua scelta; e questa scelta è il continuare i tentativi di diventare ricco. L’idealismo di Eugène de Rastignac lascia il posto all’arrivismo che non cede davanti a nulla.

Georges Duroy vive nell’insofferenza costante per la sua situazione economica e sociale. Vuole essere sempre qualcun altro e possedere sempre più di quanto possieda. Nel far ciò non risparmia colpi bassi, non rinuncia a sfruttare chi è più debole o chi ha fede in lui. Dalla prima all’ultima pagina del romanzo vediamo l’ascesa di questa persona malvagia e calcolatrice, che prende senza dare e non si ferma davanti a nulla. L’arrivista Georges Duroy è sempre la stessa persona che abbiamo conosciuto sulla via Notre-Dame-de-Lorette, anche quando sale le scalinate della chiesa della Madeleine; con in più l’astuzia imparata con il tempo e una carica aggressiva e brutale che è propria di chi è convinto di essere superiore a chi lo circonda.

Semplificando ulteriormente: Rastignac è un idealista che diventa arrivista; Julien Sorel è un arrivista che muore da idealista; Georges Duroy è un arrivista che non cambia, spogliandosi, anzi, ulteriormente e cinicamente di ogni scrupolo morale.

I punti di contatto di questi personaggi sono diversi, a cominciare dalle radici umili. Sono queste il primo e vero ostacolo ai loro sogni di gloria: Duroy ama la propria famiglia, ma si vergogna di portare la propria moglie a conoscere i genitori, e arriverà a storpiare il proprio nome e quello del paese da cui arriva, per poter far credere di avere origini nobili. Julien Sorel è figlio di un falegname che lo odia e che non manca occasione di fargli pesare la sua inutilità per gli affari di famiglia. L’essere figlio di paesani impedirà al giovane di intraprendere la tanto desiderata carriera militare, costringendolo a ripiegare su una carriere ecclesiastica altrettanto redditizia. Rastignac è quello con origini più elevate, essendo di famiglia nobile, possidente, ma comunque non ricca. Nel momento in cui chiede soldi supplementari alla madre, sa di farle un torto e di costringerla a dei sacrifici, oltre che a dover nascondere al padre il gesto.

In una società dove le radici di un uomo sono ciò che decretano le possibilità di una persona di poter diventare qualcuno o meno, è ammirevole come i tre personaggi decidano di essere, comunque, gli artefici del proprio destino.

Tutti e tre cercheranno di fare il loro ingresso nell’alta società, sia essa composta da nobili o dall’alta borghesia, scontrandosi contro un muro sollevato da altri arrivisti come loro. L’ingresso nel mondo che conta li metterà a stretto contatto con altri parvenus che cercano di emergere e tra i quali si crea una competizione feroce e senza esclusione di colpi.

Rastignac si trova ad avere a che fare con l’amante della contessa de Restaud, il conte Maxime. E come lui sono arrivisti la proprietaria della pensione dove alloggia, madame Vauquer; lo stesso Vautrin, con la differenza che questi cerca di piegare la società ai propri voleri, piuttosto che accettarne le regole; fino ad arrivare al marito di madame de Nucingen, anch’esso un arrivista giunto ai vertici più alti grazie ai soldi offerti in dote dal père Goriot.

Julien trova esempi del più basso arrivismo e di scioccante mediocrità ovunque, ma specialmente nell’abbazia dove frequenta il suo seminario: gli altri seminaristi si rivelano arrivisti della peggiore specie, impegnati nel ricavare una posizione utile dall’esperienza ecclesiastica, esattamente come Julien. E’ un arrivista anche monsieur de Rênal, pur se di tipo diverso viste le sue radici e le sue ambizioni, sicuramente meno elevate di quelle del protagonista, che cerca di costruirsi una posizione a partire da Verrières. Fino ad arrivare al segretario del marchese de La Mole, Tanbeau, che invidia Julien per il solo fatto di poter svolgere i propri compiti nella biblioteca personale del marchese e cerca di conquistare un proprio spazio in quel luogo.

Duroy vive in un ambiente, quello dell’alta borghesia parigina, dove il parvenu è una figura riconosciuta. Arrivare a ricoprire ruoli importanti significa avere le origini e la possibilità economica di sostenere la propria carriera oppure essere riusciti a emergere grazie alla propria abilità, ma salendo lungo la scala sociale con

l’appoggio di qualcuno. Se Georges è l’esempio maximo di questo genere di percorso, è anche vero che è circondato da altri esempi di questo arrivismo sfrenato: Forestier, Madeleine, i giornalisti de La Vie Française, il ministro Laroche-Mathieu, fino allo stesso Walter che rappresenta un po’ il metro di paragone sul quale Duroy si basa per definire il proprio successo. Tracce di arrivismo si trovano anche in madame de Marelle, che accetta un matrimonio di convenienza, pur di poter vivere una vita agiata e libera da costrizioni.

E’ ironico che la società che i tre protagonisti cercano così disperatamente di conquistare sia, in fin dei conti, degradata e composta da mediocri che hanno raggiunto il successo tramite sotterfugi e l’aiuto delle proprie amanti.

L’amore è un fattore estremamente importante per tutti e tre i personaggi, perché indiscutibilmente cambia il loro destino, aprendogli nuove porte e indicandogli altre strade. L’amore cambia Julien Sorel nell’intimo, dopo che l’assenza dello stesso lo aveva indurito e reso una persona chiusa e cinica. L’amore per madame de Rênal lo renderà capace di mettere da parte il suo desiderio di emergere, risvegliando in lui sensazioni che l’astio paterno non gli avevano mai permesso di provare. L’amore per Mathilde lo rende sciocco e infantile, ma lo porta anche a gesti impensabili per una persona abituata a calcolare ogni passo, prima di compierlo. E la presa di coscienza dell’amore sconfinato che madame de Rênal prova nei suoi confronti sarà ciò che servirà a fargli comprendere quanto vuota la sua vita fosse prima del loro incontro e come si sia sempre concentrato su un obiettivo futile, se paragonato all’esperienza totalizzante che può essere l’amare ricambiati.

Per Eugène de Rastignac l’amore è qualcosa di indefinito e misterioso, che ancora non ha conosciuto. Ma è anche conscio che una donna è ciò di cui ha bisogno

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