CAPITOLO 3. ANALISI DEI VOLUMI
3.5 Utilizzo degli indicatori tecnici nello studio dei volumi
3.5.1 Rate of change
A volte è possibile ritrovarlo con il termine V-ROC (Volume-ROC), è l’indice di misurazione del momentum più semplice, usando una formula che poco vi si discosta: infatti basta considerare il tasso di variazione del livello di volume in un determinato intervallo temporale. La formula originale prevede la scelta di un arco temporale di n giornate per poi calcolare il rapporto tra il volume giornaliero e quello dell’n-esima giornata precedente, il tutto moltiplicato per cento11. La curva così disegnata indica la percentuale di variazione dei volumi scambiati.
Se immaginiamo che il volume non cambi rispetto all’n-esima giornata avremo una linea di equilibrio pari a 100, ed è intorno a questa linea che potremo fare le considerazioni maggiori: uno stazionamento del V-ROC sopra la linea indica un volume superiore a quello del periodo precedente e al di sotto uno inferiore. Sono gli avvicinamenti a questa linea a fare da campanello di allarme, dato che un V-ROC superiore a 100 ma in avvicinamento alla linea indica un volume comunque superiore a quello di n giornate prima, ma implica una riduzione della forza d’acquisto (e viceversa nel caso contrario).
11 A volte si può incontrare una diversa formulazione che non aggiunge nulla dal punto di vista informativo, ma permette l’oscillazione del ROC intorno alla retta dello 0 invece che del 100: [(volume giornaliero –
La permanenza dell’oscillatore nella fascia di ipercomprato indica una forte attività di scambio e potrebbe dare segnale di una prossima inversione di tendenza, ma la direzione che avrà il trend potrà essere nota soltanto guardando i prezzi; invece una semplice perforazione, come quella avvenuta a inizio agosto nel grafico 16, dove è riportato l’andamento di un V-ROC con n=7 oscillante intorno all’asse dello 0, indica una giornata particolarmente frenetica con scarsi risultati in termini di significatività del movimento. Pur mettendo in evidenza quei movimenti di volume che non sarebbero leggibili da un normale istogramma, il ROC è lontano dal potersi considerare un metodo ottimale in quanto troppo suscettibile di movimenti irregolari e troppo pronunciati. Per eliminare le troppe interferenze spesso si fa ricorso a una sua media mobile semplice: in questo modo si riescono a smorzare le stime ottenute e a rendere il grafico più comprensibile. Tuttavia tale utilizzo dell’indice lo rende di fatto simile a una percentuale: in questo caso esso potrà oscillare intorno alla sua linea di equilibrio ma, a fronte di una ipotetica crescita infinita, non potrà ridursi più del 100%. Questo ci costringe a un attento lavoro per il corretto posizionamento delle linee di ipercomprato e ipervenduto, con queste ultime sistematicamente più vicine alla linea di equilibrio. Questo eccesso di lavoro sarebbe evitabile utilizzando una media mobile del momentum dei volumi: in questo modo si eviterebbe il problema della differenza della distanza delle linee di ipercomprato e venduto dalla linea dello zero; tuttavia perderebbe la capacità di essere confrontato nel lungo termine qualora vi fossero dei significativi movimenti di volume.
3.5.2 Oscillatore di volume
Un modo alternativo di rappresentare il volume come oscillatore è quello di sottrarre la media mobile esponenziale dei volumi di breve termine con quella di lungo termine12. Spesso troviamo testi che si riferiscono a questo indicatore col nome di V-MACD (volume
moving average convergence divergence) per la assoluta uguaglianza della formula con il
MACD, utilizzando al posto dei prezzi i volumi. L’indice che scaturisce è una retta che si muove intorno allo 0, valore per il quale le due MM sono uguali. Concettualmente è un 12 Anche se non è infrequente trovare una diversa formulazione, del tipo: [(M.M breve termine – M.M
processo identico a quello visto precedentemente per il ROC, ed esattamente come per quest’ultimo, una forte presenza dell’indicatore nella fascia di ipercomprato non deve essere confusa come se ci trovassimo di fronte a un indicatore di prezzo: indicherebbe esclusivamente una probabile inversione di tendenza, ma la direzione ce la direbbe il prezzo.
Come possiamo vedere nel grafico 17, in cui viene analizzato l’andamento di “Telecom Italia S.p.A.”, l’oscillatore tra gennaio e febbraio fornisce due importanti segnalazioni: l’andamento divergente dal trend dei prezzi e la perforazione della linea dello zero; tutto ciò farà presagire un possibile inversione dei prezzi e infatti essi iniziano a salire già da metà febbraio. Inoltre osserviamo come l’oscillatore perfori dall’alto verso il basso l’asse dello zero con ampio anticipo rispetto all’andamento dei prezzi. Sebbene sia raro che questi oscillatori riescano a restituire delle configurazioni grafiche, è pur vero che quando
lo fanno sono molto attendibili.
Proprio per facilitare la lettura degli andamenti futuri del titolo, si è soliti accompagnare questo indicatore con un oscillatore di prezzo, anche se il loro rapporto non è sempre esatto e ha dato luogo più volte a falsi segnali.
3.5.3 Demand index
Si tratta di un indicatore ideato da James Sibbet nel tentativo di combinare in un unico indice prezzi e volumi. Si tratta di una formula piuttosto complessa che parte dall’idea che i volumi anticipino i prezzi. Compara la pressione in acquisto con quella in vendita e assume valori superiori allo 0 nel caso la prima superi la seconda, inferiori in caso contrario.
Data la sua natura anticipatoria, divergenze con i prezzi o rotture di trendlines sono buoni segni di possibili inversioni. Il D.I. presenta le fasce di ipercomprato e ipervenduto che necessitano, a causa della singola volatilità dei titoli, specifici adattamenti anche se in genere risulta compreso tra i valori +50/-50.
Lo stesso Sibbet, consapevole della estrema complessità del suo indice, diede alcuni “consigli” o regole:
1. una divergenza tra prezzi e D.I. indica una possibile fase di incertezza del prezzo; 2. dopo un picco nel D.I. non è improbabile assistere a un picco nei prezzi;
3. se il D.I. perfora il livello dello zero, è probabile un inversione di trend;
4. quando l’indicatore staziona per lungo tempo intorno alla linea dello zero, indica un livello di debolezza dei prezzi che però non durerà a lungo;
5. una divergenza duratura tra prezzi e D.I. indica il raggiungimento di un massimo o minimo significativo;
6. prezzi più alti con un D.I. più basso indicano il raggiungimento di un massimo importante.
La formula del Demand Index è estremamente complicata: • BP= pressione in acquisto;
se i prezzi salgono avremo: • BP=V (volume); • SP=V/P; se i prezzi scendono: • BP=V/P; • SP=V;
dove P è la variazione percentuale del prezzo e siccome è inferiore a 1 viene moltiplicata per K, con:
• K=(3*C)/VA;
• C=prezzo di chiusura;
• VA=media mobile a 10 di un price range di due giorni (il massimo di 2 giorni meno il minimo di due giorni).
Il Demand Index è pari a BP/SP, ma se BP>SP allora sarà pari a SP/BP.
Nel grafico 18 è riportato l’andamento del demand index dei prezzi di Banca Mediolanum S.p.A. nel periodo a cavallo tra novembre 2013 e novembre 2018: possiamo vedere come l’impennata di gennaio 2015 fosse stata anticipata da un picco registrato verso fine settembre 2014.
Data l’elevata complessità e difficile reperibilità della formula, molti trader usano delle versioni personalizzate, frutto della propria interpretazione della teoria di Sibbet; la stessa formula riportata sopra è una rivisitazione di John Murphy, mentre quella usata per l’elaborazione grafica è stata ricavata da un incrocio dei dati presi da Murphy e dal server Metastock13.
3.5.4 On-balance volume
Di seguito OBV fu scoperto da Joe Granville. È uno degli indicatori nati appositamente per lo studio dei volumi e non siamo più di fronte a un indice appartenente alla famiglia degli oscillatori.
Indicatore che fa della semplicità e interpretabilità il suo punto di forza, è facilmente riproducibile come linea continua e cumulativa dove, se il prezzo giornaliero di chiusura è maggiore del prezzo del giorno antecedente, il volume viene sommato, altrimenti sottratto; in caso di prezzo identico non si somma nè si sottrae nulla. Riesce così a dare una immediata risultanza della pressione degli acquisti sulle vendite.
Un OBV con segno opposto al trend dei prezzi dà luogo a una divergenza che indica il possibile indebolimento del trend in corso e l’approssimarsi di una inversione; se invece viaggia nella stessa direzione (in salita in un uptrend, in discesa in un downtrend) indica la forza del trend in corso; infine un OBV stabile indica un rallentamento del trend.
Questo in fasi di trend definito; in fasi di trend laterale un OBV ascendente indica accumulazione, al pari di un OBV discendente che indica distribuzione e un OBV stabile che indica stagnazione.
Come vediamo nel grafico 19, dove sono riportati i dati di A2A, l’OBV segue il trend e talvolta riesce ad anticiparlo, come è accaduto nel picco datato maggio 2018. Un punto cruciale può essere rappresentato dal valore iniziale da cui l’OBV debba partire: in questo caso la scelta è solitamente lasciata all’investitore, che lo posiziona secondo la sua esperienza.
3.5.4.1 Critiche...
L’estrema semplicità di questo indice è anche la causa principale delle critiche a lui volte: molti traders ritengono che sia dannoso misurare qualcosa di così complesso con un indice così facilmente ottenibile. In particolar modo la critica che più viene messa in osservazione è la relativa superficialità dell’operazione algebrica: una giornata può finire a rialzo per appena un punto, magari dopo essere stata a ribasso per tutta la seduta, o viceversa. Inoltre, confrontando esclusivamente i prezzi di chiusura non si ha idea di come si sia mosso il prezzo nella giornata, quali massimi o minimi abbia toccato.
3.5.4.2 ...e varianti
Per far fronte alle critiche appena viste sono state create numerose varianti all’OBV, ad esempio tenendo maggiormente conto di quei giorni in cui la tendenza sia stata particolarmente forte, pesando il volume per la variazione percentuale del prezzo e tenendo in tal modo in maggior considerazione i giorni in cui si registrino forti movimenti di prezzo.
Un altro sistema potrebbe essere quello di utilizzare un filtro di significatività, ignorando le variazioni di prezzo con una percentuale inferiore al filtro. In tal modo di considererebbero solamente i volumi di quelle giornate in cui si sono registrati movimenti di prezzo rilevanti: il problema allora parrebbe spostarsi sulla grandezza del filtro, che dovrà essere posizionato discrezionalmente dall’investitore in base alla volatilità del titolo.