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Uso dei volumi a supporto dell'analisi grafica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN “BANCA, FINANZA AZIENDALE E MERCATI FINANZIARI”

Tesi di laurea:

USO DEI VOLUMI A SUPPORTO DELL’ANALISI

GRAFICA

Relatore: Prof. Riccardo Cambini

Candidato: Federico Maria Zucconi

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INDICE

INTRODUZIONE...3

CAPITOLO 1. IL MERCATO FINANZIARIO...5

1.1 Definizione...5

1.2 Cicli di mercato...5

1.3 Supporti, resistenze e trendline...7

1.4 Charles Henry Dow...8

1.4.1 Il movimento del mercato...11

1.4.2 Le medie mobili...13

1.4.2.1 Diverse tipologie di medie mobili...13

1.4.3 Critiche...16

1.5 Cicli intermedi...17

1.5.1 La teoria di Gartley...18

CAPITOLO 2. L’ANALISI DEL MERCATO...20

2.1 Introduzione...20

2.2 L’analisi tecnica...20

2.3 Analisi grafica...22

2.3.1 Grafici a istogramma...24

2.3.2 Grafici equivolume...24

2.3.3 Grafici candlepower o candlevolume...25

2.3.3.1 Configurazioni grafiche...25

2.4 Indicatori tecnici...26

CAPITOLO 3. ANALISI DEI VOLUMI...27

3.1 Introduzione...27

3.2 I volumi...27

3.3 Volume in rapporto a determinate figure di inversione...29

3.3.1 Testa e spalle...29

3.3.2 Tripli massimi e tripli minimi...31

3.3.3 Doppi massimi e doppi minimi...31

3.3.4 I triangoli...32

3.3.5 Il rettangolo...34

3.4 Volume senza figure di inversione...34

3.5 Utilizzo degli indicatori tecnici nello studio dei volumi...39

3.5.1 Rate of change...42 3.5.2 Oscillatore di volume...43 3.5.3 Demand index...45 3.5.4 On-balance volume...47 3.5.4.1 Critiche...48 3.5.4.2 ...e varianti...49

3.5.5 Price and volume trend...49

3.5.6 Negative or positive volume index...50

3.5.7 Volume accumulation...53

3.5.8 Accumuation Distribution Line di Williams...54

3.5.9 Oscillatore di Chaikin...56

3.5.10 Money flow index...57

3.5.11 Volume-weighted moving averages...59

(4)

3.5.13 Ease of movement value (EMV)...64

3.6 Indici di mercato...66

3.6.1 Market Facilitation Index...66

3.6.2 Advancing-Decline line (AD line)...67

3.6.3 Upside and downside volume...68

3.6.4 Positive or negative volume issues traded index...69

3.6.5 Indicatore TICK...70

3.6.6 Indicatore di Arms (TRIN o Trading Index)...70

CAPITOLO 4. ALCUNI INDICATORI A CONFRONTO...73

4.1 Introduzione...73

4.2 The Coca-Cola Company (KO)...73

4.3 The Walt Disney Company (DIS)...80

4.4 Caterpillar Inc. (CAT)...87

4.5 Conclusioni...92

4.6 Analisi di redditività...93

INDICE DEI GRAFICI...99

APPENDICE...101

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INTRODUZIONE

L’analisi finanziaria è una metodologia di studio utile a comprendere la situazione economica di un mercato o di una azienda in un dato momento.

Viene suddivisa in analisi tecnica e analisi fondamentale: laddove l’analisi fondamentale è volta ad individuare il valore intrinseco di un titolo tramite un attento studio delle società emittenti e dei loro bilanci, arrivando così a stabilire se il prezzo di un titolo valga più o meno del suo valore fondamentale, l’analisi tecnica è più interessata a comprendere l’andamento del mercato nel suo complesso o dei singoli titoli; è una analisi probabilistica con finalità previsiva che si basa sullo studio e l’osservazione dell’andamento dei prezzi e dei volumi di scambio passati, tramite gli strumenti rappresentati dall’analisi grafica e dagli indicatori tecnici, per prevedere come prezzi e volumi si muoveranno nel futuro. Potremmo dire che gli analisti fondamentali studino le cause dei movimenti di mercato mentre quelli tecnici gli effetti.

Bisogna però prestare attenzione fin da ora in quanto la finalità principale dell’analisi finanziaria è di timing, l’individuazione cioè del momento migliore per entrare nel mercato, e non, come erroneamente taluni credono, di selection, che indica su quali titoli concentrare le risorse finanziarie, funzione alla quale è preposta con più efficacia l’analisi fondamentale.

La ragione che ispira la possibilità di un approccio previsivo affonda le sue radici nella convinzione, maturata da secoli di teorie economiche, che il mercato si muova secondo un andamento ciclico, il che permetterebbe all’operatore di impostare opportunamente le proprie strategie operative.

Nella seguente trattazione sarà mio intento spiegare come i volumi del mercato aiutino gli operatori nel prendere le proprie decisioni d’investimento. La curiosità che mi ha spinto ad affrontare l’argomento era capire come fosse possibile che un titolo, pur essendo di valore, continui a valere poco se non trova un mercato che lo sorregge; da lì ho appreso dei falsi segnali che possono dare mercati in crescita con volumi bassi per arrivare alla decisione di studiare da vicino gli indicatori che si occupano dello studio dei volumi.

Per questo mi addentrerò in una veloce analisi del mercato per poi analizzare cosa siano i volumi, come bisogna leggerli e come è opportuno che vengano interpretati. Li osserverò nel modo più dettagliato possibile, analizzando molti, ma non tutti, per una ovvia questione

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di praticità, sistemi di analisi a loro preposti e fornirò al lettore alcune chiavi di lettura perché ne possa proseguire lo studio, qualora ne avesse voglia; per questo ho interfacciato il lavoro con il programma Matlab, ormai un vero e proprio must nell’analisi grafica odierna, fornendo nell’appendice le formule utilizzate per ottenere i rispettivi grafici, rendendo in tal modo possibile confrontare qualsivoglia titolo.

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CAPITOLO 1. IL MERCATO FINANZIARIO

1.1 Definizione

Qualsiasi studio in materia deve partire dalla comprensione di cosa sia il mercato: altro non è che il luogo, anche se è più corretto parlare di piattaforma informatica, dove avvengono gli scambi di tutti gli strumenti finanziari.

Dato che il più grande campo di applicazione dell’analisi tecnica è il mercato azionario, bisognerà guardare ai titoli azionari che vi vengono scambiati. Le azioni sono titoli rappresentativi di una quota di capitale sociale dell’azienda, tutte di uguale valore nominale; il loro valore sul mercato è soggetto invece a continue fluttuazioni dipendenti da alcune operazioni intraprese dall’azienda stessa che possono aumentarne o diminuirne il valore, e dall’andamento del mercato, che in momenti di crescita può trascinarle verso valori elevati come in momenti di crisi può farle crollare con esso.

Lo studio può quindi focalizzarsi o sul singolo titolo o su un indice di mercato, un parametro statistico che consente di descrivere l’andamento di un particolare tipo di mercato in un determinato periodo, spesso inteso come paniere di un certo numero di titoli attinenti un determinato ambito. Si delinea così un elevato numero di indici di mercato, alcuni più ampi e altri più ristretti, tra cui non si può non menzionarne alcuni come il Hang

Seng, indice della borsa di Hong Kong, il Dow Jones, per i titoli americani, o il nostro FTSE MIB.

1.2 Cicli di mercato

La tendenza, o trend, è l’andamento che hanno i prezzi in un determinato periodo. Essi possono salire, scendere oppure muoversi lateralmente senza registrare un vero e proprio movimento in una direzione. Naturalmente a seconda della direzione dei prezzi cambia la direzione del mercato e cambiano le strategie dei traders, che grossolanamente possono essere sintetizzate con un input a comprare se il mercato sale, a vendere se scende e a non sbilanciarsi in alcuna posizione se il mercato è indeciso e si muove lateralmente.

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di mesi/anni o se parliamo di movimenti di breve durata. A tal proposito la disciplina ha differenti modi di definire ogni trend, anche se la divisione più comune lo vede diviso in:

• trend primario;

• trend intermedio o secondario; • trend di breve termine.

Trend primario:

è sicuramente il più ampio temporalmente, comprendendo un orizzonte che può arrivare a diversi anni. Rappresenta il movimento di fondo del mercato, ne riflette i fondamentali, e può essere o ascendente (mercato toro) o discendente (mercato orso). È importante notare che una fase ascendente, che quindi testimonia un andamento positivo dei prezzi, è in genere più graduale e di durata maggiore rispetto a una discendente, più brusca e improvvisa.

Trend intermedio:

nonostante un trend primario in salita, non è insolito notare un andamento divergente dei prezzi. Ciò è dovuto alle tendenze intermedie, di durata ovviamente ridotta rispetto al primario, di poche settimane o mesi, che oscillano intorno al trend primario a volte con valori superiori, altre inferiori. Sono sicuramente interessanti qualora si pensasse di intraprendere attività di trading con un orizzonte temporale più limitato.

Trend di breve termine:

si comportano come le tendenze intermedie, oscillando intorno a queste ultime invece che al trend principale. Di durata ridotta, sono influenzate principalmente da fattori casuali. Non è infrequente confondere una fase correttiva con l’inizio di un nuovo trend. È chiaro che i prezzi giornalieri sono influenzati simultaneamente da queste tendenze, il che rende obbligatorio valutarle insieme. Una inversione nella tendenza di breve periodo frenerà, seppur minimamente, il trend primario e ciò potrebbe comportare un posizionamento errato da parte di un investitore. Analogamente un investitore di breve periodo deve comunque sapere in che direzione si sta muovendo il trend primario.

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Infatti la tipologia di perdita più comune nel trading avviene quando l’investitore assume una posizione anticiclica1 rispetto alla tendenza primaria.

1.3 Supporti, resistenze e trendline

Per definire al meglio questi concetti, è prima necessario comprendere le logiche che vi si celano dietro. Nel mercato vi sono tre distinte categorie di investitori: i long che hanno già preso posizione, gli short che hanno operazione in vendita e i “liquidi”, coloro cioè che non hanno preso ancora posizione.

Adesso è possibile definire supporto e resistenza: il primo non è altro che il livello dato dai punti di minimo mentre la resistenza è data dai punti di massimo. Questo perché, ad esempio nel supporto, man mano che il prezzo scende, aumenta la pressione dei compratori a discapito di quella dei venditori: infatti se il trend è rialzista, tutti gli investitori hanno interesse a acquistare a prezzi bassi, mentre se il trend è ribassista, gli operatori short acquistano perché sanno che il trend è in discesa. Nel caso della resistenza è la pressione di vendita a superare quella dei compratori: infatti in un trend a rialzo, i long possono trarre beneficio dalle posizioni aperte mentre in un trend al ribasso cercheranno di vendere per chiudere tutte le posizioni sbagliate.

Detto ciò, un trend può definirsi in salita o uptrend, se presenta livelli di supporto e 1 Di una variabile che tende a variare in direzione opposta ai principali indicatori.

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resistenza sempre più alti dei precedenti: cioè deve avere massimi e minimi crescenti; viceversa un downtrend deve avere livelli di supporto e resistenza più bassi dei precedenti cioè massimi e minimi decrescenti. Negli altri casi ci troviamo in una situazione di trend non definito, laterale o sideways trend.

A questo punto possiamo definire la trendline come la retta congiungente i minimi nel caso di trend rialzista o i massimi nel caso di trend ribassista.

Definendo “testare” come una configurazione in cui il prezzo arriva a toccare la trendline senza perforarla per poi scendere o salire a seconda del trend, più una trendline viene testata più viene ritenuta valida. Sebbene bastino due minimi o due massimi per tracciarne una, saranno i seguenti movimenti di prezzo a darci conferma della sua validità e trasformare una linea finora provvisoria in una vera e propria trendline su cui fare previsione per i movimenti futuri.

Non è scopo di questa trattazione definire ulteriori concetti legati alla perforazione della

trendline come il concetto del ventaglio o gli aggiustamenti della stessa. Basti al lettore

sapere che la violazione di una trendline può essere legata a una diminuzione della forza del trend e comportare un possibile segnale di inversione.

1.4 Charles Henry Dow

Economista americano di fine ‘800 considerato il padre dell’analisi tecnica, cercò di trovare un indice che rappresentasse il trend di fondo dei mercati e sviluppò una serie di principi che ne spiegassero il funzionamento.

Nel 1884 pubblicò il primo indice di mercato composto dai prezzi di chiusura di undici titoli e successivamente, nel 1897, lo divise in due pari: titoli di società industriali e titoli di società ferroviarie.

Nonostante le sue molte trattazioni non si curò mai di radunarle in una unica opera, compito che fu poi portato a compimento da William Hamilton2; successivamente furono raccolte in un stesura più completa da Robert Rhea nel 1932 in quella che oggi è considerata la teoria di Dow3.

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Al fine di individuare i cambiamenti nelle tendenze Dow costruì una proxy, un riferimento che, secondo lui, veniva seguito fedelmente dal mercato; questa proxy era costituita da due indici, il Dow Jones Industrial Average e il Dow Jones Rail Average, diventato più avanti un generico Trasportation Average con l'avvento di nuovi sistemi di trasporto.

Occorre altresì specificare che la teoria di Dow non ha alcun valore previsionale in merito alla durata o dimensione della tendenza, ma solo descrittivo delle fasi del ciclo. Arrivò così alla formulazione di sei principi fondamentali:

• la media-indice sconta tutto: le quotazioni di chiusura degli indici riflettono e comprendono al loro interno tutte le informazioni disponibili che possono influire sul rapporto domanda-offerta. Sono ovviamente esclusi tutti quei movimenti di prezzo derivanti da fattori non prevedibili;

• il mercato ha tre tipi di movimento: similmente a quanto detto nei paragrafi precedenti, Dow distinse all’interno del mercato tre tipi di movimento in base alla loro profondità:

• primario: è la tendenza più importante, dalla durata più lunga (da pochi mesi a diversi anni) e si divide in mercato orso (bearish) o toro (bullish) a seconda che sia rispettivamente una tendenza ribassista o rialzista. Durante questo periodo possono avvenire dei movimenti contrari al trend noti come rimbalzi tecnici o ritracciamenti.

Un mercato primario ribassista è un lungo movimento verso il basso interrotto da risalite significative. Ha solitamente tre momenti principali: abbandono delle speranze sulle quali sono stati acquistati gli stock a prezzi gonfiati; vendita a causa della diminuzione degli affari e dei guadagni; vendita di emergenza di titoli sani, indipendentemente dal loro valore, da parte di coloro che hanno bisogno di contanti per almeno una parte delle loro attività.

Un mercato rialzista primario è un ampio movimento a rialzo interrotto da ricadute. I prezzi delle azioni aumentano a causa di una domanda alimentata sia dagli investimenti che dalla speculazione causata dal miglioramento

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delle condizioni commerciali. Anche questo ha tre momenti principali: ravvivare la fiducia nel futuro degli affari; risposta dei prezzi al miglioramento osservato nei guadagni delle società; periodo in cui la speculazione è dilagante e l'inflazione apparente, in cui gli stock sono oltre le speranze e aspettative.

• secondario: è il manifestarsi di un declino in un mercato toro o di una crescita in un mercato orso, durante la quale il prezzo ripercorre il trend principale, secondo studi fatti, di un valore compreso tra il 33% e il 66% rispetto alle variazioni avvenute dall’esaurimento della precedente manifestazione secondaria. È il ritracciamento del trend primario;

• movimenti minori: movimenti oscillatori del trend intermedio, di scarsa attendibilità e capacità previsiva, della durata di poche settimane.

• le linee4 indicano i movimenti: Dow suddivise il trend primario in tre fasi distinte: • accumulazione, quando i traders più informati entrano sul mercato

acquistando titoli;

• distribuzione, in cui gli investitori informati iniziano a vendere il titolo prima del suo crollo;

• ritorno agli investimenti da parte del pubblico, nel momento in cui i clienti seguono il trend attratti dai prezzi in crescita e dalle notizie positive.

Una crescita sopra la linea indicherà una fase di accumulazione, altrimenti saremo in una fase di distribuzione;

• le relazioni tra prezzo e volume costituiscono lo sfondo: la regola vuole che il volume debba espandersi in direzione del trend: se esso è rialzista, il volume aumenta con l’aumento dei prezzi e scende con la loro contrazione; se esso è ribassista il volume aumenta con il ribasso dei prezzi e diminuisce con un loro aumento. Un possibile campanello di inversione viene individuato dalla divergenza tra il trend del prezzo e quello dei volumi, laddove un prezzo crescente seguito da 4 “un movimento di prezzo di due o tre settimane o più, durante il quale le variazioni di prezzo di entrambi

gli indici non fanno registrare scostamenti superiori al 5% della propria media. Tale movimento indica sia accomulazione sia distribuzione” Rhea R., Dow Theory, Barron’s, 1932. Avanzamenti simultanei al di sopra dei limiti della linea indicano una fase di accumulazione e prevedono prezzi più alti; al contrario, declini simultanei sotto la linea implicano distribuzione e prezzi inferiori. Tuttavia conclusioni trattate

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volumi decrescenti può significare scarsa forza del trend in corso e possibile inversione;

• un trend è in atto finché non sussiste un segnale di inversione: soltanto una chiara inversione di trend può dare la certezza della fine di quello passato. Dato che un

trend in rialzo è identificabile da successivi massimi e minimi crescenti, così come

uno in ribasso da massimi e minimi decrescenti, il loro raggiungimento in mercati con andamenti opposti è segnale che vi è stata una inversione;

• le medie-indice devono confermarsi a vicenda: dal momento che Dow aveva creato due indici, ferroviario e industriale, egli riteneva che nessun segnale, rialzista o ribassista che fosse, potesse avere importanza se non avesse ricevuto la stessa indicazione da entrambi gli indici. Essi devono confermarsi a vicenda, non per forza contemporaneamente, ma a una contenuta distanza temporale mentre segnali d’inversione dettati da un indice ma non confermati dall’altro sono considerabili come fuorvianti.

Dalla formulazione di questi principi Dow era arrivato alla conclusione che i prezzi (e quindi il mercato) seguissero un andamento ciclico in cui a un ribasso dovesse seguire un rialzo e viceversa, e che, a fronte di situazioni analoghe, gli investitori tendessero a comportarsi in maniera analoga, da cui analoghi saranno i movimenti dei prezzi: da ciò deriva l’efficacia previsiva dei pattern5.

1.4.1 Il movimento del mercato

Dow divideva gli investitori in due raggruppamenti:

• mani forti: investitori esperti, dotati di capitali che operavano sulla base di valutazioni economiche;

• mani deboli: investitori meno esperti che prendevano decisioni di carattere emotivo.

5 Esempio fisso, una determinata configurazione che se si ripete ci permette di avanzare delle ipotesi sui movimenti futuri.

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In una ipotetica fase di ribasso, il titolo arriva a avere un prezzo inferiore al sul valore economico effettivo (rilevabile avvalendosi dell’analisi fondamentale): la mano forte inizia a effettuare degli acquisti in misura vieppiù crescente poiché un ingresso vigoroso nel mercato potrebbe ribaltarlo dando vita a una inversione non desiderata e soprattutto per sfruttare la discesa per comprare a prezzi maggiormente inferiori. Di contro, per ogni unità comprata ve ne deve essere una venduta, ovviamente dalla mano debole, ingannata dalla continua discesa dei prezzi. Questa fase è chiamata di accumulazione e corrisponderebbe allo stage 1 fino al minimo registrato nello stage 2 nel grafico 2.

Il prezzo scende finché l’offerta è superiore alla domanda, ma quando la domanda supera l’offerta il prezzo inizia a salire gradualmente visto che, non avendo ancora superato il suo valore economico fondamentale, la mano forte non è incentivata a vendere. Superato il valore economico, nello stage 4 della figura, inizia la fase di distribuzione fino al massimo dello stage 5, dove la mano forte si libera di titoli il cui prezzo è eccessivo rispetto al valore fondamentale, e la mano debole acquista ingannata dal continuo rialzo dei prezzi. Possiamo accorgerci di essere vicini al massimo qualora i volumi inizino a decrescere fino quasi a fermarsi, segno che non è rimasto nessuno disposto a comprare dati i prezzi esagerati. L’offerta supererà nuovamente la domanda e i prezzi si “avviteranno su sé stessi” crollando rapidamente (stage 6), fino a che non torneranno sotto al loro valore Grafico 2: Ciclo del mercato. Fonte: Pring M.J., "Technical Analysis Explained", op. cit., pagg. 22

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fondamentale e ricomincerà il ciclo con una nuova fase di accumulazione, caratterizzata da volumi in ripresa.

1.4.2 Le medie mobili

Lo strumento principe per individuare l’andamento dei cicli e così trovare punti di inversione è quello rappresentato dalle cosiddette medie mobili: una media di n-elementi (ad esempio la media mobile a cinque giorni è la media mobile dei prezzi di chiusura degli ultimi cinque giorni) dove n rimane costante e il prezzo meno recente viene continuamente sostituito da quello più recente, che permette di smussare tutte quelle componenti erratiche e volatili che compongono l’andamento dei prezzi sostituendo il loro andamento “spigoloso” con uno tanto più regolare quanto è l’ampiezza temporale scelta.

Dow stesso aveva individuato dei valori ottimali per poter calcolare delle medie mobili che rappresentassero adeguatamente i movimenti del mercato:

• n=200 per individuare il trend primario; • n=20 o 25 per individuare il trend secondario; • n=5 o 10 per i movimenti minori.

La possibilità di individuare dei punti di inversione, fornendo indicazioni di acquisto o vendita, viene data dallo studio delle intersezioni tra le medie mobili stesse o tra queste ultime e l’andamento dei prezzi di un indice o titolo.

Stabilì che soltanto qualora la media mobile a lungo termine confermi una eventuale inversione già notata in quella a medio termine avremo la conferma dell’inversione del trend.

1.4.2.1 Diverse tipologie di medie mobili

Con il passare del tempo si è affinato lo studio delle medie mobili e sono state introdotte nuove metodologie di calcolo che hanno così comportato la nascita di differenti tipologie di medie.

Così avremo:

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debole il dar lo stesso peso sia all’ultima giornata che a quella più vecchia, quando invece si ritiene che le giornate più recenti siano quelle più determinanti;

• media mobile ponderata: nata per risolvere il problema della media aritmetica, consiste nella media dei prezzi di chiusura su n giorni; tuttavia il prezzo di ciascuna giornata sarà moltiplicato per il giorno di uscita (il coefficiente di ponderazione), così su una media su 20 giorni, il più recente sarà moltiplicato per 20 e il più vecchio per 1. Tutto verrà poi diviso per la somma dei multipli (20+19+18+... +2+1);

• media mobile esponenziale: anche questa media è focalizzata sul dare ai prezzi più recenti un peso maggiore. A differenza della precedente però si avvale di un calcolo assai più sofisticato che le permette di avere dei coefficienti di ponderazione esponenziali e non lineari come accade nella m.m. ponderata: ciò le consente di dare ulteriore peso alle ultime osservazioni.

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Nel grafico n.3 ho inserito l’andamento dei prezzi insieme all’andamento delle tre diverse tipologie di m.m. a cinque giorni. Nonostante il breve arco temporale, si nota già la sistematica differenza tra le tre e il loro andamento più sinuoso rispetto a quello spigoloso dei prezzi: non deve stupire per ciò il loro frequente utilizzo con alcuni degli indicatori eccessivamente volatili che vedremo in seguito.

I segnali dati dalle medie mobili sono individuabili sia sfruttandone una sola che mettendole in rapporto tra loro. Nel primo caso, il più semplice, un prezzo superiore alla media mobile darà segnale d’acquisto e viceversa. Altrimenti si utilizzano due medie mobili, una più breve dell’altra, e si osservano i loro incroci: un incrocio a rialzo della media mobile più breve su quella di più lungo periodo darà un segnale d’acquisto mentre se la incrocia a ribasso sarà segnale di vendita. Le combinazioni più usate sono con n=5 e

n=20 o n=10 e n=50. Vi è anche l’utilizzo di tre m.m., generalmente con valori pari a 4, 9

e 18. Il segnale di acquisto/vendita è dato quando la media a 4 incrocia quella a 9 e 18 e la conferma definitiva viene data dalla media a 9 che incrocia quella a 18. Notiamo come con

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Dow si dovesse aspettare l’inversione della media a lungo termine (in questo caso a 18) e di quanto tempo in più serva, arrivando a collocarci tardi sul mercato.

1.4.3 Critiche

La teoria di Dow fu successivamente criticata innanzitutto perché l’indice Dow Jones Trasportation Average non rifletteva al meglio le aspettative degli investitori ma soprattutto perché mancava della rapidità decisionale che chi compie investimenti va a ricercare. Essendo basata sulla riconferma da parte degli indicatori, questa teoria fu vista come troppo attendista, con conseguenti ritardi nelle segnalazioni stimati del 20-25% rispetto al raggiungimento del massimo/minimo. Inoltre la teoria di Dow nulla dice riguardo la fase di selezione di un titolo, è incentrata solo sull’individuazione delle fasi del mercato.

A queste ultime due critiche hanno risposto rispettivamente:

• Joe Granville con la sua teoria sulle medie mobili, per renderle più tempestive; • l’introduzione del coefficiente beta, dotato di finalità di selection.

Joe Granville osservò che, in generale, una perforazione dall’alto verso il basso da parte dell’indice o del prezzo della media mobile è un indicazione a vendere, mentre una perforazione dal basso verso l’alto è a comprare. Questo fatte salve quelle volte in cui l’indice o prezzo si muovano talmente rapidamente da perforare la media mobile: in questi casi si è probabilmente di fronte a una reazione di breve durata e i prezzi successivamente continueranno con l’andamento di fondo. In queste situazioni, nel caso fossimo stati sopra la media mobile, al momento della perforazione avremmo dovuto rapidamente comprare a prezzi bassi per poi rivendere dopo pochi giorni quando i prezzi risalgono per continuare il

trend; analogamente, nel caso fossimo stati sotto la media mobile e un andamento

imprevisto ci portasse rapidamente sopra, dovremmo vendere (anche allo scoperto) a prezzi più alti del solito, per poi ricomprare sulla ridiscesa dei prezzi che si riassestano e continuano il trend.

Del coefficiente beta, non essendo di nostro interesse, non verranno dati altri dettagli. Nonostante queste critiche, grazie a Dow siamo comunque riusciti a comprendere l’enorme importanza dei volumi nelle fasi di accumulazione e di distribuzione.

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1.5 Cicli intermedi

Come abbiamo visto nel precedente paragrafo Dow divise i movimenti del mercato in tre tipi. Volendo escludere i movimenti minori, troppo aleatori e rischiosi da prevedere, affrontiamo ora il problema dell’orizzonte temporale degli investitori.

Il movimento primario può durare anche anni, un orizzonte molto lungo e che poco soddisfa le esigenze di quegli investitori che vorrebbero vedere i propri investimenti fruttare al più presto. Quello secondario invece, essendo più breve, risponde di più a questo requisito; inoltre i cambiamenti di tendenza intermedi aiutano a identificare i punti di svolta della tendenza principale.

La teoria ritiene che il trend principale sia composto mediamente da cinque trend intermedi, tre che spingono nella direzione di fondo e due che si muovono in senso opposto; è importante sottolineare come, nel caso di un mercato toro, il movimento secondario in tendenza (quindi in salita) abbia una inclinazione più lieve, mentre quello in controtendenza più brusca. Questo collima con la teoria che, sempre in un mercato toro, ma ciò si può ripetere anche per un mercato orso con le parti invertite, le fasi di salita siano progressive e più calme, mentre quelle di discesa sono improvvise e pesanti.

A stime fatte, il trend in controtendenza di solito ripercorre circa il 33-66% del trend in tendenza. Più questa percentuale è bassa più sarà indice di una salita maggiore, più è alta meno sarà forte la fase successiva: una ridiscesa superiore all’80% della salita è un segnale di possibile inversione.

Qualora l’ultimo ciclo intermedio fosse quello di inversione avremmo dei tipici segnali, distinti a seconda di essere di fronte a una inversione rialzista o ribassista:

• mercato da toro a orso: il mancato superamento del livello dei volumi del ciclo precedente può essere già di per sé un segnale; inoltre anche un ritracciamento superiore all’80%, come già detto, è un segnale.

• da orso a toro: dato che il volume aumenta in prossimità di un minimo, una sua contrazione in una fase intermedia potrebbe essere segnale che il mercato è pronto all’inversione. La conferma di ciò potrebbe essere trovata nel non raggiungimento di un nuovo minimo.

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1.5.1 La teoria di Gartley

In Profits in the Stock Market Gartley dapprima scompose il trend principale nei suoi cicli e successivamente evidenziò la relazione tra la maggiore e minore entità del movimento in tendenza e la rispettiva minore o maggiore risposta del movimento in controtendenza, e viceversa.

Un ciclo intermedio è composto da due parti, una in direzione del trend di fondo (in tendenza) e una in direzione contraria (in controtendenza): in un mercato toro il movimento secondario va da un minimo intermedio al successivo, mentre in un mercato orso va da un massimo intermedio al successivo. Inoltre i movimenti principali terminano spesso con un ciclo intermedio a metà dato che l’ultima fase correttiva diventa la prima fase del ciclo del nuovo trend principale. Gartley stesso affermò che mediamente ogni trend principale avesse dai 2,5 ai 4,5 cicli intermedi.

I movimenti in controtendenza sono frutto di eccessi di ottimismo e di pessimismo, quindi di variabili psicologiche, o possono essere motivati dal desiderio di una parte degli investitori di voler monetizzare il proprio guadagno immediatamente.

Nel caso ci trovassimo in un mercato toro, iniziata la fase in tendenza è probabile che i Grafico 4: Movimenti in tendenza e ritracciamenti. Fonte: Pring M.J., "Technical Analysis Explained", op. cit., pagg. 42

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prezzi aumenteranno di circa il 15% con possibilità anche di arrivare fino al 30 o 40% dal livello da cui hanno iniziato mentre invece nella corrispondente fase correttiva i prezzi ritorneranno indietro del 30 fino al 90% del movimento precedente.

In un mercato orso, una volta iniziata la fase principale, è probabile che i prezzi scendano del 17% con buone possibilità che il declino arrivi fino al 20-50% dal livello da cui sono partiti, mentre nella fase correttiva i prezzi ritornano dal 30 al 66% del movimento precedente.

La correlazione tra queste fasi fu analizzata da Gartley che la riassunse in tal modo: nel caso in cui si fosse in un mercato toro e si riscontrasse una fase in tendenza del ciclo intermedio di lieve entità, il ritracciamento seguente sarà probabilmente grande e viceversa: se è inferiore al 20%, il ritracciamento sarà grande; se è tra il 20 e il 50% il seguente ritracciamento sarà tra il 30 e 65% ; se supera il 50% il ritracciamento sarà tra il 20 e 40%.

Nel caso in cui fossimo in un mercato orso, qualora la fase in tendenza del ciclo intermedio fosse piccola, il ritracciamento seguente sarà probabilmente grande e viceversa: se il ritracciamento fosse inferiore al 50%, la seguente fase in tendenza sarà considerevole; se il ritracciamento fosse superiore al 50%, sarà probabile che la fase in tendenza successiva sia di ampiezza inferiore.

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CAPITOLO 2. L’ANALISI DEL MERCATO

2.1 Introduzione

Abbiamo visto la teoria di Dow e abbiamo fornito le nozioni principali per poter comprendere come si muova il mercato: di queste stesse nozioni si avvalgono gli analisti tecnici e fondamentali. Di particolare importanza è la capacità previsiva attribuita ai

pattern dall’analisi tecnica, che si fonda sul principio che a fronte di accadimenti analoghi

al passato gli operatori si comportino allo stesso modo. Vedremo adesso in che cosa consista questa tipologia di analisi, quali sono le sue premesse, cosa si prefigge di ottenere e di quali sistemi si avvale.

2.2 L’analisi tecnica

L’analisi tecnica è lo strumento, anche se a volte è stata definita arte, che ci consente di analizzare l’andamento dei prezzi del mercato al fine di prevederne i movimenti, permettendoci in tal modo di ottimizzare al meglio il nostro ingresso sullo stesso. Immaginando un ipotetico movimento dei prezzi, risulta logico comprare quando un titolo costa poco, cioè raggiunge un minimo, e venderlo quando vale molto, in prossimità di un massimo. Definizione tanto banale quanto di difficile attuazione dato che la maggior parte degli investitori si lascia ingannare dall’andamento del mercato, comprando i titoli quando salgono di valore, e vendendoli quando precipitano, posizionandosi così in maniera anticiclica sul mercato e capitalizzando ingenti perdite. Colui che si avvale dell’analisi tecnica potrà invece trovare i momenti migliori per aprire delle posizioni in acquisto o vendita identificandoli nei punti di inversione del trend indicati da tale analisi.

La dottrina alla base dell’analisi tecnica poggia le basi su tre premesse, alcune già osservate con Dow:

• il mercato sconta tutto: nei prezzi di borsa l’analista ritiene siano racchiusi tutti quei moventi economici, politici, sociali che li hanno portati fino a quel livello. Il prezzo riflette tutte quelle motivazioni che lo hanno determinato, rendendo quindi inutile studiare le cause di un suo movimento;

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• i prezzi seguono il trend: dato un determinato andamento dei prezzi, è probabile che essi seguano l’andamento generale piuttosto che avere brusche inversioni;

• la storia si ripete: da questa affermazione trovano valore i pattern che gli analisti vanno a studiare. Se determinate configurazioni si sono ripetute in passato, è logico credere che continueranno a ripetersi, da qui l’utilizzo di schemi grafici che racchiudano determinati movimenti di prezzo e le relative reazioni del mercato. Le fonti di informazione di cui un analista tecnico si serve per trarre le sue considerazioni sono di tre tipi:

• prezzi; • volumi; • open interest.

Se prezzo e volume sono di facile interpretazione, così non è per l’open interest: esso indica il totale delle posizioni aperte in strumenti derivati in un dato periodo, sia che la finestra temporale d’investimento sia lunga che corta. A differenza del volume che somma le operazioni fatte, l’open interest è influenzato dal trading giornaliero, in quanto la chiusura di una operazione ne riduce il livello di quella precisa quantità. È un valido strumento per misurare la forza dell’attività di trading. Quindi mentre il volume è usato per tutti i mercati, l’open interest è usato soprattutto per i futures; essendo questo tema non di nostra pertinenza, non verrà approfondito ulteriormente.

Un analista che tragga le sue conclusioni e strategie avvalendosi di una sola delle fonti di informazione che sono a disposizione, può anche svolgere un buon lavoro ma sarà alla stregua di un ingegnere che si ostini a costruire una casa utilizzando soli mattoni: riuscirà nel suo intento ma con un risultato qualitativamente inferiore rispetto a colui che adoperi una gamma più vasta di materiali. Allo stesso modo in cui sono considerati superficiali gli approcci che si limitino a sfruttare esclusivamente una fonte di informazione, è consuetudine ormai il considerare anche il volume come parte integrante dell’analisi di mercato.

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Se questi appena visti sono considerabili come i materiali a disposizione dell’analista, vediamo adesso quali sono gli strumenti atti alla loro lavorazione: analisi grafica e indicatori tecnici.

2.3 Analisi grafica

Rappresentazione grafica che traspone i prezzi e i volumi all’interno degli assi cartesiani in relazione al tempo (anche se esistono alcuni grafici a-temporali). Ne esistono di molti tipi, da quello lineare, passando per il bar-chart (a barre) e il point&figure fino a quello giapponese a candela, a seconda della quantità di informazioni in grado di trasmettere con un semplice colpo d’occhio. L’obbiettivo con questo tipo di strumenti è la rappresentazione dei movimenti del prezzo o del volume e la conseguente individuazione visiva di un

pattern.

I due grafici 5 e 6 sopra esposti sono la rappresentazione dell’andamento del FTSEMIB.MI del 28-06-2018. Si può notare come le informazioni che traspaiono dai due tipi di grafici siano nettamente diverse: di più facile lettura e diretto quello lineare (n. 6), che tuttavia riporta solo il prezzo di chiusura; molto più preciso e dettagliato il grafico a candela (o Grafico 6: FTSEMIB.MI, 28/06/2018. (Fonte:

https://it.finance.yahoo.com/)

Grafico 5: FTSEMIB.MI,28/60/2018. (Fonte: https://it.finance.yahoo.com/)

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candlestick, n. 5), che indica prezzo di apertura, chiusura, massimo e minimo e indica

cromaticamente se il prezzo è cresciuto o diminuito nella seduta giornaliera. La quantità di informazioni del candlestick è pari a quella del grafico a barre anche se la rappresentazione grafica è completamente diversa e probabilmente più semplificata nella tecnica giapponese.

I grafici possono inoltre essere divisi in grafici giornalieri, se riportano l’andamento dei prezzi giorno per giorno, settimanali o mensili se invece accorpano i dati per esprimere in un solo movimento l’andamento di un periodo di tempo più vasto. È chiaro che i primi sono più adatti a analisi che possono spingersi fino a nove mesi, per analisi di più vasto respiro sarà necessario adottare altri tipi di scala temporale. Un’analisi approfondita dovrebbe comprendere sia analisi giornaliere sia il movimento di fondo del mercato. Se sull’asse delle ascisse viene posizionato il tempo, su quello delle ordinate viene inserito il prezzo. Sono disponibili due modi di rappresentarlo: la scala logaritmica o quella aritmetica. La differenza tra le due è che, mentre nella scala aritmetica ogni punto è equidistante, rendendo identiche le variazioni di prezzo di uguale grandezza, nella logaritmica si rendono identiche le variazioni percentuali; così un aumento del 20% avrà la stessa ampiezza sia per un titolo che da 10 passi a 12 che per uno che da 100 passi a 120, mentre in scala aritmetica avremmo che uno aumenta di due e l’altro di 20 con ampiezze sul grafico diverse. Oppure considerando un aumento da 5 a 10 e uno da 50 a 55, questi sono aritmeticamente identici, ma logaritmicamente nel primo caso è aumentato del 100% mentre nel secondo solo del 10% quindi ha fatto un movimento grafico 10 volte inferiore al primo.

Se per i grafici normali, la scala aritmetica può andare bene, nel lungo termine la scala logaritmica è sicuramente più indicata. Dato che le nostre analisi si svolgeranno mediamente nel medio-lungo periodo, per non creare disambiguità nella lettura dei grafici d’ora in avanti verrà utilizzata esclusivamente la scala aritmetica.

Questi appena descritti sono sistemi di raffigurazione del prezzo; siccome abbiamo detto che le informazioni principali per un analista sono date non solo da quest’ultimo ma anche da volumi e open interest, è opportuno spiegare come questi dati, limitatamente al nostro

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caso i volumi, vengano inseriti all’interno dei grafici appena visti.

2.3.1 Grafici a istogramma

L’andamento del volume viene rappresentato generalmente tramite un istogramma collocato subito sotto il grafico, che per ogni giornata definisce il livello di volume raggiunto. È una forma di raffigurazione tanto immediata quanto soggetta a ampie fluttuazioni che non rendono sempre di facile lettura determinati movimenti di volume, al cui posto stanno subentrando sistemi più elaborati di rappresentazione che consentono di trarre maggiori informazioni.

2.3.2 Grafici equivolume

Mentre i normali grafici lineari si collegano a analisi volumetriche tramite un secondo grafico (istogramma) che rappresenta l’andamento dei volumi, costringendo di fatto l’analista a guardare due grafici distinti, il grafico equivolume nasce dall’unione di prezzi e volumi in un unico disegno permettendo di cogliere informazioni circa l’andamento del volume senza dover raffrontare due grafici e ovviando quindi alle eventuali perdite di tempo per gli opportuni confronti.

Ideati da Richard Arms, rappresentano la giornata di trattazione come una barra (rettangolo) che indica il massimo e il minimo, ed è colorata diversamente a seconda che il titolo chiuda sopra o sotto l’apertura; presentano inoltre la peculiarità di avere l’ampiezza del corpo positivamente correlata con il livello del volume. Per valutare congruamente la larghezza del rettangolo, si deve identificare l’entità media dei volumi di scambio e successivamente determinare la base in funzione dei due terzi di tale entità. Se ad esempio un titolo ha una media giornaliera di scambi intorno a 90.000, allora 60.000 sarà il livello rappresentativo di insiemi comprendenti fino a 60.000 unità scambiate. Visto che l’ampiezza è determinata in base al numero di insiemi, fino a 60.000 avremo una colonna, fino a 120,000 due e via discorrendo.

Questo permette di racchiudere in un solo grafico più informazioni rendendolo maggiormente immediato. I limiti di questa tipologia di grafico è il non poter dare

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indicazioni riguardo all’apertura o chiusura del titolo unitamente al fatto che a livello temporale risultano di difficile lettura dato che le date non sono equidistanti: infatti una seduta con volumi molto alti potrebbe avere una larghezza tripla rispetto a una con volumi bassi nonostante siano entrambe di un giorno, creando così scompensi nella rappresentazione temporale.

2.3.3 Grafici candlepower o candlevolume

Ideati da Greg Morris per unire il sistema equivolume alla più dettagliata analisi

candlestick creando così il primo candlechart volumetrico, sono di facile interpretazione.

Una normale candela si corregge, correlando la sua larghezza con il livello di volume come nei grafici equivolume.

Nonostante permanga la criticità della rappresentazione sfalsata a livello temporale, risolvono il problema della assenza di informazioni riguardo al prezzo di apertura e chiusura, riuscendo a dare informazioni più dettagliate di un normale grafico equivolume.

2.3.3.1 Configurazioni grafiche

Sono configurazione peculiari sia dei grafici candlevolume che di quelli equivolume: nel primo caso si applica al real body6 della candela mentre nel secondo al corpo del rettangolo. Si verificano tre possibili situazioni:

• altezza>larghezza: siamo di fronte a un narrow box che indica pressioni coerenti della domanda e dell’offerta;

• altezza=larghezza: square box, data la figura quadrata che viene ad assumere la barra. Segnala una difficoltà di movimento, una incertezza nel mercato;

• altezza<larghezza: oversquare box, dall’aspetto tipicamente schiacciato, evidenzia una forte resistenza alla pressione corrente, foriera di inversione di tendenza.

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2.4 Indicatori tecnici

Si tratta di strumenti matematici che permettono, tramite il ricorso a formule anche complesse, di mettere in luce e studiare determinati aspetti del trend. Sono raggruppati solitamente a famiglie, e così avremo indicatori di volume, di profondità, oscillatori, ecc..: ciascuno evidenzia diversi aspetti e solitamente vengono usati a confronto con l’andamento dei prezzi per ottenere una visione d’insieme di come si stia muovendo effettivamente il mercato al fine di evitare di cadere in falsi segnali.

Possono essere rappresentati nello stesso grafico dell’andamento dei prezzi, magari come linea continua che vada a intrecciarsi con l’andamento del trend dei prezzi oppure in un grafico sottostante per tenere le due immagini separate e evitare confusione in fase di analisi. Rimandiamo al capitolo successivo per un loro attento studio.

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CAPITOLO 3. ANALISI DEI VOLUMI

3.1 Introduzione

Abbiamo visto nel capitolo precedente quali siano le basi su cui si fonda l’analisi tecnica e di quali strumenti si avvalga un analista. Adesso entreremo nel dettaglio della nostra trattazione dando dapprima una definizione di cosa siano i volumi per poi analizzarli a fondo spiegando il funzionamento di alcuni degli indicatori preposti alla loro analisi. A differenza di altre opere che prediligono l’approccio allo studio dei volumi suddividendo gli indicatori preposti alla loro analisi in base all’appartenenza a differenti categorie di famiglie, ho preferito impostare la trattazione in tre differenti step:

• osservare come si comportino di fronte a determinate figure d’inversione dei prezzi, alla ricerca di eventuali conferme;

• osservare come si comportino in assenza di queste peculiari figure d’inversione nel grafico dei prezzi e se sono comunque desumibili dei segnali;

• individuare alternative forme di rappresentazione grafica del volume mediante l’utilizzo di alcuni indicatori.

3.2 I volumi

Una prima definizione di volume può essere trovata nel glossario del sito “Borsa Italiana” come “numero delle transazioni effettuate durante un certo periodo di tempo.”7, cioè il numero di entità commerciate in una data finestra temporale, anche se in alcune opere si può far riferimento al volume come controvalore8 degli scambi.

Nel mercato azionario, in un grafico giornaliero, sarà il numero di azioni di un determinato indice azionario acquistate o vendute all’interno della seduta borsistica.

7 Borsa Italiana, volumi, [https://www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit? target=GlossaryDetail&word=Volumi], ultima consultazione 11/07/2018. 8 Valore dato dal prodotto tra quantità scambiate e relativo prezzo.

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L’analisi tecnica si basa sull’utilizzo di previsioni statistiche basate sullo studio dei prezzi: già da questa assunzione, che ritroviamo in moltissimi testi o articoli, possiamo notare la stretta correlazione che deve sussistere tra prezzi e volumi, essendo l’analisi preposta al loro studio una modalità secondaria e di accompagnamento, volta più a fornire conferme che a desumere veri andamenti di mercato.

Lo studio dei volumi ci permette di identificare fasi di forza e fasi di debolezza del trend in corso o dare indicazione durante quei movimenti laterali che connotano mercati congestionati; inoltre tale studio è foriero di ottime indicazioni volte a comprendere se siano in svolgimento fasi distributive o accumulative. Definito in tal modo è chiaro che il volume non fa altro che misurare la pressione di acquisto o vendita (e questo ce lo indica il movimento di prezzo) che sta dietro al movimento del mercato, dando vitali indicazioni sulla validità di tali movimenti confermando o meno l’esito positivo di modelli di inversione o consolidamento.

Nel corso degli anni, innumerevoli studi hanno ribadito alcune regole generali:

• Il volume segue e conferma il trend: è assolutamente normale in un uptrend avere un volume crescente che segue un prezzo in salita e che si contrae se scende, così come è logico aspettarsi in un downtrend che il volume salga durante i movimenti ribassisti e si riduca quando i prezzi salgono. Inoltre essendo dato dal numero di operazioni di un determinato giorno, è naturale che ci possano essere sedute più calme e altre più agitate, senza per forza sfociare in prematuri segnali di inversione. • I volumi anticipano il prezzo: se il volume misura la pressione di acquisto o vendita, è chiaro che fintanto che la pressione a comprare supera quella a vendere il prezzo salga, e viceversa scenda. Se in un uptrend (ma allo stesso modo in un

downtrend) viene meno questa pressione, avremo un conseguente rallentamento nel

movimento dei prezzi, ma l’indicazione ci sarà stata data più tempestivamente dal volume. Inoltre, ma questo lo spiegheremo più avanti, darà segnali più validi in un mercato toro, dato che volumi e prezzi crescenti sono indice di un mercato che funziona bene. Un massimo di prezzo che non viene confermato dal volume può essere inteso come primo segnale di allarme.

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3.3 Volume in rapporto a determinate figure di inversione

Nel corso degli anni numerosi analisti sono riusciti, osservando i prezzi, a creare un elenco di pattern grafici in corrispondenza dei quali hanno registrato una alta probabilità di inversione o conferma del trend in corso. Successivamente è stato reso possibile inquadrare determinati movimenti dei volumi in corrispondenza di tali configurazioni che aiutano l’analista a comprendere se siamo di fronte a falsi segnali o se la previsione del pattern può essere considerata veritiera. Essendoci una quantità molto elevata di configurazioni, ne ho qui riportato solamente alcune delle principali.

3.3.1 Testa e spalle

Head and shoulders, considerata la più conosciuta tra tutte le formazioni d’inversione, ha

una forma decisamente particolare che tuttavia non la rende facilmente individuabile fino a che non sia quasi completa. I volumi giocano un ruolo importantissimo nella sua conferma, specie se segnala l’inizio di un mercato toro.

Vediamola prima come figura d’inversione ribassista: il trend prosegue il suo cammino in salita, segnando dei picchi di volume sui massimi e delle contrazioni sui minimi. Fino a qui non ci sono segnali d’inversione finché nel successivo massimo i volumi hanno un picco elevato ma inferiore al picco del massimo precedente: questo movimento ci permette di delineare il massimo precedente come la spalla sinistra e il massimo odierno come la testa, ma ancora dobbiamo aspettare delle conferme definitive. Il primo incremento di volume è dovuto principalmente all’uscita degli operatori che hanno venduto a prezzi alti durante lo svolgimento della spalla sinistra; dopo il naturale movimento correttivo, molte persone attratte dai profitti realizzati nel precedente movimento entreranno nel mercato facendo alzare il prezzo che supererà così il livello precedente formando la testa ma non facendo superare il precedente livello di volume perché gli investitori più attenti saranno già usciti dal mercato prevedendo la prossima inversione. A questo punto avremo un successivo minimo senza particolari movimenti del volume: la linea congiungente i minimi alla base della testa è la neckline, e spesso è, se non orizzontale, lievemente inclinata. Il mercato segna un nuovo massimo che non raggiunge il livello della testa con volumi decisamente inferiori, segno che la forza di acquisto è ormai calata: avremo ottenuto dei deboli segnali d’inversione quali massimi non crescenti, perforazione trendline e volumi decrescenti, ma

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potrebbe significare semplicemente l’inizio di un trend laterale. Il vero segnale lo otteniamo quando viene perforata la neckline: i volumi salgono particolarmente, spinti dalla frenesia delle persone a vendere una volta che hanno visto il massimo non confermato, per poi contrarsi con il successivo movimento di ritorno, un piccolo ritracciamento la cui comparsa non è particolarmente significativa, ma, se capita, “testa” la

neckline e viene seguito da un nuovo minimo con volumi molto elevati, segno che la

inversione è completata. Se i volumi non sono alti alla rottura della neckline, aumenteranno le probabilità di avere un ritracciamento.

Tutti questi movimenti di volume aiutano parecchio l’analista aggressivo, che voglia fare operazioni prima del completamento della figura d’inversione.

Mandano segnali molto più forti per la configurazione rialzista, dato che, mentre un mercato può scendere semplicemente a causa di una bassa attività, contrariamente per salire è necessario che sia supportato da forti livelli di volume: senza di essi non avrà la spinta per sostenersi.

L’andamento della configurazione rialzista nel grafico 7 è semplicemente rovesciato rispetto a quello già visto in precedenza: avremo un minimo che sarà la prima spalla (S) seguito da un massimo e successivamente un altro minimo che sarà la testa (H); il massimo

Grafico 7: Testa e spalle rialzista. Fonte: Pring M.J., "Technical Analysis Explained", op. cit., pagg. 142

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seguente permetterà di tracciare la neckline (N). Con la creazione della spalla destra e la successiva violazione della neckline avremo il completamento della configurazione.

I volumi in questa analisi ci permettono maggiore sicurezza nelle nostre previsioni: sostanzialmente simili sono i movimenti nella prima metà della configurazione rialzista rispetto a quella ribassista, anche se già dopo la formazione della testa possiamo notare un lieve aumento dei volumi che nella configurazione ribassista non vi era e che può arrivare a avere intensità maggiore persino di quello della spalla sinistra, seguito, dopo la spalla destra con volumi bassi, da un altro picco di volume in occasione della rottura della

neckline. Visto che il ritracciamenti sono molto più comuni in questo tipo di

configurazione, non è infrequente trovarsi una contrazione di volume seguito da una sua esplosione, col prezzo che sale e segna l’inizio di un nuovo mercato toro.

3.3.2 Tripli massimi e tripli minimi

Da parte della dottrina definito come una forma atipica del testa e spalle, sono due forme d’inversione distinte: triplo massimo per una inversione ribassista e triplo minimo per una rialzista. Dato che il prezzo di un qualsiasi indice o titolo manifesta sempre e per forza di cose un andamento composto da massimi e minimi alternati, per poter definire quando una loro serie sia in realtà un segnale di inversione è necessario guardare ai volumi. Nel caso dei tre massimi, il volume viene in nostro soccorso toccando picchi sempre più contenuti in presenza dei massimi, contraendosi nei punti di minimo e aumentando notevolmente con la rottura della ipotetica linea di supporto tracciata collegando i minimi. Nel caso di configurazione rialzista i volumi assumono maggiore importanza dato che una rottura a rialzo può essere ritenuta valida solo in presenza di forti volumi.

3.3.3 Doppi massimi e doppi minimi

Dopo il testa e spalle è probabilmente la formazione più facile da riconoscere. Nel caso di figura ribassista avremo due massimi (T), il primo con volumi più alti rispetto al secondo e un minimo con volumi bassi. In prossimità del secondo massimo, una prima conferma della vicina inversione viene data proprio dal basso livello dei volumi, contenuto da una azione di vendita dei compratori a breve termine e dei ribassisti. È importante che il

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secondo massimo sia allo stesso livello del primo, così che se il rimbalzo dal massimo finisce sotto il minimo precedente con volumi in crescita, avremo prova della inversione. Al rialzo avremo il doppio minimo (B), con la sempre importante conferma data dai forti volumi in espansione che accompagnano un trend in crescita.

3.3.4 I triangoli

Probabilmente la figura di continuazione più comune che si può ritrovare in un grafico, ma sfortunatamente la meno affidabile dato che rappresenta anche una figura di inversione: il

trend nella sua salita (o discesa) entra in una breve fase laterale da cui esce confermando o

andando contro tendenza. Proprio per questo uno sguardo ai volumi può far presagire al

trader quale sarà il movimento di prezzo. Viene generalmente diviso in tre configurazioni:

• simmetrico, e può essere sia rialzista che ribassista; • rettangolo ascendente, che è solo rialzista;

• rettangolo discendente, esclusivamente ribassista.

La configurazione più comune è quella rappresentata dal triangolo simmetrico: esso si caratterizza per essere composto da una serie di massimi decrescenti e minimi crescenti che vanno a incanalarsi in un ipotetico cono creato tracciando le due trendlines da cui uscirà confermando o ribaltando il trend in corso. Solitamente sono richiesti almeno due Grafico 8: Doppio massimo e doppio minimo. Fonte: Pring M.J., "Technical Analysis Explained", op.cit., pagg. 149-151

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massimi e due minimi seguenti, per un totale di quattro punti di reazione, per avere la configurazione, ma non è inusuale trovarne alcune con sei punti (tre massimi e tre minimi). Durante la formazione della configurazione il volume dovrebbe diminuire, a conferma di un momento di incertezza, per poi aumentare notevolmente in prossimità della rottura della

trendline verso l’alto, per sorreggere l’aumento nel prezzo; una rottura verso il basso non

necessita di un forte aumento di volume, ma anzi un loro aumento eccessivo potrebbe dar avvisaglia di un falso segnale. Il successivo movimento di ritorno si manifesterà allora con volumi deboli che poi aumenteranno con il prosieguo del trend.

Passando ai triangoli, ascendenti o discendenti che siano, ci accorgiamo che presentano la stessa conformazione. Nel caso di triangolo ascendente avremo due o tre massimi allo stesso livello e dei minimi crescenti, nel discendente due o tre minimi allo stesso livello e dei massimi discendenti: questo è dovuto alla maggior pressione rispettivamente dei compratori e dei venditori. Preme sottolineare che anche in queste due figure avremo una diminuzione del volume e rispettivo aumento sulla rottura della trendline.

È possibile trovare una certa somiglianza tra queste figure e un doppio o triplo massimo/minimo: infatti prima del completamento di un triangolo ascendente avremo la formazione di un doppio massimo, che fornisce indicazioni contrarie. La differenza viene data proprio dai volumi: prendendo l’esempio di un uptrend, laddove nella configurazione

Grafico 9: Triangolo simmetrico. Fonte: Pring M.J., "Technical Analysis Explained",op. cit., pagg. 158

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d’inversione il volume si contraeva nei punti di massimo, nel triangolo i volumi, seppur diminuendo, continuano a espandersi lievemente nella direzione del trend. Stesso discorso può essere ripetuto per i doppi minimi e il triangolo discendente.

3.3.5 Il rettangolo

Figura molto semplice da individuare, richiama una certa somiglianza con un triangolo con la peculiarità di presentare trendlines parallele, il che indica massimi e minimi allo stesso livello. Il prezzo si “incanala” in una sorta di tunnel per poi uscirne e confermare il

trend.

Lo studio del volume in questo caso è quantomai fondamentale data l’incertezza dei prezzi e sarà molto utile per l’analista capire quali movimenti sono accompagnati da volumi alti: a tal proposito, se in un uptrend, i rialzi sono accompagnati da volumi forti e i ribassi da volumi deboli, è probabile che la formazione dia continuità al trend; al contrario, se i movimenti a ribasso sono accompagnati da forti volumi potremmo essere di fronte a una inversione di tendenza.

3.4 Volume senza figure di inversione

In prossimità di peculiari pattern di prezzo è abbastanza immediato guardare i volumi per trovare conferme. Diverso è il discorso qualora il movimento dei prezzi non possa essere inserito nel contesto di una configurazione grafica: in queste situazioni sono stati individuati dei peculiari movimenti congiunti di volumi e prezzi che possono dare segnali su un possibile movimento futuro del trend, rendendo possibile trarre opportune strategie operative che difficilmente avremmo adottato guardando esclusivamente i prezzi.

È possibile perciò realizzare diverse casistiche a seconda che trend di mercato e volumi vadano in direzioni opposte o procedano insieme, anche se le maggiori informazioni vengono percepite in caso di divergenze tra gli andamenti.

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stessa direzione

• volumi e prezzi si muovono insieme crescendo lentamente in quello che viene chiamato movimento di esaurimento, che culminerà in una diminuzione di entrambi ugualmente brusca e proporzionale alla lunghezza della fase di salita. Tutto questo movimento prende il nome di scarto parabolico;

• simile allo scarto parabolico, il blowoff è caratterizzato da maggiore velocità. In un mercato rialzista si assiste a un improvviso ulteriore aumento di prezzo, accompagnato da un forte aumento dell’attività a cui seguirà una forte caduta; • nel caso in cui durante un blowoff non si assista alla forte caduta dei volumi ma

solo a alcune leggere contrazioni, potrebbe diventare un segnale di esaurimento temporaneo del potere d’acquisto, a cui può seguire un consolidamento del trend.

direzione inversa

• un andamento divergente tra trend dei volumi e trend dei prezzi è un comunissimo segnale di inversione: ad esempio una riduzione dei volumi a fronte di prezzi in crescita indica una carenza di venditori e quindi una scarsa forza del trend;

Grafico 10: Blowoff. Fonte: Pring M.J.,"Technical Analysis Explained", op.cit., pagg. 105

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• il selling climax è caratterizzato da prezzi in discesa in maniera crescente e volumi in espansione. È una figura che ripercorre l’andamento divergente di volumi e prezzi ma come differenza avremo un successivo aumento dei prezzi accompagnato da un volume decrescente, senza che dia segnali di pericolo: infatti il volume ritornerà poi a salire nelle fasi successive;

• la rottura al ribasso di un trend di prezzo accompagnata da volumi consistenti dà conferma dell’inversione di tendenza. In questo caso, quando i prezzi scendono, ci si dovrebbe aspettare un volume che si contrae: una espansione del volume invece sottolinea una più marcata spinta a vendere, quindi il ribasso potrebbe essere più pesante.

Altre figure minori di inversione rialziste…

• Se i prezzi arrivano da una fase ribassista protratta nel tempo e non hanno un minimo decrescente (anche se va bene un qualsiasi livello prossimo a quello precedente) si potrebbe avere una configurazione rialzista esclusivamente se il

Grafico 11: Selling climax. Fonte: Pring M.J., "Technical Analysis Explained", op. cit., pagg. 107

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volume è marcatamente più basso nel secondo minimo rispetto al primo.

• La fine di un mercato orso può essere segnalata dalla presenza di un volume sostenuto e di una fascia di piccole variazioni di prezzo subito dopo un minimo. Questo è indice di una fase di accumulazione.

• Un volume record vicino a un minimo significativo può essere segnale di inversione, anche se nel tempo sono state raccolte testimonianze discordanti.

...e ribassiste

• Un elevato movimento dei volumi senza un evidente movimento di prezzo è segnale di inversione ribassista. Spesso può essere ricollegato alla pratica di

churning9.

9 Pratica eseguita dai broker che consiste nel compiere numerose operazioni senza trarre vantaggi per il cliente al solo fine di avere alti costi di commissione. Per estensione si intende anche un aumento nei volumi di scambio senza variazioni nei prezzi.

Grafico 12: Fase di accumulazione. Fonte: Pring M.J., "Technical Analysis Explained", op. cit., pagg. 110

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• Una particolare struttura è formata quando il prezzo tocca un massimo e il volume un minimo arrotondati, in modo che unendo le linee del prezzo e dei volumi si possa ottenere un esagono o un ovale. In questo caso abbiamo nella prima parte volumi in discesa e prezzi crescenti, che è segnale di inversione, seguiti da volumi in espansione e prezzi in diminuzione, una doppia conferma di una inversione ribassista.

Grafico 13: Churning. Fonte: Pring M.J.,"Technical Analysis Explained", op. cit., pagg. 109

Grafico 14: Configurazione ribassista. Fonte: Pring M.J.,"Technical Analysis Explained", op. cit., pagg. 112

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3.5 Utilizzo degli indicatori tecnici nello studio dei volumi

Abbiamo già discusso di come il volume, sotto forma di grafico a istogramma, ci aiuti nella comprensione di alcuni movimenti di mercato. Ma un istogramma è la più corretta e efficiente forma di rappresentazione del volume?

Evidentemente no. Così il nostro ultimo approccio all’analisi consiste nell’utilizzare degli indicatori che permettano di rappresentare graficamente il volume in modo diverso e mettere così in luce nuovi aspetti, permettendo una maggiore comprensione del movimento del mercato. Anche qui possiamo fare una prima vaga differenziazione tra due tipi di indicatori: quelli nati per lo studio del volume e indicatori nati per lo studio dei prezzi e riadattati allo quello dei volumi10.

Avremo in tal modo una lunghissima serie di indicatori, tra cui il ROC, l’oscillatore del volume, l’oscillatore di Chaikin, l’OBV e molti altri. Alcuni di questi indicatori prendono il volume come un dato unico mentre altri invece possono dividerlo in upvolume e

downvolume. Sotto questo aspetto abbiamo il upside/downside volume e il suo diretto

successore, l’indice di Arms.

Siccome alcuni degli indicatori che affronteremo appartengono alla famiglia degli oscillatori, è opportuno prima dare una definizione di tale tipologia di strumento al fine di comprendere appieno i segnali che i successivi indicatori ci indicheranno.

Sappiamo che gli indicatori lavorano bene in un mercato ben definito, tant’è che abbiamo detto precedentemente che in caso di trend laterale sia meglio per gli operatori non entrare nel mercato; in questo frangente gli oscillatori riescono invece a dare buoni risultati, diventando così estremamente importanti per l’analista. Nondimeno sono forieri di ottimi indizi nel caso di trend con tendenza definita.

Esattamente come l’istogramma questi indicatori vengono rappresentati sotto al grafico dei prezzi e consistono in una linea che può oscillare intorno a una retta orizzontale corrispondente al valore di 0 o 100, a seconda dell’oscillatore utilizzato (a volte definita linea di equilibrio). Oltre a questa linea ne abbiamo altre due che ci segnalano l’ingresso in due specifiche fasce del grafico: la linea di ipercomprato e di ipervenduto. Sono entrambe collocabili a scelta libera dell’intermediario, e dovrebbero indicare il punto medio di svolta in cui il prezzo inverte la direzione. Ogni intermediario può selezionare il valore che 10 I successivi indicatori nati per analisi del prezzo verranno affrontati sostituendo direttamente il volume.

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preferisce, sicché non sono determinabili a priori, e dovranno essere corrette e riposizionate nel caso in cui si verifichi un forte movimento di prezzo.

Danno indicazioni principalmente in tre momenti:

• quando sono ai limiti delle bande di oscillazione, quindi nelle fasce di ipercomprato o ipervenduto: indicano una tendenza dei prezzi vulnerabile;

• quando si verifica una divergenza tra l’andamento dei prezzi e quello dell’indicatore;

• quando avviene la perforazione della linea dello zero (o del 100).

Momentum

Per parlare di oscillatori bisogna imprescindibilmente parlare del momentum. Murphy stesso lo descrive come un concetto alla cui analisi sono predisposti alcuni indicatori: MACD, oscillatori di ampiezza e infine il ROC. Il momentum si prefigge di indicare la velocità di crescita o decrescita di un trend misurando il tasso di variazione dei prezzi, e di descrivere il “momento” in cui si trova un determinato titolo, se ha ancora forza o se si sta esaurendo. Tutto ciò tramite un semplice calcolo che consiste nello scegliere una finestra temporale di n giornate e poi prendere il prezzo di chiusura a cui sottrarre quello di n giornate precedenti. Una finestra con n piccolo darà una linea molto irrequieta, mentre scegliere una n maggiore permetterà di smussare le onde dell’oscillatore e ottenere risultati meno volatili. Avremo così un indice che oscilla intorno allo zero: un allontanamento dall’ipotetica linea dello 0 significa un aumento della forza del trend in corso, un avvicinamento una diminuzione.

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