IMMUNIZZAZIONE SCROFE
6.3. REAL-TIME PCR
La fondamentale differenza rispetto alle metodiche di PCR classica consiste nella possibilità di rilevare e quantificare i prodotti generati durante lo svolgersi della reazione.
Sebbene agli albori di questa metodica siano state utilizzate sonde radioattive, attualmente l’evidenziazione del procedere della reazione è ottenuta con l’utilizzo di reagenti fluorescenti. Questi sono in grado di assorbire energia luminosa fornita dallo strumento ad una data lunghezza
d’onda ed emetterla sotto forma di onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda maggiore (parte dell’energia viene dissipata sotto forma di calore) che può essere rilevata e misurata. Questo cambiamento nella lunghezza d’onda è chiamato Stoke shift ed è definito come la differenza fra i picchi di assorbanza ed emissione. Una prima distinzione fra i reagenti fluorescenti può essere fatta sulla base della loro interazione, specifica o aspecifica, con l’amplificato. Sebbene entrambe le categorie comprendano molti reagenti e metodiche, l’illustrazione di queste esula dagli scopi della trattazione e ci si limiterà quindi a quelli pertinenti allo studio sperimentale affrontato.
6.3.1. SYBR® green I
Il SYBR® green I è un agente intercalante in grado di legarsi in modo aspecifico con qualsiasi sequenza di DNA a doppio filamento. La fluorescenza emessa (picco λ= 522nm) è scarsa quando è libero in soluzione mentre aumenta di oltre 1000 volte quando legato al DNA se eccitato con onde elettromagnetiche aventi opportuna lunghezza d’onda (λ=422nm).
Questo colorante è relativamente poco costoso, non richiede la progettazione di sonde ed è scarsamente influenzato da mismatches nucleotidici che viceversa possono impedire o quantomeno rendere meno stabile l’ibridazione di sonde marcate. La tipologia di legame che lo caratterizza non permette di discriminare, almeno in prima analisi, gli amplificati specifici da tratti aspecifici di dsDNA. Questi possono essere generati da interazioni inappropriate fra nucloetidi dello stesso primer (harpin), di primer dello stesso senso (self-dimer) o di primer di senso opposto (cross-dimer) (Pestana et al., 2010). La formazione di primer-dimer non è evento particolarmente raro, specialmente quando la reazione entra nella fase di plateau o in presenza di scarso o assente template (Mackay, 2007). Inoltre possono pur sempre sussistere prodotti non specifici. In altre parole, poichè le performance delle PCR basate sul SYBR® green I dipendono in massima parte dalla qualità della coppia di primer scelti, possono facilmente insorgere, anche dopo l’ottimizzazione del test, elementi confondenti l’interpretazione dei dati, in particolare in presenza di limitate quantità del DNA target. Per limitare questa fonte di incertezza l’analisi della melting curve risulta essere uno strumento di fondamentale importanza. Quando, sotto forma di calore, viene fornita energia sufficiente si determina la rottura dei legami a idrogeno fra le basi appaiate e quindi la denaturazione della doppia elica di DNA. Ogni sequenza di DNA richiede una diversa quantità di energia in funzione di una serie di caratteristiche quali: contenuto e distribuzione di G e C, lunghezza del segmento di DNA, concentrazione del DNA e composizione del solvente in cui è sospeso. Per definizione si considera la temperatura di
melting (TM) come la temperatura alla quale il 50% delle copie della sequenza considerata sono denaturate (Mackay, 2007). Nella pratica lo strumento determina un progressivo aumento della temperatura e contemporaneamente misura in continuo la variazione della fluorescenza. Al
progressivo procedere della denaturazione si osserverà una parallela diminuzione della fluorescenza determinata dalla dissociazione fra dsDNA e SYBR® green I. Le curve di melting vengono rappresentate graficamente ponendo come variabile indipendente la temperatura e come variabile dipendente la fluorescenza. Di più agevole comprensione risultano i picchi di melting, ricavati dal negativo della derivata prima delle curve di melting. In questa rappresentazione il picco della curva si colloca in corrispondenza della TM (fig. 8) (LightCycler®480 Instrument Operator’s Manual- Software Version 1.5).
Attraverso questo processo è possibile verificare la specificità dell’amplificato in funzione delle caratteristiche di sequenza. Tuttavia possono egualmente sussistere casi in cui le TM di amplificati diversi sostanzialmente corrispondono, rendendo difficoltosa la differenziazione (Ririe et al., 1997).
Fig. 8. Aspetto delle curve di melting(a) e dei picchi di melting(b). Tratto e modificato da Hoffmann et al., 2007
6.3.2. Sonde fluorescenti
Le sonde rappresentano sostanzialmente degli oligonucleotidi capaci di riconoscere in modo specifico una data sequenza di interesse facente parte dell’amplificato e segnalarne la produzione tramite lo sviluppo di fluorescenza. Sebbene nel corso del tempo siano state proposte soluzioni diverse, alcuni principi sono rimasti sostanzialmente immutati. La maggior delle oligo-probe si basano sul
principio della fluorescence resonance energy transfer (FRET) fra fluorofori (F) o fra un fluoroforo e un dark o black hole, non-fluorescent quencer (NFQ). La FRET consiste essenzialmente nell'effetto combinato di due molecole in grado di emettere fluorescenza in seguito ad una eccitazione. Verso uno di questi fluorofori, detto donatore, viene diretta un'onda elettromagnetica ad una λ specifica (tipicamente, quella relativa al suo picco di assorbimento). Il donatore, eccitato, può emettere fluorescenza secondo il suo peculiare spettro di emissione. Se lo spettro di emissione del donatore si sovrappone in maniera consistente a quello di assorbimento di un accettore (se, cioè, i salti energetici associati ai due processi sono simili), il donatore eccitato non emette luce ma trasferisce l’eccitazione in maniera risonante all’accettore (in modo più o meno efficiente), che emetterà un quanto luminoso alla sua lunghezza d’onda caratteristica (fig. 9) o la dissiperà interamente sotto forma di calore qualora si tratti di un “dark” quencer. Nel primo caso la specifica λ da questa emessa può essere acquisita o meno dallo strumento a seconda delle impostazioni. Alcune metodiche sfruttano la generazione di questa nuova radiazione luminosa per evidenziare l’avvenuta amplificazione (es. hybridisation probes-HybProbe®probes). Qualora non venga registrata il secondo fluoroforo funge di fatto da quencer (Q). Come regola generale nella programmazione della reazione bisognerebbe ovviamente aspirare ad avere un rapporto segnale/rumore di fondo quanto più elevato possibile. Sempre in termini generali, questo risulta più facilmente ottenibile utilizzando dei NFQ (PCR guide- www.eurogentec.com).
Essendo il trasferimento di energia proporzionale all’inverso della sesta potenza della distanza
( )
1 6R il rapporto spaziale fra F e Q risulta determinante e viene quindi sfruttato in queste metodiche.
Fig. 9. Relazione fra spettri di assorbimento ed emissione di due fluorofori. Tratto da