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Il realismo è femminista?

Un epiteto spesso utilizzato per descrivere Li Ang è “controversa”. A chi la accusò di essere solo una provocatrice, Li Ang rispose così in un’intervista del 1984:

Dodici anni fa, quando ho scritto dei problemi sessuali tra i giovani ne “Il mondo umano” (Renjian shi 人间世), me ne dissero di tutti i colori. Sei anni fa, quando sono tornata dagli USA, tutti i problemi di cui avevo scritto erano stati ormai accettati dalla società e divenni quasi profetica. In seguito alla pubblicazione de “La moglie del macellaio” dell’anno scorso, venni ancora accusata di essere immorale. Può essere che tra altri sei anni queste accuse non saranno più tali? Non so, ogni tanto mi sento sola, davvero sola. È quel tipo di solitudine che deriva dall’essere incompresi.44

A chi le dice di essere l’autrice più controversa, Li Ang risponde scherzando di essere invece la più condannata. Molti lettori furono turbati dalle descrizioni violente de “La moglie del macellaio” e accusarono Li Ang di avere un impatto negativo sulla società e di incoraggiare le donne ad uccidere i propri mariti. L’autrice rispose che le sue opere erano lette da un numero di persone limitato, certamente inferiore rispetto al pubblico dei quotidiani, che contengono ogni giorno una grande quantità di notizie riguardanti stupri, assassinii e rapine. David Wang Der-wei prese spesso le difese di Li Ang, sostenendo che all’interno delle sue opere vi è un labirinto di emozioni che espongono l’autrice agli attacchi in nome del sensazionalismo (shanqing 煽情). L’autrice viene infatti criticata soprattutto per le descrizioni di tipo sessuale, a testimonianza del fatto che parlare o scrivere di sesso rappresenta ancora un tabù nella società taiwanese. Gli accademici dovrebbero farsi portavoce di critiche più costruttive, che non si devono limitare ad una generale indignazione per le descrizioni delle pratiche sessuali, ma che dovrebbero prendere in analisi tutti gli aspetti del romanzo. La critica Sheung-yuen Daisy Ng, ad esempio, è convinta che “La moglie del macellaio” sia portavoce di un femminismo troppo circoscritto, che non riesce a contemplare una relazione tra le donne; il romanzo mira ad esporre le ingiustizie ma non a risolverle. Mi trovo in accordo con Sheung-

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LI Ang 李昂, “Xin Naruisi jieshuo: Li Ang de zipou yu zixing/Shi Shuduan qinfang Li Ang” 新 蕤 解说 李昂的自剖 自省/施淑端亲访李昂 (Il trattato di Narciso: un’analisi su Li Ang), in Li Ang, Anye, Taipei, Shibao wenhua, 1999, pp. 176-177. Estratto da Wu, Yenna, Li Ang’s Visionary

yuen quando essa sostiene che i personaggi del romanzo rientrano sempre nel rapporto oppresso/oppressore, senza portare avanti una critica più concreta e rendendo l’opera un esempio di femminismo letterario che non si spinge oltre i confini delle pagine stampate. Tuttavia la critica sostiene anche che, per quanto si faccia portavoce del femminismo mainstream, l’opera è unica nel suo genere e si distingue da tutti i romanzi dell’epoca. D’altro canto Li Ang, sebbene mossa da ideali femministi, non negò di aver scritto il romanzo in chiave differente.

Non posso negare che mi approcciai alla scrittura de “La moglie del macellaio” con una serie di ideali femministi; volevo mostrare il tragico destino che tocca alle donne taiwanesi economicamente dipendenti che vivono sotto le regole della società cinese tradizionale. Ma mentre scrivevo mi sono trovata sempre più interessata a problemi più ampi, quali la fame, la morte e il sesso. Ciò che voglio dire è che l’interesse massimo della letteratura femminista è, dopo tutto, la natura umana.45

Kuei-fen Chiu critica a Li Ang l’estrema vittimizzazione di Lin Shi e il fatto che non abbia potere di linguaggio, giudicando quindi gli atti del narratore secondi solo a quelli di Chen Jiangshui. Li Ang priva Lin Shi della possibilità di difendersi perché non dà voce ai suoi sentimenti. In un’intervista con Ya-chen Chen, l’autrice sostiene invece che non cambierebbe mai il punto di vista dell’opera, perché è proprio ciò che ha permesso di far parlare tutti i personaggi. Li Ang sostiene che se dovesse scrivere un continuo del romanzo lo farebbe sfociare nel soprannaturale, proprio perché non avrebbe più senso continuare a descrivere dei personaggi ormai ben delineati. Alcuni anni dopo l’uscita del libro, a Taiwan si verificò un caso molto simile a quello descritto da Li Ang quando Deng Ruwen uccise il marito nel 1993; l’autrice, che incontrò la donna in diverse occasioni, affermò che se Lin Shi non fosse stata fucilata sarebbe esattamente come Deng Ruwen, ovvero debole e fragile. Li Ang affermò inoltre che, sebbene “La moglie del macellaio” dia voce ad un tema eterno, ovvero quello dell’oppressione femminile, la storia sarebbe completamente diversa se fosse ambientata ai giorni nostri. Ying-ying Chien, paragonando il romanzo all’opera “Queste tre donne” (Zhe sange nüren 这 个女人) di Annette Lu,

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SHEUNG-YUEN, Daisy Ng, “Feminism in the Chinese Context: Li Ang’s “The Butcher’s Wife”, in

Modern Chinese Literature, 4, 1/2, Ohio State University Foreign Language Publication, 1988, p.

ne critica il pessimismo e la visione distopica della società, ma sostiene allo stesso tempo che sia in questi elementi che risieda la forza realista della storia. La morale del racconto non è l’omicidio ma la rivelazione della cruda verità; esso non vuole che i lettori emulino la protagonista, ma vuole aprire loro gli occhi descrivendo le vicende di una donna che subisce abusi. L’uccisione del marito da parte di Lin Shi è simbolica, ma vi è un’affermazione: la sua reazione è la ribellione all’oggettivazione del corpo femminile. Anche a coloro che sostengono che le opere di Li Ang non siano abbastanza politically correct, l’autrice risponde con il realismo: quale verità è corretta?

È probabile che i critici che guardano il romanzo in chiave femminista adottino la prospettiva del femminismo “egualitario”, che si batte per l’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna; coloro che invece evidenziano la mancanza di un agente femminista appartengono alla corrente più radicale. Se analizzata dal punto di vista del femminismo mainstream, l’opera è certamente femminista, poiché mostra le condizioni di una donna intrappolata nel matrimonio e priva di un’indipendenza economica, che non può che suscitare empatia tra i lettori. È tuttavia lecito chiedersi se la strategia della vittimizzazione, che aiuta certamente ad aumentare la consapevolezza del pubblico e a sensibilizzare le persone sulle tematiche femministe, sia vincente a lungo termine. Per Yenna Wu concentrarsi troppo sul significato femminista del romanzo è un errore che impedisce ai lettori di riflettere sugli altri aspetti importanti descritti nel libro, che rischiano di essere ignorati. Pensare che i rapporti sessuali della coppia siano fissi nello spazio e nel tempo e che non possano attraversare dei cambiamenti non permette di contemplare nessuna possibile svolta all’interno del loro matrimonio. È possibile che non tutte le donne reagiscano alle aggressioni sessuali di Chen Jiangshui come Lin Shi e che alcune, come zi’ Ah-Wang, potrebbero addirittura goderne e beneficiarne. Se tuttavia ha sollevato così tante polemiche, forse “La moglie del macellaio” è realmente riuscito nel suo intento.

A mio avviso “La moglie del macellaio” rientra certamente nella corrente femminista, ma lo fa in un modo che può non essere condivisibile. È certo che nella società taiwanese degli anni ‘80 l’opera abbia rappresentato un grande punto di svolta e che alcuni critici non prendano troppo in considerazione l’epoca in cui il

romanzo è stato scritto. È probabile che nel 1983 il femminismo che ora è definito mainstream fosse necessario a sensibilizzare il pubblico sul tema dell’oppressione femminile all’interno del matrimonio tradizionale. Ritengo che le critiche più dure nei confronti del romanzo siano spesso a posteriori; io stessa troverei difficile sostenere la causa femminista del romanzo se la pubblicazione fosse più recente. Tuttavia reputo che all’inizio degli anni ‘80 “La moglie del macellaio” fosse portavoce di un femminismo certamente più radicale di quello che rappresenterebbe ai giorni nostri e che solo con l’uscita de “L’incensiere della lussuria di Beigang” si è potuto realmente fare un confronto con gli altri personaggi femminili dell’autrice. Credo tuttavia che l’opera sia più femminista che realista: il personaggio di Lin Shi, come dichiarato nei paragrafi precedenti, è stato modificato per adattarlo alla causa femminista e non rappresenta tutte le donne oppresse. Mi trovo in accordo con i critici che vedono Lin Shi poco umana e credo che Li Ang abbia voluto rappresentare la peggiore condizione in cui può trovarsi una donna per aumentare la consapevolezza della società taiwanese riguardo l’oppressione femminile.