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La Recruitment Process Outsourcing Association (RPOA) definisce l’RPO nel seguente modo:

[il fornitore di RPO] agisce come la funzione interna di recruitment di una compagnia per una parte o per tutti gli aspetti. Il fornitore di RPO gestisce l’intero processo di recruitment/assunzione dalla definizione del profilo del lavoro all’inserimento del nuovo assunto nell’organizzazione, compreso lo staff, la tecnologia, il metodo e il reporting. Un RPO gestito in maniera appropriata

70 migliorerà le tempistiche di assunzione di una compagnia, incrementando la qualità del bacino di candidati, fornendo grandezze misurabili oggettivamente, riducendo i costi e migliorando il controllo14 (RPOA).

Il problema di cercare e assumere personale specializzato ha sempre caratterizzato le aziende ad aspirazione più tecnologica, che grazie al rapido sviluppo dovuto spesso ai veloci progressi nelle tecnologie e nelle comunicazioni, sono sempre in cerca di tecnici e specialisti da inserire nei propri progetti. L’idea di rivolgersi a qualcuno all’esterno dell’organizzazione per individuare i candidati ideali risale, infatti, agli anni ’70 quando c’è stata la rapida affermazione e sviluppo del distretto tecnologico della Silicon Valley, in California, creando un nuovo mercato di competenze altamente specializzate in tecnologia. Vista la grande richiesta di queste figure professionali e la scarsità di candidati, il processo di recruitment comportava notevoli costi sia in scouting sia in assunzione – per aggiudicarsi una risorsa c’era una vera e propria corsa al rialzo tra stipendi e benefit. Così si è iniziato ad esaminare la situazione e a cercare una soluzione per contenere i costi relativi al recruitment del personale, considerando che la necessità di queste figure specializzate era in continua crescita. Inizialmente si è cercato di razionalizzare il processo di recruitment e di esternalizzare la ricerca e selezione di candidati per quelle posizioni che presentavano maggiore difficoltà e richiedevano troppe risorse, sollevando l’organizzazione da alcuni problemi che non era in grado di affrontare al meglio da una parte, aggiungendo valore all’intero processo dall’altra. Inizialmente i programmi di RPO consistevano semplicemente nella creazione di liste di potenziali candidati da parte dei vendor, utilizzate dai client per individuare il candidato migliore, riducendo notevolmente anche i tempi di tutto il processo. Questa funzione di esplorazione e ricerca, detta search/research, generava anche liste di nomi di impiegati di compagnie concorrenti, così da allargare il bacino di

71 candidati specializzati e fornire tutte le possibilità di approvvigionamento del personale.

Ufficializzato questo approccio di ricerca supportata da vendor esterni, si è man mano sempre più affermato negli ambienti della gestione delle risorse umane perché era evidente che l’RPO non solo riduce gli alti costi di recruitment ma spesso può costituire un vantaggio competitivo per l’azienda in alcuni mercati. Il mercato del lavoro è divenuto sempre più competitivo, anche a causa della crescente specializzazione ed evoluzione di molti settori industriali, e l’RPO è diventato parallelamente sempre più accettato come alternativa alla gestione del processo internamente. Negli anni ’80 e ’90 si evolve ulteriormente l’RPO che da semplice generatore di liste si presenta a tutti gli effetti come Human Resources Outsourcing (HRO), grazie soprattutto ai vantaggi evidenti in termini di benefit, tasse e stipendi, e le organizzazioni iniziano a considerare l’esternalizzazione anche di altri processi, come l’intero processo recruitment, uno dei costi più incisivi delle Risorse Umane. Con l’avvento del 2000 questo trend si è allargato, portando le aziende a rivolgersi all’RPO anche per posizioni manageriali di medio ed alto livello. Al ricorso all’RPO ha contribuito enormemente anche l’evoluzione del mercato del lavoro, che ha visto negli ultimi anni una deregolamentazione del mercato del lavoro che ha creato uno spostamento verso contratti part-time e a breve termine. Questo ha incrementato le attività di recruitment e ha incoraggiato molte imprese ad affidarsi a enti esterni per l’approvvigionamento di personale.

Quando le aziende hanno iniziato a stabilire rapporti di lavoro con paesi stranieri, delocalizzando attività produttive e/o servizi in strutture captive si è presentato il problema di dover popolare una nuova struttura aziendale, necessitando sia di operai, sia di tecnici, sia di dirigenti. L’RPO è stato così applicato anche a questo contesto estero, di fatto divenendo un’ulteriore attività soggetta a offshoring: il ricorso a partner locali per il recruitment permette di ottimizzare questo processo e ottenere migliori risultati rispetto a un approccio fai da te.

72 I benefici offerti dall’RPO, come visto, sono molteplici:

- incrementa la qualità, la velocità, il livello di servizio e diminuisce i costi dell’intero processo di recruitment;

- i vendor di RPO possono sfruttare economie di scala che permette loro di ridurre i costi e le economie di scopo permettono di porsi come specialisti di alta qualità. Questo è permesso dal grande numero di specialisti che gestiscono.

- permettono di rendere costi di investimento fissi in costi variabili che variano in base al riscorso all’RPO. Le unità addette al recruitment, in una azienda, sono molto costose proprio perché i costi allocati vengono ripartiti in base alle transazioni seguite o al numero di dipendenti assunti, quindi il “costo unitario” è molto alto.

Certamente l’RPO non comporta solo vantaggi ma presenta numerosi problemi e complicazioni che lo rendono non adatto a ogni situazione o a ogni organizzazione:

- l’RPO si rivela un’ottima strategia solo se adottato in contesti molto strutturati e con ruoli aziendali altamente definiti. Delegare ad esterni la gestione del recruitment implica fornire al vendor direttive specifiche e caratteristiche chiare riguardo la posizione da dover ricercare;

- anche se tramite l’RPO il processo viene esternalizzato, è necessario saper gestire le relazioni con il vendor, monitorarne l’andamento per accertarsi che i risultati siano in linea con le aspettative. Gestire in maniera ottimale i rapporti con i vendor relativi a una funzione così cruciale e “interna” all’organizzazione è molto complessa e spesso si verificano casi di interferenza da una delle due parti che porta a risultati negativi nel processo di recruitment;

- i vendor di RPO richiedono una remunerazione per il loro servizio, che in alcuni casi la spesa relativa all’RPO è maggiore di quella sostenuta

73 per gestire il processo internamente. È necessario considerare tutte le voci di costo, anche non monetarie;

- spesso ci si rivolge a un unico vendor per l’RPO, smorzando di fatto la competizione che potrebbe invece nascere se si ricorresse a più fornitori;

- l’RPO non permette di risolvere i problemi di recruitment legati all’immagine dell’azienda o alla sua percezione. Infatti i candidati selezionati posso anche non proporsi all’azienda perché non la ritengono in linea con i propri valori o non vogliono essere associati ad esse. In questo caso l’investimento, più che nell’esternalizzazione del recruitment, dovrebbe essere mirato all’immagine del marchio;

Per completare il discorso sull’esternalizzazione del processo di recruitment, e in generale della funzione di Risorse Umane (HR), si presenta un framework per lo Human Resources Outsoucing, articolato in 5 macro fasi, che ricalca il framework proposto nel primo capitolo per la delocalizzazione di attività intangibili (Lever, 1997; Greer, Youngblood, & Gray, 1999).

1. Decidere di esternalizzare.

a. Non considerare intoccabili le attività di HR tranne quelle effettivamente core.

b. Determinare se il desiderio di esternalizzare un’attività è guidato dal suo scarso contributo alle attività caratteristiche, se è influenzato dall’ambiente esterno o se dalla scarsa capacità di gestione dell’attività.

c. Attenzione ai vendor che offrono soluzioni in serie che non soddisfano le necessità dell’organizzazione.

d. Evitare l’eccessiva fiducia nel vendor.

e. Decidere quanto controllo è necessario per ogni attività di HR e se il controllo può essere conservato con l’outsourcing.

74 2. Selezionare e negoziare con il vendor.

a. Assegnate un grande peso alla conoscenza del settore del vendor.

b. Controllare le performance e le referenze dei potenziali vendor.

c. Riconoscere tutti i costi legati al cambiamento di vendor per i servizi esternalizzati.

3. Implementazione dell’HRO.

a. Aspettarsi resistenza interne all’HR al cambiamento e mettere in atto strategie per gestirla.

b. Anticipare i conflitti e sviluppare un piano per gestirli in modo da stabilizzare la relazione con il vendor.

c. Anticipare i cambiamenti nello sviluppo delle carriere e nella cultura dell’HR.

4. Gestione della relazione con il vendor.

a. Sviluppare relazioni di lungo periodo con i vendor quando la continuità è un fattore critico.

b. Formare membri dell’organizzazione affinché diventino manager delle attività esternalizzate.

c. Mantenere stabile il personale interno incaricato di controllare la relazione con il vendor e capire le aspettative sulle performance originariamente negoziate.

d. Richiedere preventivi per ogni attività esternalizzata a intervalli di tempo regolari.

5. Monitorare e valutare la performance del vendor.

a. Stabilire aspettative, misurazioni e report sulla relazione per entrambe le parti coinvolte nell’outsourcing.

b. Insistere sull’alta qualità delle performance.

c. Insistere sull’accuratezza e sull’alta frequenza di report dal vendor e far presente immediatamente eventuali anomalie.

75 d. Stabilire livelli di performance per i vendor con l’assistenza,

se necessario, di consulenti esterni.

e. Migliorare le performance del vendor attraverso standard di performance.

f. Considerare sondaggi interni all’organizzazione per valutare la performance del vendor.