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3.4. La gestione del personale offshore e delle differenze cultural

3.4.4. Lo stile comunicativo

Nel capitolo precedente si è discusso sui problemi che l’offshoring presenta nella sua implementazione e le aziende tengono in grande considerazione quello legato alle comunicazioni e in particolare alla lingua utilizzata. I paesi anglosassoni risolvono in maniera relativamente semplice il problema chiedendo al vendor di adottare la lingua inglese, che essendo una lingua franca a livello mondiale, generalmente non è spunto per contrattazioni o conflitti. Interviene principalmente un problema di intelligibilità e di definizione di un senso univoco delle specifiche o delle comunicazioni in generale (Rao, 2004). Ma la maggioranza dei paesi occidentali che ricorrono all’offshoring non sono paesi anglofoni, quindi si pone il problema lingua (Hirschheim, George, & Wong, 2004). In questo caso la lingua adottata resta sempre quella inglese ma nessuna delle parti in causa è madrelingua.

Questa situazione è molto delicata perché necessita di una maggiore attenzione da entrambi i contraenti sia per mandare comunicazioni chiare, corrette e univoche, sia per comprendere in maniera corretta le comunicazione del partner (Carmel & Agarwal, 2002). Il problema da affrontare è a livello di

80 significato, dato che spesso non esistono espressioni perfettamente sovrapposte per esprimere un concetto in lingue differenti, e il modo di esprimersi è strettamente legato alla propria cultura. In culture astrattive solo le informazioni ritenute significative e rilevanti vengono comunicate in maniera esplicita e precisa. Al contrario, in culture associative vengono comunicate anche molte informazioni meno importanti associate alle principali (Triandis, 1982). Le società ad alto contenuto comunicano informazioni che solitamente hanno un significato simbolico o comunque implicito, al contrario delle culture a basso contenuto che sono più dirette e immediate nelle comunicazioni (Samovar & Porter, 2004). L’antropologo Edward T. Hall, che per primo ha introdotto questa terminologia, ha suddiviso le principali culture nelle due categorie (Hall, 1976):

- culture a basso contenuto (low context cultures): tedesca, scandinava, americana, anglo-canadese;

- culture ad alto contenuto (high context cultures): francese, franco- canadese, italiana, spagnola, messicana, greca, araba, cinese, giapponese, coreana.

Infine si riporta la contrapposizione tra culture olistiche e culture lineari. Le culture olistiche hanno una visione più globale e di sistema dei fatti, non si interviene sulle singole parti e le singole componenti ma si agisce sull’insieme. Le culture lineari tendono a isolare il problema dal contesto e trovare una soluzione specifica, un problema viene risolto se si agisce sulla singola componente che lo ha causato (Lytle, Brett, Barsness, Tinsley, & Janssens, 1995). In letteratura sono presenti numerose altre distinzioni degli stili comunicativi in base alla cultura e comunque per ognuno di essi è necessaria particolare attenzione per non commettere errori di interpretazione che possono portare a un basso livello qualitativo della relazione in quanto creano conflitti, intaccano la fiducia, abbassano le performance e diminuiscono la cooperazione.

81 3.4.5. I valori

Un ruolo determinante è ricoperto dai valori. Il sistema di valori di un individuo è definito come un sistema duraturo di convinzioni riguardanti i modelli di comportamento o gli obiettivi individuali preferibili all’interno di un continuum di importanza relativa (Rokeach, 1973). I valori vengono quindi formati dal contesto culturale di un individuo, dal suo background, che è formato dalla socializzazione, dall’educazione e dal suo contesto personale che è determinato da dall’ambiente organizzativo e sociale (Kumar & Bjorn-Andersen, 1990). I valori possono essere fondamentalmente di due tipi:

- valori strumentali: comportamenti o mezzi alternativi per raggiungere degli obiettivi (Rokeach ne elenca 18 tra i quali l’ambizione, l’onestà, l’indipendenza, l’amore e l’obbedienza) (Rokeach, 1968);

- valori generali: rappresentano stati finali o obiettivi desiderati di vita (tra i quali il senso di realizzazione, la felicità, il piacere, la saggezza) (Rokeach & Owens, 2001).

I valori possono portare a conflitti, in particolare a conflitti di valori intra- personali, conflitti di valori inter-personali e conflitti di valori tra individuo e organizzazione. Il conflitto interno e lo stress che deriva da un conflitto di valori intra-personale si verifica quando valori generali e strumentali spingono l’individuo in direzioni diverse. È infatti possibile che l’ambizione, valore strumentale, implichi sacrifici che non permettono l’affermazione della felicità, valore generale, in caso che questi due valori siano propri dello stesso individuo. In gruppi eterogenei lo scontro tra personalità differenti porta talvolta a conflitti, in caso di confronto tra culture differenti la percentuale sale (Smith, Ellis, & Yoo, 2001). Le persone hanno stili diversi che possono essere più o meno compatibili come si è visto. Allo stesso modo hanno combinazioni uniche di valori generali e strumentali, il che può essere fonte di conflitti di valori interpersonali. Anche lo organizzazioni hanno dei valori propri. Il conflitto di valori tra individuo e organizzazione può verificarsi quando i valori adottati e messi in atto dall’azienda

82 entrano in collisione con quelli dei collaboratori. Questo è ancora più rilevante quando si instaurano collaborazioni tra aziende appartenenti a paesi molto diversi: pur condividendo obiettivi e metodi, la relazione può fallire perché i valori delle due parti sono inconciliabili (Smith, Peterson, & Schwarz, 2002).

83 4. Il Caso UniCredit Business Partners

All’interno del progetto di ricerca ho personalmente seguito il caso di UniCredit Business Partner (UCBP), che è una nuova società nata il primo gennaio 2009, come derivazione di società che seguivano il tutte le operazioni relative al back office del gruppo UniCredit. L’analisi del caso UCBP si è svolta prevalentemente attraverso due lunghe interviste. Le due interviste sono state condotte con due scopi diversi: con la prima (macro) si è definita la strategia e il percorso effettuato dall’azienda partendo dalla decisione di delocalizzare fino alla definizione degli obiettivi futuri, facendo sempre riferimento a UCBP come di una società del gruppo UniCredit, quindi parlando di questa esperienza in un’ottica di gruppo. Con la seconda intervista (micro) si sono approfonditi temi legati alla gestione del personale, in particolare dei talenti, spostandosi in un’ottica individuale, concentrandosi sul punto di vista dell’intervistato e non dell’organizzazione.

La prima intervista15 è avvenuta il 9 novembre 2009 presso la sede milanese di UCBP ed erano presenti, oltre al sottoscritto, la professoressa Rosa Grimaldi e l’assegnista di ricerca Giulia Endelmini, per UCBP erano presenti Giandomenico Miceli, Senior Vice president Head of Global Operations & Development, Marco Longobardi, Head of Human Resources e Natalia Vai, Head of IT Tools and Process

Innovation Unit. L’intervista è stata condotta facendo riferimento al protocollo (macro) di intervista utilizzato all’interno del progetto di ricerca e che è riportato in allegato (Allegato 3).

La seconda è stata un’intervista telefonica gestita da me personalmente con Cristian Dumitru Clibiu, project manager di UCBP, il primo febbraio 2010. Cilibiu è un caso emblematico di gestione interna dei talenti, di origine rumena in breve tempo ha occupato posizioni sempre più importanti all’interno di UCBP fino a quella attuale. Ora opera in Italia. L’intervista è stata condotta sulla base

84 del protocollo (micro) redatto da me e utilizzato poi per altre interviste individuali all’interno del progetto di ricerca (Allegato 4).