15.1. Andamento della conflittualità, cause di insorgenza del conflitto e attività della Commissione
L’anno 2018 conferma la significativa diminuzione della conflittualità nel comparto Regioni ed Autonomie Locali. Vi sono state, nel periodo di riferimento, 143 proclamazioni di sciopero (a fronte delle 147 registrate nel 2017, alle 179 del 2016 e alle 202 relative al 2015), prevalentemente a carattere locale, di cui 42 revocate a seguito dell’intervento preventivo della Commissione e/o per composizione della vertenza.
Lazio, Lombardia e Toscana sono le Regioni che hanno registrato una più elevata conflittualità, mentre Sardegna, Sicilia e Piemonte sono i territori dove vi è una minore propensione all’utilizzo dello sciopero quale strumento di risoluzione delle vertenze.
L’effettuazione di tali scioperi non ha causato evidenti disagi e disservizi per l’utenza, sia perché gli stessi, in molti casi, sono stati proclamati con la garanzia delle prestazioni indispensabili, sia perché la Commissione di garanzia, attraverso lo strumento preventivo di cui all’art. 13, lett. d), della legge n. 146 del 1990, ha tempestivamente segnalato alle Organizzazioni sindacali interessate eventuali violazioni, consentendo la revoca o la corretta riproclamazione delle astensioni stesse.
Le violazioni segnalate hanno per lo più riguardato il mancato rispetto del termine di preavviso minimo, la rarefazione oggettiva con riferimento a scioperi generali e/o plurisettoriali precedentemente proclamati, nonché il mancato esperimento delle procedure preventive di raffreddamento e conciliazione prima della proclamazione dello sciopero.
Per quanto concerne le cause di insorgenza del conflitto, è opportuno segnalare che se il sistema di regolazione delineato dal legislatore del 1990 si è rivelato adeguato a fronteggiare situazioni di conflittualità fisiologica, ha mostrato invece evidenti limiti di fronte alla emersione di forme di conflittualità patologica, indotte, da un lato, dalle profonde trasformazioni intervenute nel contesto economico e sociale e, d’altro lato, dall’irrompere della crisi finanziaria.
La necessità di riduzione del livello della spesa pubblica, insieme a quella di accrescere l’efficienza e la qualità dei servizi, ha condotto le Amministrazioni ad affidare ai soggetti privati - capaci di produrre riduzioni dei costi, aumento della flessibilità e della professionalità delle risorse umane - l’erogazione dei servizi pubblici essenziali attraverso il ricorso a nuovi assetti e modelli organizzativi.
Progressivamente si è assistito, così, all’abbandono del monopolio pubblico nel sistema di erogazione dei servizi alla persona per abbracciare un sistema misto che vede per lo più coinvolte società in house, società private ed organizzazioni senza fini di lucro specializzate nell’erogazione di tali prestazioni sociali.
Da questo punto di vista, si è potuto constatare che il massiccio ricorso a politiche di esternalizzazione e/o di liberalizzazione dei servizi pubblici da parte di Amministrazioni ed Enti Locali, implicando rilevanti modifiche dell’assetto organizzativo e produttivo di determinati settori e una moltiplicazione dei soggetti che concorrono direttamente o indirettamente alla erogazione del servizio, ha ingenerato un incremento della conflittualità e uno spostamento del suo baricentro verso aree finora ritenute marginali o persino nuove del settore terziario.
Numerose, infatti, sono state le astensioni effettuate nell’ambito dei servizi pubblici essenziali di competenza comunale o statale, come il trasporto scolastico, l’assistenza domiciliare o ai disabili, la refezione scolastica, la gestione degli asili nido e delle scuole materne.
Il meccanismo dell’aggiudicazione del servizio al massimo ribasso o all’offerta economicamente più vantaggiosa ed il frequente ritardo negli adempimenti contrattuali di natura economica da parte delle stazioni appaltanti si riversano sistematicamente sui lavoratori delle aziende affidatarie, amplificando sia le precarie condizioni di lavoro in cui questi sono chiamati ad operare che i ritardi nella corresponsione delle retribuzioni.
Fattori, questi, che possono avere ricadute sociali molto rilevanti e, perciò, incidere sull’andamento e sulle caratteristiche della conflittualità, posto che un numero crescente di aziende versa oramai in una situazione di grave difficoltà economica che si riflette sulla qualità del servizio e sulle condizioni dei lavoratori.
Questi ultimi, infatti, trovandosi sempre più spesso a subire una progressiva riduzione delle tutele fondamentali che si ritenevano pacificamente acquisite e ritardi, anche notevoli, nel pagamento delle retribuzioni, finiscono per ricorrere con preoccupante frequenza ad azioni di sciopero, sebbene il più delle volte nel rispetto delle regole dettate dalla legge n. 146 del 1990.
La Commissione di garanzia è da diversi anni consapevole dell’importanza di approfondire le implicazioni derivanti dal decentramento produttivo e dall’avvento delle organizzazioni complesse sull’individuazione dei servizi pubblici essenziali e dei soggetti del conflitto.
Sono noti, per gli addetti ai lavori, gli sforzi compiuti dalla Commissione per riuscire a colmare, in via interpretativa, alcune lacune della legge, come nel caso delle delibere di indirizzo adottate con riferimento agli scioperi spontanei e selvaggi o ad astensioni dal lavoro che scaturiscono dal mancato pagamento delle retribuzioni, rispetto alle quali la Commissione - pur consapevole della delicatezza delle ragioni poste a loro fondamento di queste particolari forme di protesta, più frequenti nei settori maggiormente colpiti da una profonda crisi economica e finanziaria, che determina rilevanti effetti sulle imprese erogatrici del servizio e sui loro dipendenti - non ha potuto comunque superare o aggirare i vincoli derivanti dal quadro legale vigente.
L’Autorità ha, quindi, previsto che anche dette astensioni siano assoggettate alle prescrizioni di legge, ferma restando la possibilità di tenere conto della gravità dell’inadempimento datoriale in sede di valutazione del comportamento delle parti e di applicazione delle sanzione e con la precisazione che l’ipotesi della eccezione di inadempimento, generalmente invocata in questi casi, ricorre soltanto quando il rifiuto della prestazione di lavoro è attuato in modo continuativo fino all’adempimento dell’obbligazione retributiva da parte del datore di lavoro.
Le due tematiche ora ricordate rappresentano casi emblematici nei quali la Commissione, a fronte di fenomeni emergenti che ponevano problemi di qualificazione, di inquadramento e di regolamentazione, è riuscita faticosamente a riportare queste forme di protesta nel campo di operatività della legge, elaborando soluzioni interpretative coerenti con l’esigenza di rispettare il dato normativo e, nel contempo, evitare la sostanziale vanificazione delle garanzie poste dalla legge a tutela dei diritti dei cittadini.
15.2. Pareri e delibere interpretative
Tra le numerose attività del settore va sottolineata quella inerente alle numerose richieste di pareri riguardanti problemi di interpretazione della normativa legale e negoziale vigente, specie alla luce dei mutamenti sociali e giuridici che hanno portato in rilievo problemi in parte inediti, a conferma della intrinseca mutevolezza del conflitto collettivo. Si conferma, nel periodo di riferimento, sul fronte della prevenzione e della composizione del conflitto collettivo, l’incremento dei pareri resi dalla Commissione di garanzia a Prefetti, Organizzazioni sindacali e parti datoriali.
La Commissione è intervenuta in più occasioni per confermare l’orientamento secondo il quale tutte le attività collegate da nesso di strumentalità con l’erogazione di un servizio pubblico essenziale rientrano nel campo di applicazione della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, anche se svolte da soggetti diversi da quello erogatore del servizio principale.
In merito alle predette fattispecie, la Commissione ha evidenziato che l’assenza di accordo tra le parti, ai fini dell’adozione dei regolamenti di servizio, non può andare a detrimento dei diritti degli utenti. Per tale motivo, la devoluzione della materia alla contrattazione collettiva non esclude, in mancanza di accordo, il potere di iniziativa unilaterale del datore di lavoro. Numerosi sono stati, inoltre, i pareri resi dalla Commissione in materia di diritto di assemblea, astensione dal lavoro straordinario e procedure di raffreddamento e di conciliazione. Tutti interventi tesi a chiarire alle parti sociali l’ambito di applicazione della legge n. 146 del 1990, dell’Accordo di settore e/o delle delibere interpretative della Commissione.