• Non ci sono risultati.

Le relazioni con gli operatori

3. Un caso di micro accoglienza: La Comunità Fraternità

3.5 Le relazioni sociali

3.5.3 Le relazioni con gli operatori

L'équipe incaricata di gestire il servizio, come già accennato, ha subito diversi cambiamenti negli ultimi mesi. La figura centrale di coordinamento precedente, che si serviva del supporto di un'operatrice incaricata degli accompagnamenti degli ospiti, un'insegnante di italiano, un'assistente sanitaria, un incaricato delle attività lavorative e due mediatori, è stata sostituita, così come il responsabile del progetto, entrambi in seguito all'abbandono delle loro posizioni per ragioni di natura personale.

Il ruolo di responsabile è stato conferito ad una assistente sociale con alle spalle una lunga esperienza nella gestione dei servizi. La riorganizzazione dell'équipe è stata più difficoltosa perché fonte di discussione all'interno degli organi amministrativi della cooperativa. La decisione di dare un ruolo di coordinamento a due operatrici già assunte nell'organico del personale del servizio, quali l'insegnante di italiano e l'assistente sanitaria, ha suscitato delle perplessità poiché si temeva che essendo entrambe le coordinatrici di sesso femminile e di giovane età ciò avrebbe causato difficoltà nella gestione degli ospiti, tutti di sesso maschile, anche a causa delle loro radici culturali. Nel personale è stata inserita anche l'ausiliaria e una coordinatrice è stata incaricata degli accompagnamenti eliminando la necessità dell'operatrice che se ne occupava.

E' innegabile che i rapporti tra richiedenti asilo e operatori possano essere condizionati anche dall'età, dal sesso e dalla nazionalità di questi. Il fatto che un ospite si trovi alle complete dipendenze di un operatore più giovane e di sesso femminile può essere talvolta fonte di imbarazzo o causare delle difficoltà a causa delle differenti esigenze vitali, inoltre le differenze di provenienza e nazionalità rendono spesso faticosa la comunicazione. La possibilità di comunicare nella propria lingua madre con alcuni operatori permette di facilitare la comprensione di alcune dinamiche e di evitare inutili malintesi. Ciò che però è risultato dalla mia esperienza personale, come fattore di primaria importanza nei rapporti tra il personale ed i beneficiari, è sempre il ruolo ricoperto dal singolo operatore ed il suo approccio e atteggiamento nei confronti del progetto e degli ospiti, uomo o donna, giovane o vecchio che sia.

Il ruolo degli operatori è di una completa e totale “manipolazione del bisogno umano” 22

in un rapporto in cui il beneficiario è obbligato ad avanzare continuamente richieste agli operatori, che hanno il dovere di ascoltarle e prenderle in considerazione per poi

trovarne una risposta adeguata a seconda del ruolo specifico ricoperto.

Accade spesso che a causa dell'alto numero di richieste e problematiche da risolvere si tende a mettere in secondo piano ciò che non viene considerato dall'operatore un bisogno urgente del beneficiario, è quindi il personale a dover organizzare le priorità da dover soddisfare, obbligando gli ospiti, in alcune situazioni, ad un atteggiamento insistente e ripetitivo. Può accadere che a causa di questo comportamento forzato da parte dei beneficiari l'operatore tenda a minimizzare alcune richieste sottovalutandole e, di conseguenza, svalutando la persona che ne è portatrice. Se l'atteggiamento viene reiterato ciò può comportare una chiusura totale da parte degli ospiti nei confronti dell'operatore, creando un rapporto di ostilità che contribuisce a creare lo stereotipo di uno staff che si conceda dall'alto e che si senta superiore ai beneficiari. Allo stesso modo il personale può giudicare i richiedenti come malevoli e non degni di fiducia23, inficiando

completamente il buon funzionamento del servizio.

Il trovarsi in una condizione comune di attesa e precarietà porta, come abbiamo già visto, alla creazione di rapporti di complicità e sostegno reciproco. Questi possono causare anche un atteggiamento prevenuto nei confronti degli operatori ai quali non vengono rivelate alcune problematiche o infrazioni del regolamento da parte degli

22 Goffman E., Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza., Einaudi, Torino, 1968., 37

inquilini degli appartamenti nell'ambito di una forte solidarietà di gruppo.

Questa è stata visibile nell'episodio citato precedentemente nel quale gli ospiti si sono organizzati collettivamente in una protesta consistente nel rifiuto del cibo a loro consegnato. Ciò ha dato modo di mostrare in modo unito e coordinato un disagio comune legato non semplicemente agli alimenti, ma a tutti i cambiamenti messi in atto in quel periodo di tempo. In quella situazione gli operatori si sono trovati nelle condizioni di dover dare delle spiegazioni senza averne la totale responsabilità poiché il cambiamento era stato deciso in prima istanza dalla responsabile del progetto. La figura di un'entità superiore responsabile delle decisioni più importanti, e nella maggioranza dei casi più spiacevoli per gli ospiti, che abbia un contatto più limitato e raro con loro permette però agli operatori di limitare la propria responsabilità nei confronti dei cambiamenti e mantenere un rapporto quotidiano più sereno, mostrando di trovarsi anch'essi in una condizione subordinata, quindi di dover sottostare alle indicazioni di qualcun altro.

Il rapporto tra operatori e beneficiari del servizio è fortemente condizionato anche dalla modalità di adattamento al nuovo contesto e al nuovo ambiente di vita da parte dei richiedenti asilo.

Goffman elenca nella sua opera, Asylums, quattro diverse tipologie di adattamento messe in atto dagli internati nelle istituzioni totali. Nell'opera, a mio avviso, viene fornito un ritratto che si adatta perfettamente anche ai comportamenti dei richiedenti asilo nelle strutture di accoglienza. Queste diverse tipologie di adattamento possono realizzarsi in diverse fasi ben distinte o più di una contemporaneamente a seconda del singolo individuo.

La prima forma di adattamento citata è il ritiro totale dalla situazione, nel quale il beneficiario del servizio ritira l'attenzione da tutto limitandosi agli eventi relativi al proprio corpo e senza partecipare ad alcuna decisione collettiva.

La seconda forma rappresenta un rifiuto totale di collaborazione nei confronti dell'istituzione , una forte intransigenza che spesso è legata ad un atteggiamento individualistico. Spesso questa si limita ad una fase circoscritta che viene poi spostata su altri tipi di adattamento.

Nel terzo tipo, chiamato “colonizzazione” , il beneficiario vede la realtà dell'istituzione come l'unica realtà esistente e trova un equilibrio e una stabilità al suo interno.

Solitamente questo tipo di atteggiamento viene visto negativamente dai compagni i quali lo percepiscono come una dedizione totale all'istituzione.

Il quarto tipo di adattamento chiamato “conversione” implica un comportamento disciplinato e una messa a disposizione totale della persona nei confronti degli operatori dell'équipe.24 Solitamente questo tipo di adattamento implica una rottura della

solidarietà di gruppo da parte del singolo che può venire vista dagli altri come un tradimento. Ne è un esempio la situazione venutasi a creare con uno degli ospiti il quale avendo creato un rapporto di comunicazione diretto e aperto nei confronti degli operatori, non facendosi scrupoli a riferire loro le violazioni del regolamento si trova in condizioni di completa esclusione da parte del gruppo dal quale viene considerato come spia. La “conversione” si può notare anche dal tentativo di assimilarsi il più possibile al modo di vivere locale e alla forte disponibilità nel piegarsi a fare sacrifici anche per la cooperativa, attraverso il volontariato e una collaborazione costante con gli operatori. La sua reazione al rifiuto dei compagni è quella di un ritiro totale dalle relazioni con loro, trovando come soluzione quella di passare più tempo possibile all'esterno dell'abitazione intessendo rapporti con altre persone, tentando di mantenere un rapporto individuale con gli operatori e senza dovervisi interfacciare insieme agli altri. Le tipologie di adattamento citate da Goffman contribuiscono dunque a plasmare il rapporto dei richiedenti asilo non solo con la struttura di accoglienza ma anche con la cultura di immigrazione e rappresentano senza dubbio un primo impatto significativo per l'inserimento sociale della persona e per il suo futuro in Italia.

Come abbiamo già visto gli operatori hanno un controllo decisivo su parte del destino degli ospiti, manipolando i loro bisogni e avendo accesso ad ogni tipo di informazione rilasciata da questi. Possono effettuare delle scelte riguardanti la loro permanenza nelle strutture, o addirittura sul territorio italiano, anche senza coinvolgere i diretti interessati. Inoltre tutte le comunicazioni istituzionali, sanitarie e giuridiche riguardanti i beneficiari del servizio passano dagli operatori che hanno il ruolo di referenti degli uffici pubblici. Questo può causare confusione tra gli ospiti e spesso le decisioni prese dalla Commissione o dalla Questura vengono imputate agli operatori che non hanno reale potere in questo ambito25. Per questa ragione è fondamentale effettuare un

colloquio iniziale in cui viene descritto dettagliatamente il sistema dell'accoglienza in

24 Ibidem p. 88-91.

25 Goffman E., Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza., Einaudi, Torino, 1968.

tutte le sue parti, anche se non sempre ciò risulta sufficiente. Ad esempio nel momento in cui viene comunicato il risultato negativo della Commissione o del ricorso, a cui è associata una perdita della speranza di ricevere un permesso di soggiorno, l'atteggiamento dell'ospite si modifica completamente, si dissolve ogni entusiasmo e volontà di partecipazione alle attività proposte e avviene un distacco netto e di rifiuto nei confronti dei rapporti con il personale, talvolta anche con gli altri ospiti. Ciò è riconducibile alla prima modalità di adattamento descritta da Goffman, che va a modificare fortemente anche l'approccio con la cultura locale. Ho potuto riscontrare questo tipo di comportamento nella mia esperienza personale in tutte le dimissioni in seguito all'esito negativo dei progetti.

La distanza che si crea in questo frangente nei rapporti tra gli ospiti è causata dal cambiamento del ruolo sociale della persona a cui è stato comunicato il rigetto, la quale si differenzia dalla situazione di chi è ancora in attesa di una risposta poiché conosce già la sua sorte e non si sente più parte dello stesso sistema. Inoltre la disillusione portata dal diniego di un permesso di soggiorno porta a ridimensionare l'importanza di ciò che prima era considerato come primario, il tentativo di rendere il periodo dell'accoglienza più vivibile e confortevole possibile perde di valore agli occhi del rifiutato che deve organizzare il suo futuro sulla base del fallimento di un progetto.