• Non ci sono risultati.

Reperti vitrei tardoantichi e altomedieval

Parte Seconda

U. S Zona Entità Tipologia dei materiali rinvenut

3.3. Prime ipotesi e rilettura

4.2.1. Reperti vitrei tardoantichi e altomedieval

Gli elementi vitrei più antichi sono dei frammenti di parete di colore gialloverde abbastanza chiaro decorati con gocce di colore molto scuro, nero-blu: queste applicazioni sono di frequente associate a coppe emisferiche, del tipo diffuso in età tardoantica, in particolare nel IV secolo330. Alla stessa forma potrebbe appartenere un frammento di fondo, anche se il suo stato di conservazione lascia il campo aperto a molti dubbi. L’incertezza è aumentata dal fatto che il frammento si trova ad un livello poco significativo ai fini dell’inquadramento cronologico e che ha restituito pochissimi reperti331. Sembra comunque che si tratti di manufatti di un certo pregio per via della scelta dei materiali: il ricorso all’uso del manganese per schiarire il vetro e del cobalto per il blu332.

Sono queste le forme più documentate in epoca tardo-imperiale: la loro massima diffusione si colloca infatti tra la seconda metà del III e il IV secolo d.C., con riscontri in Gallia e, soprattutto, nella valle del Reno333 dove, nel periodo in questione, esistevano delle attive officine vetrarie che finirono col dominare il commercio di una vasta area e con le quali anche il Trentino antico intrattenne rapporti di scambio334. La decorazione a piccole gocce blu, applicate a caldo singolarmente o a gruppi triangolari simulanti grappoli d’uva è propria di una categoria di recipienti noti come Nuppengläser, caratteristici della manifatture di Colonia di fine III/IV secolo d.C.335, ma prodotti anche in area danubiana e nell’Italia del nord336.

Ad un bicchiere a calice (Stengengläser) appartiene invece un frammento che testimonia, a Civezzano, la presenza di questa forma337, largamente diffusa a partire dall’età

330

Forma Isings 96 (CSMA 164 di U.S. 91/1 dello scavo del 1990). Alcuni esempi di questi recipienti sono esposti nella Collezione Archeologica del Museo Provinciale con sede al Castello del Buonconsiglio: in particolare un contenitore da Santa Maria Maddalena (Trento) datato III-IV secolo; ma il motivo compare anche in un bicchiere in vetro da Lases e in una coppa da Revò, entrambi riferibili al IV secolo d.C.

331

U.S. 51 dello scavo 1990. Il fondo è CSMA 165.

332 Z

UECH 1996, p. 134; DEGASPERI 2005, p. 74.

333

AVANZINI et al. 1994, pp. 119 e relativa bibliografia.

334

Diversi rinvenimenti attestano l’esistenza di una corrente di importazione dalla valle del Reno alla regione trentina: in particolare cfr. CAVADA, DAL RÌ 1981, p. 65 (Pfatten – Vadena); ENDRIZZI 1990, pp. 87-89 (Trento, necropoli “ai Paradisi”); ENDRIZZI 1992, pp. 7-8 (Cloz – Val di Non).

335

FREMERSDORF 1962 .

336

CALVI 1968, p. 170; Milano capitale 1990, p. 223 e p. 230. Seppur praticamente inediti i Nuppengläser sono molto frequenti anche in area trentina, soprattutto in Val di Non (AVANZINI et al. 1994).

337

tardoantica338: il colore è verde molto chiaro ed il diametro probabile si attesta attorno ai 3- 4 cm. Esso, databile attorno al IV secolo, trova confronto con un frammento da Sabiona e, parrebbe, con alcuni da Invillino, oltre ad alcuni reperti da S. Giulia (Brescia)339. Il tipo è caratterizzato da un piccolo piede a disco e da un corto gambo su cui posano coppe dai vari profili, allungati di forma troncoconica, campaniformi con profilo a S, globulari o ovoidali con orlo estroflesso, in un notevole variare di proporzioni340. Esso è da considerarsi forma tipica dell’altomedioevo e fa la sua comparsa verso la fine del V secolo d.C., sopravvivendo fino all’VIII e talvolta IX-X secolo, anche se con diffusione più limitata perché sostituito dal tipico calice medievale che andava già diffondendosi tra XI-XII secolo341.

Il bicchiere a calice altomedievale, che deriva comunque da tipologie già diffuse a partire dal III-IV secolo e seguono, quindi, modelli romani, è particolarmente attestato, in diverse varianti, in siti e necropoli dell’Italia centro-settentrionale (Torcello, Ibligo-Invillino, Castelseprio, Monte Barro342) tutti datati tra il VI e l’inizio dell’VIII secolo. Anche nel nostro caso è difficile dare una datazione più precisa poiché si conserva solo il piede, elemento molto variabile e che non rientra in classi tipologiche ben definite343.

Da un contesto tardoantico giungono altri due frammenti, rispettivamente di un orlo e di un piede di colore verde chiaro, che rimangono di difficile interpretazione a causa della loro frammentarietà344: il frammento di orlo (CSMA 401), ad esempio, è dritto, leggermente ingrossato, con un diametro ricavato di circa 6 cm; esso trova confronto con alcuni reperti ritrovati a Brescia, a Sant’Antonio di Perti, a Monte Barro e a Castelseprio345. Il frammento di piede (CSMA 400) è invece caratterizzato dalla presenza di due cordoni applicati: il primo è molto sottile, appena visibile, il secondo ha uno spessore più consistente (0,3 cm). Il

338

STIAFFINI 1985, pp. 676-677.

339

BIERBRAUER, NOTHDURFTER 1988, pp. 281, 283, Abb. 9/11: VII secolo; BIERBRAUER 1987, pp. 279-281, Taf. 139, Forma Ib; Cfr. CURINA 1990, pp. 192-193; UBOLDI 1999 p. 640 tav. CXXIV n. 9-12 (Santa Giulia – Brescia).

340 U

BOLDI 1999, p. 294.

341

Esso era caratterizzato da un lungo e talvolta elaborato stelo, soffiato entro stampo, oppure dal piede a rialzo troncoconico (UBOLDI 1999, p. 295; STIAFFINI 1991, p. 187; UBOLDI 1996).

342

LECIEJEWICZ, TABACZYNSKA, TABACZYNKI 1977 (Torcello); BIERBRAUER 1987, tavv. 138-154 (Ibligo-Invillino);

Castelseprio 1978-79, p. 119 e ss. (Castelseprio); UBOLDI 1991, pp. 85-89 (Monte Barro); anche a livello regionale si contano diverse attestazioni ma, purtroppo, per lo più inedite: cfr. BIERBRAUER, NOTHDURFTER 1988, p. 297 n. 7 (Sabiona); AVANZINI et al. 1994, MZCS 244, tav. IX, 12, p. 313.

343

UBOLDI 1999, p. 295.

344

Entrambi provenienti da U.S. 30 dello scavo 1992.

345 U

BOLDI 1999, p. 296 e ss., tav, CXXVI, n. 1, 3-5; UBOLDI 1991b, p. 86; Castelseprio 1978-79, p. 123. La

diametro del frammento – anche in questo caso ricavato – misura circa 10 cm: vi è comunque il dubbio che possa trattarsi di un piattino.

Un secondo frammento di vetro verde scuro mostra analoghe caratteristiche, anch’esso provvisto di un cordone applicato346: giunge da una delle tombe esterne, genericamente ascrivibile ad un periodo compreso tra la fine dell’VIII ed il principio del XII secolo347. Un ulteriore elemento proviene da un livello forse tardoantico348, ma le piccole dimensioni unite alla forma svasata portano a riconoscere in questo recipiente un bicchiere noto come “miolo” (da modiolus, vaso per bere)349. Si tratta di un bicchiere a fondo piano, caratteristico di un arco temporale molto ampio: nelle varianti cum pedibus, parvi, de ghirlanda e imperlandi350, è attestato già dal XIII ma come semplice rivisitazione di un bicchiere di origine molto antica, erede di recipienti potori di età romana e altomedievale, usato senza soluzione di continuità fino al XV-XVI secolo351. Alcuni esemplari di questo tipo erano utilizzati genericamente come contenitori farmaceutici e quindi presenti nei corredi delle spezierie italiane fra XVII e XVIII secolo352. Sempre a questo gruppo appartiene un elemento proveniente da uno strato esterno più recente353. Questi recipienti subiscono un notevole incremento produttivo a partire dal XVI secolo, momento in cui si amplia la tecnica della soffiatura entro stampo creando una produzione con modalità semi-industriali: lo stesso tipo di recipiente poteva essere replicato in un numero infinito di esemplari, mantenendo comunque il prezzo di vendita abbastanza basso354.

Infine un frammento di orlo diritto, incolore, risulta di interpretazione difficile poiché non presenta elementi ben caratterizzanti: l’incertezza riguardo la morfologia si associa al fatto

346

CSMA 449 proveniente dalla sepulture U.S. 22 dello scavo 1992.

347 Esso è infatti confrontabile con un frammento del tutto simile da Castelbosco, presso Civezzano

(Castelbosco 1989, p. 69, n. 1, esempi con cordonatura più sottile p.69, n. 2-4).

348

U.S. 51 dello scavo 1990, si tratta di uno strato formato ad innalzamento del podio presbiteriale di periodo romanico. 349 G ASPARETTO 1986, p. 106-107. 350 ZECCHIN 1970, p. 28 351 I

SINGS 1957, p. 126-131 (recipienti potori di età romana); STIAFFINI 1985, forma A.1 p. 668 e forma A.4 p. 674 (recipienti altomedievali). Risulta forse scorretto anche limitare l’arco temporale al XV-XVI secolo poichè anche al giorno d’oggi il bicchiere a fondo piano è quello più diffuso. Numerosi esempi provengono da Ossana, datati al XIV-XV secolo (DEGASPERI 2005), da Tonocov Grad (MODRIJAN,MILAVEC 2011, p. 513, Pl. 63, 6-12) datati al periodo tardoantico-altomedievale. Per altri confronti si rimanda a STIAFFINI 1999.

352

ZUECH 1999, p. 68, fig. 1, n. 13, 14 e 16 p. 70.

353

U.S. 11 dello scavo 1992. Purtroppo si tratta degli unici due esempi di bicchieri a fondo piano provenienti da Santa Maria Assunta: questo non permette di tracciare una possibile evoluzione locale della forma.

354

che si trova in uno strato cronologicamente poco chiaro355 da cui provengono anche elementi tardoantichi. Non si esclude quindi la sua pertinenza a questo periodo ma rimane comunque un certo margine di dubbio. Considerazioni analoghe devono essere fatte per alcuni orli leggermente ingrossati ed estroflessi, troppo ridotti per comprendere se essi facessero parte di bicchieri o di bottiglie. Il colore è giallino ed uno di essi mostra tre linee parallele incise.