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Il reportage narrativo e la letteratura

Nel documento Goffredo Parise: lo 'stile' del reporter (pagine 36-41)

Il reportage narrativo è un genere ibrido tra la letteratura e il giornalismo. Raggiungendo il suo apice negli anni Sessanta del Novecento, esso risponde all’esigenza di coniugare la realtà dei fatti con approfondimenti e riflessioni dello scrittore-reporter, al fine di coinvolgere il lettore e di spingerlo ad andare oltre la cronaca. Nato in un momento storico di grande incertezza e, nel contempo, di rivoluzione per la società mondiale, in cui i moderni mezzi di comunicazione, come radio e televisione, padroneggiavano e diffondevano le notizie in tempo reale, il giornalismo trovò un modo per rinnovarsi e riappropriarsi del pubblico: scrivere reportages che andassero oltre il fatto e che offrissero uno spunto di riflessione da cui partire. Ciò era possibile utilizzando l’altro genere che fino a quel momento aveva rappresentato, fra realtà e finzione, il destino esistenziale: la letteratura.

Paradossalmente sarà un’arte, la letteratura, ad offrire al giornalismo un potente mezzo per rendere percepibile e riconoscibile la notizia,

77 C.B

allargandone il campo anche alla sfera, in apparenza insondabile, del contesto psicologico che circonda un avvenimento, dell’atmosfera emotiva, delle reazioni sentimentali. Nell’illusione di colmare l’incolmabile distanza tra corpo della realtà e corpo della notizia.78

La letteratura, fino ad allora, era considerata un genere d’invenzione in cui l’uomo poteva rifugiarsi o a cui affidare sogni ed immaginazioni. Soltanto fra Settecento e Ottocento egli si accostò alla realtà grazie al romanzo realista, in cui la letteratura svolgeva anche un ruolo educativo, oltre che formativo. Quest’ultima, dunque, sembrava il mezzo più idoneo per esprimere la complessità dell’animo umano prendendo le mosse da un fatto vero, di cronaca.

L’incontro e quindi la collaborazione tra giornalismo e letteratura avvennero molti decenni dopo che la società civile scoprì ed utilizzò la stampa quotidiana come mezzo di informazione. I due settori rimasero per molto tempo separati, poiché la funzione dell’una si ritenne, all’inizio, diversa e incompatibile con l’altra. La letteratura si muoveva in un’area di invenzione e fantasia, impraticabile all’esercizio giornaliero della notizia e dell’informazione sui fatti e quindi refrattaria all’intervento creativo della mente. D’altra parte la distinzione non solo ubbidiva alle correnti notizie di specifico interesse, ma anche alla genesi dei due «generi» di comunicazione scritta, poiché l’una era la riflessione ed elaborazione, l’altro notiziario e cronaca.79

Claudio Marabini si è chiesto se questo tipo di giornalismo, che si è «spinto a un livello di competenza che sempre più si avvicina a quello necessario al saggio o al trattato di volume»,80 possa essere considerato letteratura. Egli risponde con una risposta affermativa, aggiungendo che si tratta di una «letteratura fatale al progresso della cultura, dell’informazione e dei suoi strumenti».81

Bisogna pur sempre ricordare che il rapporto tra giornalismo e letteratura è nato dalla crisi del primo, più che del secondo, in rapporto alla realtà

78

A.PAPUZZI, Letteratura e giornalismo, cit., p.18.

79 P.G

IANNANTONIO, Letteratura e giornalismo, in Terza pagina, cit., p.13.

80 C.M

ARABINI, Letteratura, giornalismo e terza pagina, in ivi, p.30

circostante; la stampa, infatti, non era più in grado di offrire al lettore una visione dei fatti esaustiva a causa della diffusione della radio e della televisione. L’unione dei due generi, osserva Ermanno Paccagnini, non comporta la sovrapposizione di un tipo di espressività sull’altro, ma il completamento dell’uno dove l’altro è carente.

Il vero problema del rapporto letteratura-giornalismo mi pare riguardi più da vicino gli altri casi, in cui il giornalista o lo scrittore devono misurarsi concretamente con una espressività altra rispetto a quella da loro usualmente impiegata. E senza necessariamente abdicare alla propria: semmai innestando nell’un caso una dimensione di concretezza e di occhio prospettico diverso; e innescando nell’altro un processo di elevazione o almeno di accuratezza stilistica […], che spinge a valenze letterarie in base alle ragioni dello stile.82

Enrico Falqui ha affermato che in Italia la separazione tra letteratura e giornalismo è stata meno netta; il fenomeno che ha facilitato il connubbio dei due generi e la loro definitiva consacrazione è stata la terza pagina che, nata ufficialmente nei primi anni del Novecento, ha rappresentato il luogo in cui giornalismo, letteratura e critica si sono incontrati compenetrandosi:

Per la prima volta in Italia si presentava l’esigenza di giungere a una fusione tra cultura e società. […]. Si attuò un incontro tra scrittori e critici con il pubblico per cui gli scrittori divennero più chiari, più essenziali, più concreti per la comprensione di tutti abbandonando gli antichi sentieri della retorica e dell’accademia che coinvolse tanta nostra tradizione letteraria. La lingua, di conseguenza, un tempo aulica, rigorosamente letteraria e dotta diveniva viva, discorsiva, parlata, per cui si creò finalmente un linguaggio unitario.83

L’unione dei due generi nella terza pagina è, secondo Enrico Falqui, dovuta al fatto che una fitta schiera di scrittori si vedeva costretta a scrivere sul giornale per una questione soprattutto economica. Era, dunque, evidente che il loro stile e

82 E. P

ACCAGNINI, Letteratura e giornalismo, cit., p.504.

83 P.G

linguaggio narrativo influenzassero quelli della stampa. I direttori di giornale richiedevano l’uso di un’ espressione chiara e di un lessico che si modernizzasse avvicinandosi al parlato, proprio perché il nuovo giornalismo doveva porsi in comunicazione con i ceti meno colti.

Gli scritti mirarono alla descrizione della realtà sempre più sfaccettata in conseguenza dei gravi eventi che nel Novecento avevano sconvolto il pianeta. Questo genere ibrido, dunque, doveva rappresentare un mondo che già di per sé si prospettava diviso e convogliare il lettore ad operare una propria ricostruzione. Il reportage narrativo soddisfa appieno queste necessità.

Il reportage descrive, indaga, racconta, contiene dati e denunce, spunti lirici e riflessioni teoriche. Non è registrazione del tutto obiettiva, né aspira ad uno statuto scientifico. Ma d’altra parte, ciò che viene detto in un reportage può essere discusso, contestato, confrontato con dati di fatto diversi e nuovi, può essere contraddetto e falsificato. Pur essendo anche un genere letterario, pur richiedendo immaginazione e stile, un reportage non è solo bello o brutto, è anche vero o falso.84

L’ibridismo fra letteratura e giornalismo, fra fiction e mimesi, trova il suo apice proprio in questo genere di scrittura.

Raccogliendo gli influssi provenienti dalla corrente americana del New

journalism, il reportage narrativo sfrutta alcune caratteristiche di origine

letteraria, quali il racconto scene-by-scene, l’uso di dialoghi per conoscere più a fondo i personaggi, l’adozione del punto di vista interno dello scrittore-reporter e del realismo descrittivo. Silvia Zangrandi ha affermato:

Quando lo scrittore riesce a mescolare annotazioni di usi e costumi e mediazioni filosofiche, a ripensamenti personali, a riflessioni sulla storia e l’arte del luogo, a fare una miscela di realtà e fiaba, allora il risultato sarà uno scritto avvincente e appassionante, profondamente

84 A.B

ERARDINELLI, L’esteta e il politico. Sulla nuova piccola borghesia, Torino, Einaudi, 1986, p.39.

immerso nella storia e per questo contenutisticamente inesauribile, come un romanzo.85

É opportuno, tuttavia, precisare che romanzo e reportage narrativo sono due tipologie letterarie differenti, che corrispondono, altresì, a esigenze diverse: mentre il primo presenta una vera e propria successione spazio-temporale degli eventi e indaga i territori della fantasia e dell’immaginazione, il secondo si presenta come un insieme di scritti concatenati da un’idea di fondo, senza avere necessariamente uno sviluppo cronologico e racconta un viaggio davvero affettuato dallo scrittore-reporter che raccoglie soprattutto le sue impressioni.

La scelta di utilizzare la forma del reportage, invece del romanzo, è da attribuire a ragioni letterarie e filosofiche.

Si può invece affermare che la presenza della realtà nel reportage narrativo sottrae la letteratura a questa perversa logica binaria in base alla quale la letteratura o è una rappresentazione del mondo e in quanto tale non ha valore estetico oppure parla di se stessa. Il reportage tenta di essere letteratura senza che questa gli impedisca di parlare del mondo, e ciò giustifica anche la scarsa teorizzazione che questo genere ha ottenuto in un secolo dominato da una scuola di pensiero fondata sull’arbitrarietà del segno e dell’autonomia dela lingua rispetto alla realtà.86

È, inoltre, importante ricordare che

Il reportage nasce dalla coscienza che non c’è ”una” verità dietro la storia o i fatti narrati. Ogni sua parte può essere allo stesso tempo vera o falsa. Non si può facilmente stabilire dove situare la linea divisoria fra fact e fiction, quando il viaggio è reale e quando immaginario, quando il narratore viaggia nei luoghi fisici che racconta e quando lo fa nei racconti o nelle voci che ha ascoltato lungo il tragitto.87

85 S.Z

ANGRANDI, A servizio della realtà, cit., pp.24-25.

86 R.B

ARONTI MARCHIÒ, Journey without maps: il reportage narrativo, cit., pp.56-57.

Il reportage è la rappresentazione della realtà che ci circonda e, attraverso la letteratura, mira a una sua peculiare comprensione. L’unione del genere narrativo e giornalistico vuole inglobare l’oggettività dei fatti e la soggettività dello scrittore-reporter. I nuovi mezzi di comunicazione hanno modificato l’approccio di quest’ultimo alla notizia e, allo stesso tempo, le esigenze del lettore.

Il solito logoro discorso che divide lo scrivere in giornalismo e letteratura. […] è un discorso superato giacchè non si fa più il giornalismo come cento anni fa e non si fa più la letteratura come cento anni fa. Il giornalismo, oggi, è spesso letteratura e la letteratura è spesso giornalismo: il confine non esiste più. Perché il gusto cambia, perché gli strumenti di comunicazione cambiano, perché la tecnologia è entrata nelle nostre vite ed ha cambiato il modo di vedere le cose, toccarle, raccontarle.88

Nel documento Goffredo Parise: lo 'stile' del reporter (pagine 36-41)

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