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Requisiti di ammissibilità del testamento olografo

6. Verso un testamento olografo informatico? Riflessioni in

6.2. Requisiti di ammissibilità del testamento olografo

Dopo aver sinteticamente ricordato le caratteristiche fondamentali del testamento olografo, possiamo ora riflettere sull’eventuale ammissibilità di una sua documentazione in via informatica.

In primo luogo occorre ragionare sul materiale destinato a raccogliere le disposizioni. Si è pocanzi dato conto dell’opinione pressoché unanime in base alla quale — sulla scorta del (non) dato normativo — il testatore abbia piena libertà di esprimersi in qualunque modo non contrasti il disposto dell’articolo 602 C.c. In letteratura sono stati avanzati gli esempî più fantasiosi: dal guscio d’uovo alla medaglietta del cane, dalla parete di una prigione alla polvere depositatasi su un mobile320; purché, in ogni caso, si tratti di

« materiali che per la loro struttura e conformazione diano agio al testatore di scrivere con la propria mano »321. Se la libertà è così

ampia, non si vede alcuna ragione per escludere — in linea teorica — che la scelta del materiale documentale possa spingersi all’opzione per un non-materiale, purché comunque idoneo a contenere la volontà del disponente, cioè per uno strumento dematerializzato qual è appunto il documento informatico.

Semmai, la dottrina mette in guardia dal rischio che il ricorso a mezzi di scrittura inusuali possa essere considerato « indice della semplice intenzione dello scrivente di tracciare soltanto un progetto di testamento o, ipotesi estrema ma non per questo da sottovalutare, di un’assoluta mancanza di volontà di testare o di una “volontà” soltanto in apparenza testamentaria perché espressa con finalità

320 L’opinione è diffusa da assai lunga data: Mario CALOGERO (“Bizzarre modalità di

confezione del testamento olografo”, cit.) cita un brano elaborato sotto la vigenza del Codice civile del 1865 da Vittore VITALI (“Delle successioni legittime e testamentarie”, Marghieri, Napoli 1907): « secondo Vittore Vitali il testamento poteva essere “scritto o impresso su qualunque materia, sulla carta, su tavole di legno, sul fodero di una spada, sulla faccia di uno scudo, sulla giberna, sulle pareti di un areostato o di un bastimento ecc. o anche sopra cosa immobile, come una parete, un pavimento”, e all’uopo il testatore poteva avvalersi, oltre che della penna e dell’inchiostro, del carbone, del pennello e di colori, della matita o di “altro consimile preparato”, pur quando “l’impressione” fosse di “facile cancellatura”, nonché del “graffio […] del bulino […] del diamante, con tali istrumenti imprimendo sulla pietra, sul metallo o sul vetro l’estrinsecazione della propria volontà”. ».

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decisamente scherzose »322, o addirittura dell’insanità mentale del de

cuius. Ma l’ipotesi in esame non pare far sorgere un tale rischio: è ben difficile, infatti, sostenere che l’utilizzo del mezzo informatizzato sia alcunché di bizzarro. (Anzi: taluno potrebbe perfino obiettare che, nell’attuale società dell’informazione, sia più stravagante scrivere a mano che non utilizzando un computer, dato che — tranne per qualche rapida annotazione — ormai la dattilografia si rivela essere id quod plerumque accidit nella documentazione di qualunque atto, dal più importante al più insignificante.)

Il secondo punto da prendere in considerazione è la forma scritta. Il testamento olografo, infatti, deve essere « scritto », come esplicitamente stabilito dal Codice civile. Si è già dato conto, nei capitoli precedenti, della previsione normativa in base alla quale l’idoneità di un documento informatico a soddisfare tale vincolo (e il suo valore probatorio) « sono liberamente valutabili in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità […]. »323. Invece, « Il documento

informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche […], che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile. »324, cioè l’efficacia della scrittura privata. In

seguito alla lettura di queste norme, può giungersi ad una prima constatazione: è sicuro che la documentazione elettronica sia da escludere quando, per le sua caratteristiche, il giudice non possa considerarla come forma scritta. Il requisito della forma scritta, invece, è sempre rispettato se il documento informatico è munito almeno di firma elettronica avanzata.

Un terzo livello di riflessione deve concentrarsi sul fatto che — come detto — per il testamento olografo non è prevista la “semplice” forma scritta, bensì la più particolare forma autografa. Occorre chiedersi, allora, se e come l’opzione per un documento informatico possa rispettare tale prescrizione. Innanzitutto, bisogna ammettere che non ogni file di qualsivoglia formato si presta al caso

322 Maria Leonarda LOI “Le successioni testamentarie” (cit.), pag. 207. 323 Articolo 20 comma 1-bis del D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82.

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in discorso. Se, infatti, alle condizioni testé ricordate, ogni file può rivelarsi idoneo a soddisfare il requisito della forma scritta (cfr. supra, par. IV.5.3), l’autografia dev’essere senza dubbio esclusa se il documento in questione è di tipo audio o video: manca, infatti, ancor prima della scrittura di mano dell’autore, la scrittura in sé (e ciò, a maggior ragione, se il file contiene espressioni in una forma non linguistica: « il linguaggio deve ritenersi l’unica forma consentita di espressione della volontà testamentaria »325). Ma anche

quando il documento è di tipo testuale, perché possa parlarsi di testamento olografo non deve essere sacrificato il carattere dell’autografia. Ecco perché finora in letteratura è stata pressoché unanimemente esclusa l’utilizzabilità di qualunque apparato meccanico (ad esempio la stampa, la macchina da scrivere, il computer): « Essi scrivono a modo proprio anche se è l’uomo o lo stesso testatore a manovrarli: nell’olografo invece si esige la calligrafia del testatore, il che è possibile solo quando è lui a tracciare le lettere così come vuole, muovendo la penna o qualcosa di simile. »326.

Questa diffusa opinione, tuttavia, non tiene conto di ciò che è reso possibile dall’attuale (e allora impensabile) tecnologia. Ci si riferisce, in particolare, alla possibilità offerta dai computer dotati di schermo tattile (i cosiddetti tablet con touch-screen) di tracciare direttamente a video un testo scritto a mano, impugnando e muovendo un apposito stilo: si è già dato conto della tecnica nel paragrafo precedente, trattando della “firma digitale autografa” e mettendo in luce che essa è già in uso anche presso alcuni istituti bancarî italiani. Grazie a questo sistema, quindi, si rivela del tutto possibile che sia il testatore a tracciare le lettere così come vuole, lasciando traccia della sua calligrafia. Dopo la redazione, il documento contenente lo scritto può essere salvato ed archiviato come un qualsiasi altro file. Il sistema permette, dunque, una scrittura manuale del tutto analoga a quella posta in essere su un

325 Enrico MARMOCCHI “Forma dei testamenti” (cit.), pag. 774. Aggiunge: « La natura di

atto a forma solenne del testamento in genere, e con esso dell’olografo, e la nozione di scrittura privata cui deve essere ricondotto — incentrata sul “dichiarare” e sulla “dichiarazione” (art. 2702), intesa sotto il profilo strutturale come insieme di segni linguistici che l’autore sceglie e combina per esprimere idee — non consentono di utilizzare nel testamento olografo sistemi di comunicazione non linguistici, anche se idonei a essere raccolti sullo stesso “oggetto materiale” in cui esso può consistere. ».

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foglio di carta: una scrittura, quindi, innegabilmente « di mano del testatore », così come prescritto dal Codice civile. Tanto che l’obiezione, in base alla quale l’uso del computer sia da escludere in ragione della non autografia del testo per suo tramite prodotto, non appare più fondata (limitatamente all’ipotesi delineata).

Il quarto punto dell’analisi, ora, dev’essere dedicato a capire se le funzioni a cui risponde il vincolo di forma autografa possano in qualche modo essere lese dall’utilizzo della tecnologia testé prospettata e come, eventualmente, si possa evitarlo. Come si è ricordato nel sotto-paragrafo precedente, al formalismo devono essere ricollegati due obiettivi: da un lato, assicurare l’autenticità del testamento; d’altro lato garantire la conformità tra quanto scritto e quanto voluto dal de cuius.

La funzione di eliminare le difficoltà relative all’accertamento dell’autenticità della dichiarazione potrebbe, in effetti, essere sacrificata. Pur essendo totalmente manoscritto, infatti, il testo non può formare oggetto di una perizia calligrafica più di quanto possa farlo la fotocopia di un documento manoscritto su carta. Ciò in quanto, a differenza del foglio scritto direttamente, il documento elettronico così concepito non tiene traccia che delle caratteristiche grafiche della scrittura, rendendo invece inaccessibili tutti gli quegli elementi (ad esempio ritmo, velocità, pressione, accelerazione e movimento) su cui tipicamente si basa il lavoro di un perito grafologo. Certo, a ciò si potrebbe ovviare prevedendo un apparato che memorizzi anche questi dati; ma, a parte il rilievo della maggiore dispendiosità e complessità, basti dire che si tratterebbe di un sistema ad hoc, assai difficilmente già in possesso di chi voglia testare: lo si dovrebbe, quindi, procurare appositamente per confezionare il testamento, rinunciando così a quella semplicità ed immediatezza che si è visto essere le migliori qualità del testamento olografo. Tuttavia deve osservarsi che la funzione di assicurare l’autenticità del documento, benché unanimemente riferita dalla dottrina all’autografia, non è affatto prevista ex lege: il Codice civile si limita a prescrivere la stesura « di mano del testatore », ma non pretende che da tale elemento sia immancabilmente possibile trarre sicure indicazioni sulla paternità del testo. Tanto che, come già messo in luce, in letteratura si ritiene che questa funzione sia la meno importante tra quelle collegate all’autografia (cfr. il sotto-

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paragrafo precedente). Sulla base di questa considerazione, è immaginabile che la pur importante funzione di garantire l’autenticità del testo possa essere perseguita — salvo il requisito di integrale autografia — anche per altra via. Anche, in particolare, per mezzo della “firma digitale autografa” (di cui si è già diffusamente trattato nel paragrafo precedente, a cui si rimanda). L’utilizzo di questo strumento di sottoscrizione elettronica, infatti, garantisce una sicurezza di autenticità pressoché assoluta.

Sull’altra funzione dell’autografia, consistente nel garantire la conformità tra quanto scritto e quanto voluto dal testatore, non occorre spendere molte parole: poiché anche in questo caso il testo rimane totalmente scritto di mano del de cuius, non si può dubitare (più di quanto non lo si faccia per un testamento olografo ordinario) che da parte sua ci sia piena consapevolezza della corrispondenza tra testamento e volontà.

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