Diagnosi certa, probabile o possibile
B) Confronto dei parametri all’esordio tra sottogruppi diversi di pazienti.
10.2.6 Responders vs non-responders.
E’ stata rilevata una differenza significativa nei livelli di RI all’esordio tra i pazienti che hanno risposto e tra quelli che non hanno risposto alla terapia. I pazienti che rispondono alla terapia hanno un IgG4-RD RI significativamente più alto rispetto a quelli che non rispondono a terapia. (p= 0,0199) (Figura 6).
95 10.1.7 Recidivanti vs. non recidivanti.
Tra i pazienti che hanno mostrato una tendenza a recidivare rispetto ai pazienti in cui non si sono presentare ricadute si è registrata invece un maggiore IgG/IgG4. I pazienti che vanno incontro a ricaduta hanno IgG4/IgG ratio più alto rispetto a quelli che non vanno incontro a ricaduta, ma non c’è significatività statistica. (Figura 7).
96 10.2.8 Mono-organo vs. multiorgano.
Il SUV max e il RI correlano inoltre positivamente col numero di organi interessati. Esiste una correlazione lineare tra SUV max e n° di organi coinvolti (P= 0,0191, r^2 = 0,4377) e tra IgG4-RD RI e n° di organi coinvolti (P < 0.0001, r^2 = 0,8553) (Figure 8a e 8b).
97 Figura 8b:
E’ inoltre stato rilevato un maggior livello di IgG nei pazienti multiorgano rispetti a quelli mono-organo (P=0.0135) (Figura 15A). Le IgM appaiono invece più elevate nei pazienti con interessamento mono-organo (P=0.0019) (Figura 8c).
Figura 8c:
98 10.2.9 Pazienti “certi” vs. “possibili”.
I livelli medi di IgG nei pazienti classificati come “certi” e possibili sono stati messi a confronto, IgG/IgG4 e IgG4-RD RI. I pazienti con diagnosi “certa” avevano IgG
significativamente più alte rispetto a quelli con diagnosi “possibile” (p = 0,0109), una ratio IgG4/IgG significativamente più alta rispetto a quelli con diagnosi “possibile” (p = 0,0253), un IgG4-RD RI significativamente più alto rispetto a quelli con diagnosi “possibile” (p =0,0236) (Figure 9°, 9b, 9c).
99 Figura 9b:
100 10.2.10. Pancreatite vs. fibrosi retroperitoneale.
Sono stati inoltre confrontati i livelli medi di IgG, di IgG4 e di IgG/IgG4 ratio e il RI basali in due grandi gruppi di pazienti, uno con fibrosi retroperitoneale e l’altro con interessamento pancreatico.
I pazienti affetti da pancreatite hanno livelli di IgG significativamente più alti rispetto a quelli con fibrosi retroperitoneale (p = 0,0281) (Figura 19), IgG4/IgG ratio significativamente più alto rispetto a quelli con fibrosi retroperitoneale (p = 0,0016), livelli di IgG4
significativamente più alti rispetto a quelli con fibrosi retroperitoneale (p = 0,0016) (Figura 21), un IgG4-RD RI significativamente più alta rispetto a quelli con fibrosi retroperitoneale (p = 0,0335) (Figura 10).
101 Figura 10b:
102 Figura 10c:
103 11. DISCUSSIONE
La PET si è confermata un esame utile nella diagnosi e valido nel follow-up, rispecchiando l’andamento del RI attraverso il tempo, come già citato in letteratura. [103]. I livelli sierici di IgG4 e il numero di globuli bianchi, così come il numero assoluto degli eosinofili in circolo sono anch’essi correlati positivamente all’andamento del RI [85]. La deplezione del complemento durante l’attività di malattia sembra confermata in questo studio dalla diminuzione di C4 all’aumentare del Responder Index, come confermato dalla letteratura [5]. Il nostro campione si muove quindi nella stessa direzione della letteratura.
La progressiva diminuzione del RI medio nei mesi successivi all’inizio della terapia suggerisce una risposta positiva al trattamento con un buon controllo della malattia.
104 Un’analisi retrospettiva delle caratteristiche dei non-responders all’esordio ha rivelato che chi ha risposto alla terapia aveva mediamente un RI più alto all’esordio. Questo dato suggerisce che la non-risposta potrebbe essere dovuta anche alla difficoltà di assegnazione del RI nel caso si stia valutando una massa fibro-infiammatoria di vecchia data, in cui la fibrosi non possa più regredire. Per quanto riguarda la tendenza al relapse, i dati suggeriscono che il RI all’esordio non sia significativo, mentre le IgG4 e l’IgG/IgG4 ratio basali sono apparsi mediamente più alti nei pazienti con una maggior tendenza a presentare recidive.
Confrontando invece i pazienti con un interessamento mono-organo rispetto a quelli con un coinvolgimento di 2 o più organi, è emerso che all’esordio i pazienti in cui un solo organo era colpito dalla malattia mostravano valori più bassi di RI, oltre ad un SUV max più basso, IgG4 più basse e IgM significativamente più alte. Il motivo dell’aumento delle IgM nei pazienti mono-organo è sconosciuto.
Sono stati inoltre paragonati i parametri basali dei pazienti la cui diagnosi di IgG4-RD era stata classificata come “certa” a quelli in cui la diagnosi era apparsa “possibile”. È emerso che i pazienti “certi” avessero un RI, un IgG/IgG4 ratio e livelli di IgG più alti rispetto ai pazienti appartenenti alla seconda categoria considerata.
Dal paragone tra due gruppi all’interno del campione, uno con diagnosi di pancreatite e l’altro con diagnosi di fibrosi retroperitoneale, è emerso che i pazienti con AIP avevano livelli di IgG, di IgG4, di IgG/IgG4 ratio e di RI all’esordio maggiore rispetto a quelli con fibrosi retroperitoneale.
Per quanto riguarda la risposta alla terapia, l’esiguità del campione trattato e i limiti intrinseci dello studio condotto retrospettivamente, non in doppio cieco e senza un’adeguata randomizzazione, non permettono di trarre conclusioni statisticamente attendibili riguardo alla superiorità della terapia con CFX rispetto a quella con RTX. Tuttavia un paragone tra le caratteristiche cliniche e sierologiche basali dei pazienti trattati con RTX e CFX, assieme a un
105 confronto tra gli iniziali RI, non ha rivelato differenze significative tra i due gruppi, che sono apparsi perciò relativamente omogenei all’esordio.
Apparentemente, l’analisi condotta in questo studio sembrerebbe suggerire che la CFX possa garantire alcuni mesi liberi da malattia in più rispetto a RTX, nonché una risposta al trattamento più rapida. Tuttavia, data la natura retrospettiva dello studio e l’esiguità del campione esaminato, al momento sembrerebbe confermata solo la non inferiorità del trattamento con CFX rispetto al trattamento con RTX. La terapia con RTX appare infatti sovrapponibile in termini di efficacia nella prevenzione delle recidive e rapidità di risposta alla terapia con CFX, mantenendo però una tossicità minore.
12. CONCLUSIONI
I pazienti seguiti nel nostro centro con IgG4-RD hanno risposto in modo adeguato a tutti gli schemi terapeutici eseguiti. Al momento, per la scarsità numerica del campione, nessun trattamento adottato ha portato un vantaggio sugli altri né in termini di safety né in termini di riduzione del numero relapse né in termini di rapidità di risposta alla terapia.
Ulteriori studi randomizzati, in doppio cieco e vs placebo, sarebbero opportuni al fine di determinare se l’uso della CFX posa portare dei vantaggi. Attualmente, i dati da noi raccolti sono incoraggianti nell’utilizzo del Rituximab nel caso in cui la ciclofosfamide non possa essere somministrata per tossicità parenchimale.