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1. Le ipotesi di responsabilità “concorrente” nel sistema di giustizia integrato: quadro generale

Le ipotesi che finora sono state analizzate riguardano la responsabi- lità delle istituzioni europee e degli Stati membri per atti e condotte il-

85 R (on the application of Nagassi and another) v Secretary of the State for the

Home Department [2013] EWCA Civ. 151.

86 Recall Support Services et al. v Secretary for State for Media, Culture and Sport

leciti compiuti in violazione del diritto sovranazionale e degli interessi da questo garantiti.

L’obbligazione risarcitoria è imputata al soggetto che ha commesso tale violazione e da ciò consegue anche l’individuazione della giurisdi- zione competente, quella europea nel primo caso, quelle nazionali nel secondo.

Sin dagli anni ’60 del secolo scorso, alcuni problemi si sono però posti per quanto riguarda ipotesi di amministrazione indiretta in cui l’amministrazione nazionale attui legittimamente un atto sovranaziona- le illegittimo, ledendo così ingiustamente un interesse del singolo.

In questi casi, la tutela risarcitoria del danneggiato ha presentato al- cuni elementi di incertezza sul piano processuale.

Visto che l’antigiuridicità è imputabile ad un atto dell’Unione, l’autorità responsabile dovrebbe essere l’istituzione europea e non lo Stato nazionale che si è limitato ad attuarlo.

Trattandosi tuttavia, nella maggior parte dei casi, di atti sovranazio- nali generali e astratti implicanti misure di esecuzione nazionale, la questione risarcitoria è stata spesso confusa con quella impugnatoria e con il riparto di competenze delineato dalla nota giurisprudenza per cui, stante l’impossibilità di impugnare direttamente gli atti generali dotati di misure esecutive, il ricorrente dovrebbe rivolgersi al giudice naziona- le ed eventualmente stimolare in quella sede il sindacato incidentale della Corte di giustizia attraverso un rinvio pregiudiziale di validità87.

Per questi motivi, anche nel giudizio risarcitorio, la tendenza è stata quella di applicare il principio di doppia esclusività secondo cui l’Unio- ne europea esprime «due circuiti paralleli e separati – seppure coordina- ti – di giudici»88.

87 Sul punto si veda la decisione Ganaria BV, C-101/78, 13 febbraio 1979, dove si è

precisato che una questione relativa all’art. 340, par. 2, TFUE (allora art. 215 par. 2 TCE) non poteva essere definita nell’ambito di un procedimento su rinvio pregiudiziale (punto 10 della motivazione in diritto).

88 Per ulteriori approfondimenti sul principio di doppia esclusività, si veda B. M AR- CHETTI, Il sistema integrato di tutela, in L. DE LUCIA, B. MARCHETTI, L’amministrazio-

ne europea e le sue regole, Bologna, 2015, 198. La doppia esclusività del sistema di tutela è stata stabilita dalla Corte di giustizia a partire dalle note sentenze Foto-Frost, C-314/85, 22 ottobre 1987 e Oleificio Borelli, C-97/91, 3 dicembre 1992.

Tuttavia, se il meccanismo descritto può risultare adeguato rispetto al sindacato sugli atti, alcune perplessità si pongono per i giudizi in ma- teria di responsabilità, dal momento che l’eventuale decisione sul rinvio pregiudiziale non potrebbe consentire la condanna dell’istituzione eu- ropea al risarcimento dei danni e il danneggiato sarebbe costretto ad instaurare un nuovo e diverso giudizio a livello sovranazionale sulla base dell’art. 340, par. 2, TFUE.

Al fine di evitare conseguenze pregiudizievoli ulteriori in termini di tempo e di costi processuali, gli interessati hanno spesso considerato più conveniente procedere “in parallelo” con azioni separate e concor- renti contro l’Unione e contro lo Stato, significativamente qualificate dalla dottrina come ipotesi di “concurrent or joint liability”89.

La Corte di giustizia si è occupata di questa tematica in più occasio- ni.

La prima giurisprudenza risale alla decisione sul caso Kampffmeyer

e altri90 in cui alcune imprese impegnate nell’importazione in Germania

di cereali provenienti dalla Francia chiedevano il ristoro dei danni subiti a causa di un comportamento illegittimo e negligente della Commissio- ne, che aveva permesso alla Repubblica tedesca di condizionare la con- cessione delle licenze di importazione al pagamento di un prelievo fi- scale, prima non dovuto.

Alcuni operatori economici che avevano già concluso contratti di vendita sulla base della situazione previgente, decidevano di darvi co- munque esecuzione pagando l’importo della riscossione, mentre altri

89 In tema si vedano T. H

ARTLEY, Concurrent Liability in EEC: a Critical Review of

the Cases, in European Law Review, 1977, 249 ss.; C. HARDING, The Choice of Court

Problem in Cases of Non-contractual Liability under EEC Law, in Common Market Law Review, 1979, 389 ss.; L.J. CONSTANTINESCO, Les problèmes résultant de la res-

ponsabilité extra-contractuelle concomitante de la Communauté et d’un État membre, Bruxelles-Luxembourg, 1980; W. WILS, Concurrent Liability of the Community and a

Member State, in European Law Review, 1992, 191 ss.; P. OLIVER, Joint Liability of the

Community and the Member State, in I. HEUKELS, A. MCDONNELL (eds.), The Action

for Damages in Community Law, cit., 300 ss.; M. DE VISSER, The concept of concurrent

liability and its relationship with the principle of effectiveness: a one-way ticket into oblivion?, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2004, 4 ss.

90 Kampffmeyer e a. v Commissione, Cause riunite C-5-7 e 13-24/66, 14 luglio

produttori decidevano invece di recedere dai propri impegni contrattua- li, lamentando perdite da mancato guadagno e richiedendo il rimborso delle penali che erano stati costretti a versare alle controparti.

La Corte, che aveva già annullato la decisione della Commissione con cui si era consentita l’imposizione in parola, affermava che la re- sponsabilità della Comunità sussisteva in linea di principio in quanto quest’ultima era artefice di un comportamento complessivo fatto di er- rori di valutazione sulle dinamiche di mercato e di un’interpretazione scorretta della disciplina rilevante.

Tuttavia, considerata la natura dei danni lamentati – i quali potevano essere in parte ristorati attraverso la restituzione delle somme indebita- mente versate allo Stato membro da alcuni dei danneggiati – trovava applicazione il principio del previo esperimento dei mezzi di tutela na- zionali.

La Corte ha pertanto ritenuto opportuno invitare le ricorrenti:

a dimostrare di aver esaurito tutti i possibili mezzi di tutela amministra- tivi e giurisdizionali previsti dal diritto interno, onde ottenere il rimbor- so degli importi indebitamente pagati a titolo di prelievo. Solo dopo che sia stata fornita tale prova si potrà stabilire se sussista un pregiudizio che la Comunità debba eventualmente risarcire91.

Pur ritenendo possibile l’esperimento di due azioni parallele, anche per le altre tipologie di pregiudizi la Corte ha sostenuto che la prece- denza del giudizio nei confronti dello Stato avrebbe evitato che:

la diversa valutazione dello stesso danno, da parte di due giudici che applicano norme diverse, si risolva per le ricorrenti in un risarcimento vuoi insufficiente, vuoi eccessivo. Prima di stabilire quale sia il danno che la Comunità deve risarcire, è necessario che il giudice nazionale abbia potuto pronunciarsi sull’eventuale responsabilità della Repubblica federale di Germania92.

Tale approccio è stato rivisto solo in parte dalla sentenza Unifrex93

del 1984, ove si è precisato che il danneggiato è legittimato a rivolgersi

91 Racc. giur. della Corte, 1967, 309-310. 92 Racc. giur. della Corte, 1967, 312.

direttamente agli organi di giustizia sovranazionali se dimostra che le azioni previste dal diritto nazionale non potrebbero garantire una tutela efficace94.

Ovviamente, nel caso in cui il danneggiato riesca ad ottenere il ri- sarcimento dalle Corti nazionali, si pone l’ulteriore questione della ri- valsa dello Stato membro nei confronti dell’Unione sulla base del prin- cipio di leale collaborazione, di cui all’art. 4 par. 3 del TUE, per il re- cupero delle somme versate.

In caso di contestazione da parte dell’istituzione coinvolta, per la dottrina, lo Stato membro sarebbe tenuto a dimostrare, in un eventuale giudizio di fronte al giudice europeo, che l’azione o l’omissione lesiva è imputabile ad un organo dell’Unione e che il giudizio nazionale si è svolto in linea con i principi europei in materia di responsabilità per violazione del diritto dell’Unione così come fissati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia95.

94 Il caso di specie riguardava il mercato agricolo e la determinazione degli importi

compensativi da parte delle istituzioni europee a favore delle imprese esportatrici fran- cesi che non erano stati adeguati tempestivamente all’inflazione del Paese di importa- zione, nella specie l’Italia. Le imprese interessate lamentavano un danno economico conseguente al ritardo della Commissione che si era attivata in un tempo successivo. In sede di contenzioso per il risarcimento delle somme non percepite, quest’ultima chiede- va al giudice europeo di dichiarare irricevibile la domanda risarcitoria dal momento che gli operatori economici avrebbero potuto proporre, dinanzi ai giudici italiani, un ricorso contro la decisione dell’autorità nazionale che aveva applicato nei loro confronti impor- ti inferiori a quelli dovuti.

In quella sede si sarebbe potuto avviare un procedimento pregiudiziale e consentire alla Corte di accertare la validità e tempestività degli atti aventi ad oggetto l’aggiorna- mento degli importi.

Dichiarando ricevibile la domanda, la Corte di giustizia ha sottolineato che l’even- tuale ricorso al giudice (amministrativo) dello Stato membro non avrebbe potuto garan- tire in modo efficace i ricorrenti. Anche se la disciplina europea fosse stata dichiarata invalida da una decisione della Corte in via pregiudiziale e il provvedimento nazionale fosse stato annullato, tale annullamento non avrebbe potuto imporre alle autorità nazio- nali di attribuire alla ricorrente somme di valore superiore rispetto a quelle percepite, in assenza di una specifica decisione in tal senso delle istituzioni europee competenti.

95 In tema P. O

LIVER, Joint Liability of the Community and the Member States, cit.,

2. La tutela risarcitoria nei casi di amministrazione congiunta e inte- grata

L’articolato sistema di tutela risarcitoria delineato per le ipotesi di amministrazione indiretta mostra ulteriori complicazioni se applicato ai procedimenti composti o integrati che possono svolgersi coinvolgendo gli apparati sovranazionali e le amministrazioni nazionali96.

I fenomeni di intrecci procedimentali sono infatti in netto aumento e danno vita a reti più o meno formalizzate di amministrazioni entro cui circolano atti, informazioni e decisioni in un quadro composito ove è spesso difficile risalire, in caso di pregiudizio per il singolo, al soggetto pubblico cui imputare la condotta lesiva97.

96 Un settore dove da ultimo sta emergendo, con particolare intensità, l’esigenza di

coordinare al meglio i regimi nazionali ed europeo di responsabilità per l’esercizio delle funzioni amministrative è quello della vigilanza bancaria, oggi ripartita tra le autorità statali e la Banca centrale europea all’interno del noto Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM) introdotto dal Regolamento UE n. 1024/2013. Il considerando n. 61 del regolamento prevede che la BCE è responsabile, a norma del- l’articolo 340 TFUE, e conformemente ai principi generali comuni degli Stati membri, dei danni cagionati da essa o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Resta impregiudicata la responsabilità delle autorità di vigilanza nazionali nelle rispettive giurisdizioni. Il profilo più controverso riguarda proprio la formulazione del conside- rando che, apparentemente, non prevede particolari limitazioni di responsabilità per la Banca centrale nel suo ruolo di autorità di vigilanza, differenziandosi così non solo da- gli ordinamenti nazionali, ma anche dalla precedente giurisprudenza della Corte di giu- stizia (in particolare Peter Paul e a. v Repubblica federale di Germania, C-222/02, 12 ottobre 2004). Sul Single Supervisory Mechanism, cfr. S. ANTONIAZZI, La Banca cen-

trale europea tra politica monetaria e vigilanza, Torino, 2013; E. BARUCCI, M. MESSO- RI (a cura di), Towards the European Banking Union, Firenze, 2014; C.V. GORTSOS,

The Single Supervisory Mechanism (SSM), Athens, 2015; M.P. CHITI, V. SANTORO (a

cura di), L’unione bancaria europea, Pisa, 2016. Su profili specifici A. MAGLIARI, Il

Single Supervisory Mechanism e l’applicazione dei diritti nazionali da parte della Banca centrale europea, in M. MALO, B. MARCHETTI, D. DE PRETIS (a cura di), Pensare

il diritto pubblico. Liber Amicorum per Giandomenico Falcon, Napoli, 2015, 153 ss. e ID., L’attuazione della direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi nel-

l’ordinamento italiano: profili pubblicistici, in M.P. CHITI, V. SANTORO (a cura di),

op. cit., 383 ss. e in particolare 398-399.

97 In tema si vedano in particolare le osservazioni contenute in L. S

ALTARI, Ammi-

Un caso del 2004 individua icasticamente la complessità di queste dinamiche98.

Nell’ambito della disciplina sulla sicurezza alimentare, che ha il du- plice obiettivo di assicurare il funzionamento del mercato interno e di garantire un alto livello di salute dei consumatori, l’ordinamento euro- peo ha previsto un sistema di allarme rapido denominato RAPEX, attra- verso cui le amministrazioni nazionali possono segnalare tempestiva- mente i prodotti pericolosi ove accertino un serio rischio per la salute umana.

A tale sistema partecipano, altresì, Stati non membri dell’Unione, ma firmatari dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).

Il sistema funziona in modo tale da consentire uno scambio di in- formazioni rapide, immesse dagli enti nazionali e poi gestite dalla Commissione, sulla base delle quali è possibile assumere capillarmente i provvedimenti nazionali ritenuti più adeguati, che vanno dall’obbligo di fornire maggiori informazioni posto a carico delle imprese, al divieto di commercializzazione dei prodotti.

La direttiva ha, quindi, previsto un sistema piuttosto peculiare di procedura collaborativa in cui alcune autorità nazionali raccolgono e condividono informazioni che la Commissione monitora e sulla base delle quali altre autorità possono emanare provvedimenti con effetti più o meno pregiudizievoli.

Nel caso che è giunto all’esame della Tribunale di primo grado, una impresa francese, che era solita esportare mele in Olanda e nel Regno Unito, chiedeva l’accertamento della responsabilità della Commissione e il risarcimento dei danni conseguenti, in quanto quest’ultima non avrebbe adeguatamente verificato la correttezza delle informazioni cir- colate nel sistema RAPEX e relative ad alcuni dei suoi prodotti.

In un carico di mele esportato dall’impresa in Olanda e poi in Islan- da, le autorità islandesi riscontravano un residuo di pesticidi superiore al livello massimo consentito. Una volta fatto circolare l’esito dell’ac- certamento nel sistema di allarme, le autorità britanniche avevano so- speso tutte le importazioni di mele provenienti dalla ditta francese, cau- sandole una significativa perdita economica.

L’impresa penalizzata sosteneva che la Commissione avrebbe dovu- to attivarsi per appurare la veridicità del controllo effettuato dall’ammi- nistrazione islandese, che partecipava al sistema in quanto paese mem- bro del SEE.

Aderendo alla difesa della Commissione, il Tribunale ha affermato la propria incompetenza in quanto tanto il provvedimento lesivo, quan- to l’accertamento preliminare che ne aveva determinato l’emanazione, provenivano da diverse autorità nazionali.

Per ottenere la tutela sperata, al ricorrente non rimaneva che rivol- gersi alle giurisdizioni nazionali britanniche e islandesi per chiedere l’annullamento dell’atto finale (alle prime) e/o il risarcimento del danno (presumibilmente alle seconde).

Dall’esame del caso, ben si comprendono le ricadute sull’effettività della tutela generate da un sistema invero caotico e frammentato, che rischia tra l’altro di esporre il danneggiato a prescrizioni diverse e a standard di tutela non omogenei nei singoli e diversi paesi.

Di fronte a casi simili, non è mancata la previsione di soluzioni di- verse da parte del legislatore europeo che, forse, potrebbero assumere mano a mano portata generale.

Il Regolamento CE n. 1987/2006 sull’istituzione e l’esercizio del si- stema di informazione nell’area Schengen (c.d. SIS II) permette, per esempio, alle autorità di polizia nazionali di inviare alle omologhe auto- rità di altri Stati membri una segnalazione relativa a soggetti considerati pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale.

In base a queste informazioni, è possibile adottare provvedimenti di fermo o di respingimento potenzialmente lesivi della libertà di circola- zione e di altri diritti fondamentali.

Per questo, l’art. 48 del Regolamento ha previsto che ciascuno Stato membro è responsabile secondo la propria legislazione nazionale dei danni causati dall’uso del sistema.

Tuttavia, se lo Stato cui è riconducibile l’illecito risulta quello che ha effettuato la segnalazione e non quello che ha emanato l’atto lesivo contro cui un’azione è esperita, il primo è tenuto al rimborso, su richie- sta del secondo, delle somme versate a titolo di risarcimento.

L’organizzazione delle funzioni non pregiudica in questo caso la tu- tela del singolo e pertanto il meccanismo non può che essere visto con