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LA RESPONSABILITA' DEL MEDICO ANTE CASSAZIONE N 589 DEL

LA NATURA GIURIDICA DELLA RESPONSABILITA' DELLA STRUTTURA E DELL'OPERATORE SANITARIO

3) LA RESPONSABILITA' DEL MEDICO ANTE CASSAZIONE N 589 DEL

Dopo aver riferito le differenze tra responsabilità extracontrattuale e da inadempimento di un'obbligazione, appaiono più facilmente comprensibili le ragioni sottese all'evoluzione giurisprudenziale in materia di responsabilità medica.

A tal proposito, si è già evidenziato che può distinguersi la posizione del medico libero - professionista che conclude un vero e proprio contratto con il paziente, da quella del medico dipendente di una struttura sanitaria, che è messo a disposizione del paziente dall'ente e che non è legato contrattualmente con l'assistito.

Tale differenza rileva sulla disciplina applicabile, più gravosa per il paziente che voglia ottenere il risarcimento del danno dal medico nella seconda ipotesi: infatti in questo caso il paziente è onerato del carico probatorio della responsabilità extracontrattuale e il diritto al risarcimento si prescrive nel termine quinquennale di cui all'art. 2947 c. I c.c.

Pertanto, chiamata ad individuare il regime applicabile al medico dipendente di una struttura, la giurisprudenza si è in un primo momento attestata sulla

disciplina della responsabilità da fatto illecito, sul rilievo che il paziente non può scegliere il medico, che agisce quale organo dell’ente ospedaliero.

Tale orientamento configura un concorso improprio tra responsabilità extracontrattuale del medico e responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, applicando analogicamente a quest’ultima la disciplina del contratto di prestazione d’opera intellettuale. 94

Alla luce di tale ricostruzione, il paziente che voglia ottenere dal medico il risarcimento dei danni è tenuto a provare non solo l’evento lesivo e i danni subiti ma anche il nesso di causalità tra condotta colposa del medico ed evento lesivo. Con l’ulteriore conseguenza che il diritto al risarcimento si prescriverà nel termine di cinque e non dieci anni ai sensi dell’art. 2947 c.c.

Per numerosi anni, tale indirizzo è stato applicato senza contrasti né clamori, considerata la poca propensione alle liti tra medici e pazienti.95

94 Per tale orientamento si veda Cass. civ., sez. III, 24 marzo 1979, n. 1716, in Foro it. 1980, I, 1115 per la quale “L'accettazione del paziente nell'ospedale, ai fini del ricovero oppure di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto d'opera professionale tra il paziente e l'ente ospedaliero, il quale assume a proprio carico, nei confronti del paziente, l'obbligazione di svolgere l'attività diagnostica e la conseguente attività terapeutica in relazione alla specifica situazione del paziente preso in cura. Poiché a questo rapporto contrattuale non partecipa il medico dipendente, che provvede allo svolgimento dell'attività diagnostica e della conseguente attività terapeutica, quale organo dell'ente ospedaliero, la responsabilità del predetto sanitario verso il paziente per il danno cagionato da un suo errore diagnostico o terapeutico è soltanto extracontrattuale, con la conseguenza che il diritto al risarcimento del danno spettante al paziente nei confronti del medico si prescrive nel termine quinquennale stabilito dal comma 1 dell'art. 2947 c.c.”.

95 Si legge in Responsabilità sanitaria e tutela della salute, Quaderni del massimario (a cura di Marco Rossetti), 2011, disponibile sul sito web della Cassazione, che “dal 1942 (anno di entrata in vigore del codice civile) al 1990 nell’archivio Italgiure della Corte di cassazione sono state inserite 60 massime in materia di responsabilità del medico (in media poco più di una l’anno); negli anni dal 1991 al 2000 il numero delle massime inserite in tema di responsabilità

Il basso tasso di litigiosità in materia di responsabilità medica, sorprendente se confrontato con i picchi odierni, si spiega con una serie di fattori caratterizzanti gli anni ‘70 e anche ‘80 del secolo scorso tra i quali il rapporto fortemente fiduciario tra paziente e medico, la disinformazione sulla scienza medica da parte del paziente e, in definitiva, la concezione della prestazione sanitaria quale frutto di una “delega in bianco” da parte del paziente al professionista o alla struttura sanitaria.

Nella società dell’informazione, invece, il paziente diviene detentore di informazioni privilegiate sulle malattie e sulle cure, riuscendo a seguire, in una posizione di forza, la prestazione sanitaria dalla fase diagnostica a quella post operatoria.

A ciò si aggiunga che anche le tendenze culturali hanno contribuito ad una sorta di trasformazione del diritto ad essere curati in una pretesa ad essere guariti, con conseguente imputazione al medico di un insuccesso in caso di mancata guarigione.96

Altro dato rilevante che spiega l’esponenziale crescita del contenzioso è il mutamento del ruolo della responsabilità civile che da criterio di riparto delle perdite derivanti da un evento lesivo è divenuta strumento di allocazione delle risorse del sistema.97

medica è salito a 83 (in media otto l’anno), per ascendere a 201 negli anni dal 2001 al 2011 (in media 20 l’anno)”.

96 Sul punto si vedano F. D’Agostino, Bioetica, Torino, 1998; AA. VV., Responsabilità medica ed organizzazione sanitaria (a cura di V. Ferrari, W. Tlokinski, D. E. Zammit), Roma, 2014. In S. Coppola, E. Grasso, Quel che resta della responsabilità medica: riflessioni sul ruolo delle strutture sanitarie, in Politica del diritto, 4, 2012, 662 si evidenzia il passaggio dal medico che “restava vicino al malato, lo incoraggiava, applicava i limitati mezzi curativi di cui disponeva per lenire le sue sofferenze” all’operatore al quale viene richiesto di “tradurre la malattia in una ineccepibile formulazione tecnica e di curare con pronta sollecitudine”.

Tutto ciò ha rappresentato terreno fertile per alcuni addetti ai lavori che, anche sull’onda del risalto dato dai media ai casi di malpractice medica, non hanno perduto occasione per intentare cause risarcitorie talvolta prive di ogni fondamento.

Sulla spinta della accresciuta sensibilità verso i valori della persona e della salute, la giurisprudenza adotta posizioni più favorevoli al paziente.

In particolare, l’orientamento tradizionale viene criticato per il differente trattamento a cui sottopone il medico libero professionista rispetto a quello dipendente da una struttura sanitaria.

Al differente inquadramento della posizione giuridica, si obbietta che in entrambi i casi un soggetto con particolari e stringenti requisiti professionali è tenuto ad effettuare una prestazione sanitaria nei confronti del paziente.

La Corte di Cassazione recepisce tali critiche per la prima volta sul finire degli anni ‘80 con la sentenza n. 2144 del 1988 che riconosce la natura contrattuale della responsabilità del medico dipendente da una struttura sanitaria sulla base dei seguenti assunti: l’ente ospedaliero conclude un contratto d’opera professionale con il paziente e pertanto è assoggettato alla responsabilità contrattuale; l’art. 28 della Costituzione prevede accanto alla responsabilità dell’ente quella del medico dipendente; entrambe queste responsabilità hanno una radice comune consistente nell’esecuzione non diligente della prestazione sanitaria del medico. Perciò, stante detta comune radice, anche il medico è sottoposto ad un regime di responsabilità di tipo professionale contrattuale. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte desta qualche perplessità dal momento che il richiamo all’art. 28 della Costituzione, per il quale “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”, è del tutto anodino ai fini dell’inquadramento della responsabilità del medico.

Infatti, tale disposizione nulla dice circa la natura della responsabilità del medico limitandosi a richiamare la legislazione ordinaria, la quale contempla due tipi di responsabilità, l’una contrattuale e l’altra extracontrattuale.

Né ha maggiore fortuna l’altro argomento utilizzato dalla Corte che fa leva sulla comune radice delle responsabilità del medico e dell’ente ospedaliero consistente nell’esecuzione inesatta della prestazione: esso dà per dimostrato ciò che andrebbe invece provato, vale a dire l’esistenza di un obbligo di esecuzione di una prestazione in capo al medico.

La giurisprudenza di legittimità fa propria la tesi contrattualistica della responsabilità del medico sulla base di un diverso percorso argomentativo che poggia sul rapporto che si instaura tra medico dipendente di una struttura sanitaria e paziente, nel momento in cui quest’ultimo si affida alle cure del primo che accetta di prestargliele.98

Vero è, si osserva, che tale rapporto non ha natura contrattuale ma è altresì vero che il medico, nella cui figura il paziente ripone uno specifico affidamento, non può essere considerato quale “quisque de populo”.

Il rapporto che viene così ad instaurarsi tra medico e paziente è un rapporto di fatto, idoneo comunque a produrre obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 c.c. ove,

98 La sentenza che rappresenta la svolta in tal senso è Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 1999 n. 589. Si vedano in dottrina A. Di Majo, L’obbligazione senza prestazione approda in Cassazione, in Corr. giur., 1999, 446 s.; V. Carbone, La responsabilità del medico ospedaliero come responsabilità da contatto, in Danno e Resp., 1999, 294 s.; S. Mazzamuto, Note in tema di responsabilità civile del medico, in Eur. dir. priv., 2000, 501 s.; C. Castronovo, La relazione come categoria essenziale dell’obbligazione e della responsabilità contrattuale, Eur. dir. priv., 2011, pp. 55 s.; ID., Ritorno all’obbligazione senza prestazione, ibidem, 2009, 679 s.; E. Navarretta, L’adempimento dell’obbligazione altrui e la responsabilità del medico, in Resp. civ. prev., 2011, 1453 s.; C. Amato, Affidamento e responsabilità, Padova, 2012.

accolta la tripartizione delle fonti delle obbligazioni risalente a Gaio99, si fa riferimento alle “variae causarum figurae” capaci di produrre obbligazioni in conformità dell’ordinamento giuridico.100

Dunque, il contatto sociale viene giudicato dalla giurisprudenza meritevole di produrre, in capo al medico, specifici obblighi di comportamento volti a tenere indenne il paziente dai pericoli cui è esposto in virtù dell’instaurarsi della relazione.

Viene tutelato in tal modo l’affidamento del paziente in un soggetto particolarmente qualificato, il medico, che esercita una professione di rilievo pubblicistico, per la quale è prevista una specifica abilitazione oltre ad uno stringente percorso di studi.

Gli obblighi di comportamento incombenti sul medico vengono sottoposti alla disciplina delle obbligazioni contrattuali poichè è l’unica a prevedere le conseguenze dell’inadempimento ad un precedente vinculum iuris, scaturisca quest’ultimo da un contratto o da un contatto sociale. Al contrario, nella responsabilità extracontrattuale non viene in rilievo alcun inadempimento di un obbligo preesistente ma solo la lesione di un interesse altrui meritevole di tutela.

In tal modo, si parifica la posizione del paziente che “entra in contratto” con un medico con quella del paziente che “entra in contatto” con un medico dipendente di una struttura sanitaria, con un guadagno in termini di parità di trattamento tra le due fattispecie.

99 Dig. 44.7.1 “Obligationes aut ex contractu nascuntur aut ex maleficio aut proprio quoddam iure ex variis causarum figuris”.

100 Si vedano E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953; M. Giorgianni, Appunti sulle fonti delle obbligazioni, in Riv. dir. civ., 1965; L. Giovenco, Le categorie delle obbligazioni “ex lege”. Origini storiche e costruzione dogmatica, Empoli, 1938; S. Mazzamuto, La responsabilità contrattuale nella prospettiva europea, Torino, 2015, 15.

Tale revirement giurisprudenziale viene giustificato anche con il richiamo ad esigenze di solidarietà sociale e giustizia sostanziale, recepite attraverso l’affermazione del c.d. principio di vicinanza dell’onere della prova.101