3.2. Approccio retorico: ragionamento teorico e ragionamento pratico
3.2.3. Retorica classica e “Nuova Retorica”
Per procedere all’analisi delle tecniche dell’argomentazione di Perelman è ne- cessario partire dalle origini dei suoi studi.
È, invero, nella ricerca di una logica specifica dei giudizi di valore, che Perel- man scoprì che la forma di razionalità del diritto e dell’etica risiedeva nelle tecniche di persuasione e di argomentazione, già studiate dai logici antichi, e in particolare da Aristotele. Il logico belga, richiamandosi agli studi aristotelici, non intendeva, tutta- via, compiere un lavoro di “recupero filologico”, bensì trarre spunti per formulare una moderna teoria dell’argomentazione, che definì per tali ragioni, “Nuova retori-
396 G. DAMELE, Chaim Perelman in www.dircost.unito.it/dizionario/pdf/Damele-Perelman.pdf, p. 7. 397 Ivi, p. 137.
ca”398. Secondo Damele, egli sembrò quasi aver cercato nello stagirita “un padre no- bile che legittimasse una materia tanto screditata”399.
Le ragioni dello screditamento della retorica sono da rinvenire, scrive Perel- man, nell’opera la “Dialettica”, del filosofo del Cinquecento Pietro Ramo, che definì la dialettica come l’arte di ben ragionare e la retorica come l’arte di esporre bene, come l’uso eloquente e ornato del linguaggio400. Egli sosteneva che esistesse un solo metodo per ragionare e identificava la logica con la dialettica, rifiutando la distinzio- ne aristotelica tra giudizi analitici e dialettici401. In questo modo, Ramo estese la por- tata della dialettica, attribuendole sia lo studio delle inferenze valide che di quelle ve- rosimili, ma ridusse il campo della retorica, privandola delle sue componenti essen- ziali, ovvero l’inventio e la dispositivo e lasciandole solo lo studio delle forme del linguaggio ornato (l’elocutio),402. Le tre operazioni fondamentali dell’arte retorica erano, difatti: l’inventio, ovvero la ricerca delle idee e degli argomenti; la dispositio,
consistente nell’organizzazione degli argomenti ed ornamenti nel discorso e l’elocutio ovvero la scelta di un lessico appropriato e di artifici retorici per esprimere le idee403. Rimanente solo l’elocutio, la retorica classica divenne retorica delle figure, fino ad essere poi dimenticata.
398 G. DAMELE, Aristotele e Perelman: retorica antica e “nuova retorica”, in Rivista di filosofia,
vol. XCIX, n°1, aprile 2008, p. 105.
399 Ibidem.
400 P. RAMO, Dialectique, in C. PERELMAN, Il dominio retorico, cit. p. 15. 401 Ibidem.
402 Ibidem.
403Erano presenti in realtà ulteriori due operazioni relative alla fase orale del la composizione del di-
scorso, ma queste persero presto d’importanza nel momento in cui i discorsi composti sulla base dell’arte retorica iniziarono ad essere da subito pensati per una composizione esclusivamente scritta. Si tratta delle fasi della memoria, per memorizzare il discorso e ricordare le posizioni avversarie per controbatterle e dell’actio o pronunciatio, consistente nella declamazione del discorso modulando la voce e ricorrendo alla gestualità. La fase della memoria non era presente nella retorica aristotelica, ma
Nell’introduzione al “Trattato”, Perelman afferma che la sua analisi concerne le prove definite da Aristotele “dialettiche”, esaminate nei “Topici” e nella “Retori- ca”, ma sceglie di utilizzare il termine “retorica” per due differenti ragioni. In primo luogo, egli vuole evitare un riutilizzo della parola “dialettica”, che negli anni è servi- ta, dapprima, ad identificare la logica in genere, come nell’opera di Ramo, e, a partire da Hegel, ha acquisito un diverso significato, ormai condiviso nella terminologia fi- losofica.
In secondo luogo, egli ritiene che la retorica aristotelica, e non la dialettica, siano più adatte al suo scopo, perché è nella prima che il riferimento all’uditorio rive- ste un ruolo centrale. Questa distinzione, come sottolinea Berti, è tuttavia errata.
Aristotele ha distinto due specie di ragionamenti: analitici e dialettici. Entram- bi costituiscono forme di argomentazione deduttiva e la differenza consiste nel fatto che, mentre lo strumento del ragionamento analitico è il “sillogismo scientifico”, fondato su premesse vere; lo strumento del ragionamento dialettico è il sillogismo dialettico, fondato su premesse “endossali”, ovvero su opinioni generalmente accetta- te404. Endossale non significa opinabile nel senso di opposto alla verità (come lo in- tendevano Parmenide e Platone): la doxa è intesa, bensì, come un’opinione che gode di stima405. I ragionamenti dialettici partono da ciò che è accettato, con lo scopo di far ammettere tesi controverse, il proposito è quello di persuadere. Non consistono in inferenze valide e vincolanti, ma in argomenti più o meno forti e, proprio in virtù del-
è propria della tradizione successiva. P. POLIDORO, La retorica antica e Aristotele, in http://digilander.iol.it/pieropolidoro Metafora: retorica, semiotica e scienze cognitive.
404 E. BERTI, Nuovi studi aristotelici, vol. I, cit., p. 306.
405 “fondati sull’opinione per contro sono gli elementi che appaiono accettabili a tutti, oppure alla
grande maggioranza, oppure ai sapienti, e tra questi, o a tutti, o alla grande maggioranza, o a quelli oltremodo noti ed illustri”. ARISTOTELE, Opere. Organon: Topici, confutazioni sofistiche, Univer- sale Laterza, Roma-Bari, p. 5.
la loro efficacia persuasiva, non sono impersonali, poiché si valutano in base al loro effetto sul soggetto406. È chiaro, dunque, che le due forme di ragionamento sono net- tamente distinte, essendo l’una relativa alla verità, l’altra all’opinione.
Accanto al sillogismo scientifico e dialettico, Aristotele, teorizza il sillogismo
retorico, altrimenti definito “entinema” o “sillogismo imperfetto407”, che consiste anch’esso in una deduzione finalizzata alla persuasione. Lo stagirita definisce l’entinema come “un sillogismo che procede da premesse verosimili o da segni”, do- ve la premessa verosimile è identificata con quella endossale, e i segni consistono in una premessa dimostrativa necessaria o endossale, che indica che un fatto, connesso con un antecedente o conseguente rispetto ad un altro, è segno di un altro408. La dif- ferenza tra il carattere endossale, proprio del sillogismo dialettico e quello verosimi- le, indicato per il sillogismo retorico, consiste esclusivamente nel fatto che il primo può essere continuamente verificato tramite domande al proprio interlocutore, il se- condo no, poiché nella Retorica non vi è dialogo, ma un monologo rivolto ad un udi- torio silenzioso. Sottolinea Berti, che sta proprio qui l’errore di Perelman: nella scelta di utilizzare il termine retorica e non dialettica, partendo dalla considerazione che, solo la seconda, ricerca l’adesione dei soggetti cui il discorso si rivolge. “Il ragiona- mento dialettico è considerato parallelo a quello analitico ma tratta del verosimile, e non già di proposizioni necessarie. L’idea stessa, tuttavia, che la dialettica si occupi di opinioni, cioè di tesi cui si aderisce con intensità variabile, non è messa a profitto: come se lo statuto dell’opinione fosse impersonale e le opinioni non fossero relative
406 C. PERELMAN, Il dominio retorico, cit., p. 14.
407 Questa locuzione è stata apposta in glossa dai commentatori antichi con l’intento di svalutarne la
portata e dargli una connotazione negativa. E. BERTI, Nuovi studi aristotelici, vol. I, cit., p. 309.
408 ARISTOTELE, Opere. Organon: Categorie, Dell’espressione, Primi Analitici, Secondi Analitici,
alle menti che vi aderiscono. Per contro quest’idea di adesione, questo riferimento ai soggetti cui il discorso si rivolge, è essenziale in tutte le teorie antiche della retori- ca.409”
Abbiamo visto come, in realtà, la verosimiglianza, che caratterizza le premesse dialettiche rispetto a quelle scientifiche, consista proprio nel fatto che esse debbano ricevere l’adesione di tutti gli interlocutori. Per questo motivo, sottolinea Berti, ciò che Perelman chiama retorica, è in realtà la dialettica, che differisce dalla prima, se- condo Aristotele, esclusivamente per l’assenza di dialogo tra gli interlocutori, ma dal punto di vista delle argomentazioni non vi è differenza alcuna410.
Di questa distinzione, Perelman sembra avere maggiore consapevolezza suc- cessivamente, quando ne “Il dominio retorico”, scrive che, se si concepisce la logica come lo “studio del ragionamento in tutte le sue forme, è necessario completare la teoria della dimostrazione, sviluppata dalla logica formale, con una teoria dell’argomentazione, che studi i ragionamenti dialettici di Aristotele” 411.
Egli ripropone la distinzione tra dialettica e retorica, affermando che la prima “si interessa degli argomenti utilizzati in una controversia, ovvero una discussione con un solo interlocutore, mentre la retorica concerne le tecniche dell’oratore che si rivolge a una folla riunita sulla pubblica piazza, sprovvista di qualsiasi sapere specia- lizzato e incapace di seguire un ragionamento un po’ più elaborato”412.
Ed è a questo punto che Perelman sancisce la sua rottura con la retorica classi- ca, affermando che, a differenza della prima, la nuova retorica concerne i discorsi ri-
409C. PERELMAN, L. OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell’argomentazione, cit. p. 7. 410 E. BERTI, Aristotele nel Novecento, Laterza, Roma-Bari, 1992, p. 234.
411 C. PERELMAN, Il dominio retorico, cit., p. 14. 412 Ibidem.
volti a qualsiasi specie di uditorio; il suo intento è quello di ricoprire tutto l’ambito del discorso mirante a convincere o persuadere, indipendentemente da quale sia la materia e i soggetti ai quali si rivolge413. In questo modo, egli formula una teoria dell’argomentazione che vuole configurarsi come “logica della ragion pratica”, di cui la logica giuridica è applicazione particolare414.