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Revoca e sostituzione del curatore

Il tribunale fallimentare è il solo organo della procedura che possa provvedere alla revoca della curatela in ordine alle proposte del giudice delegato o del comitato dei creditori, o d’ufficio, ma sempre dopo aver sentito i creditori e il curatore stesso, oggetto del provvedimento di revoca. È venuto meno l’obbligo di sentire anche il Pubblico Ministero. La revoca differisce dalla “decadenza”, che si verifica a norma dell’art. 28 l.f. quando il curatore sia stato nominato in mancanza degli elementi descritti dal presente articolo (ad esempio interdizione dai pubblici uffici, fallimento, inabilitazione, rapporti di coniugio o parentela, ecc.) e priverebbe dell’efficacia degli atti compiuti dal curatore sin dal primo momento della

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nomina, e non solo quelli posteriori alla cessazione dal suo incarico113. L’art. 37 l.f. prescrive che il provvedimento di revoca o di rigetto della richiesta di revoca sia reso sotto forma di decreto motivato e che, avverso a quest’ultimo, si possa proporre reclamo alla corte d’appello, la quale in attesa di emissione della sentenza non sospende l’efficacia del decreto iniziale. Gli unici legittimati a richiedere il provvedimento e conseguentemente anche il reclamo in appello, saranno i soli membri del comitato dei creditori, escludendo completamente la maggioranza dei creditori e i terzi esterni che potrebbero risentirsi per l’operato del curatore. Il decreto motivato di revoca deve essere assistito da giustificati motivi presentati dagli organi della procedura, ed è destinato a rimanere privo di effetto se il provvedimento non è corredato dalle ragioni per cui è stato emesso114. Il legislatore, condizionando la revoca alla presenza di giustificati motivi, sembra voler escluderla dall’analogia del contratto di mandato, in cui il mandante può provvedere in ogni tempo e sempre risarcendo il danno a favore del mandatario, nel caso in cui prioritariamente fosse stata stabilita l’irrevocabilità del mandato o ancora se il mandato fosse relativo a uno specifico affare e la revoca dall’affare non fosse sostenuta da giusta causa. Il possibile accostamento del curatore, come mandatario dei creditori, risulta completamente errata e inconciliabile con i doveri del suo incarico, soprattutto come organo centrale della procedura. Il fondamento della carica del curatore è riferibile alla legge e in particolare nel provvedimento di nomina contenuto nella sentenza dichiarativa di apertura del fallimento. I giustificati motivi integrano, nel loro significato, le violazioni delle regole che disciplinano l’attività del curatore e il verificarsi di circostanze tali per cui si costituisce una mancanza di fiducia nei suoi confronti, anche se quest’ultimo non abbia in nessun modo concorso al compimento di violazioni atte a produrre revoca. Potrà costituirsi revoca in ogni caso in cui la curatela sia venuta meno ai doveri del suo ufficio e qualora si siano originati avvenimenti tali da ingenerare la convinzione che il curatore non abbia più l’attitudine all’incarico. Come nel caso di revoca del mandato ad uno specifico affare, senza che vi sia stata giusta causa, anche nell’ipotesi di revoca in assenza di giustificati motivi il curatore ha diritto al risarcimento del danno, determinando a carico del comitato dei creditori l’obbligo di pagamento in prededuzione della somma dovutagli. È del tutto escluso l’onere di risarcimento nel caso in cui la revoca sia conseguita dalle dimissioni del curatore stesso, che ne fa richiesta al tribunale. Infatti, la decisione del curatore di dimettersi non è qualificabile come esercizio di un diritto di recesso, poiché il suo operato non rientra in un

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CATALDO, op. cit., 1022. JORIO, op. cit., 325.

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CATALDO, op. cit., 1022. L’autore aggiunge anche tra gli organi che possano far valere i propri giustificati motivi, anche il curatore, come soggetto a cui è indirizzato il provvedimento di revoca e ritiene che si tratti di un’innovazione che sembra mettere da parta la convinzione passata secondo cui esso non abbia diritto alla propria conservazione dell’incarico.

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ordinario rapporto contrattuale, ed è legato alla procedura in relazione alla nomina del tribunale e non in base a un rapporto di lavoro come impiegato pubblico. La curatela, essendo privata della facoltà di disporre del proprio incarico, potrebbe perseguire tutta una serie di attività che possano sollecitare la sua sostituzione da parte del tribunale, ma sempre se la richiesta sia assistita da idonea giustificazione. Se la richiesta di sostituzione poggiasse su un comportamento intenzionale e colpevole del curatore, il tribunale potrà rifiutare il provvedimento di sostituzione ed emettere il decreto di revoca, autorizzando al contempo un’azione di responsabilità nei suoi riguardi, per consentire il risarcimento degli eventuali danni derivanti dall’interruzione delle attività della curatela causati ai creditori. Tramite la sostituzione, il tribunale permette al curatore di svincolarsi dall’incarico senza che questo possa essere investito di infamia a causa dell’erronea considerazione di una revoca per colpa, con relativa attribuzione di responsabilità.

La sostituzione del curatore (art. 37 bis l.f.) è stata inserita dalla riforma fallimentare e trova la sua genesi nella legge-delega del 14 maggio 2005, n. 80, all’art. 1.6 in cui si disponeva “che in sede di adunanza per l’esame dello stato passivo i creditori possano, a maggioranza dei crediti insinuati, confermare o effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori, nonché confermare il curatore ovvero richiederne la sostituzione indicando al giudice delegano un nuovo nominativo”. Durante l’attuazione della legge delega, è stato lievemente modificata la portata dell’articolo, escludendo che potesse configurare un sub procedimento rivolto a determinare, di fatto, la conferma o meno della nomina del curatore. Il novellato art. 37 bis conferisce ai creditori la possibilità di richiedere la sostituzione della curatela, ma non gli attribuisce l’efficacia della nomina emessa dal tribunale. La sostituzione è esercitabile dalla maggioranza dei creditori ammessi allo stato passivo e per una sola volta. Affinché la richiesta di sostituzione abbia caratteristiche di validità e ponderatezza, il legislatore individua questa maggioranza in quanto connotata da una certa stabilità e comprendente tutti quei creditori per i quali sia stata domandata l’ammissione allo stato passivo entro il termine delle operazione di verifica e che siano stati insinuati con successo. Seguendo la legittimazione attiva della maggioranza dei creditori nella presentazione della richiesta di sostituzione, si potrebbe considerare la possibilità che tra questi ve ne sia uno in conflitto di interessi col curatore, che abbia concorso a chiederne la sua sostituzione sulla base di un collegamento tra il nuovo curatore designabile e una parte di creditori “forti” , senza però dar luogo a cause di incompatibilità della curatela. Si può pensare che il nuovo curatore, una volta nominato, possa orientare l’amministrazione del patrimonio

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fallimentare verso gli interessi di quei creditori “forti” che hanno promosso la sostituzione del suo predecessore. La dottrina prevalente esprime dubbi nel ricorso a managers giunti da grandi industrie, banche o società finanziarie, o società professionali di grandi dimensione per la nomina a curatore, sempre che non abbiano dimostrato in precedenza caratteristiche tali da renderli insospettabili e degni di fiducia ai fini dell’incarico. Si potrà configurare il caso in cui il curatore designato possa trascurare i diritti di credito dei creditori minori, per mantenere “buoni rapporti” con quei creditori “forti”, quali banche o grandi società a cui eventuali azioni revocatorie possano rivolgersi, al fine di velocizzare i tempi della procedura o peggio, confidare di ricevere in futuro incarichi o altri vantaggi. Anche se la designazione del nuovo curatore fosse attribuita al giudice delegato, non sarebbe comunque sufficiente a mettere al riparo la procedura da qualunque forma di conflitto di interessi.

Il tema più delicato dell’innovazione è la nuova posizione in cui si troverà il tribunale che dovrà decidere se dare seguito all’iniziativa promossa dai creditori per la sostituzione del curatore fallimentare. Il legislatore prescrive che i creditori debbano indicare le ragioni della richiesta e, conseguentemente, sembra voler porre il tribunale nella condizione di verificare che la sostituzione sia effettivamente assistita da valide ragioni ed esigenze obiettivamente apprezzabili, fino all’emissione del decreto di sostituzione anch’esso motivato. L’art. 37 bis l.f. non lo dispone espressamente ma stabilisce in modo incisivo che “il tribunale provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i criteri di cui agli articoli 28 e 40”, escludendo così ogni possibilità per il tribunale di rifiutarsi di nominare un nuovo curatore designato dai creditori, ad eccezione che non vengano osservati i parametri per la nomina del curatore (art. 28) e quelli per la nomina del comitato dei creditori (art. 40)115. Seguendo tale interpretazione sembra che l’indicazione delle ragioni che sostengono la richiesta di sostituzione del curatore non possano essere sindacate in alcun modo dal tribunale e che detto organo debba obbligatoriamente provvedere alla nomina della nuova curatela. L’unico elemento contrastante potrebbe essere quello contenuto all’art. 23, in cui si prevede che sia il tribunale a disporre la nomina e la revoca degli organi della procedura, ma sempre in base a “giustificati motivi”. Appare comunque non molto convincente, in quanto la norma riguarda specificatamente la sostituzione del curatore quale organo della procedura. In conclusione, l’unica soluzione interpretativa che pare avvicinarsi alle intenzioni del legislatore, è proprio quella di ritenere che la riforma abbia voluto effettivamente affidare alla

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CATALDO, op. cit., 1021, cit. Cataldo aggiunge: “indicazione quest’ultima che impossibile decifrare, posto che l’art. 40 regola la

nomina del comitato dei creditori, ed i criteri di nomina ivi indicati, ossia l’equilibrata rappresentatività di “quantità e qualità” dei crediti,

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maggioranza dei creditori la valutazione dell’idoneità del curatore all’incarico e sua designazione, senza nemmeno considerare le difficoltà sottostanti l’imposizione dei creditori sulla procedura fallimentare, con il rischio che quest’ultimo in futuro non sappia nemmeno guadagnarsi la considerazione positiva e benevola del giudice delegato e del tribunale. Solo successivamente il tribunale potrà incidere sulla sorte del curatore, emettendo un decreto motivato di revoca nei suoi confronti.

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