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Riassetto economico, organizzativo e rapporto con gli intermediari finanziari

3.2. INTERVENTI DI RISANAMENTO AZIENDALE

3.3.4. Riassetto economico, organizzativo e rapporto con gli intermediari finanziari

Ogni entità economica ha come finalità principale quella di far crescere il proprio core business, fino ad una crescita sistemica rilevante, che si ritenga ottimale per la creazione di un certo valore all’interno del mercato di riferimento nel quale opera. Queste operazioni del soggetto economico la maggior parte delle volte sono raggiungibili, altre volte invece si dovranno coordinare con fattori interni o esterni all’attività societaria che potrebbero compromettere in modo differente la crescita dimensionale dell’entità economica, sino al punto di annullare ogni creazione di valore o nei casi più critici deteriorare quello inizialmente

176 creatosi. In queste situazioni il soggetto economico, che mira a non cessare la sua attività ed a rimanere operativa sul mercato di riferimento dovrà adottare per poter continuare ad essere operativo sul settore in cui opera, “percorsi o processi di ristrutturazione ben organizzati o turnaround “66.

Un processo di turnaround viene ottimizzato quando di fatto la realtà societaria, giace in una situazione patologica di declino conclamato. Queste situazioni prese in considerazione potranno essere differenti secondo referenti concettuali aziendalistici, ossia la condizione di declino si verificherebbe quando un’entità economica non produce più un certo plusvalore all’interno del mercato e sostanzialmente perde la sua capacità primaria di rendere disponibili flussi positivi reddituali in modo corrente sul mercato. La crisi consisterebbe in una manifestazione ulteriore delle performance negative da parte dell’entità economica di riferimento, con effetti esterni anche critici come la perdita di fiducia e del credito della comunità finanziaria. Queste differenti assunti di fondo che possono essere arginati in modo diverso, si rifletteranno anche sui processi di turnaround, poiché nelle diverse casistiche di declino per il rilancio immediato dell’entità economica si potranno anche non rendere necessari per forza “sacrifici correnti ai portatori di interesse “. Quali per esempio potranno essere la semplice derivazione e definizione di nuovi obbiettivi di gestione, la condizione di controllo e miglioramento dei diversi servizi prodotti sul mercato, l’ammodernamento degli impianti ecc. Nell’ottica di crisi i sacrifici che i diversi portatori di interesse dovranno affrontare, saranno inevitabili e si presuppone via via una necessaria ricapitalizzazione a livello societario, la cessione di società controllate o di partecipazioni societarie, la variazione della compagine societaria, un cambiamento sul piano manageriale sostanziale ecc. La distinzione ben delineata, assume una rilevanza fondamentale a livello giuridico poiché fin dall’inizio si potrà stabilire che un processo di turnaround di un’entità economica in declino possa comportare l’assunzione di differenti scelte interne. Oltremodo quello di un soggetto economico in crisi richiede la negoziazione, conclusione ed esecuzione di legami ed accordi non semplicistici con numerosi individui estranei alla realtà societaria, ed in primo luogo con i propri soggetti creditori. Ogni entità economica, solitamente assume crediti nei confronti non

66 P. PICIOCCHI, Crisi d’impresa e monitoraggio di vitalità - L’approccio sistemico vitale per l’analisi dei processi

177 soltanto di determinati intermediari finanziari ma anche creditori minori. Tra i differenti creditori che potrebbero essere integrati in un processo di Turnaround, vi sono i diversi fornitori del soggetto economico. I creditori minori saranno meno incentivati ad essere integrati in un iter di Turnaround in relazione ad un determinato periodo o arco temporale, inoltre i fornitori non possiedono a differenza di specifici intermediari finanziari gli strumenti per operare una buona copertura del rischio legato alla continuazione nel corso degli esercizi dell’attività imprenditoriale, dunque saranno meno propensi a partecipare a veri e propri accordi di risanamento societario.

Le attività di negoziazione stabilite per completare ed ottimizzare una procedura di Turnaround sono complesse e presuppongono l’intervento sostanziale di specifici legal advisor, comportando così entità di costo non piccole da sostenere che molte volte assumo dimensioni importanti in relazione al credito vantato. In conclusione la negoziazione di un processo di risanamento societario ben organizzato, rende necessario per il suo successo una certa efficienza ed efficacia circa l’organizzazione ed il coordinamento dei differenti creditori non solo con l’entità economica in crisi ma anche al suo interno, questo coordinamento sarà possibile quando la maggior parte dei soggetti creditori dell’organismo funzionale organizzato, sono rappresentati da banche visto il legame centenario di collegamento e coordinamento reciproco. Risulta difficile invece, stabilire un legame di questo tipo con i soggetti fornitori, vista la loro non organizzazione basilare programmata, ed appurati i diversi interessi specifici non strettamente omogenei ed equivalenti tra loro. Sussistono poi altri soggetti terzi da dover concretamente organizzare, che potranno intervenire nella negoziazione e strutturazione di un iter di risanamento ben strutturato e tra questi assumono un ruolo determinante specie nelle entità economiche in crisi medie e grandi, i lavoratori e le differenti organizzazioni sindacali. I prospetti che definiscono uno specifico piano di risanamento societario, porteranno ad attuare come primo intervento sostanziale un decremento del personale impiegato, una cessione a terzi di rami societari e dei dipendenti di questa. Un processo di turnaround imprenditoriale di un’entità economica in crisi potrà prevedere per una sua realizzazione, l’erogazione di nuovi crediti al soggetto economico (ossia una nuova finanza disponibile) da individui differenti dai soci e sotto forma di capitale di credito e non di rischio come in genere avviene durante le operazioni di aumento del capitale imprenditoriale. Nella maggior parte dei casi è necessario che i diversi creditori esistenti, si astengano per un determinato lasso di tempo dal richiedere e rilevare il rientro

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dell’esposizione debitoria del soggetto economico in crisi e dunque dispongano quella che gli individui operatori denominano come una moratoria o standstill67.

Molte volte questo processo inoltre richiede che gli individui creditori rinuncino ad una parte dei loro crediti, nei confronti del soggetto economico in crisi e promuovano quello che verrà definito uno stralcio sostanziale della vecchia finanza. In questi casi dovranno inoltre intervenire le banche, esse normalmente saranno portatrici della maggioranza del credito di cui il soggetto economico in crisi sarà debitrice. Senza i loro processi di intervento sostanziali, nessuna delle diverse operazioni sarebbe possibile, non sarebbe facile inoltre reperire nuovi partener disponibili ad entrare nella compagine societaria e si porterebbe la realtà imprenditoriale verso una via del fallimento quasi certa. Il ruolo assunto dagli intermediari finanziari, potrà essere rilevante anche sotto un altro profilo, ossia gli specialisti hanno infatti da tempo rilevato che tutte le volte in cui un soggetto economico versa in una condizione di inefficienza conclamata relativamente a fattori interni il management è restio a stabilire lo stato di performance negativo. La mancanza di una corrente e tempestiva dichiarazione di crisi imprenditoriale, potrà portare tuttavia ad una condizione difficile ed irreversibile da poter sanare. Gli intermediari finanziari, quali possono essere le banche sono spesso e volentieri soggetti in grado di monitorare l’andamento che può prevedere rilevanti gap di mercato ed essere quindi negativo, oppure positivo, delineando nell’organismo societario flussi reddituali positivi. Molto spesso si è in grado di avviare un processo di monitoraggio interno all’impresa, per determinare la posizione assunta dall’organismo funzionale sul mercato, in relazione all’entità di credito elargito. In questo modo sarà possibile stabilire o meno la posizione di insolvenza societaria e richiedere l’adozione di un piano di risanamento a livello globale, che permetta il ripristino di un certo plusvalore all’interno dell’entità, capace di far riottenere un certo vantaggio misurabile rispetto ai differenti competitors. Gli individui intermediari svolgono anche un’operazione di monitoring successiva all’adozione di accordi o piani di risanamento societari che viene operata attraverso una verifica sostanziale del rispetto del programma di risanamento imprenditoriale. Su queste assunzioni estrapolate possiamo sostenere che le banche nella realtà societaria assumo un ruolo critico, poiché sono

67 M. Cleofe Giorgino, Crisi aziendale e prevenzione. Metodologie e modelli per prevedere il prevedibile, Franco

179 protagoniste nei differenti processi di negoziazione dei contratti attuati per un conseguente processo di turnaround e stabiliscono un iter di verifica interna circa le diverse fasi di esecuzione dei contratti.

Il sistema italiano è caratterizzato da una forte relazione tra banche ed imprese, questo referente risulta essenzialmente banco centrico, in quanto né gli intermediari bancari e né la Borsa sono riusciti nel corso degli esercizi ad assumere una posizione dominante, sul piano finanziario. L’Italia risulta essere un paese popolato principalmente da PMI, nelle quali però non sussiste la capacità primaria di accedere in modo diretto al mercato di capitali ed inoltre l’assetto proprietario su base familiare presuppone una minor inclinazione alla quotazione borsistica. Questa situazione se da un lato offre un’ambiente sicuro, dall’altro dà luogo ad un potenziale conflitto di interessi, ossia un intermediario finanziario potrebbe assicurare una certa entità di credito non solamente in ragione di uno specifico merito creditizio, ma sulla base di certi legami esistenti stabilendo così un incremento sostanziale delle inefficienze relative al mercato in cui opera e limitando la concorrenza potenziale. Va specificato come in questa situazione un malfunzionamento del settore bancario, porterà a rilevanti inefficienze sulle imprese stesse poiché l’organismo funzionale che protrae nel corso degli esercizi le differenti attività in linea con il core business societario è strettamente connesso da un legame inscindibile con l’intermediario finanziario. Banca e impresa infatti prosperano insieme durante fasi ben distinte di crescita economica e del credito, mentre soffrono durante le fasi di recessione. I differenti fattori di inefficienza all’interno di una realtà aziendale, stabiliscono una concreta esposizione al rischio per l’istituto bancario, poiché sussiste la possibilità di non poter ottenere un completo rimborso del prestito erogato precedentemente. Gli intermediari finanziari potrebbero compromettere i loro progetti primari di investimento mediante uno shock sostanziale dell’offerta di credito. Successivamente alla diffusione degli effetti negativi della crisi anche nel contesto italiano, imprese e famiglie hanno vissuto in prima persona vicende negative che hanno preso in considerazione le banche a causa della loro dipendenza in modo diretto da essi e dalla difficoltà riscontrata da parte di tali soggetti economici nel poter reperire la liquidità da sistemi addizionali di finanziamento.

La corrente situazione del credito bancario in Italia, presuppone l’effetto congiunto di due tendenze le quali potranno essere: da un lato imprese e famiglie presuppongono una minor richiesta di prestiti rilevanti per poter finanziare le spese di consumo ed investimento a fronte

180 del corrente decremento dei redditi reali introdotti dall’inflazione. Dall’altro lato le banche stabiliscono una stretta creditizia, legata all’aumento del fattore di costo conseguente alla raccolta, nonché dalle successive ripercussioni della crisi del debito sovrano, le quali hanno portato gli intermediari finanziari a prendere in considerazione criteri di selezione ben ottimizzati e rigidi ed a valutare con maggiore attenzione i reali rischi della controparte. Con il conseguente scoppio della condizione di crisi, l’erogazione del credito elargito, da parte dei differenti intermediari finanziari, ha portato ad una notevole decelerazione, dal 2007 la crescita del credito attribuita alla clientela privata e non finanziaria ha subito un notevole decremento del 12% rilevandosi pari a zero nel 2010. Nello specifico il decremento dei prestiti attribuiti agli organismi societari e famiglie è stato pari ad il 15% ed al 7,5%, le modalità di assegnazione del credito è stata influenzata da un’operazione congiunta sul piano primario della domanda e dal lato dell’offerta68. Facendo riferimento al primo termine, la diminuzione

rilevante del fabbisogno finanziario all’organismo funzionale organizzato, derivante a sua volta da un decremento inziale degli investimenti ed una rivisitazione al ribasso della componente di spesa per il consumo ad opera delle famiglie, hanno costituito una componente determinante. Per quanto concerne il secondo fattore invece un decremento dell’offerta di credito verrà stabilito da una pluralità di fattori. In primo luogo l’aumento del rischio di credito che sarà aumentato dall’incremento conseguente dall’avversione degli istituti di credito al rischio primario. In secondo luogo la condizione di inefficienza sul piano patrimoniale, sarà derivata dagli intermediari stessi in seguito al protrarsi della condizione patologica e dalla difficoltà di essere stabilita nell’accedere a fonti di finanziamento primarie.

Una principale lezione che è possibile delineare dalla recente condizione di crisi, sarà la conferma di come una regolamentazione rigorosa e completa rappresenti una finalità basilare da dover perseguire, al fine di assicurare il buon funzionamento del sistema finanziario creditizio ed evitare in futuro una nuova crisi di liquidità ingente come quella attuale. Le discussioni rilevanti circa i differenti problemi riscontrati sul piano regolamentare e le necessarie correzioni che ad esso dovranno essere apportate, ha impiegato non solo le differenti unità di regolamentazione, ma anche gli stessi operatori sul mercato ed i diversi intermediari finanziari. Il responso è stato immediato e le nuove disposizioni definite mediante

181 gli accordi di Basilea 3, rappresenteranno il fulcro portante. Il comitato di Basilea per attuare processi di monitoraggio e vigilanza sul piano bancario, ha strutturato disposizioni mirate a rafforzare le regolamentazioni, la differente gestione del rischio di credito il supervisiona mento del settore bancario. Nello specifico le diverse finalità esplicitate mediante questi accordi, prendono in causa un’implementazione sostanziale dell’informativa e trasparenza bancaria, l’ottimizzazione della capacità inerente al settore bancario di far fronte ai differenti shock derivanti da tensioni economiche e finanziarie ed infine il perfezionamento dei sistemi di governance. Seguendo questa direttrice, le diverse riforme incideranno in modo concreto sul piano di regolamentazione microprudenziale, in modo da poter operare un sostanziale consolidamento e rafforzamento degli istituti creditizi per renderli, più stabili sia sul piano macroprudenziale così da poter limitare i differenzi rischi sistemici. I differenti processi di intervento si focalizzeranno in primo luogo sul capitale, del quale si ritiene strumentale e preliminare un incremento non solo della quantità ma anche per quello che concerne la sfera qualitativa, alla luce dell’inadeguatezza dimostrata nel corso della crisi del capitale detenuto dagli istituti creditizi. L’esplicitazione del Capitale, infatti, non era armonizzata e nei fatti, molti degli strumenti esigibili a Patrimonio di vigilanza non sono stati essenziali al fine di poter assorbire le inefficienze sistemiche. Per far fronte a questa problematica rilevante è stato definito il Common Equity Tier 1, “ i.e. the primary quality capital of a financial intermediary,

consisting of ordinary shares and reserves of profits, with the specific prediction of deduction systems and the criteria for comparison with other financial instruments “69. Verrà definito che

il livello minimo del Common Equity dovrà essere pari ad almeno 4,5 % delle differenti attività coordinate per far fronte al rischio, mentre il livello precedentemente era stabilito a 2,83%. Inoltre è stato previsto il Capital Conservation Buffer, ossia un cuscinetto addizionale di capitale che avrà come finalità principale quella di assicurare la copertura in momenti o periodi di forte squilibrio e stress. Il suo valore rilevante dovrà essere pari a 2,5% del Common Equity sulla base del rapporto attivo a rischio, gli intermediari finanziari i quali non riusciranno a garantire il raggiungimento di tale soglia, dovranno definire in modo efficiente i limiti diversi in sede di distribuzione degli utili e di acquisizione di azioni proprie.

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CAPITOLO 4

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