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Le vicende relative al rinnovamento architettonico-decorativo della settecen- tesca cappella di San Sigismondo di patronato Guadagni, ubicata nella tribu- na albertiana della Santissima Annunziata a Firenze (Fig. 1), sono note: già Andreucci 1 e, ancor più dettagliatamente, Tonini 2 ne tracciavano per sommi

capi la storia sulla base di documenti allora conservati presso il convento servi- ta, storia che può essere oggi meglio precisata dall’analisi delle carte Guadagni confluite all’Archivio di Stato di Firenze 3, le quali rivelano inediti retrosce-

na relativi al progetto e all’abbellimento del sacello che ebbe un’evoluzione tutt’altro che tranquilla.

Come sappiamo dalle fonti e dalla letteratura erudita, la cappella era stata do- nata – in patronato – dal marchese Ludovico Gonzaga (artefice del completa- mento dell’intera tribuna, eretta a partire dal 1470 su disegno di Leon Battista Alberti) 4 a Piero di Lapo del Tovaglia, suo tesoriere e procuratore fiorentino:

questi ne aveva trasmessa la proprietà al figlio Francesco che però, il 24 set-

1 o. AnDreuCCi, Il fiorentino istruito nella chiesa della Nunziata di Firenze, Firenze,

1857, p. 65, cap. XII.

2 P. tonini, Il santuario della Santissima Annunziata di Firenze, Firenze, 1876, pp.

165-167; ben più telegrafiche le notizie in g. riChA, Notizie istoriche delle chiese

fiorentine divise ne’ suoi quartieri, 10 voll., Firenze, 1754-1762; ivi, vol. VIII, 1759, pp. 40-41.

3 Inv. n. 443.

4 Cfr. A. CAlzonA, La tribuna della Santissima Annunziata di Firenze, in Leon Batti-

sta Alberti e l’architettura, catalogo della mostra (Mantova, Museo Casa del Mantegna, 16 settembre 2006-14 gennaio 2007), a cura di M. BulgArelli, A. CAlzonA, M. CeriA- nA, F.P. Fiore, Cinisello Balsamo, 2006, p. 405.

tembre 1541, la restituiva ai serviti i quali, alcuni anni dopo, nel dicembre del 1552, la concedevano formalmente a Jacopo, Filippo e Paolantonio di Ulivieri Guadagni che sulla metà del secolo ne avevano iniziato il rinnovamento com- missionando al Bronzino la solenne Resurrezione di Cristo, datata e firmata dall’artista sul sepolcro «MDCLII Opera del Bronzino Fiorentino», destinata all’altare del sacello 5.

Ammirata dal Vasari 6, criticata dal Borghini 7 e dal Bocchi 8 che avanzarono

pesanti riserve sull’opera, la grande tavola, restaurata anni orsono a fronte della diffusa sporcizia che ancora oggi mortifica il parato marmoreo di rivestimento e gli stucchi della cappella (situazione scandalosamente comune alla quasi to- talità dei sacelli della tribuna albertiana), venne allogata l’8 aprile del 1549 al pittore che in quel giorno s’impegnava a realizzarla in un massimo di diciotto mesi e per un compenso di cento scudi – più dodici per l’«azzurro oltremari- no» – da versarsi mensilmente, gravata da una penale di cinquanta scudi ove la consegna non avesse avuto luogo nei tempi stabiliti 9.

5 È quanto emerge con precisione dagli inediti documenti d’archivio che si pubblica-

no nelle note a seguire.

6 g. vAsAri, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architettori, IX tomi, a cura

di g. MilAnesi, Firenze, 1878-1885; ivi, tomo VII, 1878, p. 600: «Non molto dopo [il

Cristo al limbo di Santa Croce a Firenze] fece in un’altra tavola grande e bellissima la Resurrezione di Gesù Cristo, che fu posta intorno al coro della chiesa de’ Servi, cioè nella Nunziata, alla cappella di Iacopo e Filippo Guadagni».

7 r. Borghini, Il riposo, in cui della pittura, e della scultura si favella, de’ piu illustri

pittori, e scultori, a delle piu famose opere loro si fa mentione, e le cose principali ap- partenenti a dette arti s’insegnano, Fiorenza, 1584, pp. 116, 194.

8 F. BoCChi, Le bellezze della città di Fiorenza, dove à pieno di pittura, di scultura, di

sacri tempii, di palazzi i più notabili artifizii, & più preziosi si contengono, Fiorenza, 1591, pp. 226-227.

9 Il contratto di allogagione, conservato tra le carte di casa Mozzi, è stato pubblica-

to da A. ChiAPPelli, Contratto d’allogagione ad Agnolo detto il Bronzino della tavola

della Resurrezione nella chiesa dei Servi in Firenze, in «Rivista d’arte», s. II, XII, II, 1930, pp. 291-296. Sulla tavola si veda l’attenta lettura iconografica di M. BroCk,

Bronzino, Paris, 2002, pp. 272-285. Sul dipinto cfr. anche A. eMiliAni, Il Bronzino,

Busto Arsizio, 1960, tav. 81; e. BACChesChi, L’opera completa del Bronzino, Milano,

1973, p. 101, n. 95; g. sMith, An Imperial Portrait by Bronzino, in «The Burlington

Magazine», CXXVIII, 998, 1986, pp. 350-355; M. tAzArtes, Bronzino, Ginevra-

L’opera, capolavoro della maturità dell’artista, realizzata con agio dal Tori e licenziata con due anni di ritardo, trova oggi anche un inedito riscontro docu- mentario nelle carte degli eredi di Ulivieri Guadagni, un pagamento in data 14 dicembre 1552 dal quale si apprende che la muratura della cappella e «della tavola fattovi dipinta per il Bronzino dipintore et li fornimenti sua et altro» comportò una spesa di 326 scudi (che furono anticipati da Filippo Guadagni) e un costo finale complessivo di 464 scudi 10.

Dal documento sopra citato siamo inoltre informati che il vano sacro, cui l’opera era destinata, venne disegnato da Giovan Battista del Tasso – apprez- zato legnaiolo e architetto della Firenze di Cosimo I de’ Medici, amico del Bronzino 11 –, pagato per questo il 14 agosto del 1548 (dopo la firma dell’im-

pegno da parte dell’artista), mentre la fornitura al Tori della tavola da dipin- gersi, predisposta nell’ottobre di quell’anno dal legnaiolo Antonio Perticini, era di poco successiva 12.

La scelta da parte dei Guadagni del Bronzino quale autore della pala della cappella all’Annunziata non fu comunque casuale: l’artista, astro nascente

ci, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 24 settembre 2010-23 gennaio 2011), a cura di C. FAlCiAni, A. nAtAli, Firenze, 2010, p. 306, n. VI.6. Per i disegni

preparatori, cfr. The Drawings of Bronzino, catalogo della mostra (New York, The Metropolitan Museum of Art, 20 gennaio-18 aprile 2010), a cura di C.C. BAMBACh, J.

Cox-reAriCk, g.r. golDner, New Haven, Conn., 2010, p. 198, n. 50 (C.C. Bambach,

Modelletto per la pala Guadagni), p. 200, n. 51 (G.R. Goldner, Studio per la figura di sinistra a terra che tiene il braccio alzato).

10 Si vedano i pagamenti in ASFi, Archivio Guadagni, 346, Debitori e creditori degli

eredi di Ulivieri Guadagni 1534-1563, c. 83s, alla data. Il conto riassuntivo della spesa, nel quale tuttavia non si ricorda il Bronzino, lo si veda anche a c. 118d (alla data). I fra- telli regolarono le loro pendenze con Filippo (154 scudi ciascuno) tra l’8 e il 18 gennaio 1553 (ivi, c. 83d; cfr. anche Archivio Guadagni, 351, Debitori e creditori di Jacopo di Ulivieri Guadagni 1530-1569, c. 95s).

11 Figlio di Marco di Domenico, nato nel 1500, morto nel 1555; su Battista del Tasso,

noto anche come “Tasso legnaiolo”, cfr. M. CollAretA, Del Tasso Giovan Battista (ad

vocem), in Dizionario biografico degli italiani, 38, Roma, 1990, pp. 302-303.

12 ASFi, Archivio Guadagni, 346, Debitori e creditori, c. 83s, alle date 14 agosto 1548

(il disegno della cappella, pagato 2 ducati; il compenso lo si veda anche a c. 114d, in data), 12 ottobre 1548 (la tavola da dipingersi, pagata 12 ducati; la stessa retribuzione è registrata a c. 83d).

nella Firenze ducale, risultava in contatto con la famiglia già da tempo, in special modo con Jacopo (1497-1569), il maggiore dei tre figli di Ulivieri, che nel 1538 commissionava al pittore due ritratti, sconosciuti alla letteratura specialistica e al Vasari – uno proprio; l’altro della moglie Lucrezia di Gino di Neri Capponi, da poco scomparsa (1537) 13 –, qualificandosi così tra i pri-

mi gentiluomini fiorentini a servirsi dell’artista il quale, da poco rientrato a Firenze da Pesaro, veniva affermandosi in città come ritrattista, lavorando per svariati committenti a una serie di effigi che il biografo afferma «lunga opera sarebbe voler di tutti far menzione», dichiarando tuttavia che «tutti furono naturalissimi, fatti con incredibile diligenza, e di maniera finiti, che più non si può desiderare» 14.

I ritratti virili oggi noti, assegnati al Bronzino, datati dalla critica al quarto decennio del Cinquecento e non ancora identificati nel personaggio effigiato – l’intensissimo Giovane con il liuto degli Uffizi 15; il superbo Giovane con il

libro del Metropolitan Museum di New York 16, – mostrano due uomini in gio-

vane età, ben lontani dai quarantun’anni di Jacopo al tempo della commissione della propria effige al pittore.

Anche nel campo della ritrattistica femminile di questo periodo le possibilità d’identificare Lucrezia Capponi con un ritratto di mano del Bronzino tra quelli riconosciuti al suo pennello si rarefanno ulteriormente: la gentildonna era con-

13 Si vedano i pagamenti in ASFi, Archivio Guadagni, 349, entrata, uscita e cassa di

Jacopo di Ulivieri Guadagni 1531-1549, c. 115s-d, alle date 20 marzo, 18 aprile, 21 giugno, 5 agosto, 31 agosto, 7 ottobre 1538, per un totale di 142 lire (l’intero pagamento è registrato anche a c. 109d, in data 14 novembre 1538: «buoni a agniolo detto il Bron- zino pittore […], sono per un ritratto di pittura di uno quadro dentrovi la inpronta di Jacopo Guadagni [che?] si fa […] e per dipigniere la testa di gietto della donna di detto Jacopo». Il Guadagni retribuì parzialmente l’artista pagando per suo conto un pugnale in argento del valore di 75 lire (ivi, c. 115s-d, in data 16 dicembre 1538), somma che era in predicato per la restituzione nell’aprile del 1549 e ancora nel maggio del 1553 (cfr. Archivio Guadagni, n. 352, Debitori e creditori di Jacopo di Ulivieri Guadagni 1549- 1568, c. 27s-d). È probabile che le due tele fossero destinate alla villa “Il Poggiolo”, allora di proprietà del committente. Per il matrimonio di Jacopo con la Capponi, cfr. l. PAsserini, Genealogia e storia della famiglia Guadagni, Firenze, 1873, tav. IV.

14 vAsAri 1878-1885, vol. VII, p. 595.

15 S. Hendler, in Bronzino 2010, p. 260, n. V.3. 16 C.C. Bambach, ivi, p. 262, n. V.4.

volata a nozze col Guadagni nel 1527 e aveva dato a Jacopo due figli maschi, Francesco (1534-1611) e Gino (1536-1593), morendo dieci anni più tardi. Il bel Ritratto di dama con bambino della National Gallery di Washington, da- tato allo scadere del quarto decennio del XVI secolo 17, presenta una giovane

madre riccamente abbigliata con vicino il figlio fanciullo: sarebbe suggestivo potervi riconoscere Lucrezia con il primogenito Francesco (peraltro aggiunto in seguito dal pittore) 18, ma nessun elemento certo legittima tale identificazione,

per quanto si dovrà convenire che i colori dominanti usati dall’artista – il rosso nel broccato del vestito; l’oro nel prezioso ricamo della camicia trasparente e nella cuffia – richiamino quelli araldici proprî dello stemma Guadagni, la croce spinata d’oro in campo rosso.

Per quanto nel corso del Seicento e del primo Settecento si segnalino signi- ficati interventi alle strutture della cappella e ai suoi decori, non pervenuti – nel 1676 un pagamento di Vieri Guadagni a Baldassarre Franceschini, il Volterrano, documenta la richiesta del gentiluomo all’artista del disegno di un sepolcro che si voleva collocare all’interno 19; nel marzo del 1701 un compen-

so a Giovan Battista Foggini attesta la produzione, da parte dell’architetto, di un generico “disegno” per la cappella 20 – è attorno alla metà del XVIII secolo

che i discendenti di Ulivieri, appartenenti al ramo della famiglia detto “della Nunziata” (dal Casino posto alle spalle della basilica, sull’attuale via Micheli, oggi sede della Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze; l’altro ramo della casata, noto come Guadagni di Santo Spirito, prende il nome dal palazzo già Dei ubicato su quella piazza) 21, decidono il completo restauro del sacello,

17 Sul dipinto, cfr. BroCk 2002, pp. 91-93; tAzArtes 2003, p. 120. 18 sMith 1986, p. 352.

19 ASFi, Archivio Guadagni, 434, entrata e uscita di Vieri Guadagni 1673-1701, c.

65r, 28 ottobre 1676.

20 ASFi, Archivio Guadagni, 649, entrata e uscita e ricordi di Donato Maria Guada-

gni 1697-1718, c. 18v, 21 marzo.

21 La divisione in due rami distinti avviene nel 1683 quando uno dei figli di Tom-

maso di Francesco, Donato Maria, si emancipa dalla famiglia ricevendo la propria quota di beni e di terre (fino ad allora indivise) e acquista il prestigioso palazzo edificato dalla famiglia Dei; su Donato Maria, personaggio chiave della Firenze tardo-medicea, collezionista ed estimatore d’arte, cfr. r. sPinelli, La committenza

salvaguardando però il capolavoro del Bronzino. Questo subisce tuttavia una “rinfrescatina” ad opera del pittore Antonio Nicola Pillori il quale, nell’ot- tobre del 1740, viene compensato «per aver ripulito, risarcito, e ridipinto in molti luoghi ove era guasto, e bruciato il quadro grande della Resurrezione di N.ro Sig.re del Bronzino», avendo messo i colori di suo e impiegato più mesi in questo “restauro” 22.

Ma i lavori al sacello erano iniziati un anno avanti: il 24 ottobre del 1739 il muratore Gaetano Gori – pagato per questi fino al 31 gennaio 1740 – lavora- va alla struttura architettonica e predisponeva ferro, chiodi e quanto neces- sario alla fattura dell’arme di famiglia posta sull’arco della cappella verso il coro, ben presto stuccata assieme ad Alessandro Domenico Geri nel febbraio successivo 23.

In quell’ottobre del ’39 facevano comparsa nel cantiere anche gli scalpellini Simone Masoni e Arcangelo Fortini 24, incaricati dai Guadagni della fornitura e

fattura del parato marmoreo di rivestimento al quale si dette subito grande im- portanza scegliendo meticolosamente i materiali: da una loro “nota” dei lavori da farsi, datata 10 novembre 1739 – quindi di poco successiva l’inizio della fab- brica –, si apprende anche il nome del progettista del nuovo sacello, Ferdinando Ruggieri, il principale architetto allora attivo a Firenze 25, che forniva il disegno

di tutte le parti architettoniche quali l’altare da fare “alla romana” utilizzando marmi mischi e giallo di Siena, l’ornamento della tavola in «mischio di Sicilia e giallo di Siena», i due sepolcri laterali da realizzare con il «nero, il giallo di

fine Seicento: il Volterrano, Giovan Battista Foggini, Pietro Dandini e altri, in corso di pubblicazione.

22 ASFi, Archivio Guadagni, 47, Beneficiali e cose di chiesa, segnata F. I. (XVI sec.-

1760), inserto 22, entrata, e uscita per la fabbrica, e ornato fatto alla Cappella nostra Gentilizzia della SS:ma Annunziata 1739-1742, cc. n.n., alla data.

23 Ivi, alle date citate.

24 Apprezzati lapicidi della Firenze del periodo, il secondo dei quali cugino del più ce-

lebre Giovacchino; su di loro, cfr. s. Bellesi, M. visonà, Giovacchino Fortini. Scultura

architettura decorazione e committenza a Firenze al tempo degli ultimi Medici, 2 voll., Firenze, 2008, vol. II, ad indicem.

25 Se ne veda l’elenco delle opere realizzate in Atlante del barocco in Italia, vol. 1,

Firenze e il Granducato. Province di Grosseto, Livorno, Pisa, Pistoia, Prato, Siena, a cura di M. BevilACquA, g.C. roMBy, Roma, 2007, p. 631.

Siena e il mischio di Seravezza», lo zoccolo basamentale, i pilastri, i capitelli e le altre ornamentazioni che finivano per comportare una spesa complessiva di 645 ducati e che si sarebbero dovute eseguire secondo le direttive e i disegni dell’architetto 26.

Poco dopo, in un’ulteriore distinta di lavori da eseguire, non datata ma sicu- ramente successiva, si precisavano meglio altri materiali da impiegare: per i quattro pilastri si sarebbe utilizzato il mischio di Seravezza, tuttavia «impial- lacciato»; i capitelli si sarebbero fatti invece «di sodo», così come alcune delle profilature, mentre per le due nicchie sovrastanti i sarcofagi – che non sappiamo a chi destinati, mancando delle iscrizioni – si propendeva per il giallo di Siena per la centina, il verde di Genova per l’interno, il bianco di Carrara «come pia- cerà al Ruggeri e ai marchesi committenti» 27. Tutti questi interventi risultavano

in corso già nel febbraio 1740 28, così come la predisposizione delle nicchie

ricavate dallo scalpellino Giuseppe Patriarchi scavando la parete semicircolare del vano sacro e previste per le statue 29.

Nel corso di quell’anno i lavori procedettero speditamente: gli stuccatori Geri e Gori (questi col ruolo di capo-muratore) realizzarono tra il marzo e il luglio gran parte delle ornamentazioni plastiche della volta fino al cornicione 30, men-

tre pagamenti al Masoni e al Fortini dell’agosto documentano che l’ornato mar- moreo della cappella veniva portato avanti 31, così come la fattura dell’altare

del quale si pagava il frontespizio al Gori il 25 settembre 32. In ottobre, come

abbiamo anticipato, si registrava l’intervento del Pillori sulla Resurrezione del Bronzino 33 mentre nel novembre altri pagamenti attestavano la fattura della

26 ASFi, Archivio Guadagni, 47, Beneficiali e cose di chiesa, inserto 21, Relazione, e

scritte di convenzioni per i lavori di Marmi, ecc da farsi per il Masoni, e Fortini alla cappella gentilizia de’ SS:ri Marchesi Guadagni nella chiesa della SS:ma Annunziata dietro al coro 1739-1742.

27 Ivi, foglio annesso, n.n.

28 Ivi, inserto 22, entrata, e uscita per la fabbrica, alla data 15 febbraio 1740. 29 Ivi, alla data 20 febbraio 1740.

30 Ivi, alle date 5 marzo, 30 luglio. 31 Ivi, 13 agosto.

32 Ivi, alla data. 33 Cfr. nota 22.

Gloria in stucco posta all’apice dell’altare 34 e nel dicembre la doratura della

volta e dell’arme Guadagni 35 (Fig. 2).

Con l’aprirsi del nuovo anno, la fabbrica, così ben avviata, subiva un’improvvisa interruzione: i marmi predisposti per l’altare, che secondo il progetto del Ruggeri si sarebbe dovuto fare “alla romana”, cioè ben evidente e aggettante dal fondo della parete, non combaciavano forse per la forma semicircolare della cappella 36, anche

se poco dopo, nel mese di febbraio 37, l’inconveniente sembrava risolto tanto che si

sistemava nel suo alloggio la pala cinquecentesca, nel marzo si pannellavano le nic- chie, si posavano gli scalini e nell’aprile si realizzava il pavimento inserendo il chiu- sino che ricordava la fondazione voluta dai figli di Ulivieri Guadagni nel 1552.

34 ASFi, Archivio Guadagni, 47, inserto 22, entrata, e uscita per la fabbrica, in data

18 novembre.

35 Ivi, in data 19 dicembre, pagamento al doratore Stefano Cremoncini. 36 Ivi, gennaio 1741.

37 Ivi, 12 febbraio.

2. Gaetano Gori e Alessandro Domenico Geri, Ornamentazioni a stucco della volta, Cappella Guadagni, 1740, Tribuna

Nonostante la sostanziale chiusura dei lavori – come attesterebbe anche la lapi- de sottostante la mensa dell’altare maggiore, datata 1741 (Fig. 3) –, il risultato finale non soddisfò per niente i committenti se questi, nella figura del senatore Filippo, appena otto mesi dopo, il 9 gennaio 1742 38, incaricavano il muratore

Gori di disfare completamente il parato parietale, soprattutto l’altare – a evi- denza troppo ingombrante e mal proporzionato –, di rimuovere gli stucchi (for- se eccessivi?) e di “rimodellare” il tutto «secondo il nuovo disegno del Sig.re Bernardino Ciurini nuovo ingegnere in luogo di quello del Ruggeri, defunto». Il progetto decorativo del sacello passava quindi nelle mani di Bernardino Ciurini, altro esponente dell’architettura fiorentina del Settecento, nato a Castelfiorentino nel 1695, morto a Firenze nel 1752 39, che modificava il dise-

gno iniziale semplificandolo e “depurandolo” al massimo, abolendo l’evidenza architettonica dell’altare in favore di un’essenziale incorniciatura della pala del Bronzino fatta in stucco e dipinta a finto marmo, dando così gran risalto al ca- polavoro del Tori che forse nella sistemazione pensata dal Ruggeri – ma non

38 Ivi, alla data.

39 Sul Ciurini, cfr. l’elenco degli interventi in Atlante del barocco 2007, pp. 626-627.

disponiamo di schizzi o memorie documentarie che avvalorino quest’ipotesi; sappiamo solo che il progetto non fu gradito alla famiglia – rischiava di non essere valorizzato come meritava.

Decisa quest’importante modifica della quale si fece carico Filippo Maria Guadagni, che importò una spesa di 360 ducati, i lavori, riutilizzando tutti i materiali esistenti, ripresero immediatamente: nel maggio del 1742 40 Masoni

e Fortini risultavano impegnati a ridisegnare i marmi con grande celerità, tanto che la cappella era ultimata il 27 ottobre di quell’anno, nel corso del quale si realizzavano anche il listello ligneo di rifinitura della pala, la tenda per coprir- la durate la Settimana Santa, il Crocifisso e i candelieri per la mensa d’altare prodotti dall’intagliatore Lorenzo Allegranti 41. Nel 1743, a lavori conclusi, si

saldavano tutte le pendenze: nel marzo i nuovi stucchi al Geri 42; nell’aprile i

marmi e le pietre a Masoni e Fortini che, apprendiamo, avevano pagato di tasca propria gran parte degli altri manifattori impiegati in quel frangente 43.

Finito il sacello – la cui spesa complessiva ammontò a 1747 ducati – si com- pletò la nicchia di sinistra con la figura marmorea di San Francesco di Paola (Fig. 4) che il Tonini afferma donata dalla «nobile famiglia patrona» 44 – della

quale non si è trovata al momento memoria documentaria nelle carte Guadagni –, opera siglata e datata 1700 da Giuseppe Piamontini (e che secondo Sandro Bellesi potrebbe provenire invece dalla chiesa pistoiese dedicata al santo) 45,

mentre in quella di destra trovò posto, solo nel 1857, il magnifico San Rocco ligneo dello scultore tedesco Veit Stoss, lì collocato dopo la sua rimozione da una cappella della navata della chiesa 46.

40 ASFi, Archivio Guadagni, 47, inserto 22, entrata, e uscita per la fabbrica, in data

29 maggio.

41 Ivi, alla data 8 novembre. 42 Ivi, 4 marzo.

43 Ivi, 2 aprile. 44 tonini 1876, p. 167.

45 s. Bellesi, I marmi di Giuseppe Piamontini, Firenze, 2008, p. 43.

46 tonini 1876, p. 167. Sull’opera, capolavoro del maestro di Norimberga, databile al

terzo decennio del Cinquecento, cfr. R. Spinelli, in L’officina della maniera. Varietà e fierezza nell’arte fiorentina fra le due repubbliche 1494-1530, catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli Uffizi, 28 settembre 1996-6 gennaio 1997), a cura di A. nAtAli,

Piccolo gioiello dell’architettura fiorentina settecentesca, apprezzabile per la misura e il rigore decorativo dimentichi dell’esuberanza barocca e indirizzati